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Autore: SellyLuna    24/04/2024    0 recensioni
[Bridgerton ]
«Eloise, mi manchi. Mi manca la nostra amicizia. Non so se riusciremo mai a ripararla, e forse non me lo merito, ma volevo che tu lo sapessi. Ecco tutto» le rivelò quello che aveva nel cuore.
Purtroppo quella sera non era l’occasione giusta, non solo perché Eloise non aveva ancora fatto a patti con i propri sentimenti, provava ancora molta rabbia e rancore verso Penelope, ma soprattutto perché le vorticavano in testa le parole di Cressida: sentiva solo quelle.
Era propensa a credere che, eliminati questi fattori, sarebbe stata più disponibile ad ascoltare l’amica e a venirle incontro, perché in fondo mancava anche a lei, sapeva che il loro legame era profondo e che non valeva la pena sprecarlo, senza aver lottato per esso.
«Potrai irretire mio fratello, ma io non ci casco» Eloise disse la cosa più sbagliata.
Penelope spalancò la bocca, stupita e ferita. Non si aspettava un commento simile.
La giovane Bridgerton si sentì compiaciuta per essere riuscita a zittire Penelope con quella sua affermazione. Ma si rese conto, in un secondo momento, che era una magra consolazione.
[Eloise centric]
[scena bonus: pov Colin]
[Polin sullo sfondo, ovviamente]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Il peso delle parole

 

 

 

 

 

 

Eloise Bridgerton non avrebbe mai pensato di trovarsi in una situazione simile.

Non aveva la benché minima voglia di partecipare a un ballo – e questa non era una novità, ma quella sera, mentre faceva il suo ingresso nel salone addobbato a festa della padrona di casa, Lady Cowper, sentiva un peso gravarle sulle spalle. Sapeva che non sarebbe più stato come prima, perché non aveva più un’amica con la quale sgattaiolare via dalla pista da ballo, appartarsi nell’aria fresca della sera lontana dalla musica e dal dover intrattenere conversazioni con gentiluomini di dubbio gusto e intelletto. Lei non era come Daphne, che adorava eventi come quelli. E sicuramente sua sorella avrebbe apprezzato la scelta dei fiori dai colori tenui che adornavano la stanza o i giochi di luce dei lampadari di cristallo che si infrangevano sul pavimento e sulle pareti. Non si sarebbe lasciata scappare nemmeno commenti riguardo scelte che non avrebbe condiviso, anche se non lo avrebbe mai ammesso davanti alla loro ospite, nonostante il titolo di duchessa di Hastings.

Se per lungo tempo aveva trovato fastidiosa e anche incomprensibile la perfezione che Daphne sembrava incarnare sempre, costantemente in ogni occasione – e forse quello che la feriva di più era notare gli occhi ammirati e amorevoli di loro madre, uno sguardo che non avrebbe mai posato su Eloise Bridgerton – ora non la impensieriva più. Aveva capito e accettato la loro diversità. Anche Daphne le aveva assicurato che c’era spazio per entrambe, che non esisteva solo un modo per farsi strada nel mondo, che Eloise non avrebbe dovuto per forza seguire le sue orme. Era stato un enorme sollievo.

E nel profondo sapeva che sua madre, Violet Bridgerton, le voleva bene così com’era, per la sua personalità un po’ fuori le righe. E sarebbe stato sciocco da parte di sua madre non mettere in conto che non avrebbe avuto otto tra figli e figlie tutti uguali.

Ma nonostante tutto, Violet Bridgerton aveva questa speranza – inafferrabile per i figli – di vederli un giorno tutti felici e innamorati, così come era stata lei a suo tempo con loro padre.

Si guardò intorno per vedere chi era presente all’evento della serata e forse per trovare una nuova via di fuga, un qualsiasi motivo che l’avrebbe allontanata dal vivo del ballo.

