Fumetti/Cartoni americani > Batman
Ricorda la storia  |      
Autore: Lunaharry66    20/04/2024    0 recensioni
Barbara impiega un minuto o due a processare la sua figura, vista per la prima volta dal basso. Le manca il vantaggio che aveva su di lui, almeno in altezza. Percorre con sguardo curioso quel corpo che le è mancato come l’ossigeno, nonostante non ne conosca ancora ogni dettaglio. Può figurarseli, disegnarli nella sua testa come più le piace.
Scende dal suo viso - così diverso ma allo stesso tempo identico, congelato nello spazio e nel tempo- finché arriva al petto, coperto da un abbigliamento inusuale.
...
Barbara e Dick si rivedono tre mesi dopo l'incidente che ha cambiato le loro vite per sempre. Il motivo di questo incontro? Un ballo di fine anno e un paio di conti in sospeso.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barbara Gordon, Dick Grayson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note dell'autrice

Allora. So che probabilmente qualcuno si lamenterà , almeno internamente , dell’età dei personaggi. Nonostante un’intensa chiacchierata avuta quest’estate con @Party_Po1son!

riguardo la mia personalissima timeline, sono di nuovo qui ad incasinare le cose.

( Piccola nota: la scuola superiore in America ha una durata di quattro anni.)

  • Barbara e Dick frequentano il quarto anno, quindi hanno circa 18 anni;

  • Jason frequenta il secondo anno, ha più o meno 15 o 16 anni;

  • Tim va ancora alle medie e ne ha 13;

  • Damian ha 9 anni.

Altra piccola nota: ho fatto una ricerca sul punch perché c’erano più punti che mi mandavano in confusione. Intanto, è una bevanda sia calda -come mi è capitato di vedere servita in qualche bar durante l'inverno-  che fredda - tipica dei film americani.

 Inoltre, il punch è tendenzialmente alcolico. Però avete tutti presente quella famosa scena, inserita in ogni ballo di fine anno che si rispetti , dove qualcuno corregge il punch ? 

Esistono effettivamente delle versioni non alcoliche - ben 36 secondo un sito di cucina che ho consultato per curiosità - e ho quindi dato per scontato che nella mia storia - e spero anche in quelle viste in tv - la bevanda fosse analcolica e poi corretta da qualche baldo giovane. Era necessaria una digressione così lunga? Probabilmente no, ma scriverla mi ha divertito molto 🙂

 


 

Ding! Ding! Ding!

Barbara sbuffa contrariata: chiunque  sia minimamente rilevante nella sua vita sa che oggi può essere catalogato come il giorno più brutto - e umiliante - della sua esistenza e che di conseguenza, non ammette visite. O meglio: è pronta a mandare a quel paese chiunque provi solo a parlarle. Uno dei suoi propositi per l’anno nuovo però, era quello di diventare più comunicativa e tollerante. Per questo si era chiusa dentro casa, le tapparelle tutte abbassate e un semplice grugnito al <> di suo padre.

Il campanello continua a suonare e lei è molto vicina ad avere il terzo esaurimento nervoso della giornata.

Il suo visitatore indesiderato non demorde, anzi: inizia persino a dare dei colpi energici alla porta. Le viene in mente che forse quel qualcuno non è lì per lei.

Si avvicina svogliatamente allo spioncino, solo per poi imprecare sottovoce quando si ricorda di non vederci proprio nulla.

-Chi è?- domanda - urla- allora.

-Sono io .

 

La testa le finisce automaticamente tra le mani: ha così tanta voglia di sbatterla contro il muro che trattenersi le sembra impossibile. 

Tra tutte le persone che sarebbero potute venire, sperava che lui  non si presentasse.

Da quando è successo quel successo, ha cercato in tutti i modi di evitarlo. 

Entrare in qualche aula vuota quando lo vedeva nei corridoio, pranzare in biblioteca per non incrociare il suo sguardo confuso e preoccupato.

Ha sentito la sua mancanza , come avrebbe potuto non farlo?

Nei momenti di sconforto cerca ancora la sua figura, solo per trovare un vuoto soffocante che le ricorda che l’artefice della sua solitudine è proprio lei.

Sa che se aprisse quella maledetta porta, lui sarebbe pronto a balzare dentro per avvolgerla in un abbraccio .

Ma non può.

La vergogna è così tanta che forma un groppo in gola, le impedisce di respirare e soffoca ogni barlume di speranza. Non vivrà più una vita normale. Non collezionerà tutti quei momenti di spensieratezza adolescenziale. Non sarà la protagonista del suo sogno americano.Tutti la ricorderanno solo per un motivo e , onestamente, preferirebbe non comparire proprio sull’annuario piuttosto che farlo con lei.

 

-Babs? - lo dice come sempre, accarezzando ogni sillaba del suo soprannome con delicatezza, come se fosse il compito più importante che abbia mai svolto.

È diverso da come ha sentito pronunciare il suo nome ultimamente. 

Manca quella non così sottile sfumatura di ansia, compassione, rimpianto da parte di suo padre. Proprio per questo non può vedere il suo volto: ci leggerebbe sopra qualcosa di così inaspettato da rimanere ancora più paralizzata di quello che già  è.

Non sa cosa dire, se deve dire qualcosa.

Chiunque altro avrebbe già gettato la spugna, ritirato il salvagente e l’avrebbe lasciata affogare nei suoi pensieri. Ma Dick è un bagnino specializzato in salvataggi all’ultimo secondo. 

-Babs? Ci sei?- domanda ancora Dick.

Barbara percepisce un cambiamento da dietro la porta: se per un momento pensa che Dick se ne sia andato, capisce invece di starsi sbagliando. Le sembra di sentire il peso del ragazzo contro la porta, come se potesse vederlo, toccarlo. 

-Lo so che sei lì dentro.

E grazie al cazzo, vorrebbe dire. Certo che sono in casa, ti ho letteralmente urlato contro qualche minuto fa.

 

Eppure sta zitta, come hai iniziato a fare da qualche tempo. Non ha voglia di confrontarsi con un mondo a cui ormai non può più offrire nulla.

Se non fosse una codarda, ma avesse il coraggio necessario di aprire la porta per affrontare il ragazzo meraviglia, gli direbbe di andarsene, di non sprecare la sua vita.

Gli consiglierebbe di trovare qualcuno alla sua altezza, che possa farlo risaltare ancora di più e non affossarlo come farebbe lei. 

Che poi, chiunque si azzardasse ad ascolare un suo consiglio è automaticamente uno stupido.

 

-Va bene, se non hai intenzione di parlare, allora rimarrò qui. Non avevo altri programmi per stasera comunque.

La risata che Barbara non si accorge neanche di liberare non ha la benché minima parvenza di allegria.

-Nessun altro programma, eh? - gli chiede lei, un sorrisino amaro sul volto. - Non ho voglia di essere presa in giro… anche da te … anche stasera.  

Dick non risponde e Barbara torna ad essere immersa nel soffocante silenzio che è ormai protagonista ed etoile delle sue giornate. Se lo conosce ancora come credeva di fare fino ad un paio di mesi fa, forse è riuscita a metterlo alle strette.

 

-Sai che non sono un tipo da feste. 

Barbara non sa se fidarsi.

Una voce dentro di lei - quella che ha surclassato il suo istinto, distrutto i suoi ideali e spazzato via le sue idee - le dice di non farlo. Le fa notare che Dick è un animale da palcoscenico, così complesso che per comprenderlo completamente non basterebbe una vita intera.

Un’ altra parte di sé - più fragile nella sua sincerità, più delicata nella sua semplicità - preme per farle cambiare idea. Preme per non farla accecare dall’odio, dalla paura, dal terrore.

E in qualche modo il suo stesso dubitare di Dick le fa odiare un po’ di più se stessa.

 

-Mi piace festeggiare con le persone che mi sono care e a cui voglio bene. Se stasera andrò al prom mancherà la più importante e, allora, che festa sarebbe? - chiede lui retoricamente, come in un flusso di coscienza. Piuttosto che rispondergli, Barbara preferisce guardare le proprie mani screpolate.

 

-Che cosa posso farci io? Ancora non capisco perché tu sia qui.

Il ragazzo si lascia andare ad uno sbuffo esasperato, come se stesse parlando con un bambino cocciuto e capriccioso. A dirla tutta, in questo periodo si sente proprio così, un infante senza coscienza né esperienza che non riesce a prendere decisioni corrette.

 

-Sei in grado di fare molto più di ciò che credi. 

Questa frase, che nasconde in sé molteplici significati, la convince ad andarsene dal salone, girare la sedia per rintanarsi nuovamente nella sua stanza. 

Ma Dick sembra intuire le sue intenzioni e bussa vivacemente alla porta per trattenerla.

-Babs … Babs so che stai scappando via. Fermati, per favore.

