Il
peso delle parole
Eloise Bridgerton non avrebbe mai pensato di trovarsi in una
situazione simile.
Non aveva la
benché minima voglia di partecipare a un ballo – e questa non era una novità,
ma quella sera, mentre faceva il suo ingresso nel salone addobbato a festa
della padrona di casa, Lady Cowper, sentiva un peso gravarle sulle spalle.
Sapeva che non sarebbe più stato come prima, perché non aveva più un’amica con
la quale sgattaiolare via dalla pista da ballo, appartarsi nell’aria fresca
della sera lontana dalla musica e dal dover intrattenere conversazioni con
gentiluomini di dubbio gusto e intelletto. Lei non era come Daphne, che adorava
eventi come quelli. E sicuramente sua sorella avrebbe apprezzato la scelta dei
fiori dai colori tenui che adornavano la stanza o i giochi di luce dei
lampadari di cristallo che si infrangevano sul pavimento e sulle pareti. Non si
sarebbe lasciata scappare nemmeno commenti riguardo scelte che non avrebbe
condiviso, anche se non lo avrebbe mai ammesso davanti alla loro ospite,
nonostante il titolo di duchessa di Hastings.
Se per lungo tempo
aveva trovato fastidiosa e anche incomprensibile la perfezione che Daphne
sembrava incarnare sempre, costantemente in ogni occasione – e forse quello che
la feriva di più era notare gli occhi ammirati e amorevoli di loro madre, uno
sguardo che non avrebbe mai posato su Eloise Bridgerton
– ora non la impensieriva più. Aveva capito e accettato la loro diversità.
Anche Daphne le aveva assicurato che c’era spazio per entrambe, che non esisteva
solo un modo per farsi strada nel mondo, che Eloise non avrebbe dovuto per
forza seguire le sue orme. Era stato un enorme sollievo.
E nel profondo
sapeva che sua madre, Violet Bridgerton, le voleva
bene così com’era, per la sua personalità un po’ fuori le righe. E sarebbe
stato sciocco da parte di sua madre non mettere in conto che non avrebbe avuto
otto tra figli e figlie tutti uguali.
Ma nonostante
tutto, Violet Bridgerton aveva questa speranza – inafferrabile
per i figli – di vederli un giorno tutti felici e innamorati, così come era
stata lei a suo tempo con loro padre.
Si guardò intorno
per vedere chi era presente all’evento della serata e forse per trovare una
nuova via di fuga, un qualsiasi motivo che l’avrebbe allontanata dal vivo del
ballo.
I suoi occhi
scandagliarono lo spazio intorno a sé, finché non si fermarono su una figura
che conosceva bene. Dal lato opposto dove si trovava, Penelope Featherington, la sua vecchia amica Pen, stava conversando in
modo civettuolo con un gentiluomo a lei sconosciuto. L’uomo era alto, ben
vestito e attraente, almeno secondo l’opinione di tutte le nobildonne. Eloise
ne riconobbe il fascino, ma non sarebbe bastato quello per catturare la sua
attenzione. Se nelle sue vicinanze non avesse avuto la signorina Featherington, probabilmente non gli avrebbe dato una
seconda occhiata.
Vide che il
giovane nobile sembrava interessato a quello che gli stava dicendo Penelope. Ed
Eloise rimase interdetta, per un attimo soltanto. Non aveva mai visto Pen
mettere in atto certi atteggiamenti che erano propri di tutte le dame in cerca
di marito. Le salì, improvviso, del disgusto al pensiero che sua madre avrebbe
voluto che anche lei si comportasse alla stessa maniera al fine di
accalappiarsi un marito.
Ancora una volta
si rese conto che, in realtà, non conosceva affatto la sua amica. Non credeva
che desiderasse sposarsi, aveva sempre pensato che rigettasse l’istituzione del
matrimonio, proprio come lei, che lo considerasse una prigione. Invece, forse, per
Penelope rappresentava la libertà, un senso di indipendenza e autonomia.
Una volta Penelope
aveva ammesso di pensare al matrimonio, ma non l’aveva presa sul serio; non
pensava che fosse un sentire così profondo.
