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Autore: Bombay    07/04/2024    0 recensioni
Dal testo: - Non hai più avuto notizie sue o di Shorter, girano delle voci, dei pettegolezzi tra le bande, ma non gli hai dato credito.
Non hai il coraggio di chiedergli dove sia tuo fratello, sono spariti per mesi, non è la prima volta, ma hai paura di sentire la risposta.
Conosci Ash abbastanza bene, sai l’affetto che lo lega a tuo fratello, alla stima reciproca, alla lealtà. -
Challenge: “Hey Warrior Keep Going” - challenge del week end - organizzata dal gruppo Facebook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom”
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ash Lynx
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Ragazzi perduti

Challenge: “Hey Warrior Keep Going” - challenge del week end - organizzata dal gruppo Facebook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom”

Prompt: “I want my boys to have an understanding of people’s emotions, their insecurities, people’s distress, and their hopes and dreams.” (Princess Diana) trad. “Voglio che i miei ragazzi comprendano le emozioni delle persone, le loro insicurezze, la loro angoscia, le loro speranze e i loro sogni” - proposto da Artemìs Karpusi Vargas

 

Genere: drammatico

Tipo: one shot

Personaggi: Nadia Wong, Ash Lynx

Rating: PG-13, giallo

Avvertimenti: angst, tematiche delicate

PoV: seconda persona

Spoiler: sì

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Akimi Yoshida. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

 

Ragazzi perduti

 

“Siamo chiusi” gridi quando senti la porta scorrere, ma a quanto pare a quell’avventore ritardatario non importa, sbuffi non hai voglia di intavolare discussioni a quell’ora della notte, vuoi solo andartene a casa.

Ti volti e resti immobile con lo straccio in mano.

Un senso di angoscia e consapevolezza ti colpisce lo stomaco nel momento stesso in cui lo riconosci, nell’attimo in cui i tuoi occhi si posano nei suoi di quel verde così particolare.

Lasci cadere lo straccio e fai un passo verso di lui poi un altro fino a quando non siete uno difronte l'altro.

Ash estrae la pistola dal retro dei pantaloni e la posa sul tavolo, che è a poche spanne dal lui.

Non hai più avuto notizie sue o di Shorter, girano delle voci, dei pettegolezzi tra le bande, ma non gli hai dato credito.

Non hai il coraggio di chiedergli dove sia tuo fratello, sono spariti per mesi, non è la prima volta, ma hai paura di sentire la risposta.

Conosci Ash abbastanza bene, sai l’affetto che lo lega a tuo fratello, alla stima reciproca, alla lealtà.

Lo guardi per un lungo momento: è diverso, molto diverso, dall’ultima volta che lo hai visto, i suoi occhi, lo specchio della sua anima, sono ancora più offuscati del solito, di quali altri dolori si fatto è carico quel ragazzo?

Se è venuto qui, da solo, in piena notte c’è una sola ragione, ma ancora con caparbietà la neghi.

“Shorter è morto” mormora così piano che vorresti non aver sentito le sue parole, ma arrivano dritte al tuo cuore prima che alle tue orecchie.

Trattieni il fiato, lo sapevi nell’istante stesso in cui ha messo piede nel tuo locale, deglutisci e fai un passo verso di lui, con l’intenzione di abbracciarlo, ma Ash parla ancora.

“L’ho ucciso io”

Spalanchi gli occhi, non è possibile, Shorter si fidava ciecamente di Ash, tu ti fidavi di lui, in qualche modo si proteggevano l’un l’altro.

Afferri la pistola, fai girare il tamburo e la punti alla sua testa. Il ragazzo è immobile non si aspettava niente di diverso, forse sta cercando proprio questo per espiare i suoi peccati.

La tua vista si appanna, fatichi a respirare se lo uccidi non saprai mai il perché di quel gesto, perché non credi che sia stato semplice per il ragazzo biondo che hai davanti; che più lo guardi e più vedi quanto sia devastato da questo.

Abbassi la pistola la posi nuovamente sul tavolo, ti accasci sulla sedia e scoppi a piangere. Sapevi che prima o poi sarebbe andata a finire così, lo sapevi e non hai potuto proteggere tuo fratello, l’unico membro che restava della tua famiglia, ma non pensavi che sarebbe stato ucciso dal suo migliore amico, quell’amico in cui riponeva una fiducia assoluta.

Volevi solo che Shorter stesse lontano dai guai, che vivesse come il ragazzo che era senza invischiarsi in faccende losche, ma più cercavi di tenerlo al sicuro più lui si allontanava dicendoti di stare tranquilla, che aveva tutto sotto controllo.

Volevi solo che quei ragazzi, perché di questo si tratta, di ragazzini troppo giovani a cui sono state tarpate le ali troppo presto, da adulti senza scrupoli. Volevi che comprendessero le proprie emozioni, le proprie insicurezze, la propria angoscia, le proprie speranze e i propri sogni, ma ti è stato impossibile perché tu stessa sei in balia dei medesimi drammatici eventi, e fatichi a sopravvivere in questa città ostile.

Shorter e Ash erano amici… migliori amici sollevi lo sguardo per guardare di nuovo il ragazzo biondo davanti a te, è rimasto in silenzio tutto il tempo, rispetta e condivide il tuo dolore, vedi la disperazione nei suoi occhi, il suo stringere i pugni fino a fare sbiancare le nocche.

“Che cosa e successo?” sussurri asciugandoti gli occhi, devi capire, devi comprendere anche se sarà doloroso.

Scuote appena il capo, le sue labbra tremano impercettibilmente, tipico di Ash di farsi carico di tutto il peso, di tutto il dolore, un giorno ne sarà schiacciato inesorabilmente.

Ti alzi e lo afferri dalla felpa rossa, hai il diritto di sapere che cosa è accaduto a tuo fratello e del perché l’americano ha fatto quel che ha fatto.

“Che cosa è successo?” ripeti alzando la voce, se arrabbiata, delusa, terribilmente sola.

Lo schiaffeggi in pieno viso, ma essere investimento dalla tua rabbia non lo scompone minimamente, vuole esser punito per quello che ha fatto.

Lo lasci andare, non otterrai nulla così, respiri a fondo, ti siedi nuovamente, lo inviti a fare lo stesso “Raccontami che cosa è successo? Shorter era il tuo migliore amico…” vedi le sue spalle irrigidirsi, i suoi occhi farsi più liquidi e grandi, si siede sulla sedia posa i gomiti sul tavolo e si prende la testa tra le mani. Intercorre un silenzio lunghissimo… delle gocce bagnano il tavolo e con voce tremante inizia a parlare… tutto quanto una confessione lunghissima, interrotta da lacrime e singhiozzi.

“Mi dispiace” conclude in un soffio tirando su con il naso e ti fa una tenerezza infinita perché dimostra tutta la sua giovane età.

“Non sono riuscito a proteggerlo” aggiunge fissandosi le mani che ha intrecciate sul tavolo, posi le tue sulle sue e scuoti la testa.

“Non era compito tuo” bisbigli, dovevi proteggerli tu in qualche modo, impedire loro di seguire quella strada.

Scuote la testa, i capelli biondi gli adombrano il viso si alza, ripone la pistola nel retro dei pantaloni.

“Addio Nadia” ti saluta incamminandosi verso l’uscita, vorresti dirgli qualcosa per confortarlo, ma non hai parole né per lui né per te.

Quando lascia il tuo ristorante hai la terribile consapevolezza che non lo vedrai mai più.

   
 
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