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Autore: Tynuccia    16/04/2024    1 recensioni
[Gundam SEED Freedom] Calò il silenzio, e nessuno osò fiatare, ma gli occhi di tutti erano fissi sulla figura del loro superiore.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Yzak Joule
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lapsus
 
 
 
 
La riunione si stava protraendo ben oltre l'orario preventivato, e Yzak si stropicciò gli occhi stancamente. Nella sala briefing, le luci erano spente, e l'intero team stava faticosamente seguendo i dati proiettati sul televisore. La missione che li aveva tenuti occupati per più di un mese era terminata, ed ora dovevano soltanto esaminare quanto raccolto e scrivere la relazione finale, quindi non si stupì neppure del clima disteso che regnava tra i suoi sottoposti. Erano stati efficienti, e rapidi. Certo, l'aiuto offerto da Terminal aveva giocato un ruolo fondamentale, e ancora faticava a digerire quanto l'intervento di Athrun avesse fatto la differenza, ma tutto sommato poteva ritenersi soddisfatto.
 
Il che lo portava a riflettere su quanto il suo umore, a livello generale, fosse migliorato negli ultimi tempi, al punto che perfino lo staff aveva cominciato a parlarne. Ciò che, però, era veramente bizzarro, era che a lui non poteva importare di meno. Se volevano sprecare tempo spettegolando, erano liberi di farlo. Soprattutto perché, in fin dei conti, era vero.
 
Mentre Dearka soffocava uno sbadiglio alla sua destra, Yzak tentò di concentrarsi sulla figura in piedi sul podio, intenta ad analizzare i dati raccolti per la squadra. Era sempre stata così, quasi materna nell'aiutare gli altri, dai superiori ai suoi stessi subordinati, e chiunque all'interno del team non poteva far altro che adorarla. C'era stato un periodo in cui la cosa non lo aveva minimamente scalfito, e anzi si era rallegrato che potesse avvalersi di un'instancabile lavoratrice del suo calibro; ora, invece, gli sguardi ammirati degli altri gli provocavano un fastidio immenso. Strinse la mascella, certo che se l'avesse confessato al suo migliore amico sarebbe stato preso in giro fino alla fine dei tempi, ma non riusciva proprio a sopprimere quella sgradevole sensazione. 
 
C'era voluto l'intervento assolutamente fuori luogo di sua madre per fargli capire che, tutto sommato, Shiho Hahnenfuss era, per lui, molto più di una diligente sottoposta su cui fare affidamento. Anche quel fetente di Dearka ci aveva messo lo zampino, ma, una volta che i suoi stessi sentimenti gli erano divenuti chiari, gli si era aperto un mondo completamente nuovo. Ammetterlo era stato complicato, vista la sua natura algida e rigorosa, e ancora faticava a lasciarsi completamente andare, non tanto con lei, quanto con gli altri. Eppure sentiva, probabilmente per la prima volta in vita sua, di star facendo la cosa giusta senza doversi lambiccare il cervello alla ricerca del miglior piano di azione. Il matrimonio era sempre stato un argomento tabù, un vezzo che lo rendeva irrequieto perché non aveva idea di chi potesse essere sufficientemente all'altezza di diventare la signora Joule, ma accorgersi della giovane donna che era Shiho oltre al Maggiore Hahnenfuss aveva reso il tutto molto più naturale, ed improvvisamente non aveva avuto più dubbi. 
 
Si erano sposati relativamente in fretta, ma del resto erano stati moglie e marito a livello lavorativo, come andava ripetendo Dearka, per tanti anni, e ogni giorno sembrava confermare che quel rapporto si era consolidato a prescindere dalla sua coscienza. Vivere con Shiho era facile come respirare, e sempre più spesso si ritrovava con un grosso sorriso ebete stampato in faccia, senza un motivo tangibile. Oppure, come in quel preciso istante, si imbambolava a guardarla, il petto stretto per la consapevolezza che alla fine della giornata sarebbero rientrati a casa, insieme. Grato al buio, si concesse il lusso di avvampare, mentre gli occhi rimanevano incollati sulla sua figura alta e snella, i capelli raccolti che di tanto in tanto sobbalzavano a questo o quel movimento, o i due anelli che indossava al quarto dito della mano sinistra luccicanti sotto il riverbero azzurrino del monitor quando puntava qualcosa su di esso. 
Con tutte le cazzate che aveva fatto, nella vita, si chiedeva come fosse possibile che una persona tanto gentile potesse amarlo sinceramente, ma ormai aveva superato anche quei patemi, e gli rimaneva cucita addosso soltanto una sensazione così dolce che ne aveva quasi paura, a volte; che fosse tutto effimero, e che, se fosse finita, si sarebbe ritrovato più amareggiato di prima, ora che aveva assaggiato una felicità fatta non soltanto di soddisfazioni in ambito professionale.
 
Il discorso di Shiho terminò, e le luci tornarono ad illuminare la sala riunioni. Come da copione, Yzak si alzò per concludere, finalmente, il briefing, e prendere il posto di sua moglie davanti alla squadra. "Grazie, amore", disse, con tono professionale, come suo solito, salvo che gli ci vollero due secondi di troppo per rendersi effettivamente conto di cosa avesse detto.
 