 

Essere crudele e spietata non è mai stata il suo forte e , per un momento che sembra durare in eterno, si sofferma a pensare cosa potrebbe accadere se decidesse di mettere un punto al suo passato. Riesce quasi a vedersi cambiare città, magari andare all’università come aveva progettato e conoscere nuove persone. Nonostante le sue gambe siano ancora qui, flaccide e inutili come un fardello da portare sulle spalle, crede di soffrire della sindrome dell’arto fantasma. Una parte di lei che manca soffre, soffre terribilmente.

Eppure è consapevole che non sarà mai più la stessa che nulla, neanche il sentimento puro e profondo del ragazzo può darle ciò che era.

 

Allo stesso tempo, non si sente adatta nelle vesti del carnefice e se dovesse ferire Dick non se lo perdonerebbe mai. Ma è un’ ipocrita con la i maiuscola, talmente egoista nel suo dolore da non rendersi conto di come il vuoto creatosi attorno a lei stia facendo del male  anche agli altri.

 

Senza rendersene conto si avvicina alla porta quanto più la sedia le permetta, appoggiando la morbida guancia sul mogano fresco. Una lacrima le riga il viso ma non la pulisce, le permette di scorrere liberamente al contrario delle sue compagne, trattenute e rilegate fuori dal mondo.

 

-Se… Se adesso ti lasciassi entrare, cosa accadrebbe? - domanda lei con un filo di voce.

-Potrei diventare un leone e sbranarti. - risponde lui, il tono talmente serio che Barbara scoppia a ridere.

 

-Tu ridi, ma sono stato morso dal leone che era scappato dallo zoo cittadino. Ho abbandonato Batman e adesso combatto il crimine facendomi chiamare “The beast, il predatore gentile” . - continua Dick con lo stesso impeto di un povero venditore di aspirapolveri che non vuole essere licenziato. 

Barbara si abbandona ad un’altra piccola risata, un sorrisetto genuino che non vuole sapere di cambiare casa.

 

Si avvicina ancora un po’ e avvolge la maniglia della porta con mani tremanti. Se respira profondamente e chiude gli occhi, può quasi sentire il profumo del ragazzo, anche se è solo nelle sue fantasie. Apre lentamente la porta, incontrando gli occhi azzurri di Dick che le trafiggono l’anima, la esaminano meglio di tutte le macchine a raggi x che l’hanno scannerizzata negli ultimi tempi.

-Ciao. - mormora lui assorto.

 

Barbara impiega un minuto o due a processare la sua figura, vista per la prima volta dal basso. Le manca il vantaggio che aveva su di lui, almeno in altezza. Percorre con sguardo curioso quel corpo che le è mancato come l’ossigeno, nonostante non ne conosca ancora ogni dettaglio. Può figurarseli, disegnarli nella sua testa come più le piace.

Scende dal suo viso - così diverso ma allo stesso tempo identico, congelato nello spazio e nel tempo- finché arriva al petto, coperto da un abbigliamento inusuale. 

 

Dick indossa una camicia bianca inamidata, cravatta rossa , giacca nera e pantaloni del medesimo colore. Un tipico e anonimo smoking. Uno smoking per il prom.

-È uno scherzo?! - non può far a meno di esclamare Barbara, che immediatamente cerca di spingere il ragazzo fuori dal suo raggio di vista , fuori da casa sua e dalla sua vita.

Lui però è Dick Grayson, l’uomo - si fa per dire - con i riflessi più veloci di Gotham e quindi le afferra il polso destro, parandosi tra lei e la porta.

 

Barbara è testarda, stanca di tutto e di tutti. Continua a spingere contro la porta, facendosi forza con la sedia, per una volta non di intralcio.

-Levati, ti farai male. - gli dice lei, combattuta tra il lasciarlo entrare e lo sbattergli la porta in faccia.

-È già successo. Anzi va avanti da tempo. Come fai a non capirlo, Babs?- urla Dick, la voce deformata da sentimenti intricati , antichi geroglifici e pittogrammi  che Barbara non vuole decifrare. Ha perso la voglia di essere un’ archeologa, di scoprire i misteri che le si paravano davanti. Qualcosa che la colpisce però c’è : raramente ha visto l’altro così provato, il suo proverbiale sangue freddo mantenuto anche nelle situazioni più strazianti e pericolose.     

Si sente egoisticamente in pace con sé stessa, rilassata e senza preoccupazioni per la prima volta da quel giorno. Non è l’unica che nasconde segreti, parti oscure che stridono con l’immagine che il grande pubblico di affetti conosce. Non è l’unico mostro di cui vergognarsi. Vedere gli altri - Dick fra tutti - perdere il controllo sembra ridare al mondo una parvenza di giustizia.

 

L’incantesimo si spezza d’improvviso, i lineamenti del ragazzo che si rilassano e guardano con confusione le proprie dita avvolte strettamente al polso di Babs. Sa che ci saranno dei segni rossi, ma ormai il dolore non la sfiora più: è assuefatta anche da lui, rimane per lei solo un sottile brivido, una carezza frizzante che non le lascia neanche la pelle d’oca.

 

Lui slega la morsa, ma Barbara le riacchiappa, le riporta al loro posto. Lo sguardo interrogativo di Dick le lascia un solco più profondo di qualche stupido livido.

 

-Fermati. - non sa neanche lei cosa intenda di preciso, vuole solo rimanere qui per sempre, le piatte acque del suo lago che diventano un mare in tempesta, le onde frastagliate che incombono sulla costa. 

-Mi hai detto una bugia. - preferisce una formula più infantile, perché il verbo “mentire” ha assunto un significato troppo personale per lei. Non può associarlo a Dick, forse l’ultimo appiglio a dei momenti che non vivrà mai più. Il loro legame è una corda attaccata al nulla, sospesa nel vuoto, che si sta sfilacciando ogni minuto che passa. 

 

-Può essere. - mormora lui. - Forse sono venuto qui con un scopo ben preciso.

-Tu non fai mai nulla senza uno scopo ben preciso. - lo scimmiotta un po’ Barbara.

Il ragazzo alza semplicemente le spalle e si mette le mani in tasca.

Tipico.

 

-Se io adesso decidessi di non schiacciare il tuo piede con le ruote della sedia, quale sarebbe la tua prossima mossa?

-Un mago non rivela mai i suoi segreti.

-Infatti tu non sei un mago, al massimo puoi fare il giocoliere.

-Preferirei essere un acrobata. - gli risponde con un occhiolino dal fascino praticato.

-Smorfioso, non cambiare discorso. Cosa vuoi ?

-In generale dalla vita, da Babbo Nata-

-Dick. - sta volta il suo tono è leggermente imperioso, come se per un frangente fosse tornata ad essere Batgirl e non una stupida ragazzina rilegata su una sedia a rotelle.

 

Lui prende un respiro profondo e si passa una mano tra i capelli neri e folti, già abbondantemente spettinati. 

-Vorresti… Venire al prom con me ? - chiede Dick guardandola negli occhi.

Barbara si blocca, le mani che stringono con forza i braccioli della sedia. 

-Sei matto?
-L’ultima volta che Leslie mi ha visitato ero in ottima salute.

 

L’occhiata che gli rivolge esprime al massimo tutto quello che sta pensando. 

-Pensavo che avessi finito di dire cazzate.

-Uh, uh, uhh… Barbara Gordon che dice una parolaccia.

-Dick, non ho voglia di scherzare. Se non hai più nulla da dirmi vattene. - Barbara non è più quella di un tempo e se solo il ragazzo sapesse quante cose brutte ha pensato nell’ultimo periodo impallidirebbe. Se ormai lei non si riconosce più allo specchio, come pretende lui di riuscirci?

 

-Barbara, non ti sto prendendo in giro, quando mai hai avuto l’impressione che l’abbia fatto?

Così tante volte che ormai ho perso il conto, anche se probabilmente ne eri inconsapevole.

 

Ma non glielo dice, si tiene quel commento per sé. Dick si inginocchia davanti a lei e con una mano le afferra il mento delicatamente. I loro occhi si incrociano nonostante Barbara cerchi di sfuggire a quell’inquisizione . 

-Babs, vieni con me. Che te ne frega degli altri?

 

Barbara si immobilizza sulla sedia. Il suo respiro si ferma e i suoi occhi sono spalancati come piattini. Nella comoda illusione del suo mondo credeva di essere diventata un guerriero di terracotta , di aver costruito un muro invalicabile, una montagna che non poteva essere scalata neanche dai migliori alpinisti. Invece Dick l’ha stupita di nuovo; pensare di averlo messo alle strette è da sciocchi, come lo è del resto rimanere qui incantata a fissarlo.

 

-Stai sbagliando. Non mi importa del giudizio degli altri, semplicemente non voglio andarci. 