E se fosse stato
solo quello a tenerle separate… Eloise non l’aveva ancora perdonata per la sua
ipocrisia, per tutti i misfatti e il male che aveva commesso con l’inchiostro
della sua penna. Quando la osservava, vedeva sempre e solo Lady Whistledown. La sua amica Pen non c’era più – amesso che ci
fosse mai stata.
Era come se
l’immagine della più famosa scrittrice scandalistica di tutta Londra si
sovrapponesse a quella della dolce Pen, cancellando così tutti i ricordi che
aveva della sua migliore amica. E forse era ingiusto, ma non ne poteva fare a
meno.
«Per quanto possa
cambiare il suo stile, rimane pur sempre la solita e patetica Penelope Featherington. Non trovate?» una voce odiosa si intromise
tra i suoi pensieri.
Si accorse di
avere al fianco la signorina Cressida Cowper, nel suo elegante vestito rosa
chiaro, accompagnato dalla solita espressione maligna in viso.
Era un mistero,
per Eloise, come facesse Cressida a farsi detestare da tutti. Aveva sempre un
commento cattivo per ognuno, ma percepì qualcosa di più profondo e crudele, vero
e proprio astio, quando parlava di Penelope.
Non si trovava
d’accordo: Penelope non vestiva più di giallo e la scelta di osare con nuove
tonalità le permetteva di risaltare il suo incarnato, aveva particolare cura e
gusto anche nelle pettinature che sfoggiava, sempre delicate, mai eccessive. E
poi sapeva che Penelope era molto più di questo: aveva carattere, aveva un
pensiero proprio che sapeva come articolare – e le cronache mondane di Lady Whistledown ne erano una prova. Certo, pochi avevano avuto
l’onore di poter ascoltare le sue considerazioni, perché la giovane Featherington aveva mostrato da sempre una proverbiale
timidezza, ma non si faceva nessun problema ad aprirsi con le persone di cui si
fidava. Era lampante come Penelope e Cressida fossero agli antipodi, come il
giorno e la notte e Eloise non aveva nessun dubbio su chi preferisse tra le
due.
La loro giovane
ospite era sicuramente una persona dai lineamenti raffinati, ma di una
superficialità e di un vuoto insostenibili.
Essendo al ballo
organizzato dalla sua famiglia, Eloise non poteva allontanarsi bruscamente da
lei. La sua buona educazione le impose di rimanere lì dov’era, ad ascoltare le
parole della giovane Cowper.
Non commentò
alcunché, in attesa. Si augurò che Cressida comprendesse che non avrebbe avuto
risposta, così da indurla a ricercare intrattenimento altrove.
La giovane Bridgerton continuò ad osservare dritta davanti a sé, il
suo sguardo puntato sulla scena che si stava svolgendo dalla parte opposta, ai
lati della pista da ballo. E vide suo fratello Colin raggiungere Penelope, che
nel frattempo era sola ai tavoli del rinfresco.
Si chiese da dove
fosse sbucato, perché non l’aveva visto nelle vicinanze. Che fosse stato in una
zona poco illuminata, poco più in là? Aveva forse visto lo scambio di Penelope
con quel giovane?
Da come si muoveva
Eloise percepì un’ombra scura che avvolgeva la figura del fratello. La sua
camminata era decisa, diretta alla sua meta, incurante degli ostacoli che
avrebbe trovato sul suo cammino. Era un’andatura che non si addiceva a una
festa come quella, sembrava più una marcia militare. Eloise lo trovò strano,
stonava con l’atmosfera.
Che cosa aveva
spinto il fratello a comportarsi in tale maniera? Si chiese, anche, se fosse
l’unica ad avere notato quella stranezza. Il resto dei presenti sembrava
ignaro.
Non le sfuggì come
Colin gravitasse attorno alla giovane Featherington,
ricordando a Eloise le api che svolazzano intorno ai fiori più profumati in
primavera, registrò come i corpi di entrambi reagissero l’uno all’altra nello
spazio; era come se da entrambi partissero dei fili invisibili, ma pieni di
scariche elettriche, che li univano, pur mantenendo le distanze richieste
dall’etichetta sociale.
