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Autore: _Alcor    20/04/2024    4 recensioni
Gli emersi – invasori dimensionali che appaiono all’improvviso e senza apparente regolarità – hanno già devastato una delle province del paese e minacciano ogni giorno di causare nuove morti.
In risposta, l’umanità ha creato le armature d’assalto CHIMERA, l’unica speranza di combattere ad armi pari contro individui che sembrano poter piegare la natura al loro volere con un movimento della mano.
Eppure ci sono forze che vogliono che il testing delle armature venga interrotto e sembrano disposte a tutto: aggressioni, minacce e attentati…
Perché?
{I protagonisti sono basically Kamen Rider | Influenzato dall'esperimento di Milgram, Virtue Last Reward | e tanta altra roba}
Genere: Angst, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Chimere'
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When you truly want to change the world,

you will discover how pitiable your own strength is.

The Holy Maid gave her all to the people,

and was repaid with merciless shackles and nooses.


{Thus spoke Apocalypse}









PRELUDIO.

[Logan Dexter]





QUARANTA GIORNI ALLA PRIMA APPARIZIONE DELLA PARATA DEL FUMO



Mi appiattisco contro il piano cottura e passo accanto alla sedia rovesciata, i frammenti di bicchiere si sbriciolano sotto le suole delle scarpe. Quanto darei per essere fuori di qui, poco importa se viene distrutta casa in mia assenza.

L’intrusa siede sul tavolo della cucina e incrocia le braccia, una lama opaca spunta dalla manica della felpa grigia. Piega le labbra in un sorriso aguzzo. «Ehi. Ti ho solo chiesto un caffè, non c’è bisogno di essere così guardingo.»

«Cre–» Mi si attorciglia la lingua. «Credo di avere tutte le ragioni per esserlo.»

L’intrusa si sostiene il mento con il pugno; i due ciuffi asimmetrici che le incorniciano il viso sono dello stesso castano dei capelli di Jaiden, ma le somiglianze si fermano lì. Una cicatrice sottile le spacca il sopracciglio fino allo zigomo, non voglio sapere cosa potrebbe provocare un taglio talmente netto.

Alza le sopracciglia. «Tipo quali?»

Mi mancano le parole. Il ceppo con i coltelli è accanto alla scatola delle cialde da caffè, con uno di quelli potrei vedermela ad armi pari. Poggio la mano sul piano, mi trema talmente forte che scuote persino le spalle.

Il problema è che lei è entrata qui dentro pronta a farmi fuori, io non riesco nemmeno a immaginarlo.

Ride. «Ah, mi stai lasciando indovinare. Vediamo, vediamo…»

Mi conviene tenerla buona per ora. Pesco una cialda di caffè dal contenitore azzurro-trasparente, la bustina di carta vola dalla mano e cade tra i frammenti di vetro sbriciolati.

L’intrusa salta giù dal tavolo con un oplà allegro e la raccoglie, quel sorriso grottesco le rimane stampato sulle labbra. «Ci sono! Ti spaventa che io ora sappia cos’è successo davvero a Jaiden.»

Sussulto. Le strappo la bustina di mano e caccio la cialda nel portafiltri, nel mobiletto è rimasta solo una tazza sbeccata con scritto POZIONE D’AMORE, le altre sono tutte ammassate nel lavello da giorni.

Mi mette una mano sulla spalla, il cuore mi fa una capriola nel petto. «C’ho preso? So di averci preso.»

Piazzo la tazza sotto l’erogatore e clicco il tasto di accensione, la vecchia macchina trema come se fosse presa dagli spasmi. Il beccuccio sputacchia un paio di bolle marroni, l’aroma delicato del caffè che si diffonde in cucina non fa nulla per distendermi i nervi.

Devo chiederle se vuole anche lo zucchero e il cucchiaino?

L’estranea sospira; poggia la schiena al tavolo, la lama opaca scintilla sotto la manica. «Ehi, senti… mi dispiace per averti arruffato prima.»

Chiama arruffare l’avermi sbattuto a terra e minacciato, bene.

