Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Sinden    25/04/2024    2 recensioni
Due giovani ex innamorati si ritrovano cinque anni dopo la fine del loro rapporto in una città lontana. Tempo di confidenze, condivisione di vecchi ricordi e confessioni amare. Cosa resta da chiarire e da scoprire?
Atto conclusivo della storia fra Ed e Marty.
Personaggi basati su anime "Captain Tsubasa" dalla fantasia di Takahashi.
Nuovo personaggio.
Utilizzo nomi anglosassoni.
Linguaggio volgare a tratti.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Kojiro Hyuga/Mark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Faceva freddo quel martedì pomeriggio.

 

La classica pioggerellina irlandese, che scendeva leggera ma insistente dal cielo plumbeo, aveva iniziato a bagnare i vetri dello Stage Door Cafè, un locale alla moda nel centro di Dublino in cui aveva dato appuntamento al suo vecchio amico Ed Warner. 

 

Marty Laughton si strinse meglio il foulard rosa al collo, perché nel locale il riscaldamento era basso. 

 

Era ormai arrivato il mese di Maggio, ma al Nord dell'Europa non aveva portato il piacevole tepore tipico del Giappone, anzi il clima in Irlanda era autunnale, si poteva quasi dire.

 

Marty accarezzó i suoi capelli e con disappunto realizzó che si erano increspati per via dell'umidità, nonostante la piastra e l'olio lisciante che aveva usato pochi minuti prima.  Li teneva qualche centimetro sotto le spalle, una pettinatura da giovane donna ventitreenne e non più da liceale. Erano finiti i tempi della Barbie pallavolista dalla lunga chioma e perfino Nathalie Lenders era stata d'accordo sul fatto che non era più opportuno per lei portarli lunghissimi come quando aveva sedici anni. 

 

Peró, un po' le mancavano. Sarebbe stato bello averli lunghi solo per il matrimonio, così da poter fare un'acconciatura ricca ed elaborata. 

 

Ed era in ritardo, ma se l'era aspettato.

Non conosceva affatto le strade di Dublino e stava arrivando dall'hotel a piedi. Non voleva prendere il taxi, le aveva detto, perché la città era piuttosto piccola e gli faceva piacere osservarla passeggiando, come un turista qualsiasi. 

 

Il cuore inizió ad accelerare i battiti alla prospettiva di vederlo dopo quel lasso di tempo. 

 

Cinque anni.

Cinque anni in cui non si erano sentiti mai, nè si erano cercati a parte quell'ultima telefonata del ragazzo, avvenuta una settimana prima.

 

Ed Warner era in Inghilterra per un tour di amichevoli con la Yokohama Flügels, squadra di cui era diventato portiere titolare e stella indiscussa. Moltissimi suoi fans inglesi affollavano gli stadi  del Regno Unito per vedere il fenomeno karateka fra i pali. 

Warner era ormai pienamente realizzato nel suo progetto di divenire calciatore professionista e guadagnava milioni. 

 

Gli era andata meglio che a Mark, che dopo uno sfortunato esordio con la Juventus , era stato dato in prestito alla Reggiana, una squadra italiana di serie C.

L'idea del club di Torino era stata quella di dar modo al giovane giapponese di farsi le ossa per gradi nel calcio italiano, decisamente più competitivo di quello nipponico. 

Mark non era pronto per la serie A. 

Troppi campioni blasonati con cui confrontarsi. 

Troppe teste di serie tutte insieme, e lui, asiatico con relativa immaturità calcistica, era stato stritolato professionalmente dai suoi compagni. 

Tempo al tempo, aveva detto a Marty, agli alti livelli ci sarebbe arrivato con la dovuta calma.

 

Ma era stata una batosta morale non indifferente. Un'umiliazione quasi. Un gran brutto rospo da ingoiare e Marty, che era all'ultimo anno di liceo a Tokyo ai tempi della breve permanenza di Mark alla Juve, si era sentita in colpa per non aver potuto fare nulla. Non aveva potuto stargli vicino come una fidanzata avrebbe dovuto. Aveva solo potuto raccogliere i suoi sfoghi e i suoi tormenti via Skype. Non c'erano state alternative: sarebbe stato impensabile lasciare il Giappone e perdere settimane di liceo,  proprio all'ultimo anno. Ma l'idea di Mark avvilito e solo in un altro continente, l'aveva gettata per mesi in un grande dolore privato. 

 

Era stata dura la lontananza, mitigata solo dalla consapevolezza della grande forza caratteriale del giovane, che infatti aveva trovato presto l'impulso di reagire.  Non ci sarebbe stato modo di piegare il suo ragazzo, per quanti colpi bassi potesse tirargli la vita. Lo amava anche per questo.  

 

E si sentiva a disagio anche pensando a Ed.

Il portiere aveva scoperto dal solito Danny Mellow il suo ufficiale legame con Mark.

Avrebbero dovuto farglielo sapere loro, con tatto, dati i trascorsi fra lei e Warner

Certo, era stata solo una relazione da adolescenti e durata anche poco,  ma era pur sempre un amico comune. E le voleva ancora bene.