È così difficile da credere? - chiede Barbara esasperata.

 

-No, non è difficile. È  semplicemente impensabile. Adesso tocca a te smettere di dire cazzate.

-La gente cambia Dick. Prima lo accetti e prima ti metti l’anima in pace.

Lui non la guarda più nemmeno, si alza dal pavimento e cammina per il salone. Raggiunge la porta, la chiude e ci si appoggia contro. Barbara osserva come lo smoking lo fasci quasi alla perfezione, anche se forse la giacca è leggermente larga sulle spalle.

 

-Questo smoking non è tuo.

-No, infatti. È di Jason.

-E per quale motivo stai usando uno smoking di Jason?

-Il mio non è sopravvissuto all’ultimo gala. - Barbara pensa prima alle implicazioni sessuali di questa risposta - Dick e qualche avvenente fanciulla dell’alta società schiacciati tra le librerie e i pregiati mobili della tenuta Wayne. Poi un lampo irrompe nella sua testa e con sé il ricordo di un articolo che aveva letto sul giornale e che aveva tenuto impegnato suo padre per settimane. Non aveva avuto il coraggio di visitare la famiglia Wayne neanche quando c’era stata una sparatoria all’ultimo gala organizzato dall’ospedale pediatrico.

 

-Damian come sta? - domanda vergognandosi della propria codardia.

-Bene bene, continua a rompere i coglioni come sempre.

-Tu vuoi farmi credere che Bruce Wayne non è riuscito a procurarti un altro smoking per la serata?

-Bruce… Lui non è d'accordo con me. Per lui dovrei lasciarti il tuo spazio.

-Mi odia, vero?

Dick scuote la testa mentre fa qualche passo in avanti, le mani nuovamente in tasca e l’espressione assorta.

-Odiarti? Nah, è solo preoccupato. Non hai mai visto come esprime il suo odio, fidati. Non potresti mai farlo arrabbiare più del dovuto. - sussurra Dick, il volto assorto e lo sguardo lontano. Non vuole pensare ai problemi di Dick, alla verità amara celata dietro le sue parole casuali ma scelte con cura.

-Jason invece ti ha aiutato senza protestare? Curioso.

-Diciamo che si era stancato di sentirmi. - continua l’altro riducendo maggiormente la distanza che li separa , adesso sono più vicini di quanto non siano stati da un’eternità. Barbara si nutre di tutti i particolari del suo viso, ne assorbe le proprietà nutritive e cerca di incamerarli per i tempi in cui non ricorderà niente di tutto ciò, in cui il dolore e la tristezza avranno la forza distruttiva di una pallottola contro un cuscino. Soffocherà la paura come un mare di piume e cercherà di resistere imparando dai propri errori. Una sottile riga compare silenziosa sulla fronte di Dick e lui arriccia leggermente il naso, come se potesse percepire i suoi pensieri corrosivi e volesse farsene carico.

-Posso? - chiede, un mormorio che lei quasi non percepisce. Le fa tornare in mente momenti custoditi gelosamente, petali di un fiore appassito che non accettano di essere buttati via. 

 

Barbara annuisce, incapace di fare altro.

Lui alza le mani lentamente e Barbara si chiede confusa cosa l’altro stia per fare. L’immancabile abitudine di Dick di lasciarla sempre scioccata è rimasta lì, in attesa di stravolgere ancora una volta i suoi piani. Appoggia i suoi palmi sui braccioli della sedia, rimanendo sospeso sopra di lei e reggendosi solo grazie a loro. Questa è una grande invasione del suo spazio personale.

Se ormai la sedia è parte di lei - un allungamento fastidioso ma necessario - avere le mani di Dick lì è un po’ come averle su di sé. Magico e spaventoso allo stesso tempo.

 

-Barbara, vuoi venire al prom con me?

-Ti ho già detto di no. Per due volte. Alla terza potrei considerarti molesto.

-La prima volta è un caso, la seconda è una coincidenza, la terza è premeditazione!- cita Dick drammaticamente, infrangendo completamente l’atmosfera seriosa che dominava la conversazione.

-Vedi perchè non posso prenderti mai sul serio? - mormora lei senza accorgersene.

Dick riposa per la milionesima volta da quando ha bussato alla porta i suoi occhi incantatori sulla sua figura e Barbara per la milionesima volta da quando ha deciso di farlo entrare sente un brivido attanagliarle le viscere.

-Perché non ci capiamo più? - gli chiede Dick, spiazzandola.

Forse non lo abbiamo mai fatto, forse ci siamo illusi di esserci andati vicini.

-Forse è passato troppo tempo.

L’espressione di Dick diventa amara, un boccone sgradevole che Barbara non pensava di dover buttare giù. Potrebbe provare a gestire la sua rabbia, la sua tristezza, addirittura la sua felicità, ma non il suo disgusto.

-Ti ho cercato, non ho mai smesso. - stanno andando avanti a frasi spezzate, mozzichi di parole che impallidiscono davanti alle liriche che prima componevano uno per l’altra.

-Ci siamo arrugginiti, abbiamo perso il tocco.

-Babs, mi sono rotto di parlare di metafore.

 

Rotto. Quella rotta sono io, spezzata letteralmente in due, un brutto manichino sgraziato senza futuro. Tu di rotto non hai nulla, le ammaccature rifiutano di formarsi sul tuo corpo etereo e le tue impercettibili crepe sono state riparate con l’oro, una creazione ancora più unica.

Barbara sa di star inventando  delle sciocchezze, di essere tanto accecata dall’invidia da non rendersi conto dei suoi pensieri meschini.

 Solo perché non sempre lo mostra - anzi, mai - non vuol dire che Dick non soffra.

I suoi dolori, le sue pene, sono tanti infidi e radicati nella sua anima che sono impossibili da sradicare. 

 

-Allora vai via, quella è la porta. 

-Che cazzo Babs, ti hanno fatto una trasfusione di acidità ? Non si può avere una conversazione con te, un dialogo, un punto di incontro? Da cosa scappi , credi di-

-SCUSAMI TANTO SE NON SONO MOLTO DI COMPAGNIA!- gli urla Barbara in volto, le sue labbra a pochi centimetri dal viso del ragazzo, le corde vocali che le pizzicano.

Che cosa pretende la gente da lei? Di cancellare gli ultimi due mesi come se fosse stato tutto solo un incubo, una pagina della sua vita da poter scaricare in un distruggidocumenti? Per lei non c’è più nulla da fare, è rilegata in una condizione opprimente e umiliante per il resto della sua insulsa vita.

Un proiettile le ha strappato la sua sinfonia dalle mani lasciandola sola,  amareggiata e incapace di suonare.

Andare ad un ballo del cazzo non potrà farla camminare di nuovo.

 

Dick abbassa lo sguardo colpevole, si volta senza guardarla ed esce da casa sua.

Nelle sue orecchie sono riprodotti a ripetizione i suoi passi leggeri  da vero acrobata.

Permette ad un solo singhiozzo di scappare dalle sue labbra.

Poi però il solo si moltiplica, la squassa dall’interno e fa tremare le sue membra.

 Lacrime bollenti le rigano le guance, le mani tremano e afferrano incerti l’orlo della sua maglietta blu. Si sente stupida, è stupida.

Fino ad allora, nonostante tutti i suoi sforzi, Dick aveva vegliato su di lei da lontano, le sue braccia forti come le ali di un angelo custode. Adesso è da sola sul serio e si rende conto di quanta fosse labile e finta la solitudine perenne che si lamentava tanto di provare.

Ha fatto molte storie per creare una voragine e ora vorrebbe solo poter rimediare.

 

Un leggero bussare alla porta la risveglia dalla sua trance.

Sembra un loop continuo, con la sola differenza che adesso non potrebbe mantenere la sua stoica facciata neanche se avesse le energie giuste per farlo. 

-Babs, mi fai-

Dick non fa in tempo a terminare la frase che Babs gli spalanca la porta e avvolge le sue braccia intorno alle gambe del ragazzo, poggia il viso sul suo stomaco caldo e piange.

 

Aveva dimenticato il sapore salato delle lacrime sulla punta della lingua.

Aveva dimenticato il tocco affettuoso delle sue mani, le sue carezze tra i capelli.

Aveva dimenticato il respiro sul suo collo, la sua voce che le sussurra parole all’orecchio.

Aveva dimenticato cosa voleva dire essere confortata.

Aveva dimenticato cosa voleva dire essere amata.

 

-Shh, andrà tutto bene.

Per una volta Barbara vuole fidarsi di qualcuno e il fatto che quel qualcuno sia proprio Dick, a cui anche se non vuole ammetterlo affiderebbe la sua vita, sembra un segno del destino.

Quel destino bastardo che l’ha privata di tutto tranne di una spalla su cui disperarsi.