I suoi occhi scandagliarono lo spazio intorno a sé, finché non si fermarono su una figura che conosceva bene. Dal lato opposto dove si trovava, Penelope Featherington, la sua vecchia amica Pen, stava conversando in modo civettuolo con un gentiluomo a lei sconosciuto. L’uomo era alto, ben vestito e attraente, almeno secondo l’opinione di tutte le nobildonne. Eloise ne riconobbe il fascino, ma non sarebbe bastato quello per catturare la sua attenzione. Se nelle sue vicinanze non avesse avuto la signorina Featherington, probabilmente non gli avrebbe dato una seconda occhiata.

Vide che il giovane nobile sembrava interessato a quello che gli stava dicendo Penelope. Ed Eloise rimase interdetta, per un attimo soltanto. Non aveva mai visto Pen mettere in atto certi atteggiamenti che erano propri di tutte le dame in cerca di marito. Le salì, improvviso, del disgusto al pensiero che sua madre avrebbe voluto che anche lei si comportasse alla stessa maniera al fine di accalappiarsi un marito.

Ancora una volta si rese conto che, in realtà, non conosceva affatto la sua amica. Non credeva che desiderasse sposarsi, aveva sempre pensato che rigettasse l’istituzione del matrimonio, proprio come lei, che lo considerasse una prigione. Invece, forse, per Penelope rappresentava la libertà, un senso di indipendenza e autonomia.

Una volta Penelope aveva ammesso di pensare al matrimonio, ma non l’aveva presa sul serio; non pensava che fosse un sentire così profondo.

E se fosse stato solo quello a tenerle separate… Eloise non l’aveva ancora perdonata per la sua ipocrisia, per tutti i misfatti e il male che aveva commesso con l’inchiostro della sua penna. Quando la osservava, vedeva sempre e solo Lady Whistledown. La sua amica Pen non c’era più – amesso che ci fosse mai stata.

Era come se l’immagine della più famosa scrittrice scandalistica di tutta Londra si sovrapponesse a quella della dolce Pen, cancellando così tutti i ricordi che aveva della sua migliore amica. E forse era ingiusto, ma non ne poteva fare a meno.

«Per quanto possa cambiare il suo stile, rimane pur sempre la solita e patetica Penelope Featherington. Non trovate?» una voce odiosa si intromise tra i suoi pensieri.

Si accorse di avere al fianco la signorina Cressida Cowper, nel suo elegante vestito rosa chiaro, accompagnato dalla solita espressione maligna in viso.

Era un mistero, per Eloise, come facesse Cressida a farsi detestare da tutti. Aveva sempre un commento cattivo per ognuno, ma percepì qualcosa di più profondo e crudele, vero e proprio astio, quando parlava di Penelope.

Non si trovava d’accordo: Penelope non vestiva più di giallo e la scelta di osare con nuove tonalità le permetteva di risaltare il suo incarnato, aveva particolare cura e gusto anche nelle pettinature che sfoggiava, sempre delicate, mai eccessive. E poi sapeva che Penelope era molto più di questo: aveva carattere, aveva un pensiero proprio che sapeva come articolare – e le cronache mondane di Lady Whistledown ne erano una prova. Certo, pochi avevano avuto l’onore di poter ascoltare le sue considerazioni, perché la giovane Featherington aveva mostrato da sempre una proverbiale timidezza, ma non si faceva nessun problema ad aprirsi con le persone di cui si fidava. Era lampante come Penelope e Cressida fossero agli antipodi, come il giorno e la notte e Eloise non aveva nessun dubbio su chi preferisse tra le due.

La loro giovane ospite era sicuramente una persona dai lineamenti raffinati, ma di una superficialità e di un vuoto insostenibili.

Essendo al ballo organizzato dalla sua famiglia, Eloise non poteva allontanarsi bruscamente da lei. La sua buona educazione le impose di rimanere lì dov’era, ad ascoltare le parole della giovane Cowper.

Non commentò alcunché, in attesa. Si augurò che Cressida comprendesse che non avrebbe avuto risposta, così da indurla a ricercare intrattenimento altrove.

La giovane Bridgerton continuò ad osservare dritta davanti a sé, il suo sguardo puntato sulla scena che si stava svolgendo dalla parte opposta, ai lati della pista da ballo. E vide suo fratello Colin raggiungere Penelope, che nel frattempo era sola ai tavoli del rinfresco.