 

Sospiró osservando il bancone dei dolci. Decise che avrebbe ordinato una cheese cake ai mirtilli. Da molto non la mangiava e in quel locale la facevano pure buona.  

 

Cosa avrebbe detto a Ed, dopo tutti quegli anni?

Ma soprattutto, cosa avrebbe detto lui a lei?

 

Quelle frasi al telefono ti amo ancora, ti ameró sempre, non posso smettere di amarti, l'avevano riempita dell'antica ansia. 

 

Perché aveva ancora lei, sempre lei in mente?

 

Eppure aveva letto di una fidanzata coreana, su una rivista di gossip. Ed si era messo qualche anno prima con una modella diciottenne di Seoul, di nome Kim-qualcosa. Aveva notato un trafiletto su un giornale, un breve pezzo sul portiere considerato una rivelazione del calcio asiatico, e nella piccola foto che accompagnava l'articolo si vedevano lui e la ragazza all'uscita da un ristorante. 

 

Mano nella mano, erano belli insieme. Lei alta quasi quanto lui, i capelli tinti di colore mogano e il viso da bambolina orientale. Marty aveva sentito della tenerezza dentro di sè, e sollievo nel vedere che Ed era uscito dalle sue frequentazioni sballate come quella con Elise Sawyer e si era sistemato con una cerbiattina niente male. 

Ma poi, non aveva più trovato notizie su di lui. Nè si era ulteriormente informata. 

 

Aveva la sua vita a cui pensare, il Trinity college, le lezioni, gli esami e Mark, i loro progetti. 

 

Il fatto peró che Ed avesse continuato a tenerla nel suo cuore stava a significare che - ancora - non c'era nessuna donna importante nella sua vita. Questo la fece preoccupare. 

 

Le aveva detto al telefono che aveva qualche giorno libero in UK, fra una partita e l'altra, e che magari avrebbe potuto fare un salto nella vicina Irlanda a trovarla. Lei aveva acconsentito, in fondo non c'era nulla di male ed era anche curiosa di sapere come gli andavano le cose a Yokohama. E poi, anche la madre di Mark e i suoi fratelli si erano trasferiti in quella bella città, e Ed aveva detto che li andava a trovare ogni tanto. 

Forse aveva notizie fresche anche su di loro. Mark sentiva la madre dall'Italia regolarmente, ma Marty non era in grande contatto con i Lenders, fatta salva qualche chat su whatsapp con Ted e Naty. 

 

Guardó di nuovo l'orologio del telefono e colse con la punta dell'occhio un movimento all'ingresso. Una figura alta, coperta da un impermeabile blu scuro, varcó la soglia del locale. Aveva i capelli raccolti sotto al giaccone, ma gli occhi a mandorla tradirono l'etnia.   

 

Marty sorrise d'istinto e alzó la mano. "Hey!!" chiamó. 

 

Il ragazzo appena arrivato si guardó intorno confuso e poi la riconobbe. Quando andó verso di lei sorridendo, e poi si sbottonó il soprabito, Marty finalmente realizzó quanto tempo era passato.   

 

Ed era cambiato, e nemmeno poco. 

Aveva i capelli più lunghi, era più alto, più grosso, e aveva un accenno di barba lungo la mandibola. Somigliava molto a suo padre.  

 

Gli occhi scuri erano sempre profondi, il sorriso sempre enigmatico ma era più adulto.

Era un uomo fatto e finito, ormai. 

 

"Sei esattamente come ti ricordavo."  esordí lui, indeciso se sedersi o no. Erano entrambi imbarazzati. 

 

"Oddio...Ed ciao! Non ci credo, sembra passato un secolo!" rispose Marty. Non sapeva se abbracciarlo.  Non sapeva cosa fare.

 

Fu Ed a toglierla dal disagio. "Contento di rivederti. Sempre stupenda...ehm dai, sediamoci. Scusami per l'attesa. Google Maps non è stato d'aiuto."  Nemmeno lui si sentì di abbracciarla.  Non era il caso, forse.

 

"Hai avuto difficoltà a trovare il locale? Mi dispiace, l'ho scelto perché piuttosto centrale." replicó Marty. 

 

"No... solo che un tizio mi ha riconosciuto per la via e mi sono fermato per un selfie. Poi ho dovuto cercare questo posto in fretta e ho fatto confusione." spiegó lui, levandosi l'impermeabile. Indossava un bel dolcevita viola. Sembrava un po' pallido.

 

"Come sei cambiato...anche la barba?" rise Marty.

 

"Sì...non sono più un bamboccio. Siamo cresciuti."  rispose lui, giungendo le mani sul tavolo.

 

"Tu non sei mai stato un bamboccio. Mai, che io ricordi." disse lei. "Allora...cosa ordini? Bisogna andare al bancone e chiedere.  Non viene la cameriera." 

 

Ed la squadró. "Oh, solo un succo d'arancia. Grazie."

 

"Dai, offro io. Arrivo subito." e andó dal barista. Sentì le guance calde, forse era arrossita. Cinque anni non erano molti, ma nemmeno pochi. Erano cambiati entrambi, erano adulti. 

Provó una sensazione di straniamento.  

Ed rappresentava il suo passato giapponese, era una finestra sui ricordi. 