«Ma guardate, la
dolce e innocente Penelope Featherington!» nuovamente
la voce sgradevole di Cressida riempì l’aria «Non è poi così innocente come fa
credere. Mi viene in mente solo un motivo perché lei possa aver attirato
l’attenzione di vostro fratello. L’ha intrappolato nella sua rete.»
Nel profondo
Eloise sapeva che non avrebbe dovuto dare ascolto a Cressida Cowper, ma una
parte di lei, quella ferita dalla scoperta dell’identità segreta dell’amica,
sembrava propensa a crederle: conosceva le sue abilità e non le era poi così
difficile immaginarla capace di una cosa simile.
«Cosa intendete?»
si ritrovò suo malgrado a chiedere.
Con la coda
dell’occhio notò che la signorina Cowper sorrise in modo maligno.
«Gli ha mostrato
le sue grazie. È probabile che abbiano una frequentazione intima, non so se mi
spiego» alluse Cressida, senza tanti giri di parole.
Eloise non si era
mai chiesta come i gentiluomini nei club durante i loro raduni parlassero delle
giovani debuttanti e delle signore in generale, probabilmente – si rese conto
allora – utilizzavano termini più crudi e volgari di quelli che aveva appena impiegato
Cressida e che trovava oltremodo offensivi. Perché non le era sfuggito, come
tra le righe, voleva dipingere Penelope Featherington:
come una fanciulla poco di buono, che si comportava in modo indecoroso, una
condotta che non si addiceva al loro rango.
C’erano così tante
cose che le signorine del loro calibro non sapevano del mondo e, per l’ennesima
volta, Eloise ne ebbe la conferma. Loro vivevano in una gabbia dorata, in un
mondo quasi fatato, perfetto, ignare di quello che succedeva all’esterno di quella
loro bolla. Era già tanto se si chiedessero come vivessero le persone più
povere, quelle che dovevano lavorare per vivere; era impensabile che potessero
visitare i quartieri malfamati di Londra. E a molte ragazze non interessava.
Le parole velenose
di Cressida si aggiunsero all’immagine crudele – ma per lei fin troppo reale
– che aveva di Lady Whistledown.
Nel corso della
serata la stanza da ballo le era diventata così soffocante che aveva dovuto
raggiungere i giardini per prendere un po’ d’aria. Aveva bisogno di staccare:
troppi colori, troppa musica, troppe chiacchiere, troppo rumore.
Si era sentita
un’estranea, come spesso le accadeva, e arrivava puntualmente durante gli
eventi mondani il momento in cui Eloise necessitava, tanto quanto respirare, di
rifugiarsi in un angolino appartato, lontana da tutto e tutti per riprendersi e
rituffarsi nuovamente in quell’atmosfera cangiante.
Ringraziava che
tutte le magioni dei nobili presentavano enormi parchi, ricchi di fiori e
piante di specie diverse, di percorsi, cammini e panchine.
Ed era su una di
queste che Eloise aveva deciso di trovare un attimo di tranquillità. Si
affacciava a un piccolo laghetto, in cui alcune anatre nuotavano placide al
chiarore della luna.
Si rilassò,
finalmente.
Chiuse gli occhi
per qualche secondo, quando ad un tratto sentì un fruscio e si rese conto che
qualcun altro aveva avuto la sua stessa idea.
«Oh»
un’esclamazione sorpresa la destò. Non le serviva voltare lo sguardo per
riconoscere a chi apparteneva quella voce.
«Eloise, non
pensavo di trovarti qui.»
Nonostante
l’incertezza, Penelope Featherington non fece nulla
per lasciare quel luogo. Ed Eloise si chiese perché rimanesse lì in sua compagnia,
quando era evidente che a lei non faceva piacere.
«Pen-» iniziò, ma
le tornarono in mente le parole di Cressida e quindi si ritrovò a correggere
l’appellativo «Signorina Featherington»
Se Penelope rimase
ferita dal suo tono e da quel distacco che voleva mantenere, non lo espresse ed
Eloise non si curò nemmeno di osservare la sua reazione.