Approfitta di quei momenti per calmarsi, inspirando a pieni polmoni il suo profumo legnoso e caldo,  sandalo misto a vaniglia. 

Allontana lentamente il viso, ma nel mentre non si era accorta di come Dick avesse alzato il volto, facendo in modo di trovarsi a stretto contatto ancora una volta.

Le asciuga un rivolo bagnato con il pollice, poi lo lascia lì e strofina la sua guancia cancellando scritture sgraziate da una lavagna cigolante.

-Vado a cambiarmi. - la sua voce trema e lei quasi non si riconosce.

Gli occhi di Dick aumentano a dismisura, atterriti dalle sue parole.

-Babs, non… Non volevo costringerti. Ok, ti ho decisamente messo pressione e mi dispiace, ma non devi sentirti obbligata né costret-

Gli mette la mano destra sulla bocca e lo zittisce, scuote la testa e abbozza un sorriso acquoso.

Va tutto bene. Farà in modo che le cose vadano così.

Dick annuisce, guardando come se niente fosse il salone, anche se Barbara può percepire un’energia nervosa vibrare da lui sotto forma di onde elettriche.

 

Barbara si volta, vedendo però con la coda dell’occhio come l’altro si sia seduto sul divano marrone in pelle, le spalle rilassate e la testa verso il soffitto.

-Cercherò di non metterci molto!- dice mentre è già arrivata in camera e osserva il suo riflesso nello specchio. Ha le gote rosse, i segni delle lacrime secche le tirano  la pelle sotto gli occhi e fanno risultare le sue già notevoli occhiaie.

 Nonostante abbia - per essere gentili - l’aspetto di qualcuno che ha passato ore in un laboratorio chimico, si sente bene. Percepisce che un peso gravoso che l’aveva fatta scendere in profondità ha liberato il suo sterno permettendole di respirare ancora.

La solitudine in cui si è relegata è stata la sua crisi respiratoria e Dick la sua bombola dell’ossigeno.

Si spoglia alla velocità della luce, sistemandosi con non poca difficoltà nella doccia che suo padre ha adeguatamente attrezzato. Per quanto dover usare quella specie di seggiolino sia umiliante a livelli estremi, deve riconoscere che è necessario.

Con uno shampoo fruttato si massaggia i capelli, applica un po’ di balsamo sulle punte e infine si massaggia delicatamente con una spugna colorata che le avevano regalato a Natale. Una volta uscita dalla doccia si avvolge nel suo accappatoio verde - un altro regalo di qualche sua zia - per pettinarsi energicamente i capelli.

Districa con la spazzola tutti i nodi che si erano formati all’altezza del collo e presta particolare attenzione alla frangetta. Onestamente, non aveva mai immaginato di prepararsi in modo così sbrigativo per il prom, ma fino ad un’ora non avrebbe neanche mai immaginato che sarebbe andata alla festa. 

Con il phon si asciuga i capelli, decidendo di passare la piastra una volta indossato l’abito.

 

Lo trova appeso nell’ultima anta dell’armadio, quella dove di solito tiene il cambio stagione e che per questo non apre spesso. Non ha assolutamente voglia di indossare i tacchi, che crede essere ancora più scomodi adesso che si trova su una sedia a rotelle. 

Le sue ballerine nere - ancora in buone condizioni per fortuna - sembrano essere la scelta più sensata: infatti si abbinano bene con le sfumature nere del vestito, a base rossa, con lo scollo a cuore e, invece delle bretelle un nastro di velluto da allacciare dietro il collo.

 Le era particolarmente piaciuto poiché scende morbido sui fianchi e la stoffa è leggera, come tulle. Chissà se farà lo stesso effetto.

 

Barbara indossa il vestito trattenendo il respiro, guardandosi allo specchio con circospezione. Ciò che vede non la disgusta ma non la soddisfa.

Ormai  ha fatto l’abitudine a questa sensazione a cui non sa dare un nome.

Calza le ballerine apprezzandone la semplicità, poi opta per un set di orecchini, bracciale e collana composti da minuscole perline sui toni del rosso. 

La collana, insieme al solito punto luce che indossa sempre e non abbandona mai il suo collo, le adorna il petto dandole luminosità. 

Mentre mette la piastra a scaldare, indossa le lenti a contatto e poi decide di truccarsi: base leggera, giusto un po’ di correttore per coprire le infide occhiaie e del fondotinta sparso qua e là, ombretto nero e mascara, fard e rossetto. Ha scelto un colore intenso che le fa risaltare le labbra. 

Lei e Stephanie lo avevano comprato durante i saldi al centro commerciale ed è la prima volta che lo usa. Non è abituata a vedersi così - non in questo periodo almeno - e l’immagine che lo specchio del comò riflette le piace.

Con la piastra sistema giusto la frangia, per una volta ringraziando i suoi capelli lisci e naturalmente privi di volume. L’ultimo tocco è il profumo, mentre al nastro di velluto ci penserà Dick.  Non ha un bouquet da polso, l’intenzione iniziale era quella di comprarne uno poco prima del prom dal fioraio vicino casa - ma fa niente, non le importa più di tanto. 

Agguanta l’unica pochette di cui è in possesso - per fortuna nera - e ci butta dentro il telefono e il portafoglio.

 

Appena rientra in salotto - e il rumore della sedia con lei - Dick si alza in piedi, come un soldato sull’attenti. Barbara nota che il ragazzo deve essersi dato una rinfrescata : i suoi capelli sono di nuovo ordinati e anche la camicia sembra essere meno stropicciata.

-Hai tirato fuori il ferro da stiro? - chiede Barbara per rompere il silenzio e il suo sguardo fisso su di lei. Un sorriso giocoso ma sincero si forma sul viso di Dick,a cui Barbara non è sicura di poter resistere.

-Sei meravigliosa Babs. Stupenda, incantevole.

-Non è esattamente la risposta alla mia domanda… Ti va di aiutarmi ? - domanda allora lei indicando con l’indice il nastro di velluto che le penzola mollemente sul petto. Menomale che l’abito aveva una cerniera sul fianco che è riuscita a chiudere da sola, altrimenti avrebbe dovuto chiedere aiuto al ragazzo anche per quello.

Dick strizza gli occhi e alla realizzazione il suo viso si colora di un pallido rossore che lo fa apparire ancora più carino.

Si avvicina lentamente e si pone dietro di lei, afferrando il nastro e iniziando a fare un fiocco.

-È troppo stretto? - chiede Dick a bassa voce.

-No,perfetto.

-Come te.

-Ah, che stupido… - mormora Babs sorridendo. Dick le fa l’occhiolino e lei si lascia andare ad una risatina. Dick tira fuori qualcosa dalla tasca, che si rivela essere un piccolo bouquet da polso rosso, abbinato al fiore che il ragazzo ha nel taschino, messo mentre lei si stava preparando.

-Come hai fatto a sapere quale fosse il colore adatto?

-Sono andato a farmi un giro nel negozio dove hai acquistato l’abito.

-Sul serio?!

-Ovviamente. Per chi mi hai preso ? - domanda lui scherzosamente. Barbara controlla di aver preso tutto, poi manda un messaggio a suo padre per avvisarlo del cambio di piano.

 

-Signorina Gordon, è pronta?

-Certamente, signor Grayson.

 

Fuori da casa Gordon li aspetta una macchina nera, che Barbara riconosce di aver già visto nell’ampio garage di casa Wayne. 

Dick le apre la portiera posteriore, aiutandola a salire. Mentre lei si sistema la gonna dell’abito e il ragazzo ripone la sua sedia a rotelle nell’ampio bagagliaio dell’automobile, Barbara si accorge di un particolare che non aveva notato.

Al posto del guidatore è seduto un ragazzo che la guarda dallo specchietto centrale, le spalle larghe coperte da una giacca di pelle nera e rossa. 

Lo stupore la pervade nel vedere Jason Todd alla guida di una berlina.

- Potevate metterci un po’ di più, no? - domanda il più piccolo con un sorriso sarcastico.

-Secondo la legge potrebbe guidare questa macchina?- sussurra Barbara nell'orecchio di Dick, seduto rilassato a fianco a lei.

-Sono letteralmente Red Hood. Diciamo che non mi importa più di tanto ciò che dice la legge. - esclama Jason mentre fa una manovra per uscire dal parcheggio e imboccare la strada che li porterà a scuola.

Ovviamente avrei dovuto immaginare che mi avrebbe sentito, sto pur sempre parlando con Jason Todd.

 

La situazione ha un non so che di normalità che la fa sentire viva, entusiasta del ballo e della serata che passerà con Dick. La radio accesa da Jason sta mandando in onda una canzone allegra, dal ritmo coinvolgente. Le viene spontaneo muovere il piede a ritmo, ma presto deve fare i conti con la realtà quando si ricorda che beh…

 Non ha esattamente il controllo sulle sue gambe.