 

Quegli anni splendidi. 

Tokyo.

La Toho school.

Le ragazze della squadra.

Kibi.

Gogo.

Nolan.

Lowry.

Lynn.

 

"Dimmi pure." fece il ragazzo dietro al bancone. L'aveva vista sopra pensiero. 

 

"Uh sì! Scusami....ehm....una spremuta d'arancia e una fetta di cheese cake e un caffè americano. Siamo a quel tavolo," e indicó Ed seduto.

 

"Te li porto subito!"

 

Marty fece un lungo respiro e lentamente tornó a sedersi.

 

"Dovresti lasciarmi pagare..." sorrise Ed.

 

"Sì dovrei. Con quello che guadagni, eh?" replicó Marty.

 

"Eh...sono fortunato, lo so." ammise lui. "Il calcio mi ha dato molto. È un universo che continua a coccolarmi."

 

"Hai meritato tutto, dai. Portiere ufficiale di una squadra di primo livello....devo farti i miei complimenti. Sei stato bravo. Davvero bravo..."

 

"Beh, dopo tutte le rinunce e i sacrifici...se non ce l'avessi fatta sarebbe stato peggio che un fallimento." rispose Ed, con un mezzo sorriso. "Tu sai che non combatto per perdere."

 

Marty si accarezzó un orecchio. "Sì, mi ricordo bene... ma...tuo padre come ha preso tutto questo?  È orgoglioso di te?"

 

"A suo modo sì. Le prime volte, quando mia madre lo informava di una mia partita in tv, non voleva guardarla. Era offeso per la mia rinuncia al karate, sai... le sue idee... poi peró ha imparato a capire il calcio e ad apprezzarne la competitività. Ora mi scrive sempre per complimentarsi quando vinco. E poi..." spiegó Ed.

 

"Poi?"

 

"È su di giri perché é diventato nonno qualche mese fa." riveló lui, contento.

 

"Ma daaiii? Danny ce l'ha fatta??"

 

"Sua moglie Sandra si è sottoposta a cure per la fertilità. Non è stato facile, ma poi è rimasta incinta. E pure di due gemelli. Maschi." raccontó Ed.

 

"Ah beh...allora tuo padre sarà al settimo cielo. Due nipoti in un colpo solo." commentó lei. 

 

"Infatti. Ha già migliaia di progetti per loro. Vuole che inizino col karate appena si reggono in piedi." spiegó Ed. "È sollevato che il suo lavoro di una vita, il dojo e la scuola, non vadano persi. Adesso ha una grande Accademia di Arti Marziali, con sedi oltre Tokyo. Tutta eredità per i miei nipoti..."

 

"Hmm...eh sí...e tua madre? Come sta?" 

 

"Fa la nonna a distanza. Ogni tanto va a Osaka, da mio fratello, ma alla sua età non puó prendere l'aereo troppo spesso. È felicissima comunque. Keizo e Keishi sono la sua gioia." rispose Ed. 

La guardava dritto negli occhi, felice di rivedere quell'azzurro che gli era mancato.

 

"Si chiamano così i tuoi nipoti....zietto?" rise Marty. "Tu come ti senti in questo ruolo?" 

 

"Li vedró poco purtroppo, ma so che li vizieró. Ho già inviato a Osaka pacchi di giocattoli...Sandra mi ha pregato di smetterla, non sanno dove metterli!" rispose lui.

 

"Bravo." disse lei e poi rise.

 

Seguì qualche attimo di silenzio. Quel fastidioso silenzio fra persone che non si vedevano da molto tempo. 

 

"E tu...presto sposina." disse Ed. "La vita è imprevedibile, vero?"

 

"Ed..." lei deglutì. "Ed...dovevamo informarti. Perdonaci, anzi...perdonami. Noi..."

 

"No. Non scusarti. Io avevo capito tutto. Avevo capito cosa c'era in corso ancora prima che lo capiste voi due. Sapevo che vi sareste uniti presto o tardi, perció quando Danny me l'ha detto non ho fatto una piega." riveló lui. 

 

"Danny....ma come cavolo ha fatto a sapere di me e Mark?? Quando è partito per l'Italia eravamo determinati a mantenere segreta la nostra storia. Mark ha sempre voluto proteggere la nostra privacy, non ha mai parlato di me in nessuna intervista. Ci sentivamo solo via internet, con Skype. Siamo andati avanti così per un anno finchè per i miei diciotto ho ottenuto dai miei il permesso di andare a trovarlo in Italia..." si sfogó la ragazza. "E anche quello fu un viaggio segreto, non ne parlai nemmeno a Lynn."  

 

"Beh Mark non era in contatto solo con te. Ha lasciato amici in Giappone. Danny ha capito che vi eravate messi insieme quando gli chiedeva di te, nelle loro telefonate, di come andavano avanti i tuoi studi e le tue partite.  Credo volesse sentire un'altra campana, oltre la tua ... il tuo fidanzato sa che sei un po' bugiardella..." 

 

"Smettila dai! Non è vero!!" rise ancora lei, coprendosi il viso con una mano.