Il suo sguardo
rimase ostinatamente puntato sul paesaggio ameno di fronte alla propria seduta.
«Signorina Bridgerton» ricambiò il saluto Penelope, seppur con un
sospiro afflitto.
Dopo secondi di un
silenzio scomodo, la sua vecchia e cara amica prese coraggio.
«Mi farebbe
piacere scambiare due parole con voi, con il vostro permesso.»
«Se proprio devi»
disse, tra i denti, Eloise.
Non le stava
rendendo la cosa facile, ne era consapevole, ma era come le sembrava giusto
reagire alla sua presenza.
«Non mi hai ancora
perdonato, lo comprendo. Magari non lo farai mai, in ogni caso sento il bisogno
di dirti che tutto quello che ho fatto non aveva lo scopo di ferire te e la tua
famiglia. So che può sembrare da certe azioni, ma mi devi credere: l’ho fatto
per proteggervi. Non vi farei mai del male, lo sai. Ho dovuto compiere delle
scelte non facili. Spero che un giorno potrai capire.»
Se Penelope si
aspettava una reazione da parte sua, rimase delusa, perché Eloise non disse
alcunché, non si mosse, di nuovo attese.
Anche quella, a
ben vedere, era una risposta.
«Eloise, mi
manchi. Mi manca la nostra amicizia. Non so se riusciremo mai a ripararla, e
forse non me lo merito, ma volevo che tu lo sapessi. Ecco tutto» le rivelò
quello che aveva nel cuore.
Purtroppo quella
sera non era l’occasione giusta, non solo perché Eloise non aveva ancora fatto
a patti con i propri sentimenti, provava ancora molta rabbia e rancore verso
Penelope, ma soprattutto perché le vorticavano in testa le parole di Cressida: sentiva
solo quelle.
Era propensa a
credere che, eliminati questi fattori, sarebbe stata più disponibile ad
ascoltare l’amica e a venirle incontro, perché in fondo mancava anche a lei,
sapeva che il loro legame era profondo e che non valeva la pena sprecarlo,
senza aver lottato per esso.
«Potrai irretire
mio fratello, ma io non ci casco» Eloise disse la cosa più sbagliata.
Penelope spalancò
la bocca, stupita e ferita. Non si aspettava un commento simile.
La giovane Bridgerton si sentì compiaciuta per essere riuscita a
zittire Penelope con quella sua affermazione. Ma si rese conto, in un secondo
momento, che era una magra consolazione.
Non seppe
quantificare per quanto tempo rimasero in silenzio, come se il tempo si fosse
fermato e volesse dilatare quel momento e quelle emozioni spiacevoli che
entrambe stavano provando.
Finché la voce di
Colin infranse quella dimensione.
«Pen!»
Una volta
raggiunta la giovane, si accorse che non era sola.
«Ah Eloise, ci sei
anche tu» commentò, incerto, percependo che tirava una brutta aria.
«Ho interrotto
qualcosa?» chiese lui, prima guardando Penelope e poi la sorella.
Ed Eloise lo notò.
«No, fratello,
puoi stare tranquillo» lo rassicurò lei, seppure con un tono duro.
Dopo un primo
smarrimento, Colin fece quello che gli riusciva meglio: portare allegria e
leggerezza.
Se era perplesso
circa quella strana atmosfera in cui era incappato, non lo diede a vedere,
decidendo che quello non era il momento adatto per andare a fondo della
questione. E per questo Eloise ne era grata.
Il fratello
rivolse la propria attenzione alla loro vicina di casa.
«Se non ricordo
male, mi avevi promesso un ballo» le disse sorridendo, offrendole il braccio.
E senza alcuna
esitazione, Penelope intrecciò il proprio con quello di Colin Bridgerton, ricambiando il sorriso.
Quello scambio
catturò l’attenzione di Eloise, registrò la naturalezza con la quale vivevano
la vicinanza dei loro corpi.
