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Autore: Orchidea7    26/04/2024    0 recensioni
Amalia si trasferisce a Firenze dopo che è stata accettata all'accademia di fotografia, ragazza molto introversa e diffidente, incontra una sera casualmente Joel, fiorentino di nascita, artista per vocazione che studia alle Belle Arti come restauratore. Tra i due nasce subito una scintilla, ma sarà sufficiente per tenere legati questi due ragazzi affamati del nettare della vita?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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        Joel

È passato qualche giorno da quando sei tornato da Gerusalemme, da quella sorta di vacanza che tuo padre si è messo in testa di fare arrivato ad un certo punto della sua vita, come se fosse una tappa insostituibile, la sua crisi di mezza età che l'ha portato a fare cinque ore di aereo e vagare per una città sconosciuta elemosinando un qualche tipo di illuminazione mistica, invece di comprarsi una macchina sportiva.

Tuo nonno chiaramente si era rifiutato di venire : con la traversata. Tua  madre fortunatamente si era opposta categoricamente al viaggio di andata in nave, dirottando il marito verso un più confortevole volo diretto su di una bellissima e morbidissima poltrona.

Era ancora vivo in lei il ricordo del viaggio di diploma a Barcellona, in cui le sue compagne l'avevano convinta ad andare in traghetto da Livorno fino alla città spagnola, senza prenotare nemmeno un posto per dormire. Così si era dovuta sorbire tredici ore di viaggio in mare (che poi erano diventate sedici per vari ritardi) cercando di sonnecchiare su una scomoda seduta di legno.

Tuo fratello e la tenera fidanzatina Bianca erano riusciti a filarsela con una banale scusa da studenti di giurisprudenza, tentennando su qualche esame difficilissimo che richiedeva uno studio matto e disperatissimo.

E tu? Tu da buon orso coccolone dal cuore tenero, non avevi saputo dire di no per l'ennesima volta e avevi passato ben due settimane ad annoiarti, facendo il terzo incomodo tra tuo padre e tua madre che continuavano ad approfittare di ogni attimo libero ,per appiccicare le loro lingue come due quindicenni.

Quando finalmente hai affondato i tuoi arti sul divano morbido in pelle nera del salotto, hai tirato un sospiro di sollievo, pensando di avere ormai il peggio alle tue spalle. Finché non è arrivata quella fatidica telefonata. Quello squillo così acuto che ha fatto tremare tutti i muri del corridoio. Appena hai alzato la cornetta verde salvia e hai sentito la voce estranea di quel dottore, hai capito subito che tutto sarebbe cambiato.

Tuo nonno, rimasto vedovo da più di dieci anni, aveva voluto continuare a vivere nel suo vecchio appartamento che si affacciava su Piazza Santa Croce, gustandosi lo scampanellare incessante delle campane e il casino allucinante provocato dai giovani ubriachi la notte.

Ma era lì che aveva vissuto con sua moglie Marta, lì aveva cresciuto i suoi figli e da lì proprio non voleva andarsene. Era rimasto a curare il suo piccolo negozietto di antiquariato pochi piani più sotto, quasi a bordo strada, un piccolo magazzino con il pavimento pieno di trucioli di legno e polvere in cui adoravi trascorrere il tuo tempo fin da piccolo.

Quella telefonata era arrivata proprio come un fulmine al ciel sereno informandovi che tuo nonno si era sentito male per la strada ed era stato portato all'ospedale di Careggi, e facendovi catapultare al suo capezzale per non lasciarlo più solo.

«Ehi, va tutto bene?»

Vieni destato dai tuoi pensieri dalla voce di tua cognata che ti sorprende con la fronte appoggiata al vetro freddo della macchinetta a gettoni.

«Si , ti ringrazio.» le sussurri piano, apprezzi veramente i suoi modi delicati e non sai come in questa giornata avreste potuto fare senza il suo aiuto.

«Vuoi una mano per premere il tasto giusto?» ti sorride mesta mentre i suoi occhi azzurri risplendono di una luce piena di comprensione.

«Credo di essere in grado di farlo da solo.»

«Allora vuoi parlare un po'?»

«Davide è con la mamma?»

La ragazza annuisce sorridendo debolmente e si avvicina alla macchinetta, inserisce delicatamente qualche spicciolo e prendendo due lattine di tè al limone. Te ne porge una e la afferri sentendo le  goccioline di condensa scivolarti sul palmo della mano.

«Grazie davvero Bianca.»