 

"Danny mi ha detto che si aspettava l'annuncio del fidanzamento...immaginava vi sareste sposati. Ha avuto la conferma quando Mark gli ha detto di prepararsi ad andare in Italia per un evento. Immagino sarà presente quella tua amica, a farti da testimone...quella cinese." disse Ed.

 

"Maylin. In realtà non la sento più. Le ho solo mandato un telegramma di congratulazioni per le Olimpiadi... sai lei ora in Cina è una celebrità." sospiró Marty.

 

"Lo so. Ho visto tutte le premiazioni delle recenti gare mondiali. La Cina è oro nel volley femminile, la tua amica svettava sul podio. E tu..."

 

"...io?"

 

"Tu che combini con la pallavolo? A giudicare dalla tua linea e dal fatto che mangi dolci con noncuranza, direi che sei fuori allenamento." disse Ed, lasciando che la cameriera li servisse. Osservó la cheese cake di Marty: un concentrato micidiale e pesante di zuccheri. 

 

Lei fece una smorfia. "Beh grazie! Mi dai della grassona?!"

 

"No, ti dico che non hai la solita forma. Il che mi pare sospetto. Hai chiuso con lo sport?"

 

"Per forza." borbottó Marty. "Sono iscritta al Trinity College, sono all'ultimo anno della facoltà di Lettere. È un'università tosta. Non avrei tempo per l'agonismo. Poi in Irlanda non ci sono squadre di spessore."

 

"Ma in Italia sì. C'è un campionato di pallavolo piuttosto quotato e le Nazionali, sia maschile che femminile, sono molto forti. È un Paese in cui potresti riprendere." disse Ed, bevendo un sorso della sua spremuta. "Quando ti trasferirai definitivamente."

 

"No. Ho chiuso. Dopo la laurea ci sarà il matrimonio e poi...ecco, Mark vorrebbe che mi dedicassi alla famiglia a tempo pieno.  E l'idea mi va a genio, ti diró." raccontó lei. "Sicuro di non volere un assaggio di torta?"

 

"No, grazie.  Quindi farai la casalinga, la moglie e la mamma?" 

 

"Credo di sì. Sì, decisamente. Voglio il mio nido, la mia nicchia in questo mondo. Con Mark costruiremo la nostra casa. Sono elettrizzata all'idea." rispose Marty.

 

"Sicura?" 

 

"Come, scusa?" chiese la ragazza. 

 

"Lascia che ti dica una cosa, e permettimi di usare una metafora biologica...Sai che amo la Natura, e la osservo. Un tempo ti paragonai a un gabbiano e  ora, proprio in questo momento, mi è venuta alla mente un'altra similitudine. Tu credi di essere un'ape operaia, che sarebbe in grado di fare il suo compitino ogni giorno, senza pretendere nulla di più da se stessa. Una casa da tenere in ordine, un marito da amare docilmente, bambini da crescere...giorno dopo giorno...sempre la stessa routine. Ma io non ho questa idea di te." disse Ed. 

 

Marty lo ascoltó attentamente. "Avevo dimenticato le tue elucubrazioni e ti diró che non ne sentivo la mancanza. Cosa vorresti dire?"

 

"Ti conosco abbastanza. Ho conosciuto la parte più selvaggia di te..."

 

"La conosce anche Mark. Non ti preoccupare." lo geló lei.

 

"Oh no no...non ti conosce fino in fondo. Ho ancora davanti a me il ricordo di quella ragazza che aveva due tizzoni ardenti negli occhi, una sera di dicembre, e mi affrontó con la stessa decisione di una tigre. Sai a cosa mi riferisco." e sorrise.

 

"Fermo lì, Ed. Non andare a rivangare quella storia. Ho un dolce ricordo di te e voglio mantenere solo quello. Altro no. Ci avevo messo una pietra sopra." replicó Marty.

 

"Beh io non ci ho messo sopra nessuna pietra nè ho dato un colpo di spugna ai ricordi. Tu non sei un angelo del focolare, nè un'apina che ronza attorno al suo alveare tutto il tempo. Sei una vespa solitaria e pericolosa. Una vespa killer. Che ha vinto la finale di volley dell'ultimo anno contro la Mambo, mandando perfino in ospedale Jeanine Redmond per esaurimento fisico. Oh sì...ho letto i giornali.  Una gara memorabile, capitano. Così come so che ti erano arrivate proposte da squadre giapponesi di primo livello..." 

 

"Ed...."

 

"Potevi avere una grande carriera, arrivare in Nazionale...e alle Olimpiadi..."

 

"Ed..."

 

"Perché hai rinunciato? Perché?" insistè lui. 

Prima dell'incontro si era ripromesso di mantenere la conversazione leggera e serena, proprio come doveva essere fra due amici che si ritrovavano. Ma ora che era lì davanti a lui,  il bisogno di sapere perché lei avesse gettato alle ortiche un talento sportivo straordinario, ebbe il sopravvento. "Ti ho detto al telefono che mi è dispiaciuto sapere della tua rinuncia all'agonismo." 

 

"Già, ma sono affari miei. Solo miei. Il mio destino è un altro." replicó Marty.

 

"Se tu fossi la mia futura moglie, non ti chiederei di rinunciare alle tue passioni." disse  Ed. "Non potrei mai."