E, mentre sentiva
i loro passi e le loro chiacchiere allontanarsi nella quiete del giardino verso
la casa, pensò che in fondo Cressida Cowper aveva ragione.
Una volta a casa,
Eloise trascinò Colin e Benedict con sé nello studio di Anthony, il luogo più
consono per avere quella conversazione con il fratello. Doveva ascoltarla, era
di fondamentale importanza.
Benedict era un
bonus, era capitato che rientrasse proprio nel momento esatto in cui loro
avevano varcato la soglia di casa. Sperò di averlo dalla sua parte. Anche se
dall’espressione che aveva, era solo confuso di trovarsi lì. E forse non aveva
nessuna voglia, a quell’ora tarda, di accondiscendere a quella sua trovata.
«Perché, di
grazia, ci hai trascinato qui a quest’ora?» volle sapere Colin, con sgarbo.
Era arrabbiato,
Eloise lo percepiva.
«Devo dirti una
cosa importante, fratello.»
«E non puoi
aspettare domani per dirmela?» Colin era sempre più contrariato.
«Non ha tutti i
torti, sorella» le fece presente Benedict «E poi non capisco: io che c’entro?»
«Supporto morale»
tagliò corto Eloise.
E in un altro
momento della giornata, Eloise sapeva che Benedict avrebbe apprezzato quel
ruolo, riconoscendo la stima che lei riponeva in lui, ma non quella sera tarda.
I fratelli Bridgerton intuirono che non sarebbe stata una cosa veloce,
quindi si sedettero ognuno su una poltrona.
«Sentiamo» la
esortò Colin.
Il giovane Bridgerton sembrava non avere molta pazienza, era chiaro
che preferiva essere altrove, non lì, in quello studio, ad ascoltare quello che
aveva da dirgli.
E questo per un
attimo la fece esitare, perché in fondo poteva aspettare il mattino seguente.
«Sì, ecco» farfugliò
Eloise, come se avesse momentaneamente perso le parole e il coraggio.
Gli sguardi che si
ritrovò addosso non erano particolarmente comprensivi.
«Devi smettere di
frequentare Penelope.»
Le reazioni dei
fratelli a questa sua affermazione furono diverse: Colin alzò un sopracciglio, perplesso,
mentre Benedict parve tutto ad un tratto interessato alla questione, si era
fatto tutti orecchi.
«Se sei gelosa…
Capisco che ti manca la vostra amicizia. Ma questo non significa che io non
possa intrattenerne una con lei, solo perché tu e lei avete avuto un diverbio.»
«Non hai capito,
non è questo» controbatté Eloise.
La credeva davvero
così meschina? Pensava che non avrebbe accettato che Penelope poteva avere
altri amici, oltre a lei? La credeva davvero così possessiva?
«Allora, qual è il
problema?»
Come poteva
spiegarglielo, senza rivelare quel grande e scandaloso segreto?
«Penelope non è
chi sembra. Ti farà del male» spiegò la quintogenita Bridgerton
con decisione.
Dall’espressione
di Colin, Eloise capì che il fratello non credeva affatto alle sue parole.
«È stata molto
abile, non c’è che dire. Ti ha soggiogato completamente» commentò Eloise, tra
sé e sé.
Quella sua
riflessione non passò inosservata, entrambi i fratelli la captarono e rimasero
interdetti. Eloise riconobbe che stava muovendo delle accuse di una certa gravità.
«Si può sapere a
cosa ti riferisci?» intervenne Benedict.
«Cressida mi ha
aperto gli occhi. Aveva ragione. Penelope ti ha ammaliato con le sue grazie!»
Questa
affermazione venne accolta da un silenzio assordante. Eloise notò come mutarono
in un attimo le espressioni dei fratelli, spalancarono gli occhi a dismisura, attoniti.
Non erano sicuri di aver udito bene.
Se non fosse stata
una situazione così grave, l’avrebbe trovato particolarmente comico.
E la giovane
ragazza si spazientì per non essere stata presa sul serio; lo aveva capito da
come, dopo il primo momentaneo stupore, le loro espressioni si erano distese,
come la preoccupazione era sparita dai loro occhi.
