Si erano rifugiati in un covo di fortuna, per non soccombere alla stanchezza. Era quasi tutto il giorno che scappavano e, finalmente, il destino aveva riservato loro un vecchio casale abbandonato, ma ancora in discrete condizioni. Tutto ciò di cui avevano bisogno, del resto, era lì: un divano, anche se impolverato, un tavolo con quattro sedie e una vecchia lampada a batterie trovata per puro caso. Un luogo dove fermarsi per poche ore, sfuggendo a Zenigata. Ma, soprattutto, un solo e unico pensiero balenava nella testa dei quattro della banda Lupin: erano trascorsi cinque anni dalla morte del loro creatore, Monkey Punch.
Si era fatta sera e la luce fioca di quella lampada di fortuna era l’unico modo per non farsi calpestare dal buio di quel posto freddo e umido. Purtroppo, proprio quella luce attirò l’ultima persona che Lupin, Jigen, Goemon e Fujiko, avrebbero voluto vedere: Zenigata.

-Eccovi qui, balordi. Siete stati prevedibili…siete in arresto!- urlò l’ispettore.

-Zitto, Zazà- disse Lupin -non è il momento di arrestarci. Siamo qui soprattutto per fermarci a ricordare qualcuno: il nostro sensei Monkey Punch, colui che ci ha dato vita, disegnandoci. Ci sei in mezzo anche tu… Del resto, sei uno di noi-

-Già… vogliamo ricordarlo, perché ci ha fatto vivere mille avventure, nel bene e nel male, e dato gioia a tantissimi lettori- disse Jigen.

-Per non parlare delle serie animate, film, OAV e special che ha ispirato in nostro onore. Mi sento lusingata- affermò Fujiko.

-Ok, allora ve lo concedo questo ricordo- disse con aria sconfortata l’ispettore, togliendosi il cappello.

-Conceditelo anche tu- disse Goemon -Se sei qui è merito suo-

Zenigata si sedette al tavolo, attorno al quale si erano già accomodati Lupin, Fujiko e Goemon, mentre Jigen se ne stava sdraiato sul divano polveroso a fumare.
 

-Cinque anni sono passati, eppure sembra ieri che Monkey Punch era ancora qui con noi, a rivivere i suoi lavori e a condividere pezzi della sua storia- disse Lupin.

-Già… e devo ammettere che le sue idee erano così audaci, così fuori dagli schemi. Ci ha reso leggendari. Se penso a come abbia creato il mio personaggio, il preferito da tanti- affermò Jigen, spegnendo la sigaretta su un bracciolo di quel divanaccio.

-Eh? Come il preferito? – domandò Lupin, infastidito -Guarda che il protagonista sono io e, quindi, il più conosciuto e spesso preferito-

-Spesso, ma non sempre -disse Goemon -alcuni preferisco me, il perenne samurai impeccabile-

-E anche preferito dalle donne, che so che ti piacciono tanto, ammettilo, bel samurai – aggiunse Fujiko maliziosa e facendogli l’occhiolino.

-Lo spirito del sensei vive nei nostri cuori e nelle nostre azioni -riprese a parlare Goemon, per stemperare un certo imbarazzo -Ogni volta che compiamo un colpo, è come se lui fosse con noi-

-Puoi dirlo forte… e poi a me ha donato questa bellissima donna- disse Lupin, tentando di abbracciare Fujiko, ma lei lo allontanò bruscamente da farlo quasi cadere dalla sedia.

-Io non sono di nessuno, ma voi tre… siete miei!-

Fujiko era determinata nel sottolineare la sua indipendenza e, allo stesso tempo, nel dimostrare il bene che voleva ai tre uomini della banda. Jigen si abbassò il cappello sul volto, Goemon arrossì e Lupin aveva un’espressione perplessa nonché contrariata.

-Guardate, abbiamo tutti imparato così tanto dal Maestro. La sua creatività era senza limiti. E poi, grazie a lui, ho capito che cosa significhi inseguire continuamente il sogno della propria vita: arrestarvi- affermò ironico Zenigata.