 

"Non crederai sia Mark a decidere per me?" chiese lei, un po' offesa.

 

"Hai detto che Mark vorrebbe che tu ti dedicassi alla famiglia, o sono sordo?"

 

"Idealmente vorrebbe che fosse così, ha visto sua madre uccidersi di lavoro per lui e i fratelli, e non vuole che anche sua moglie sia costretta a faticare per vivere.  Con i suoi guadagni non ce n'è bisogno, così mi ha detto che non sono tenuta ad avere una mia carriera...che comunque non avrei... mi sto laureando in Lettere, mica in Ingegneria nucleare." rispose Marty. "Studio per passione verso la letteratura. Mark chiaramente non mi impone nulla, figurati. Ci rispettiamo."

 

"Non ne dubito. Ma... non sospetta che senza sport tu sarai insoddisfatta? Lui, un campione del calcio che sa cosa vuol dire sudare e stringere i denti per arrivare in cima?" rispose Ed. "Voglio dire, non ha provato a convincerti a continuare?"

 

Marty restó zitta. Poi sghignazzó.

"Questa conversazione mi ricorda quella a casa tua, quando mi donasti quella maniglia a molla per esercitare il polso. Anche allora volevi convincermi a riprendere con il volley."

 

"Già. Ma stavolta non è Pemberton che mi manda. Stavolta è la mia coscienza."

 

"Cioè?" chiese lei, confusa.

 

"Rispetto Mark. L'ho aiutato anche, per la faccenda di sua madre. Lui mi ha restituito i soldi, ha saldato il debito. Sai questo. Ma ... credo che sia una persona non molto empatica, diciamo così.  Negli anni l'ho  visto travolgere chiunque si mettesse sul suo cammino, avversari, allenatori...tutti. È il suo temperamento. Questo peró si traduce anche in mancanza di sensibilità. A volte fa fatica a capire gli altri, le esigenze degli altri. Fa fatica a capire te. I tuoi desideri nascosti, le tue ambizioni. Non dubito che ti ami...questo no. Ma non è come me, non va oltre la superficie. Io sì. Io vedo in te. E vedo che hai un'aria un po'...amareggiata."

 

"E tu invece sei pallido. Che dovrebbe significare, allora, che stai male? Che hai la tisi? Ed, la devi finire di analizzare gli altri e pretendere di conoscere chi ti sta attorno alla perfezione. Come puoi sapere come sto io? Io non emetto giudizi su di te." replicó lei, agitata. "E in quanto a travolgere gli altri...che hai fatto tu con quella ragazza, Elise? Non ti eri fatto una storia con una che manco ti piaceva, solo per...per....sesso? Visto poi com'è finita..."

 

"Quella era malata, è tutt'ora in un istituto. Sono stato superficiale, certo, ma anche inconsapevole. Non potevo immaginare...."

 

"Esatto. Allora non immaginare niente. Non trarre conclusioni sbagliate. Io sono felice, davvero felice. Piuttosto, pensa per te. La tua capatina qui e quelle frasi al telefono non mi lasciano tranquilla. Ma non hai nessuna?"

 

Ed ridacchió. "Perché ti ho detto che ti amo ancora? Prendilo come un complimento...non c'è da agitarsi. Lo so bene che sei altrove, con il cuore. E sì, non ho una relazione fissa, hai centrato il punto. Frequento una ragazza adesso, ma... nulla di che." rispose lui, passandosi una mano nel ciuffo sulla fronte.

 

"E quella modella coreana...?" 

 

"Ti piace il gossip, vedo... eh, con lei è durata un anno. Viveva con me, a Yokohama. Pensavo funzionasse. C'era intesa, dentro e fuori dal letto. Ma... improvvisamente cambió. Il suo atteggiamento, dico." fece Ed, rigirando tra le mani il bicchiere.

 

"Che ha fatto?"

 

"Niente, inizió a chiedermi di andare agli eventi mondani, feste, inaugurazioni, prime al cinema....robe cosí. Non mi piacciono quelle cose, tu lo sai.  Ma...farsi fotografare con me le dava visibilità. Si faceva pubblicità sui social, e ormai le modelle vivono di instagram, tik tok e altre cazzate...non mi andava. Abbiamo litigato. È finita." spiegó Ed. "E poi...poi non ho avuto voglia di legarmi a nessuna. Troppo stress. Rotture di palle...."

 

"È difficile. Lo immagino. E adesso sei anche un campione famoso...." mormoró Marty.

 

"...e i soldi attirano donne arrampicatrici. Aveva ragione mia madre. Ma così è, che ci puoi fare." rispose Ed, incupito. 

 

"Sai Mark diceva una cosa su di te..." ridacchió lei. "Tu credi che sia un superficiale ma su di te ha fatto una disamina e anche profonda. Secondo lui tu non ti sposerai mai, passerai la vecchiaia solo nel tuo dojo, come uno di quegli eremiti santoni che si vedono in certi film...sostiene che non troverai la donna perfetta per te, perché hai parametri irrealistici. E se fosse vero? Ma cosa vai cercando, esattamente?"  