Capita quando confondi Joker per il fattorino delle pizze e ti ritrovi con un proiettile ficcato nella schiena.

Deve prendere consapevolezza del fatto che, nella sua vita, avrà spesso a che fare con dei muri che la ostacoleranno e contro cui andrà a sbattere.

Dick sembra percepire il suo piccolo cambio di umore, perciò le afferra la mano e la incastra con la sua. Fa passare le sue dita sul suo palmo in movimenti circolari, le accarezza le nocche e i polpastrelli, poi deposita un bacio su ogni dito.

Barbara ridacchia e coglie di sfuggita l’occhiata esasperata di Jason dallo specchietto centrale.

-Prendetevi una stanza.

-JASON! - cerca di sgridarlo Dick, ma anche la sua voce è intrisa di spensieratezza e infatti il rimprovero non è credibile. Il più piccolo tra i due inizia a fischiettare mentre guida con scioltezza tra le strade trafficate di Gotham.

 

-Divertitevi. - è l’ultima cosa che dice Jason prima di scaricarli a pochi metri dal liceo. Aiuta Dick a tirare fuori dal bagagliaio la sua sedia a rotelle e , una volta assicuratosi che entrambi siano pronti , si rificca in macchina e lascia il parcheggio con una nuvola di fumo.

 

-Andava di fretta? - domanda Barbara per spezzare il silenzio rilassato che si era creato. Adesso che sono praticamente arrivati, può avvertire nuovamente l’ansia fare capolino dentro di sé.

Dick alza solo le spalle ponendosi al suo fianco e allargando il braccio, come ad invitarla ad andare. Sa che al ballo ci saranno anche Artemis e Wally, ma si sente terribilmente in colpa per come si è comportata negli ultimi tempi.

Dick le dà un pugnetto sulla spalla e Barbara smette di fissare la pochette per rivolgergli uno sguardo interrogativo.

-A che pensi?

-Mh… A niente, non preoccuparti.

-Non dire sciocchezze, vedo che c’è qualcosa. 

-Penso… Penso di essermi comportata da vera stronza con te, con Wally e anche con Artemis. Non so con quale faccia ho intenzione di presentarmi qui stasera. Forse avrei fatto meglio a non venire? - dice Barbara mormorando l’ultima frase.

Da fuori chiunque la prenderebbe per matta, ne è certa : cambia idea così rapidamente da sentirsi su una trottola, si arrabbia con qualsiasi persona che prova a parlarle e si chiude in silenzi turpi e prolungati. 

A volte mi sembra di essere Tarpea. Oppure sono io che mi costringo ad impersonarla ?

 

-Babs, nessuno ti odia. Non lo fa Bruce, non lo fa Wally e tanto meno Artemis. Non hai passato un -

-É proprio qui il problema, Dick. Il fatto di essere diventata paraplegica non dovrebbe permettermi di mandare tutti a’fanculo . Voglio che … Voglio che la gente sia arrabbiata con me, mi dica quanto mi sia comportata male, quanto li abbia feriti. Voglio che mi allontani e mi lasci veramente sola. Ne ho bisogno.

 

Dick la trascina dietro un albero, si siede su un muretto e si passa una mano tra i capelli, scompigliando le folte ciocche corvine. Barbara allunga tremante un dito e riporta un ciuffetto ribelle al suo posto. Il ragazzo coglie l’occasione per afferrarle i polsi e portarseli al petto, stringerli forti per farle sentire il battito agitato del suo cuore.

 

-Babs, lo senti? Io avevo… Io temevo che tu fossi morta e… Quando ho potuto ascoltare il tuo cuore battere mi è sembrato di trovarmi davanti ad un miracolo. Tu eri, sei viva e del resto non me ne frega un cazzo. Non mi importa se non camminerai più, se sei triste e arrabbiata con te stessa, se ti sei isolata, se mi urli contro o se deciderai di non volermi più vedere e ti ricominciare tutto da capo. L’unica cosa che mi interessa è che tu sia qui, a respirare la mia stessa aria, se puoi urlare, piangere, litigare con me è perché non sei morta. Non so chi dovrei ringraziare, ma chiunque egli sia avrà la mia gratitudine per il resto dei miei giorni.  So che dietro le tue azioni non c’è mai stato l’odio e, vuoi sapere una cosa? 

In alcuni momenti ce l’avevo con me stesso, perchè l’unica cosa che potevo fare era guardarti da lontano sperando che tu mi lasciassi entrare.

Sarei disposto a tutto per te, Babs. Fottiti di quello che penserà la gente, i tuoi amici e la tua famiglia sono con te. Il resto può andarsene beatamente affanculo, non sei d’accordo? - conclude Dick con un leggero fiatone e gli occhi lucidi che la fissano, che cercano una conferma alle sue parole. Fino a quel momento Barbara non aveva realizzato quanto gli fosse mancato l’altro, quanto si fosse sentita vuota senza di lui. Gli butta le braccia al collo e lo stringe forte, fortissimo.

 

-Dick… Non farmi piangere o mi si scioglierà il trucco.

Lui ride, ride di una risata bagnata, piccole lacrime che le bagnano il collo facendole venire la pelle d'oca. Le braccia di Dick le circondano la vita e le sue dita sfregano in movimenti continui le pieghe del vestito sulla sua schiena.

-Sembriamo un po’ stupidi vero? Dico a piangere dietro ad un albero nel parcheggio del liceo mentre dentro sta per iniziare il prom.

-Forse un po’, ma il bello è proprio questo.

 

Dick si asciuga il viso con un fazzoletto che Barbara tira fuori dalla sua borsetta, poi insieme si avviano verso la scuola. Poco prima di entrare, Barbara prende un grande respiro e cerca lo sguardo del ragazzo, che già la stava guardando incantato. Lei arrossisce e gli tira un pugno che lui devia abilmente.  

É Robin.

 

La palestra della scuola sembra ancora più grande del solito, addobbata in modo impeccabile e piena di gente. Alle pareti sono stati attaccati dei festoni sui toni dell’azzurro e ghirlande del medesimo colore.  É stato montato un palco abbastanza grande, al di sotto di esso c’è un dee-jay e in fondo alla stanza sono invece posti un paio di tavoli con il rinfresco.

Dick cerca di individuare Wally tra la folla, e per fortuna intravedono uno spilungone dai capelli rossi avvicinarsi.

 

-Ehy Dick, finalmente sei arrivato, stavo per darti disper-

Wally si ferma quando la vede al fianco di Dick. Barbara si era convinta di essere pronta, soprattutto dopo il discorso del moro, ma niente avrebbe potuto prepararla allo sguardo incredulo di Wally. Barbara si gratta nervosamente l’avambraccio, ma il ragazzo si inginocchia improvvisamente alla sua altezza e l’abbraccia calorosamente.

Barbara ricambia l’abbraccio, tranquilla come non si sentiva da ere.

 

-Che bella sorpresa Babs, sul serio. Non pensavo che saresti venuta… Devo per caso ringraziare il signore qui presente? - continua Wally sfruttando la sua altezza per scompigliare i capelli di Dick e appoggiare un braccio sulle sue spalle.

Dick sfodera uno dei suoi sorrisi incantatori, producendo uno sbuffo da parte di Wally. 

Continuano a chiacchierare allegramente, aggiornandosi a vicenda su piccoli pettegolezzi e vicende quotidiane. In realtà, è più Barbara che ascolta i racconti di Wally che altro, un’altra conferma di come questi mesi l’abbiano portata a perdersi un pezzo della loro vita che non tornerà mai più indietro.

L’ultima prova che deve ancora affrontare però non si è fatta viva e Barbara sta odiando questi minuti di attesa con tutta sé stessa. Dov’è Artemis ?

Ascolta distrattamente Dick e Wally chiacchierare su qualche sciocchezza che comprende un robot e del burro d’arachidi - non chiedetele nulla - mentre sorseggia con attenzione e moderazione un po’ di punch. Nonostante le ferree regole imposte dalla scuola - e forse proprio per questo trasgredite con passione - qualcuno ha corretto con della vodka il punch alla fragola.

Non sa di che gradazione sia l’alcolico scelto - ipotizza bassa - e non vuole correre il rischio di ubriacarsi a quella che può essere considerata la sua prima vera apparizione pubblica dopo l’incidente, per giunta in un luogo dove straripano professori.

Dick sembra essere dello stesso avviso e non sa cosa pensare di Wally, memore di come sia praticamente impossibile che l’altro diventi ubriaco.

 

Individua con lo sguardo Artemis, bellissima come sempre. 

Tra tutti, lei è quella che forse, forse, è più propensa a non perdonarla. 

