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Autore: Macy McKee    22/04/2024    0 recensioni
E fra le ombre lui sussurra, muto, “Voglio tornare a casa.”
E Nina seppellisce le dita nella sua essenza incorporea ed è come toccare una scintilla.
“Non posso lasciarti andare.”
*
Raccolta di oneshot su Nina e Matthias.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Matthias Helvar, Nina Zenik
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Partecipa all'evento mensile di Aprile del gruppo "Prompts are the way", con il prompt: ‘‘Every night I'm dancing with your ghost,’’ a.k.a. i lati inaspettati dei poteri Grisha che si ritrova Nina dopo le vicissitudini con la Jurda Parem, i canali infestati di cui nessuno a Ketterdam è conscio, e il saper lasciar andare.
 

Dancing with your ghost


E fra le ombre lui sussurra, muto, “Voglio tornare a casa.”
E Nina seppellisce le dita nella sua essenza incorporea ed è come toccare una scintilla.
“Non posso lasciarti andare.”


*

Ketterdam era densa di spettri e incubi. Aleggiavano fra la pioggia sulle strade di pietra, fra le correnti dei canali.
Lo sguardo di Nina era incatenato a loro, come un marinaio reso folle dai canti delle sirene: non la lasciavano andare.
Solo lei sentiva le urla agonizzanti, i sussurri di vendetta.
Inej le stringeva la mano quando la sentiva sussultare e la trascinava avanti. Jesper faceva ruotare nervosamente il tamburo della pistola. Kaz teneva lo sguardo fisso davanti a sé, senza tentennare, ma la stretta delle sue dita sul bastone si faceva impercettibilmente più violenta – solo Inej lo notava.
Nessuno di loro vedeva le ombre lattiginose degli spiriti.
Nina li percepiva sempre. Quando era rintanata nel Crow Club, li sentiva spingere ai margini della sua coscienza.
Lui non le si era mai presentato. In centinaia la cercavano: sconosciuti strappati alla vita da una pestilenza letale, viandanti morti sotto le coltellate di una città che non risparmiava nessuno, soprattutto i più deboli.
Nina lo cercava sempre fra la folle invisibile, opalescente.
Inej la portava via, dolcemente.
Le notti erano il momento peggiore. Mentre gli altri Corvi dormivano o combattevano per la loro vita fra i vicoli, Nina era segregata in una stanza che la soffocava. Nei giorni in cui l’astinenza sembrava volerla uccidere, la dovevano legare per evitare che fuggisse.
Era cresciuta con il suono dei battiti del cuore di tutto il Piccolo Palazzo nelle orecchie; la Jurda Parem aveva corrotto i suoi sensi e il suo potere, e aveva trasformato quel suono famigliare nell’ululato di mille spettri.
Nina non sapeva quanto tempo avesse trascorso lì, prima di ritrovarsi, una notte, a vagare fra i ponti gelidi di Ketterdam e i fantasmi che si affollavano attorno a lei. Si era resa conto di poter comunicare con loro e aveva provato un infinito senso di colpa quando aveva capito che volevano solo essere visti. Erano stati gentili con lei: le avevano indicato la strada per raggiungerlo.
L’aveva trovato sotto un ponte, con le mani impalpabili immerse nell’acqua dei canali.
L’aveva raggiunto correndo, affondando il viso nel suo petto impalpabile.
“Nina.”
La voce di Matthias parlava direttamente alla sua mente e al suo cuore, senza emettere un suono.
“Sono qui, Matthias. Sono qui.”
“Nina, Nina. Aiutami.”
“Sono qui. Ti riporterò indietro.”
“Aiutami, Nina. Mi sono perso: non riesco a tornare a casa.”
Nina aveva pianto. Matthias – il suo spettro – aveva sfiorato il suo viso con polpastrelli immateriali, e Nina aveva sentito la sua guancia prendere fuoco.
Per nove notti Nina era tornata da lui. Lo guardava, una sagoma impalpabile dell’uomo che era stato, cercare di immergersi nell’acqua sotto la luce della luna.
“Voglio raggiungere Djel”, la supplicava, disperato.
“Non posso perderti di nuovo.”
Ballavano, una danza macabra, con il fruscio minaccioso delle acque che li accompagnava. La decima notte, Nina si era seduta sulla riva e aveva pensato di lasciarsi cadere. Il dolore si sarebbe placato, l’avrebbe raggiunto.
Matthias le si avvicinava e Nina poteva immaginare i suoi occhi che la guardavano – tragici, innamorati, freddi.
“Nina.” La voce di Inej non era nella sua mente. Lentamente, la donna le si era avvicinata, tendendole una mano.
Nina aveva scosso la testa.
“Non voglio perderlo.”
“Lascialo andare a casa”, aveva sussurrato Inej. Non lo poteva vedere e non lo poteva sentire, ma sapeva leggere il dolore sul viso della Grisha.
“Non posso.”
Inej si era chinata verso di lei e le aveva preso la mano.
“Il suo posto è con i Santi e con il suo Dio. Il tuo è al Crow Club. Torniamo a casa.”

   
 
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