 

Ed sorrise. "Parla proprio Mark. Tu sei stata la prima e l'unica per lui. Non si è mai messo in gioco con altre...a parte quella tizia di Okinawa. A proposito, è andata alle Olimpiadi, l'hai vista? Ne hanno parlato i giornali da noi. Una stellina del softball."

 

"Francamente no." rispose lei, secca. "Non ho seguito la sua vita."

Ed rise.

 

"Tornando a Mark...anche con te è stato ostico..."

 

"È andata così. Ho dovuto scardinare le sue difese e lui ha fatto lo stesso con me. Ma ora siamo felici. Bisogna sforzarsi, Ed. Andare incontro agli altri con...." replicó lei.

 

"E che ci fai qui?" la interruppe.

 

Marty sgranó gli occhi. "Eh?"

 

"Mi hai sentito. Che ci fai qui in Irlanda, se lui è in Italia? Questo grande amore è un po' particolare. A distanza." disse lui, ironico.

 

La ragazza affondó la forchettina nella cheese cake. Un gesto nervoso. "Volevo stare qualche anno nel mio Paese, che ameró sempre, e laurearmi qui. Dire arrivederci alla mia patria prima di staccarmene. Sto da mia nonna, ha settantacinque anni, la aiuto nelle faccende quotidiane e lei mi dà un alloggio gratis. Vedo spesso anche mia madre e..." 

 

"Tua madre? I tuoi sono tornati qui a vivere?" chiese sorpreso Ed.

 

Marty giró lo sguardó verso la strada. Un'ombra subito passó sul suo viso. Non rispose.

 

Ed capì di aver pestato un brutto callo.

 

Lei si portó una mano alla bocca e gli lanció un'occhiata carica di imbarazzo, dolore, inquietudine.

 

"Marty...? Che c'è?"

 

"C'è che non stanno più insieme. Sono separati da tre anni. In attesa di divorzio..." ammise lei finalmente. Poi abbassó lo sguardo. 

 

"Oh no...mi dispiace." mormoró Ed. "Mi dispiace sul serio."

 

"Non ce l'hanno fatta a ricucire. Tu sei stato testimone della frana del loro matrimonio. Ricordi quando mio padre si sfogó con te?" chiese lei.

 

"Sì...ma non pensavo fosse così grave la loro situazione."

 

"Lo era. Stupidamente credevo di essere io la causa. Non so perché, ero sicura che una volta trasferitami qui a Dublino, loro avrebbero ripreso la loro intesa. Che avrebbero ritrovato la loro intimitá. Niente di più sbagliato. In verità ero io il collante principale del loro rapporto. Con me lontana, è mancato un motivo per  continuare a sopportarsi." confessó Marty. Poi mescoló lentamente il caffè americano. 

 

"E quindi tua madre è in Irlanda...e tuo padre è rimasto in Giappone?!" chiese Ed.

 

"Sì, ha una carriera consolidata alla Akihito Co. Qui in Irlanda non gli darebbero mai gli stessi soldi, e poi non ha senso tornare. Ha una compagna nuova. Una collega giapponese...non vivono insieme ma...tra poco faranno sul serio. Lei è una donna diversa da mia madre: discreta, molto formale nei comportamenti. Con me è gentile." aggiunse Marty. Non sorrideva più.

 

Ed ripensó alle parole di Andrew Laughton, quella sera che l'aveva visto pieno di birra stravaccato sul divano di casa. 

Non insistere mai, Ed. Non insistere se un rapporto non funziona. 

 

"Mio padre era la parte remissiva della coppia. Ha sopportato molto. Mia madre...mia madre era sempre così nervosa. Anche con me. Credo che non fosse una donna destinata alla famiglia." continuó la giovane. 

 

"E che fa lei qui? Di che vive?

 

"Ah...quello non è certo un problema. Mio nonno ha lasciato a lei e mia zia una grande ereditá. Un appartamento in centro, che prima affittavano e che ora occupa mia madre. E soldi: mio nonno è stato un avvocato di grido. Ha seguito anche il premier irlandese in alcune cause. Metá della sua fortuna è di mia madre, e ti assicuro che vive bene. Io la vado a trovare perchè so che è sola, anche se ha ripreso le sue vecchie amicizie. È spesso in viaggio con due signore sole come lei. Non so se troverà un nuovo compagno." disse Marty. 

 

"Che ha detto riguardo a Mark? Le piace?" chiese Ed. 

 

"Mi ha dato della scema perché mi voglio sposare presto. Su Mark non fa commenti perché ora è ricco. Ma giuro che delle volte quando parla di lui...è così snob. Come se il fatto che lui venga da un quartiere povero lo abbia marchiato per sempre, nonostante tutto. Spero solo che al matrimonio non mi metta in imbarazzo." sospiró Marty.

 

"Quando vi sposerete?" 

 

Marty lo guardó. "A Settembre. In Italia fa ancora caldo in quel mese, ma non è un caldo soffocante. Ed...verrai?" lo invitó. "Te lo chiedo anche a nome di Mark. Non sa che ci siamo incontrati, ma sarebbe d'accordo."

 

"Non lo sa...ti ho chiamato una settimana fa...non glielo hai detto?" si stupì Ed. 