Si chiese da dove fosse sbucato, perché non l’aveva visto nelle vicinanze. Che fosse stato in una zona poco illuminata, poco più in là? Aveva forse visto lo scambio di Penelope con quel giovane?

Da come si muoveva Eloise percepì un’ombra scura che avvolgeva la figura del fratello. La sua camminata era decisa, diretta alla sua meta, incurante degli ostacoli che avrebbe trovato sul suo cammino. Era un’andatura che non si addiceva a una festa come quella, sembrava più una marcia militare. Eloise lo trovò strano, stonava con l’atmosfera.

Che cosa aveva spinto il fratello a comportarsi in tale maniera? Si chiese, anche, se fosse l’unica ad avere notato quella stranezza. Il resto dei presenti sembrava ignaro.

Non le sfuggì come Colin gravitasse attorno alla giovane Featherington, ricordando a Eloise le api che svolazzano intorno ai fiori più profumati in primavera, registrò come i corpi di entrambi reagissero l’uno all’altra nello spazio; era come se da entrambi partissero dei fili invisibili, ma pieni di scariche elettriche, che li univano, pur mantenendo le distanze richieste dall’etichetta sociale.

«Ma guardate, la dolce e innocente Penelope Featherington!» nuovamente la voce sgradevole di Cressida riempì l’aria «Non è poi così innocente come fa credere. Mi viene in mente solo un motivo perché lei possa aver attirato l’attenzione di vostro fratello. L’ha intrappolato nella sua rete.»

Nel profondo Eloise sapeva che non avrebbe dovuto dare ascolto a Cressida Cowper, ma una parte di lei, quella ferita dalla scoperta dell’identità segreta dell’amica, sembrava propensa a crederle: conosceva le sue abilità e non le era poi così difficile immaginarla capace di una cosa simile.

«Cosa intendete?» si ritrovò suo malgrado a chiedere.

Con la coda dell’occhio notò che la signorina Cowper sorrise in modo maligno.

«Gli ha mostrato le sue grazie. È probabile che abbiano una frequentazione intima, non so se mi spiego» alluse Cressida, senza tanti giri di parole.

Eloise non si era mai chiesta come i gentiluomini nei club durante i loro raduni parlassero delle giovani debuttanti e delle signore in generale, probabilmente – si rese conto allora – utilizzavano termini più crudi e volgari di quelli che aveva appena impiegato Cressida e che trovava oltremodo offensivi. Perché non le era sfuggito, come tra le righe, voleva dipingere Penelope Featherington: come una fanciulla poco di buono, che si comportava in modo indecoroso, una condotta che non si addiceva al loro rango.

C’erano così tante cose che le signorine del loro calibro non sapevano del mondo e, per l’ennesima volta, Eloise ne ebbe la conferma. Loro vivevano in una gabbia dorata, in un mondo quasi fatato, perfetto, ignare di quello che succedeva all’esterno di quella loro bolla. Era già tanto se si chiedessero come vivessero le persone più povere, quelle che dovevano lavorare per vivere; era impensabile che potessero visitare i quartieri malfamati di Londra. E a molte ragazze non interessava.

Le parole velenose di Cressida si aggiunsero all’immagine crudele – ma per lei fin troppo reale – che aveva di Lady Whistledown.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel corso della serata la stanza da ballo le era diventata così soffocante che aveva dovuto raggiungere i giardini per prendere un po’ d’aria. Aveva bisogno di staccare: troppi colori, troppa musica, troppe chiacchiere, troppo rumore.

Si era sentita un’estranea, come spesso le accadeva, e arrivava puntualmente durante gli eventi mondani il momento in cui Eloise necessitava, tanto quanto respirare, di rifugiarsi in un angolino appartato, lontana da tutto e tutti per riprendersi e rituffarsi nuovamente in quell’atmosfera cangiante.

Ringraziava che tutte le magioni dei nobili presentavano enormi parchi, ricchi di fiori e piante di specie diverse, di percorsi, cammini e panchine.

Ed era su una di queste che Eloise aveva deciso di trovare un attimo di tranquillità. Si affacciava a un piccolo laghetto, in cui alcune anatre nuotavano placide al chiarore della luna.