«Se vuoi parlare sono qui.» si accarezza i capelli scuri con la mano destra e si ravviva i riccioli ormai appiattiti, sperando di dare una parvenza di ordine a quella chioma leonina. Sai benissimo che non ha bisogno,che è bellissima così com'è,ma lei sembra proprio non accorgersene mai.

«Ci provi con mio fratello?» L'inconfondibile voce colma di ironia di tuo fratello ti sorprende per il tono fin troppo allegro, mentre lo vedi catapultarsi sulle spalle di Bianca e stringerla a sé da dietro.

«Ci sono novità ?»

«No, la mamma è rimasta in camera con lui, ma continua a non svegliarsi. I medici hanno detto che per stasera sarà sotto sedativi, quindi sarebbe meglio andare a casa.»

« Lo immaginavo. Voi andate a casa, ci penso io alla mamma.»

Fai per andare verso la stanza 430, quando un pensiero attraversa la tua mente, facendoti voltare di scatto, cerchi di trattenere l'onda di rabbia che attraverso il tuo corpo, anche perché di certo non ne è Davide il responsabile.

«Papà? Si è dileguato come al solito?»

Il velo di rammarico che scende sugli occhi di Davide è inconfondibile, mentre lascia che la risposta alla tua domanda si legga sul suo volto. Alzi le mani in segno di resa e gli giri le spalle, facendogli capire che non desideri più continuare quella conversazione inutile e inconcludente.

Una volta tornato a casa con tua madre, ricevi una telefonata di Matteo, il tuo più vecchio amico che ti chiede di fare una piccola presenza alla serata degli studenti allo Yab. Tua madre Alma, seduta davanti a te con la sua camomilla in mano interpreta in meno di cinque secondi i tuoi sospiri che sembrano quasi nitriti di un cavallo e con la sua solita delicatezza comincia a muovere le labbra.

«VAI!» Cerchi di evitare il suo sguardo da madre severa, ma lo senti come un marchio che si imprime a fuoco sulla pelle. Ti passi la mano fra i riccioli portandoli dietro la nuca e scuoti la testa attendendoti al tuo destino.

«Ok, ci troviamo la?»

Appena spingi il tasto rosso sulla tastiera spropositata del tuo Blackberry, alzi nuovamente gli occhi su tua madre che ti osserva attentamente.

«Sei sicura che non vuoi un po' di compagnia?»

«Sicurissima. Tu vai e divertiti, tanto per stasera non c'è niente che possiamo fare per tuo nonno.»

«È la stessa cosa che hai detto a papà?»

Sospira continuando a muovere su e giù il filtro della bustina di camomilla Bonomelli.Senti l'odore sprigionato dall'infuso chiaro e cristallino come se lo avessi sotto il naso.

Siamo stati via due settimane, è normale che avesse bisogno di andare a controllare alcune pratiche dello studio.

«Già...»

Tocchi con decisione le varie venature del tavolo in legno massello, percependo le piccole scheggiature graffiare la pelle dura dei tuoi polpastrelli, mentre la tua testa vaga a ritroso nei ricordi della tua infanzia cercando di scovare almeno una volta in cui tuo padre avesse potuto evitare di andare in ufficio e non avesse fatto calare sulla vostra famiglia quel velo di tristezza che vi cammina accanto come una vecchia compagna.

Cerchi di scacciare altrove tutta quella amarezza, posi la forchetta che hai nell'altra mano e con cui stai provando inutilmente da mezz'ora a dividere i pisellini dai pezzi d'aglio che tanto odi, e ti alzi per sistemare il piatto marrone sul ripiano della cucina. Quando ti volti, trovi tua madre che ti dona uno sguardo colmo di affetto mentre ti accarezza dolcemente la guancia.

«Divertiti e non pensare a me, penso che me ne andrò dritta a letto»

Si volta camminando con la sua solita leggiadria e grazia, forse cercando di infonderti un po' di tranquillità; ma dentro di te sai già che non dormirà tutta la notte. Speri solo che quel cretino di tuo padre torni in prima possibile.

***********

Ed è così che poche ore dopo ti ritrovi al solito tavolo, nella solita postazione Vip, mentre i tuoi amici si riempiono di alcol e battute scadenti e Martina continua a strusciare il suo ginocchio nudo e longilineo sui tuoi pantaloni marrone di cotone.

«Teo mi ha detto di tuo nonno, mi dispiace molto.»

La sua mano delicata si posa sulla tua coscia, arrivando pericolosamente vicino all'inguine. La sua mossa ti infastidisce notevolmente, ma hai sempre la guardia alta quando si tratta di Martina : da quando eravate piccoli non ha fatto altro che palesare il suo debole nei tuoi confronti, cercando di avvicinarsi sempre di più a te.