 

Marty fece un movimento col capo.

"No."

 

"Perché?"

 

"Perché non mi andava." aggiunse lei, guardando la tazza.

 

"Ricordi come ho reagito quando ho scoperto che mi avevi tenuta nascosta la tua serata con Benji? Insisti negli errori, vedo." osservó il portiere. 

 

"Non è lo stesso. Mark non deve sapere tutto quello che faccio. Non è quel genere di rapporto. Ci fidiamo uno dell'altro." replicó Marty.

 

"Hm. Perció immagino che tu non faresti una piega se venissi a sapere che lui e Maki si stanno parlando in un bar, proprio in questo istante." azzardó Ed. "Visto che ti fidi di lui."

 

Marty sbuffó. 

 

Ed sorrise. "Sei la solita. Mi piacevi anche per le tue contraddizioni, per le tue incoerenze. Ero pazzo di te."

 

Lei lo guardó. "E non abbiamo mai nemmeno fatto l'amore."

 

"No. Ma...finché c'è vita c'è speranza. Giusto?" chiese lui, sostenendo lo sguardo. 

 

"Ed....non farmi incazzare. Non ne ho voglia." sibiló lei. "Ti ho invitato al matrimonio fra me e Mark perché sei nostro amico e ti vogliamo bene. Non farmene pentire."

 

Lui mise la mano nella tasca dell'impermeabile e ne estrasse un rotolino di carta. "Ma anch'io te ne voglio. Molto. Per questo mi sento di aprirti gli occhi su una questione. Hai detto di non essere molto al corrente sui recenti fatti sportivi, no? Beh dai un'occhiata a questo."

 

Marty, confusa, aprì il rotolo. Era un articolo di giornale, tratto dal Tokyo Shinbun, il quotidiano più venduto della grande metropoli. La data era di tre giorni prima. Era una pagina stampata da internet. 

 

 

Il titolo diceva: La Nazionale di Softball femminile in tour in Italia. Le ragazze eroine delle Olimpiadi danno lezione alle giovani europee. 

 

Seguiva l'articolo. Marty lesse con gli occhi sgranati. La notizia le era ignota. 

 

"...all'arrivo a Bologna le giovani sono state accolte dal team nazionale femminile under 18 ...in attesa di una partita amichevole...

 

Marty deglutì e continuó a leggere. 

 

...nel frattempo la giovane punta di diamante Maki Akamine è stata raggiunta dal nostro corrispondente prima di salire su un treno in direzione Reggio Emilia per non  meglio specificati impegni personali..."

 

Non potè proseguire. 

Rilesse tre volte.

 

Lo sguardo andó a cercare quello di Ed, nella disperata idea che fosse tutto uno scherzo.

 

"Che cazzo è questo? Da dove hai preso questa stronzata??" mormoró lei. Non sapeva se gridare o piangere. 

 

"In Europa non si trovano giornali giapponesi, ho un abbonamento online al Tokyo Shibun. Quando ho letto quell'articolo, ho pensato di stamparlo. Per te. La tua espressione mi dice che non ne sapevi niente." disse Ed. Guardó la torta. "Mi è venuta voglia. Posso?" e ne prese un pezzetto. 

 

"Che cazzo vuol dire, Ed?" disse lei, non accorgendosi di aver alzato il tono della voce. "Mi vuoi fare ingelosire?"

 

"Io?? Io proprio no. Ti ho solo fatto leggere un articolo." replicó lui. "Insomma, non è detto che quella sia andata a Reggio Emilia per Mark. Magari c'è andata a vedere la Chiesa di San Prospero. O la Basilica della Ghiara. Le chiese italiane sono favolose, no?"

 

Sembrava sottilmente contento. Gli era tornata l'aria del rettile.

 

Marty sentì il cuore infiammato e la voglia di piangere. "Perché mi fai questo...perché mi fai questo? Sei un sadico, Ed. Mio Dio...sei sempre lo stesso. Ferisci gli altri per evacuare la tua merda!"

 

"È il mio modo di amare." poi tolse tre altri fogli ripiegati dall'impermeabile. Glieli porse. Marty li prese con un gesto secco. "Che altro c'è, che Dio ti maledica!"

 

Li guardó. 

Uno era una prenotazione aerea, un volo di andata e ritorno per Reggio Emilia. L'altro, un volo per Yokohama. Solo andata. Entrambi con data aperta. 

 

Marty li contempló, con le mani che tremavano. Poi guardó lui. 

 

"Adesso ascoltami. Va' da lui al più presto. Chiarisci questa cosa. Se è come penso io, tornerai qui a Dublino in tutta fretta." indicó il biglietto per Yokohama.   "E poi vieni da me. Al diavolo l'università e tutto. Mettiti con me. Io e te siamo gentaglia, Marty, l'hai detto tu ed è vero. Perfino oggi lo abbiamo dimostrato. Ci apparteniamo. E tu lo sai benissimo. Tutte quelle balle di cui vuoi convincerti...il focolare domestico, la mogliettina, il nido....sono balle. Torna in Giappone, diventa una stella del volley. Quello che sei nata per essere.  Io ti staró vicino, in ogni momento. Troveremo insieme la felicità e il successo." 