Avevano deciso di
trattare la cosa come se fosse uno scherzo, seppure uno di cattivo gusto.
E gli sguardi che
le stavano riservando erano quelli che di solito si rivolgevano ai bambini che
non capivano quello che accadeva loro intorno. E questo la fece andare su tutte
le furie.
Ben presto
Benedict sostituì la sua espressione gioviale con una più seria, prima di
chiedere spiegazioni al fratello minore. Poiché erano volate nell’aria parole
che non poteva lasciar correre.
«L’hai
compromessa?»
«Certo che no!»
esclamò sulla difensiva Colin, oltraggiato per un’accusa simile «Sono un
gentiluomo! Non farei mai una cosa simile, non farei mai nulla che lei non
voglia. Ve lo posso assicurare» e si mise una mano sul cuore.
Non era riuscito a
convincerla, sebbene Eloise fosse consapevole che Colin non mentiva mai. Lo
conosceva, era una persona buona di cuore, sempre sorridente, difficilmente
irritabile. Il giorno seguente si sarebbe rimproverata per aver dato più valore
alle parole di una giovane appartenente all’alta nobiltà, estranea alla loro
famiglia, rispetto a quelle del fratello. Ma quella sera, come era accaduto
anche in precedenza, le sue azioni avevano seguito la convinzione che Cressida
avesse in mano la verità.
Chissà quanto se
ne sarebbe pentita, il giorno seguente, a mente lucida. Ma non era il momento
per pensarci.
Vide che Benedict
si era tranquillizzato, convinto dalla risposta dell’altro.
Ed Eloise seppe
che non avrebbe potuto dire null’altro per cambiare la situazione: i fratelli
maggiori non le avrebbero creduto, ogni suo ulteriore avvertimento sarebbe stato
accolto da orecchie sorde.
Riconosceva la
sconfitta. Per quella sera, non avrebbe potuto fare nulla più. Ma il giorno
successivo sarebbe tornata all’attacco, più decisa che mai. Che si tenessero
pronti!
«Non capisco
perché poi diamo credito a Cressida Cowper. Mi meraviglio di te, Eloise!» sbottò
Colin.
La giovane non
rispose, con uno sbuffo uscì dalla stanza, stizzita.
«Ora che Eloise è
uscita, puoi dirmelo.»
Colin si sorprese
a sentire quella richiesta. Che cosa voleva sapere esattamente Benedict?
«Come, prego?»
«C’è stato
qualcosa tra te e la signorina Featherington?»
domandò il maggiore dei due, senza esitazione «Non mi è sfuggito quel tuo non
farei mai nulla che lei non voglia, per citare le tue parole.»
Accidenti ai
fratelli maggiori, sempre così attenti! Se pensava di non dare da pensare ad
Eloise, era tutta un’altra faccenda con Benedict. E aveva intuito giusto.
Si alzò dalla
poltrona e raggiunse le grandi vetrate dello studio di Anthony per osservare il
paesaggio esterno, ricoperto dal manto della notte.
Stava riflettendo
sulla sua risposta. Quanto avrebbe dovuto dire al fratello?
Era incerto,
perché temeva il suo giudizio? Era sicuramente una parte del motivo, l’altra
era che non aveva ancora compreso i suoi pensieri e soprattutto le sue emozioni.
La realizzazione era stata così improvvisa da averlo lasciato senza respiro. E
ora non sapeva bene cosa fare di tutti quei nuovi sentimenti che provava per la
sua amica Pen, erano così tumultuosi da non lasciarlo in pace nemmeno un
momento, né di giorno, né di notte.
«C’è stato un
bacio» ammise, infine.
L’altro rimase in
silenzio, in attesa. Sapeva che sarebbe giunto anche il resto.
«È da allora che
non riesco a pensare ad altro» continuò Colin. «È stato sorprendente, perché
non mi è mai venuto in mente di baciare Pen. Insomma, è una mia amica. Ma poi i
miei occhi sono caduti sulle sue labbra e non ho desiderato altro»
«Deduco che ti sia
piaciuto parecchio.»