Calò il silenzio, e nessuno osò fiatare, ma gli occhi di tutti erano fissi sulla figura del loro superiore. Era più rigido del solito, le orecchie bordeaux in contrasto con la sfumatura chiara della sua chioma. Era vero che da quando si era messo con la Hahnenfuss il suo comportamento era migliorato moltissimo, ma a prescindere da quello, nemmeno una volta si era fatto trascinare dalle emozioni, ed in ufficio i due continuavano a mantenere il rapporto di sempre. Se non fosse stato per la comunicazione ufficiale nella pagina delle notizie mondane su uno dei principali quotidiani di Aprilius, probabilmente nessuno si sarebbe accorto che i due fossero convolati a nozze. Fino a quel momento.
 
E, se la reazione del Tenente Colonnello Joule era stata trasformarsi in una statua di sale, quella del Maggiore Hahnenfuss fu molto più comica, perché la giovane perse qualsivoglia postura professionale e si portò le mani al volto, scarlatto, dove soffocò un verso di lamento che era tutto un programma. "C-C-Comandante!!", biascicò, la voce attutita contro i palmi. 
 
"Maggiore! Intendevo dire Maggiore", strepitò Yzak, muovendo un passo in sua direzione. Lei indietreggiò, finendo contro il monitor, e finalmente si levò una risata più simile ad un latrato. 
 
"Ma insomma", li redarguì Dearka, che nel frattempo si era portato vicino ad uno degli stagisti più giovani, le mani premute contro le sue orecchie. "Non dite certe zozzerie davanti ai bambini!".
 
Tutto il buonumore di Yzak Joule svanì come neve al sole, e si apprestò ad abbaiare come suo solito all'intera squadra di dileguarsi prima che spedisse tutti quanti a scrostare cessi. Il fuggi-fuggi fu generale, e a chiudere la fila fu, ovviamente, il Capitano Elthman, che si esibì in una drammatica strizzata d'occhio, con la raccomandazione di tenere un comportamento family-friendly.
 
"All'Intelligence non valgono quelle minacce, signore", gli fece notare Shiho, le braccia stese ai lati del corpo, ma la faccia ancora rossa. 
 
Yzak avrebbe voluto farle notare che avrebbe fatto quello che gli pareva fino al giorno in cui fosse morto, ma evitò per cercare di salvare capra e cavoli. "Mi dispiace", biascicò, come un moccioso troppo orgoglioso per esprimere il rimorso propriamente. 
 
"Mi è preso un accidente", decretò Shiho, gonfiando appena le guance. Si erano accordati fin dalle prime battute della loro relazione per mantenere una facciata inattaccabile, sul lavoro, e sentirsi chiamare con quel nomignolo solitamente relegato alle quattro mura della loro camera da letto, davanti all'intero team, l'aveva spiazzata. 
 
"Anche a me", assicurò lui, raggiungendola senza che lei sfuggisse. "Stavo solo pensando a quanto fossi contento di averti sposata, e mi è uscita quella parola". Nuovamente, Shiho produsse un mugolio imbarazzato, e Yzak gracchiò una risata. Era davvero adorabile. "Scusami", ripeté, questa volta con meno ritrosia nella voce.
 
Trovando assurdo che fosse lei a fargli la ramanzina, Shiho si limitò a sospirare, chiedendosi dove fosse finita la docile sottoposta che avrebbe premuto il grilletto senza indugio se solo glielo avesse chiesto lui. Salvo rendersi conto che la loro attuale conversazione non era tra soldati dello stesso team, ma tra due coniugi. Il solo pensiero la fece arrossire per l'ennesima volta,  quel pomeriggio. Ancora non si era abituata al nuovo ruolo, notò, anche mesi dopo aver aggiunto quelle cinque, splendide lettere al proprio cognome da nubile. "Non l'hai fatto apposta", concesse infine, lasciando perdere il tono formale e rispettoso che usava solitamente e adorando ogni minima sfumatura del sorriso che gli comparve sulle labbra sottili. 
 
"Se l'avessi fatto di proposito, mi chiamerei Dearka Elthman", replicò in uno sbuffo sarcastico Yzak, con una monumentale alzata di occhi al soffitto, facendola finalmente ridere. Per quanto entusiasmo dimostrasse nel privato, era un'impresa titanica farle infrangere la sua rigida etichetta professionale. Fu, quindi, con estrema circospezione che le cercò le dita con le proprie, lieto che non si fosse ritratta. "Posso offrirti la cena per sdebitarmi?".
 
Shiho si prese qualche istante per guardarlo, conscia della tenerezza con cui le stava tenendo la mano. Deglutì e, controllando a destra e sinistra, neanche dovesse attraversare la strada, gli lasciò un bacio sulle labbra, così fugace che lui dovette sforzarsi di capire se fosse successo per davvero. "Non devi sentirti in obbligo", mise in chiaro allora Shiho.
 
"No, lo faccio perché voglio", replicò Yzak, abbassandosi di quel poco per essere direttamente vicino al suo orecchio, "amore".
 
La ragazza squittì come un topo in gabbia, picchiandogli una sberla leggera sul petto. "Sei molto peggio di Dearka", lo redarguì, ormai un tutt'uno con la sua Redcoat, prima di imboccare l'uscita. "Giuro che ordinerò le cose più costose sul menù".
 
L'albino scrollò le spalle con noncuranza. "Tanto sono ricco".
 
Shiho si fermò poco prima di aprire la porta e lo guardò brevemente. "Siamo", lo corresse, permettendosi un sorriso quasi saccente. "Abbiamo la comunione dei beni".
 
Quel commento fece irrigidire Yzak, che valutò che, forse, era un bene non mischiare la vita personale con quella lavorativa; specie se sua moglie sapeva essere, in fondo, un'infame tanto quanto lui.
  
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