 

"Ma tu sei pa..."

 

"Pazzo?!  sì, l'ho già ammesso. Sono pazzo di te. Ma oggi la mia follia forse puó aiutarti ad aprire gli occhi, anche se fa male. Perché la verità è che quella tizia è andata a trovare il tuo futuro maritino tre giorni fa e si dà il caso che lui non ti abbia neanche avvisato. Il che mi pare una cosa proprio brutta. Un rapporto basato sulla fiducia non funziona cosí. Lui non ti ha detto nulla di questo e tu non l'hai avvisato che io sono qui. Girala come ti pare ma mi pare proprio che Houston abbia un problema." e sorrise, compiaciuto della sua battuta. "E ora, sii gentile, lascia che io mi alzi ed esca dal locale, prima di dare in escandescenze." 

Ed si pulì le labbra con un fazzolettino di carta. "Hai il mio numero. Hai un volo pagato per Yokohama. Confrontati con Mark e poi scegli. In Giappone ti attendono il mio amore, un appartamento in un grattacielo, e un futuro stellare come atleta. Sei in tempo per annullare la cerimonia. Riflettici. A presto, Marty." 

 

Si alzó e si rimise il soprabito. "Ah e ... grazie  per aver offerto. A buon rendere. Anche questo è per te. Ricordo che ti piaceva." Lasció un pacchettino sul tavolo e poi si giró. Andó verso l'uscita. 

 

Lei non rispose. Era ammutolita, e si stringeva i biglietti e l'articolo di giornale al petto. Lo osservó lasciare il locale col suo solito passo tranquillo. 

 

Poi riprese il pezzo del Tokyo Shinbun e scorse parola per parola. L'intervista a Maki, che aveva evitato di leggere, fu il punto che i suoi occhi cercarono subito: 

 

Giornalista: Com'è cambiata la tua vita dopo il successo?

Akamine: non molto! Sono ancora un'isolana di Okinawa, la mia terra è il mio rifugio.  Solo che adesso viaggio tanto, e non vedo quasi più la mia famiglia. Peró sono contenta. 

Giornalista: sei in Italia con la squadra. Poi andrete in Francia e Germania. Ti piace l'Europa?

Akamine: certo, in particolare l'Italia. Forse perché qui ho delle amicizie importanti. Anzi, tra poco devo prendere il treno per Reggio Emilia. Un amico giapponese vive lì.

Giornalista: non si parla molto della tua vita privata, sappiamo che sei molto discreta. Ma nessun fidanzato all'orizzonte?

Akamine: sono discreta e voglio rimanerlo. Mi scusi. Diciamo che sono in un ottimo momento, da quel punto di vista. 

 

L'intervista continuava con domande relative al softball e alle novitá tecniche della nazionale. 

 

Marty ebbe la sensazione che un peso di piombo le fosse caduto sulla testa. Era seduta sola al tavolo, con un'espressione stranita sul viso e le mani gelide. 

 

Si avvicinó il barista. "Stai bene? Guarda che sei pallida." notó il pacchetto che aveva lasciato Ed. Lo prese. 

Marty non l'aveva neanche guardato, scioccata com'era. 

"...hmm, sembra tè alla rosa. Non capisco le scritte in giapponese, ma sembra tè alla rosa. Se vuoi te lo prepariamo qui. Ci paghi solo il servizio."

 

"No." rispose Marty. "No. Ora vado. Vi libero il tavolo. Grazie." 

 

Il ragazzo le rese il tè e annuì. Poi inizió a sparecchiare. 

 

Marty si mise il suo impermeabile, infiló tutto nella borsa e come un automa uscì dal Cafè. 

 

L'unica cosa che fu in grado di fare, fu dirigersi verso un'agenzia viaggi lì vicino. Non frequentava più le agenzie viaggi da quando aveva imparato a usare le prenotazioni online.

 

Ma in quel momento, non sarebbe stata in grado nemmeno di accendere il pc.  

 

Entró e ringrazió Iddio che non ci fosse la fila. 

 

Una delle operatrici la chiamó. "Signorina, venga pure. Sono libera!"

 

Marty andó da lei, senza una parola, e le mostró la prenotazione andata e ritorno per l'Italia. 

 

"Buongiorno...in cosa posso...ah! lei ha già un viaggio con data aperta! È un regalo?" 

 

Marty non disse nulla, fece solo cenno di no con il capo. 

 

"Ok.  Vediamo..." disse la donna, armeggiando col computer. "Per Reggio Emilia...Italia...ci sono poche opzioni, non è una meta richiesta. Quando vorrebbe..."

 

"Il prima possibile. Anche domani. Anche stasera." fece lei. 

 

L'impiegata la guardó. C'era qualcosa nello sguardo di quella bionda davanti a lei, che le suggerì di accontentarla e alla svelta. "Sì. Ehm ...è urgente suppongo."

 

"Lei non immagina quanto." rispose Marty. "Devo andare a trovare una persona. Una persona che ha bisogno di me al più presto."

 

"Un amico nei guai?" chiese l'impiegata curiosa.

 

"Sì. Un amico che si è appena messo in un guaio enorme."

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Sinden