Si rilassò, finalmente.

Chiuse gli occhi per qualche secondo, quando ad un tratto sentì un fruscio e si rese conto che qualcun altro aveva avuto la sua stessa idea.

«Oh» un’esclamazione sorpresa la destò. Non le serviva voltare lo sguardo per riconoscere a chi apparteneva quella voce.

«Eloise, non pensavo di trovarti qui.»

Nonostante l’incertezza, Penelope Featherington non fece nulla per lasciare quel luogo. Ed Eloise si chiese perché rimanesse lì in sua compagnia, quando era evidente che a lei non faceva piacere.

«Pen-» iniziò, ma le tornarono in mente le parole di Cressida e quindi si ritrovò a correggere l’appellativo «Signorina Featherington»

Se Penelope rimase ferita dal suo tono e da quel distacco che voleva mantenere, non lo espresse ed Eloise non si curò nemmeno di osservare la sua reazione.

Il suo sguardo rimase ostinatamente puntato sul paesaggio ameno di fronte alla propria seduta.

«Signorina Bridgerton» ricambiò il saluto Penelope, seppur con un sospiro afflitto.

Dopo secondi di un silenzio scomodo, la sua vecchia e cara amica prese coraggio.

«Mi farebbe piacere scambiare due parole con voi, con il vostro permesso.»

«Se proprio devi» disse, tra i denti, Eloise.

Non le stava rendendo la cosa facile, ne era consapevole, ma era come le sembrava giusto reagire alla sua presenza.

«Non mi hai ancora perdonato, lo comprendo. Magari non lo farai mai, in ogni caso sento il bisogno di dirti che tutto quello che ho fatto non aveva lo scopo di ferire te e la tua famiglia. So che può sembrare da certe azioni, ma mi devi credere: l’ho fatto per proteggervi. Non vi farei mai del male, lo sai. Ho dovuto compiere delle scelte non facili. Spero che un giorno potrai capire.»

Se Penelope si aspettava una reazione da parte sua, rimase delusa, perché Eloise non disse alcunché, non si mosse, di nuovo attese.

Anche quella, a ben vedere, era una risposta.

«Eloise, mi manchi. Mi manca la nostra amicizia. Non so se riusciremo mai a ripararla, e forse non me lo merito, ma volevo che tu lo sapessi. Ecco tutto» le rivelò quello che aveva nel cuore.

Purtroppo quella sera non era l’occasione giusta, non solo perché Eloise non aveva ancora fatto a patti con i propri sentimenti, provava ancora molta rabbia e rancore verso Penelope, ma soprattutto perché le vorticavano in testa le parole di Cressida: sentiva solo quelle.

Era propensa a credere che, eliminati questi fattori, sarebbe stata più disponibile ad ascoltare l’amica e a venirle incontro, perché in fondo mancava anche a lei, sapeva che il loro legame era profondo e che non valeva la pena sprecarlo, senza aver lottato per esso.

«Potrai irretire mio fratello, ma io non ci casco» Eloise disse la cosa più sbagliata.

Penelope spalancò la bocca, stupita e ferita. Non si aspettava un commento simile.

La giovane Bridgerton si sentì compiaciuta per essere riuscita a zittire Penelope con quella sua affermazione. Ma si rese conto, in un secondo momento, che era una magra consolazione.

Non seppe quantificare per quanto tempo rimasero in silenzio, come se il tempo si fosse fermato e volesse dilatare quel momento e quelle emozioni spiacevoli che entrambe stavano provando.

Finché la voce di Colin infranse quella dimensione.

«Pen!»

Una volta raggiunta la giovane, si accorse che non era sola.

«Ah Eloise, ci sei anche tu» commentò, incerto, percependo che tirava una brutta aria.

«Ho interrotto qualcosa?» chiese lui, prima guardando Penelope e poi la sorella.

Ed Eloise lo notò.

«No, fratello, puoi stare tranquillo» lo rassicurò lei, seppure con un tono duro.

Dopo un primo smarrimento, Colin fece quello che gli riusciva meglio: portare allegria e leggerezza.