«Se mi è
piaciuto!» Colin parve divertito da quella affermazione «Continuo a pensarci.
Non vedo l’ora di farlo di nuovo. Mi immagino ogni possibile scenario del
nostro prossimo incontro. Mi vergogno un po’, ma la mia fantasia a volte
prosegue per conto suo…»
«Ahi, fratello!
Sei stato colpito dritto al cuore dalla freccia di Cupido!» sentì Benedict
avvicinarglisi e avvolgergli le spalle con un braccio.
«Tempi come questi
richiedono una bevuta, fratello!» annunciò dopo un po’ l’artista.
Lasciato libero il
fratello da quella specie di abbraccio, Benedict andò alla ricerca del brandy
del Visconte. Era notorio a tutti che lo nascondeva da qualche parte nel suo
studio. Quanto difficile sarebbe stato trovare il nascondiglio?
«Dove accidenti lo
ha messo Anthony?» sentì Benedict inveire, mentre apriva cassetti e sportelli.
Colin sorrise per la
perdita di controllo del fratello maggiore. Il brandy aveva questo effetto sugli
uomini di casa Bridgerton.
E sperò che
sarebbe stato in grado di conciliargli un sonno senza sogni.
Ehilà,
non avrei mai
detto di ritrovarmi qui a pubblicare un’altra fic su Bridgerton. Davvero la terza stagione è di ispirazione.
In particolare
questa idea è nata dalla frase “Eloise troverà un’amicizia in un posto molto
improbabile”.
Abbiamo tutti
pensato a Cressida, no?
L’idea di una loro
amicizia non mi piace per niente. L’unico scenario che accetto è che Eloise
diventi amica di Cressida per tenerla d’occhio, per proteggere Pen da lontano,
anche se al momento non si trovano in buoni rapporti.
E in questa fic ho immaginato questo possibile scenario in cui Eloise
dà importanza a Cressida, l’ascolta e dà valore alle sue parole. Solo perché al
momento si trova ai ferri corti con Penelope e non l’ha ancora perdonata. Ma
non è esattamente un’amicizia, è più tollerare la sua presenza. XD
Ho letto le
intenzioni degli showrunner di questo avvicinamento tra Eloise e Cressida, una
ragione per mostrare di più la personalità di Cressida e capire perché si
comporta così.
È sicuramente
ammirevole e può avere il suo perché, ma no, non accetto questa amicizia – che
non esiste nei libri, giusto?
E poi Cressida si
fa odiare da tutti. Penelope, Lady Danbury, Colin ed Eloise dicono apertamente
che a loro non piace Cressida come persona, quindi…
Ma staremo a
vedere…
Ammetto che per un
breve momento ho sperato che quella frase volesse dire che Eloise trovasse un
amico in Sir Philip. Non ho letto il loro libro e ora mi chiedo come venga in
mente a Eloise di scrivergli delle lettere.
Tornando alla
storia: l’idea iniziale era che doveva essere dal punto di vista di Eloise e
per buona parte della storia ci sono anche riuscita a mantenere il suo pov. Ho dovuto riscrivere la scena nello studio, perché lì
passavo da uno all’altro e non andava bene.
Per quanto
riguarda l’ultima scena, ho voluto inserirla lo stesso, anche se Eloise non è
presente. È una scena che mi dispiaceva eliminare, perché ci stava bene. Ci
voleva un confronto tra i fratelli, un momento in cui Colin può fare ordine nei
propri pensieri e sentimenti così da poter ammettere a voce alta quello che
prova.
Per mantenere la
coerenza avevo immaginato che Eloise origliasse alla porta, ma poi ho scartato
quest’idea, perché non è un comportamento da Eloise. In fondo è Hyacinth, quella che si mette a origliare dietro le porte–
parole di Lady Whistledown!
Mi sono lasciata
un po’ trasportare… La smetto qui, è meglio! XD
Fatemi sapere che
ne pensate.
Grazie <3
Alla prossima! ;)
Selly