Un po’ per il suo carattere, un po’ per le sue passate esperienze, un po’ perché Barbara è effettivamente consapevole di essere stata una stronza, ha paura di confrontarsi con Artemis. Il fantasma della loro amicizia le pesa sulle spalle come un macigno, la fa vergognare come se avesse commesso un crimine spietato e forse è quello che ha fatto.

Sapere che le sue azioni, azioni stupide, compiute senza riflettere, senza pensare alle loro ripercussioni, hanno determinato qualcosa in cui credeva le ha fatto male.

Male più del proiettile.

Ha potuto sedare quel dolore con i farmaci.

Ma non esiste nessuna medicina per porre rimedio alle proprie cazzate, ai propri errori.

Artemis non perdona, lei accetta, digerisce.

Ma una cosa digerita non è mai del tutto dissolta e così sarà per loro: rimarrà un sassolino fastidioso tra le scarpe, così piccolo da non riuscirlo ad acchiappare ma allo stesso tempo infido. Prima o poi una di loro due se ne andrà, stanca di quella seccatura, e Barbara è sicura che non sarà lei a compiere quel passo.

 

Artemis arriva al loro angolino, ben appoggiati contro un muro per avere un po’ di privacy.

Inizialmente non sembra notarla, il suo sguardo cattura immediatamente quello di Wally. Dick stringe senza farsi notare la mano di Barbara, capace come sempre di leggere e interpretare i turbamenti altrui meglio dei propri.

Artemis la vede, finalmente.

In quel momento, Barbara capisce come anche l’amica - può ancora chiamarla così?- avesse schivato quell’incontro quanto lei. 

Forse non dovrebbero parlarne, forse potrebbero lasciare le cose come stanno, senza un inizio e senza una fine, spezzate a metà e mai ricucite. Perchè fare qualcosa quando si è consapevoli che si soffrirà ? Se essere Batgirl le ha insegnato qualcosa però, è che lasciare le questioni in sospeso non porta mai a nulla di buono.

Gli occhi di Artemis sono freddi, duri e la guardano come qualcosa di troppo, fuori posto.

Barbara percepisce che l’atmosfera tra loro quattro si è raffreddata,consapevole di come sia colpa sua.

-Hey Artemis, come stai? - chiede Dick per rompere il silenzio. Da quando è piombato in casa sua nel pomeriggio, il ragazzo ha cercato di far partire una conversazione di circostanza innumerevoli volte. Barbara vorrebbe avere la sua stessa forza, vorrebbe sbattere la testa contro il vetro e osservare soddisfatta i suoi pezzi andare in frantumi.

Invece è capace solo di raddrizzare le spalle, dandosi un contegno che non possiede.

 

-Tutto bene. - la risposta è gelida, senza sbocco per un continuo.

Barbara sa che Artemis sta aspettando una sua mossa.

Barbara sa che nessuno può salvarla dall’impiccio che lei stessa ha creato.

Barbara sa che ogni secondo passato in silenzio è un boia sopra la sua testa.

 

Barbara prende un grande respiro e con forza si spinge verso l’uscita laterale della palestra.

-Andiamo, dobbiamo parlare. É inutile girarci intorno.

Sicura che nessuno la stia guardando, si permette di lasciarsi andare ad un’ espressione sorpresa. Selina Kyle e tutta la sua sfrontatezza si sono impossessate di lei per meno di un minuto.

Facendo forza con le braccia, Barbara si allontana sempre di più da Wally e Dick, sicura che Artemis l’abbia seguita grazie al ticchettio continuo dei suoi tacchi dietro di lei. 

Non si volta indietro per guardarla perché sa che se lo fa, Artemis non scomparirebbe come Euridice, anzi, rimarrebbe a fissarla come un’arpia, pronta ad azzannarla.

Trovato un posticino appartato e non troppo distante da qualche anima viva - nel caso Artemis si trasformasse veramente in un essere mitologico- Barbara si guarda un po’ intorno.

Si sente la protagonista di un videogioco da quattro soldi, uno di quelli che lei e Dick noleggiavano nel negozio vicino la centrale di polizia, perché non può fare altro che guardarsi intorno e attendere la sua fine. 

Alza vagamente lo sguardo per ammirare Artemis , nonostante i sentimenti contrastanti che prova nei suoi confronti. Il suo abito è verde e sbrilluccicoso, il tessuto composto da tante minuscole paillettes. Lo scollo è abbastanza profondo, mentre il taglio è a sirena e la slancia molto, facendo risultare le sue gambe ancora più lunghe di quanto già non siano.

Artemis ha i capelli acconciati in una crocchia rigida - probabilmente mentre si pettinava si sarà lamentata della quantità di gel che ha dovuto usare - e indossa gioielli in oro molto semplici.

 

-Adesso ti è tornata la lingua? - la sua voce è graffiante, priva dell’ affetto che era solita rivolgergli.

Ti aspettavi che ti avrebbe accolto a braccia aperte?

-Ho notato che tra di noi c’era… Qualcosa in sospeso. - Oddio Babs, sembri una contabile isterica.

-Qualcosa in sospeso? - le risponde l’altra buttando gli occhi al cielo in una scena

 che , onestamente , sarebbe perfetta per un telefilm da guardare su Disney Channel.

Barbara ha sempre un po’ invidiato Artemis, sempre più svelta, più sfacciata, più carina, più brava a combattere e a parlare con i ragazzi. Avrebbe voluto essere dotata di quel fascino dorato, tipico degli eroi tormentati, che possono permettersi di essere drammatici senza sfigurare. Forse l’ha provocata, forse ne era consapevole e l’ha voluto.

Proprio come ha detto prima a Dick: ha bisogno che qualcuno le urli contro che merda sia stata e chi , meglio di Artemis , potrebbe farlo? Se si vuole un’esplosione non c’è niente di meglio di stuzzicare una bomba ad orologeria.

 

-Non ti sei fatta sentire per tre lunghi mesi. Neanche una parola, uno sguardo o un messaggio. All’inizio ho provato a capirti, del resto sei diventata handicappata.

Barbara sussulta a quella parola e stringe il bracciolo della sedia con tutta la forza che ha, tant'è che le sue nocche assumono un colorito biancastro.

Sa che cosa sta facendo Artemis.

Ne è stata una spettatrice silenziosa in tutti gli anni in cui è durata la loro amicizia.

Artemis è una predatrice, mette alle strette la sua preda, la accerchia, ne scopre ogni punto debole e alla fine sferra il colpo finale. Ritrovarsi ad essere il bersaglio di certi atteggiamenti è elettrizzante e inquietante allo stesso tempo. Per una volta è entrata a far parte dei grandi drammi di Artemis Crock.

 

Quando si è amici di qualcuno, si tende a sottovalutare i lati negativi del carattere di una persona in favore dei suoi tratti positivi, dei dettagli che possono costruire un’amicizia sincera. Barbara ha scelto di essere cieca in molte occasioni, di girarsi dall’altra parte in alcune situazioni senza però sgretolare la sua integrità: ecco perchè Batgirl era un supereroe diverso dagli altri.

In questa situazione è lei che ha sbagliato e, per una volta, prova cosa vuol dire essere nella parte del torto. Non si è comportata bene, ma le parole di Artemis la feriscono più di quanto è disposta ad ammettere. Dentro di lei continuava ad esserci una piccola scintilla, una lucciola luminosa nel buio che la spingeva a cercare un confronto con Artemis.

 

-Come ti sei sentita? - chiede Barbara.

Il volto di Artemis si scompone e la sua maschera, dipinta con la stessa maestria di un pagliaccio del San Carlo, si spezza in piccoli frammenti. Ma non si diventa allieva di Arrow senza un po’ di furbizia e inventiva, infatti è come se tante indaffarate truccatrici le sistemassero il mascherone.  

-Come mi sono sentita? Che cazzo di domanda è ?

E proprio mentre Barbara sta per controbattere, sapendo però di essersi cacciata in una sfida troppo grande per lei, Artemis continua , le gote rosse che stonano così tanto con il suo trucco nero e il cointuring affilato.

-Vuoi darmi una risposta anche per questo? Eh, Babs? Non ci si stanca mai ad essere sempre una maestrina, di voler insegnare agli altri come vivere? 

 

Barbara immagina di chiudere gli occhi e di affondare in un letto morbidissimo, talmente morbido che la inghiottisce e le sue gambe - le sue bellissime gambe, ora gonfie e piene di vene varicose - sgambettano allegramente, mentre le lenzuola si ribellano, l’avvolgono fino a strozzarla, fino a darle una forma che non è più sua, un bozzolo elastico e modellabile, fatto però di troppo tessuto che straborda dal letto e inonda la stanza, ma Barbara è il lenzuolo e lei è la stanza. Schiacciata contro il muro, la guancia che struscia contro l’intonaco , si sente informe, troppo per occupare uno spazio così piccolo. Qualcuno la buca con un ago e Barbara si sgonfia, afflosciandosi su sé stessa, un corpo vuoto e rugoso che non ha più niente da offrire. Artemis la guarda da sopra il tetto. Il suo sguardo non è cambiato.