Prende la tazza con una mano e se la porta alle labbra. «Thank you~» Ha le nocche costellate di croste in via di guarigione e lividi giallastri. Assapora il caffè ad occhi chiusi, le spalle rilassate.

«Non–» Guardiana, non riesco a parlare. Deglutisco l’ansia. «Non immaginavo mi avresti ringraziato.»

«Andiamo, per vivere tra le persone ci sono un minimo di regole base da seguire.»

«Come non forzare la porta di casa altrui?» Mi mordo la lingua, ho osato troppo.

«Qualcosa del genere.» Scoppia a ridere, lascia il coltello sul tavolo e raccatta la sedia dal pavimento. Se la piazza accanto, spazzolandola un paio di volte con la manica per togliere della polvere inesistente. «Dai, siediti.»

«Cosa vuoi da me?»

«Un po’ di onestà intellettuale.» Indica la sedia con il palmo della mano. Prendo posto, da questa posizione mi supera di una testa. Fa scivolare il coltello davanti a me, come a dire guarda, sono disarmata.

Sospira. «Dimmi, cos’è la cosa più importante della tua vita?»

Passo la lingua sui denti, mi trema la mano. Stringo i pantaloni, non penso sia il caso di mentire. «La mia carriera.»

Mugugna, mi passa l’unghia sulla guancia e alza il mento. Ha le labbra piegate in un sorriso ma non c’è traccia di calore nella sua espressione. «Questo perché fino ad ora hai dato per scontato la tua sicurezza personale. La prima necessità rimane sempre la propria pellaccia. Certo, a meno che non sei una di quelle persone pronte a martirizzarsi per una grande causa.» Si slaccia la cerniera della felpa.

«Questo non mi dice che vuoi da me.»

«Segui il mio ragionamento, Logan, e potrei dirti persino chi sono.» Allarga il lembo di una felpa, la cinghia della fondina ascellare spicca come un taglio sulla maglia bianca. «L’uomo rinuncia a una parte della sua libertà per vivere sereno, ma è una sicurezza abbastanza fasulla.»

Estrae la pistola e me la punta alla fronte. Mi scappa un gemito strozzato, serro gli occhi per prepararmi ma lo sparo non arriva.

«Visto?» sussurra, mi stacca il ferro freddo dalle pelle. «Basta che qualcuno venga meno a questo contratto sociale e non sei più sicuro nemmeno a casa tua. Fortuna che di devianti simili ce ne sono pochi, eh?»

Ne ho una davanti agli occhi. Un filo di sudore freddo mi cala sul naso. «La legge serve a quello, stabilire delle regole e punire chi le viola.»

«Vero, l’aspettativa è che la legge sia giusta, per quello non esitiamo a obbedire la maggior parte delle volte.» Alza le spalle. «Non trovi sia divertente?»

Questa situazione è tutto fuorché divertente.

L’intrusa allarga le braccia, ha il fianco totalmente scoperto e il coltello è davanti a me sul tavolo. Potrei–

La mani non vogliono sapere di smettere di tremare.

Appoggia le mani sul piano e sporge il busto indietro. «Insomma, la legge è stata stabilita da esseri umani come gli altri. E noi umani siamo dei gran figli di puttana per indole. Ma obbediamo lo stesso alle decisioni dei grandi capi, sai perché?»

Se dovessimo stare a mettere in discussione ogni legge in base alla morale personale sarebbe anarchia. «Perché è più facile così.»

L’intrusa fa un applauso. «Sapevo che avresti capito, signor killer.»





[.note a margine]

Trama che chiuderà l’arco di Logan aperto l’anno scorso: in teoria non serve leggere le altre storie della serie per comprendere a pieno la trama ma danno contesto per le decisioni dei personaggi non-portatori di punti di vista.

Le ispirazioni sono innumerevoli e tenterò di segnalarle tutte per l’ultimo capitolo, ma una di cui devo fare menzione ora è Il confine dell’umano di Glenda, perché non è la prima volta che noto che mi sta influenzando parecchio e la adoro.

Quindi se vi va un fantasy più chill a tema viaggio e fantapolitica, a voi.

Ty per essere arrivati alla fine.

_Alcor

  
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