Se era perplesso circa quella strana atmosfera in cui era incappato, non lo diede a vedere, decidendo che quello non era il momento adatto per andare a fondo della questione. E per questo Eloise ne era grata.

Il fratello rivolse la propria attenzione alla loro vicina di casa.

«Se non ricordo male, mi avevi promesso un ballo» le disse sorridendo, offrendole il braccio.

E senza alcuna esitazione, Penelope intrecciò il proprio con quello di Colin Bridgerton, ricambiando il sorriso.

Quello scambio catturò l’attenzione di Eloise, registrò la naturalezza con la quale vivevano la vicinanza dei loro corpi.

E, mentre sentiva i loro passi e le loro chiacchiere allontanarsi nella quiete del giardino verso la casa, pensò che in fondo Cressida Cowper aveva ragione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una volta a casa, Eloise trascinò Colin e Benedict con sé nello studio di Anthony, il luogo più consono per avere quella conversazione con il fratello. Doveva ascoltarla, era di fondamentale importanza.

Benedict era un bonus, era capitato che rientrasse proprio nel momento esatto in cui loro avevano varcato la soglia di casa. Sperò di averlo dalla sua parte. Anche se dall’espressione che aveva, era solo confuso di trovarsi lì. E forse non aveva nessuna voglia, a quell’ora tarda, di accondiscendere a quella sua trovata.

«Perché, di grazia, ci hai trascinato qui a quest’ora?» volle sapere Colin, con sgarbo.

Era arrabbiato, Eloise lo percepiva.

«Devo dirti una cosa importante, fratello.»

«E non puoi aspettare domani per dirmela?» Colin era sempre più contrariato.

«Non ha tutti i torti, sorella» le fece presente Benedict «E poi non capisco: io che c’entro?»

«Supporto morale» tagliò corto Eloise.

E in un altro momento della giornata, Eloise sapeva che Benedict avrebbe apprezzato quel ruolo, riconoscendo la stima che lei riponeva in lui, ma non quella sera tarda.

I fratelli Bridgerton intuirono che non sarebbe stata una cosa veloce, quindi si sedettero ognuno su una poltrona.

«Sentiamo» la esortò Colin.

Il giovane Bridgerton sembrava non avere molta pazienza, era chiaro che preferiva essere altrove, non lì, in quello studio, ad ascoltare quello che aveva da dirgli.

E questo per un attimo la fece esitare, perché in fondo poteva aspettare il mattino seguente.

«Sì, ecco» farfugliò Eloise, come se avesse momentaneamente perso le parole e il coraggio.

Gli sguardi che si ritrovò addosso non erano particolarmente comprensivi.

«Devi smettere di frequentare Penelope.»

Le reazioni dei fratelli a questa sua affermazione furono diverse: Colin alzò un sopracciglio, perplesso, mentre Benedict parve tutto ad un tratto interessato alla questione, si era fatto tutti orecchi.

«Se sei gelosa… Capisco che ti manca la vostra amicizia. Ma questo non significa che io non possa intrattenerne una con lei, solo perché tu e lei avete avuto un diverbio.»

«Non hai capito, non è questo» controbatté Eloise.

La credeva davvero così meschina? Pensava che non avrebbe accettato che Penelope poteva avere altri amici, oltre a lei? La credeva davvero così possessiva?

«Allora, qual è il problema?»

Come poteva spiegarglielo, senza rivelare quel grande e scandaloso segreto?

«Penelope non è chi sembra. Ti farà del male» spiegò la quintogenita Bridgerton con decisione.

Dall’espressione di Colin, Eloise capì che il fratello non credeva affatto alle sue parole.

«È stata molto abile, non c’è che dire. Ti ha soggiogato completamente» commentò Eloise, tra sé e sé.

Quella sua riflessione non passò inosservata, entrambi i fratelli la captarono e rimasero interdetti. Eloise riconobbe che stava muovendo delle accuse di una certa gravità.

«Si può sapere a cosa ti riferisci?» intervenne Benedict.

«Cressida mi ha aperto gli occhi. Aveva ragione. Penelope ti ha ammaliato con le sue grazie!»