 

-Forse sei tu che sentivi il bisogno di ricevere delle lezioni. - mormora Barbara.

Artemis le molla uno schiaffo sulla guancia destra e se ne va via, il suo didietro che ondeggia a ritmo del vento sottile che rinfresca l’aria.

Sente provenire da dietro di lei dei rumori che potrebbe definire soltanto… umidi.

Con la pelle che le brucia - è impossibile combattere per le strade di Gotham senza saper tirare un buon vecchio manrovescio - e qualche lacrima brigante che le scorre sulle gote, Barbara si gira lentamente verso quei rumori molesti. 

Ad aspettarla però c’è una scena tutt’altro che fastidiosa o scabrosa.

Ci sono due ragazzi - due ragazzi della sua età ! - che si baciano appassionatamente contro un albero. Le mani di lui contro la vita di lei, due anime e due corpi, coriandoli di tutti i colori e una bottiglia di champagne aperta a mezzanotte. 

La consapevolezza che al posto di quella biondina sarebbe potuta esserci lei la investisce come un camion a tutta velocità sulla tangenziale.

 

Il Tempo ha bussato alla sua porta troppo presto, le ha rubato la giovinezza lasciandola secca e insipida, vecchia e già usata anche se è in ottimi condizioni, appena comprata.

Forse adesso capisce com’è sentirsi un oggetto in vendita su qualche sito online.

Portarsi dietro strascichi di memorie ormai inutili, almeno per chi può andare avanti e non rimanere incagliato nella pece. Pece che circonda ogni cosa, non risparmia nulla.

Babs si sente un mostro e forse un po’ lo è.

L’idea di lasciare tutto di nuovo sfiora la sua mente con la stessa attrattiva di una sigaretta per qualcuno che sta cercando di smettere di fumare. Certo, prendere il pullman nelle sue nuove… Condizioni, non è semplicissimo, ma niente a cui  Barbara - motivata dal volersene andare il più presto possibile - non potrebbe trovare una soluzione.

 

Lei è pur sempre Batgirl.

 

Il suo continuo rifiutare il mondo l’ha anche distratta da una questione spinosa quanto vitale: sa che non potrà riprendere le sue attività da Batgirl, ma non è pronta a vedere qualcun altro prendere il suo posto. Chissà se Bruce le darà l’opportunità di appendere il suo costume al chiodo senza cederlo a nessuno. Come un vecchio campione la cui maglia viene esposta in un museo. Lei si accontenterebbe di un armadio nella Bat Caverna.

Un mano calda si appoggia sul suo collo, all’altezza del fiocco di velluto, i polpastrelli si muovono in modo circolare, vogliono sciogliere nodi stretti da troppo tempo e da un marinaio troppo esperto.

Barbara volge la testa all'indietro, i suoi capelli che scivolano sulle mani in questione e loro che li accarezzano, li attorcigliano tra le dita e ne saggiano la consistenza.

 

-Cosa pensi di me? - mormora lei senza avere il coraggio di incontrare i suoi occhi.

Non è ancora pronta ad affrontare un processo senza avvocato.

-Dovresti essere più specifica. - risponde Dick, enigmatico come sempre quando vuole confonderle le idee.

-Cosa… Cosa pensi di come mi sono comportata. Oggi, ieri e di come mi comporterò domani.

-Pretendi anche che adesso preveda il futuro? - la risatina che accompagna le sue parole - focalizzate solo sull’ultima parte della sua domanda - suonerebbe falsa anche ad un sordo.

No, falsa no.

Ma sicuramente non del tutto sincera.

Barbara vorrebbe avere il superpotere di guardare gli occhi di Dick e di capire tutto quello che gli passa per la testa, di poter leggere i suoi segnali anche senza un alfabeto preciso, senza una mappa o uno spartito.

Barbara desidera di nuovo quell’intesa speciale che non avrebbe mai pensato di perdere.

 

Lui sospira, affonda le mani tra i suoi capelli e si sbilancia un po’ in avanti, appoggiando i gomiti sullo schienale della sedia, tanto vicino che Babs si sente immersa nel suo profumo e nella sua presenza.

-Penso che tu oggi abbia fatto qualcosa che andava fatto.

-Non mi consideri una stronza? Non vuoi bene ad Artemis ?

-Proprio perchè le voglio bene ho detto quello che ho detto.

-Non ti capisco Dick.

-Non è importante, non adesso per lo meno. Hai fatto quello che ritenevi giusto Babs, chissene frega del resto. 

-Sono carini vero? - domanda Barbara in direzione di quella coppietta affiatata. Adesso che è più calma può osservarli meglio. Sicuramente non sono dell’ultimo anno e Babs un po’ li invidia. Cosa darebbe per tornare indietro.

-Carini, carini. Ma noi di più.

Un sospiro sorpreso scappa dalle labbra di Barbara, le sue mani che si stringono tra di loro e si abbracciano, troppo emozionante per contenere l’agitazione.

 

Noi. 

Pronome personale di prima persona plurale.

Noi.

Io e te.

Noi.

Dick e Babs.

Noi.

Babs e Dick.

 

Per la sua sanità mentale decide di ignorarlo, almeno per il momento. Preferisce concentrarsi sulle sue braccia che ora le circondano il petto, argini che contengono il fiume impetuoso che sgorga dal suo cuore, la risacca che accoglie il suo mare.

-Ti va di tornare dentro?

Babs sa che basterebbe un suo cenno, un piccolo indizio lasciato da Pollicino sul percorso di un grande detective, e in poco tempo sarebbero lontani dalla scuola.

Ma sa anche ciò che prova Dick, i suoi desideri che , nonostante siano abilmente nascosti sotto strati di ammirevole altruismo, continuano ad esistere e a voler essere realizzati.

Dick ci tiene a vivere il ballo con lei.

A passare una delle serate più importanti della loro adolescenza in sua compagnia, anche se lei non è più - e non sarà mai - la Barbara di prima, quella con cui aveva immaginato questa serata.

A capodanno Barbara si era ripromessa di essere più tollerante e comunicativa, fa niente se ormai è passato del tempo e non è riuscita a rispettare i suoi propositi, vuole aggiungerne un altro. Barbara vuole diventare una persona migliore in tutti i sensi, non limitatamente al suo ruolo di amica o di possibile fidanzata. Vuole essere meno egoista, stringere la propria vita tra le mani ed essere in grado di compiere scelte ragionevoli  per sé e per gli altri.

Getta un’occhiata a Dick, il suo viso in attesa di una risposta che accetterà indipendentemente se negativa o positiva.

-Va bene dai, non hai un po’ sete?

Dick le fa un occhiolino appositamente esagerato, gira su sé stesso e spara un proiettile immaginario mimando una pistola con le mani.

-Boom boom, troverò il cocktail perfetto per te, baby.

Babs gli molla una gomitata precisa precisa alle costole, grazie alla sua nuova posizione mirare ai fianchi del ragazzo è diventato ancora più semplice.

-Ouch, che dolore!- esclama l’altro contorcendo il viso in una smorfia di dolore degna del più provetto attore in una compagnia teatrale d’elite.

-Hai mai pensato ad una carriera nel mondo del cinema?

-Pensa che ho ricevuto un sacco di offerte, ma non me la sentivo di lasciare Gotham. - continua Dick seriamente, con un'espressione così concentrata che per un momento un pensiero fugace le balena in testa. Immagina il ragazzo in qualche produzione famosa - ignorando come numero uno, Dick non abbia mai seguito una lezione di recitazione in vita sua e, numero due, in che modo il pupillo di Batman sarebbe stato scoperto da qualche agenzia.

 

-Se Babs, lascia perdere ! Te lo immagini in televisione ? - si avvicina Wally, la sua solita leggerezza un po’ deviata da qualche bicchiere di punch di troppo. Chissà se l’altro è conoscenza della sua “piccola” discussione con Artemis , se sta aspettando di essere solo per parlarne o se ha deciso di ignorare completamente la situazione.

Barbara però si lascia trasportare da Dick, suscettibile come sempre, e dal suo labbro sporgente, le braccia incrociate che dicono : << No, non sono veramente arrabbiato ma mi piace farvi ridere >>.

 

La serata continua tra le occhiate velenose di Artemis, gli sguardi sconvolti e stralunati degli altri studenti e le mani di Dick su di lei. Non sono tocchi invadenti, fuori luogo ed inappropriati. Sono carezze di cotone sulla sua pelle sanguinante, le mani attente di un chirurgo che cura con dedizione il corpo martoriato di un soldato.

Barbara ha sentito la presenza del ragazzo in ogni momento, un velo costante pronto a proteggerle le spalle se il vento fosse diventato troppo gelido.