Questa affermazione venne accolta da un silenzio assordante. Eloise notò come mutarono in un attimo le espressioni dei fratelli, spalancarono gli occhi a dismisura, attoniti. Non erano sicuri di aver udito bene.

Se non fosse stata una situazione così grave, l’avrebbe trovato particolarmente comico.

E la giovane ragazza si spazientì per non essere stata presa sul serio; lo aveva capito da come, dopo il primo momentaneo stupore, le loro espressioni si erano distese, come la preoccupazione era sparita dai loro occhi.

Avevano deciso di trattare la cosa come se fosse uno scherzo, seppure uno di cattivo gusto.

E gli sguardi che le stavano riservando erano quelli che di solito si rivolgevano ai bambini che non capivano quello che accadeva loro intorno. E questo la fece andare su tutte le furie.

Ben presto Benedict sostituì la sua espressione gioviale con una più seria, prima di chiedere spiegazioni al fratello minore. Poiché erano volate nell’aria parole che non poteva lasciar correre.

«L’hai compromessa?»

«Certo che no!» esclamò sulla difensiva Colin, oltraggiato per un’accusa simile «Sono un gentiluomo! Non farei mai una cosa simile, non farei mai nulla che lei non voglia. Ve lo posso assicurare» e si mise una mano sul cuore.

Non era riuscito a convincerla, sebbene Eloise fosse consapevole che Colin non mentiva mai. Lo conosceva, era una persona buona di cuore, sempre sorridente, difficilmente irritabile. Il giorno seguente si sarebbe rimproverata per aver dato più valore alle parole di una giovane appartenente all’alta nobiltà, estranea alla loro famiglia, rispetto a quelle del fratello. Ma quella sera, come era accaduto anche in precedenza, le sue azioni avevano seguito la convinzione che Cressida avesse in mano la verità.

Chissà quanto se ne sarebbe pentita, il giorno seguente, a mente lucida. Ma non era il momento per pensarci.

Vide che Benedict si era tranquillizzato, convinto dalla risposta dell’altro.

Ed Eloise seppe che non avrebbe potuto dire null’altro per cambiare la situazione: i fratelli maggiori non le avrebbero creduto, ogni suo ulteriore avvertimento sarebbe stato accolto da orecchie sorde.

Riconosceva la sconfitta. Per quella sera, non avrebbe potuto fare nulla più. Ma il giorno successivo sarebbe tornata all’attacco, più decisa che mai. Che si tenessero pronti!

«Non capisco perché poi diamo credito a Cressida Cowper. Mi meraviglio di te, Eloise!» sbottò Colin.

La giovane non rispose, con uno sbuffo uscì dalla stanza, stizzita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Ora che Eloise è uscita, puoi dirmelo.»

Colin si sorprese a sentire quella richiesta. Che cosa voleva sapere esattamente Benedict?

«Come, prego?»

«C’è stato qualcosa tra te e la signorina Featherington?» domandò il maggiore dei due, senza esitazione «Non mi è sfuggito quel tuo non farei mai nulla che lei non voglia, per citare le tue parole.»

Accidenti ai fratelli maggiori, sempre così attenti! Se pensava di non dare da pensare ad Eloise, era tutta un’altra faccenda con Benedict. E aveva intuito giusto.

Si alzò dalla poltrona e raggiunse le grandi vetrate dello studio di Anthony per osservare il paesaggio esterno, ricoperto dal manto della notte.

Stava riflettendo sulla sua risposta. Quanto avrebbe dovuto dire al fratello?

Era incerto, perché temeva il suo giudizio? Era sicuramente una parte del motivo, l’altra era che non aveva ancora compreso i suoi pensieri e soprattutto le sue emozioni. La realizzazione era stata così improvvisa da averlo lasciato senza respiro. E ora non sapeva bene cosa fare di tutti quei nuovi sentimenti che provava per la sua amica Pen, erano così tumultuosi da non lasciarlo in pace nemmeno un momento, né di giorno, né di notte.

«C’è stato un bacio» ammise, infine.

L’altro rimase in silenzio, in attesa. Sapeva che sarebbe giunto anche il resto.

«È da allora che non riesco a pensare ad altro» continuò Colin. «È stato sorprendente, perché non mi è mai venuto in mente di baciare Pen. Insomma, è una mia amica. Ma poi i miei occhi sono caduti sulle sue labbra e non ho desiderato altro»

«Deduco che ti sia piaciuto parecchio.»

«Se mi è piaciuto!» Colin parve divertito da quella affermazione «Continuo a pensarci. Non vedo l’ora di farlo di nuovo. Mi immagino ogni possibile scenario del nostro prossimo incontro. Mi vergogno un po’, ma la mia fantasia a volte prosegue per conto suo…»

«Ahi, fratello! Sei stato colpito dritto al cuore dalla freccia di Cupido!» sentì Benedict avvicinarglisi e avvolgergli le spalle con un braccio.

«Tempi come questi richiedono una bevuta, fratello!» annunciò dopo un po’ l’artista.

Lasciato libero il fratello da quella specie di abbraccio, Benedict andò alla ricerca del brandy del Visconte. Era notorio a tutti che lo nascondeva da qualche parte nel suo studio. Quanto difficile sarebbe stato trovare il nascondiglio?

«Dove accidenti lo ha messo Anthony?» sentì Benedict inveire, mentre apriva cassetti e sportelli.

Colin sorrise per la perdita di controllo del fratello maggiore. Il brandy aveva questo effetto sugli uomini di casa Bridgerton.  

E sperò che sarebbe stato in grado di conciliargli un sonno senza sogni.

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ehilà,

non avrei mai detto di ritrovarmi qui a pubblicare un’altra fic su Bridgerton. Davvero la terza stagione è di ispirazione.

In particolare questa idea è nata dalla frase “Eloise troverà un’amicizia in un posto molto improbabile”.

Abbiamo tutti pensato a Cressida, no?

L’idea di una loro amicizia non mi piace per niente. L’unico scenario che accetto è che Eloise diventi amica di Cressida per tenerla d’occhio, per proteggere Pen da lontano, anche se al momento non si trovano in buoni rapporti.

E in questa fic ho immaginato questo possibile scenario in cui Eloise dà importanza a Cressida, l’ascolta e dà valore alle sue parole. Solo perché al momento si trova ai ferri corti con Penelope e non l’ha ancora perdonata. Ma non è esattamente un’amicizia, è più tollerare la sua presenza. XD

Ho letto le intenzioni degli showrunner di questo avvicinamento tra Eloise e Cressida, una ragione per mostrare di più la personalità di Cressida e capire perché si comporta così.

È sicuramente ammirevole e può avere il suo perché, ma no, non accetto questa amicizia – che non esiste nei libri, giusto?

E poi Cressida si fa odiare da tutti. Penelope, Lady Danbury, Colin ed Eloise dicono apertamente che a loro non piace Cressida come persona, quindi…

Ma staremo a vedere…

Ammetto che per un breve momento ho sperato che quella frase volesse dire che Eloise trovasse un amico in Sir Philip. Non ho letto il loro libro e ora mi chiedo come venga in mente a Eloise di scrivergli delle lettere.

Tornando alla storia: l’idea iniziale era che doveva essere dal punto di vista di Eloise e per buona parte della storia ci sono anche riuscita a mantenere il suo pov. Ho dovuto riscrivere la scena nello studio, perché lì passavo da uno all’altro e non andava bene.

Per quanto riguarda l’ultima scena, ho voluto inserirla lo stesso, anche se Eloise non è presente. È una scena che mi dispiaceva eliminare, perché ci stava bene. Ci voleva un confronto tra i fratelli, un momento in cui Colin può fare ordine nei propri pensieri e sentimenti così da poter ammettere a voce alta quello che prova.

Per mantenere la coerenza avevo immaginato che Eloise origliasse alla porta, ma poi ho scartato quest’idea, perché non è un comportamento da Eloise. In fondo è Hyacinth, quella che si mette a origliare dietro le porte– parole di Lady Whistledown!

Mi sono lasciata un po’ trasportare… La smetto qui, è meglio! XD

Fatemi sapere che ne pensate.

Grazie <3

Alla prossima! ;)

Selly

   
 
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