 

Dick è stato - come sempre del resto - incredibilmente furbo e preparato.

È riuscito nell’intento di farle dimenticare che, essendo l’evento a cui ha consensualmente scelto di partecipare un ballo scolastico, la gente ad un certo punto della serata si riunirà al centro della sala per danzare.

E che lei non potrà farlo.

Non ha assolutamente intenzione di mettere in scena qualche scena sdolcinata - Dick che le fa fare una giravolta mentre lei è all’altezza del suo busto, le ruote della sedia che intruppano qualcuno e rompono lo stiletto della reginetta di turno. No, per stasera ha attirato l’attenzione abbastanza.

 

Someone you loved di Lewis Capaldi rompe l’atmosfera festaiola per catapultare la palestra in una cartolina romantica. 

In quel momento Barbara sa di essere fottuta.

Un po’ perché si sente a disagio a strisciare verso il muro come un topo di fogna, come se dovesse vergognarsi di qualcosa ( in realtà deve).

Un po’ perché sente l’elettricità stagnante sotto la sua pelle frizzare, delle piccole scariche o dei brividi che la rendono inquieta.

Un po’ perché ha paura di incontrare gli occhi di Dick, di scorgere in loro frammenti delusi. Sa che per lui averla condotta al ballo è stata un ‘enorme vittoria e che forse, ingenuamente, sperava che alla fine avessero potuto ballare godendosi la serata senza drammi inutili.

Come persone normali.

Barbara però non è mai stata normale, neanche quando le sue gambe svolgevano il loro compito e la sua spina dorsale non era un pasticcio incasinato di ossa attaccate a caso.

 

Guarda con timore il viso del ragazzo, trovando pronto per lei un sorriso rassicurante, uno di quelli che le fa venire voglia di sorridere a sua volta.

Barbara scuote la testa, conscia di non essere immune al fascino di Dick Grayson.

Tra il riconoscerlo a sé stessa e l’ammetterlo alla platea pubblica - o a colui che esercita questo fascino - ci sono però un paio di maniche, passi troppo lunghi che non è ancora pronta a compiere. Chissà quando , o se, riuscirà a farlo.

Per ora può accontentarsi delle loro mani intrecciate, del suo profumo che crea una bolla solo loro, dove niente e nessuno può entrare.

 

Il rientro a casa è  un po’ meno scenografico e lussuoso dell’andata: Jason è troppo impegnato per venirli a prendere - Dick è seriamente convinto di udire un episodio di NCIS in sottofondo e il rumore dei popcorn nel microonde - taxi a quell’ora non ne  passano e chiedere un passaggio a qualcuno non è un’idea da prendere in considerazione.

Wally aveva anche proposto di stringersi tutti nella sua Smart da quattro posti ma , numero uno, la sedia di Barbara non sarebbe entrata nel bagagliaio neanche sotto le insistenti preghiere di un monaco buddhista e , numero due, Artemis non sembrava gradire l’idea.

Dall’altra parte, neanche Barbara aveva voglia di viaggiare nella stessa auto con lei.

 

Così adesso stanno camminando, almeno per modo di dire: Dick sta spingendo la sua sedia fino a casa Gordon e Barbara, forse per la prima volta, apprezza di non dover percorrere quei tre chilometri dopo una serata estenuante.

-Tuo padre quando torna?

-Credo domani mattina sul tardi. In questo periodo la situazione è movimentata e tu lo sai meglio di me.

Babs può percepire il ragazzo annuire alle sue spalle e, improvvisamente, pensa a qualcosa che aveva completamente ignorato fino a quel momento.

-Dick, e la pattuglia ? Non hai veramente abbandonato la ronda notturna solo per portarmi al ballo, giusto?

Lui sbuffa.

-Bat è più che capace di pattugliare da solo per una notte… Io avevo una missione più importante da portare a termine.

-Ah sì?

-Eh sì, era una missione di salvataggio con un soggetto particolare. Ma è filato tutto liscio.

Barbara ride di nuovo, porta la testa indietro per incontrare lo sguardo di Dick, il desiderio profondo di scorgere tutto ciò che gli passa sul viso.

-Come mai tutta questa curiosità ? Cos’hai in mente ? - chiede lei, maliziosa. Sa che non finiranno a letto. Non sono fidanzati, la loro relazione non ha mai avuto implicazioni sessuali o qualcosa di più audace di un intenso contatto visivo. E oh, quasi dimenticava : passa letteralmente tutta la sua vita a lamentarsi delle sue gambe inutili e molli.

Non esattamente le condizioni migliori per il sesso.

 

La libertà di poter scherzare senza conseguenze, la sicurezza che lui ha già capito tutto e che continuerà a farlo. Barbara non sa cosa le riserva il futuro, ma per il momento è contenta così.

 

Arrivano a casa Gordon poco dopo l’una, Babs pronta a crollare in un sonno ristoratore. Sta per salutare Dick sulla porta, ma il ragazzo la precede spingendola dentro e chiudendo la porta dietro di sé.

-Sai che questo potrebbe essere l’inizio di un omicidio? Ti rende abbastanza inquietante.

-Nah, se avessi voluto ucciderti lo avrei fatto prima, no? Ho pronta da pubblicare quella tua foto in cui hai cercato di cavalcare un elefante allo zoo ed hanno chiamato la sicurezza.

-Ti ho sottovalutato.

Dick sfodera per lei un sorriso da mangiamerda e la invita a cambiarsi.

Lei caccia fuori dall’ armadio il pigiama che lui era solito indossare quando si fermava a dormire a casa sua. Se in tutto questo tempo le è capitato di fissare quei capi in modo assente e sull’orlo delle lacrime, sono solo fatti suoi e di nessun altro.

 

Deposita con cura il vestito rosso su una sedia, penserà domani a sistemarlo.

Chissà cosa dirà suo padre quando gli racconterà di come ha passato questa serata.

Forse potrebbe essere un punto da cui ripartire.

Il momento adatto per lei di aprirsi di nuovo.

Lascia la camera con un po’ di aspettative, curiosa di tutto quell’alone di mistero che Dick ha tenuto da quando sono rientrati. I mobili del salotto sono stati sposati contro le pareti, il tappeto acciuffato in un angolo e il portaombrelli posato sopra il tavolo della cucina.

 

-Hai deciso di riarredare il mio soggiorno ?- domanda dubbiosa e sinceramente confusa. Dick però non le risponde, un classico.

Il ragazzo si avvicina al suo cellulare, pericolosamente in bilico sulla pila di cuscini del divano. Preme il tasto play e una canzone che non riconosce si diffonde per la stanza.

Dick si piega verso di lei, le sue labbra all’altezza del suo orecchio : - Ti fidi di me ?

Ti affiderei la mia stessa vita, qui, ora e per sempre.

Ti aspetterei all’infinito, fino a quando non saresti pronto o fino a quando non desidereresti di lasciarmi. 

Ti accompagnerei in tutto senza pretendere nulla e ti stringerei quando ne avresti bisogno.

Sarei lì per te in ogni secondo.

 

Mi fidavo di te.

Mi fido di te.

Mi fiderò di te.

 

-Sì.- riesce a sussurrare Barbara con un filo di voce, un sibilo così timido che fa fatica a riconoscere sé stessa in quel mormorio  delicato.

Dick le afferra i polsi, li bacia con delicatezza e poi la tira su.

 

Vive il momento a rallentatore, come se fosse in un ascensore con i vetri trasparenti.

Parte dal basso e scannerizza ogni millimetro del corpo di Dick fino a raggiungere i suoi occhi e qualche centimetro in più.

Lui fa in modo che i suoi piedi siano sopra i suoi, entrambi in un limbo precario retto solo grazie alla forza e alla determinazione di Dick.

-Cosa… Cosa hai intenzione di fare?

Dick non le risponde, ma avvolge un braccio intorno alla sua vita e con l’altro le cinge una spalla. Ondeggiano lentamente come se fossero a bordo di una barchetta che viaggia tranquilla nell’oceano.

Le sembra tutto così surreale, impensabile fino a quello stesso pomeriggio.

 

Il ragazzo inizia a canticchiare contro la sua pelle, Babs che può sentire ogni singolo movimento delle sue labbra che tracciano parole destinate solo a lei.

 

Just the two of us

We can make it if we try

Just the two of us

Tu tu tu tuuuu

 

Dick prende più confidenza mano a mano che si muovono in circolo per il soggiorno e azzarda anche una giravolta. Barbara si sente leggera come non è mai stata, come non hai immaginato di potersi sentire.

Ancora con un lucchetto il suo sguardo a quello di Dick.

Il suo bacio è la mandata di chiave di cui avevano bisogno.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Batman / Vai alla pagina dell'autore: Lunaharry66