«Grazie Marty. Spero solo che possa riprendersi al più presto.»

Le sorridi debolmente indugiando sul suo volto solo per un attimo per poi tornare a fissare il pavimento a scacchi bianco e nero. Afferri il tuo vodka lemon e te lo porti alla bocca, bevendolo tutto d'un fiato. Senti perfettamente la vodka che brucia la tua gola mentre scende velocemente. Ti tocchi i capelli portandoli con decisione all'indietro, con il labile desiderio di voler accarezzare anche i tuoi pensieri piuttosto oscuri e cupi.

Cerchi di concentrarti su ciò che gli altri stanno facendo uscire dalle loro bocche, ma le parole ti sembrano così lontane e inconcludenti che non riesci proprio ad afferrarle e le lasci vibrare nell'aria senza degnarle di troppa attenzione.

La ragazza accanto a te ride di qualcosa a te sconosciuto, per poi avvicinarsi di nuovo pericolosamente al tuo corpo, strusciando il suo piccolo seno al tuo braccio sinistro. Appena noti quell'ambiguo movimento, ti senti sopraffare dalla situazione, mentre avvampa dentro di te il bisogno fisico di gustare il sapore di nicotina.

Ti alzi di scatto, tastando prima la tua tasca destra in cerca della sagoma di cartone e poi guardandoti intorno per riuscire a ricordarti in quale assurdo posto fosse il locale per i fumatori, vagando nei meandri più oscuri dei tuoi ricordi.

«Dove vai?» Martina con il suo solito modo insistente ti sta alle calcagna.

«Ho bisogno di fumare.» Rispondi quasi stizzito sperando che abbia capito l'antifona, ma , testarda come sempre, sembra essere in procinto di seguirti, quando la blocchi con irruenza.

«Per favore vorrei andare da solo.»

Non aspetti nemmeno una sua risposta, quasi vergognandoti del tono di voce alto che hai tenuto e raggiungi a grandi falcate la scala che porta ad un piccolo terrazzino delimitato da una vecchia ringhiera di ferro grigio . Ti guardi intorno sperando di captare un minuscolo angolo vuoto e finalmente lo trovi proprio nel punto in cui due muri si intersecano, permettendoti di respirare l'aria frizzante della sera lontano da tutta quella calca di gente .

Ti aggrappi alla ringhiera, mentre con una mano tiri fuori dalla tasca il tuo pacchetto di Pall Mall rosse e dopo pochi attimi assapori la prima boccata bianca di quella sigaretta così ambita fin da quando sei uscito dall'ospedale ore prima. La stringi forte tra le due dita, mentre con la bocca aspiri tutta la nicotina possibile e nel momento esatto in cui la nuvola bianca invade la tua bocca, chiudi gli occhi per godere di quel momento il più a lungo possibile.

Proprio in quel momento di estrema pace, senti qualcuno scontrarsi involontariamente sul tuo braccio. Ti volti di scatto, preparandoti a trovarti davanti il solito ragazzo ubriaco e invece vieni piacevolmente colpito dalla chioma di capelli biondi che si riversa su di te.

«Oh, miseriaccia, scusami ...Queste scarpe mi stanno uccidendo e non riesco più a camminare decentemente!»

«Amalia?» la ragazza che con cui ti sei scontrato mentre aspettavi in fila di entrare nel locale è proprio lì davanti a te, la sua espressione è così sorpresa che per un attimo pensi che le dispiaccia quasi e che la scintilla scaturita poco prima sia stata solo frutto della tua fantasia.

«Joel?!»

«Bhe, devo dire che stasera non mi dai tregua!» ti accarezzi i capelli mentre parli.

«Hai ragione, scusami ancora. Ti lascio subito in pace..»

Fa per allontanarsi da te, ma tu sei più veloce di lei e le afferri subito il braccio con determinazione. Lei si volta sorpresa, sprofondando i suoi occhi nei tuoi, mentre una scossa di adrenalina attraversa il tuo corpo. E' inconfondibile quello che ti sta scatenando la sua vicinanza.

«Perché non resti un po' con me? Mi farebbe piacere, soprattutto stasera.»

Lei ti guarda stranita, assottigliando lievemente i suoi occhi come per scrutare a fondo la tua espressione. Dopo qualche minuto di silenzio, annuisce con la testa abbozzando un lieve sorriso. Quello scambio di sguardi ti provoca un calore dentro al petto che ti coglie di sorpresa.

«Va bene, resto.»

La osservi piano con un misto di curiosità ed attenzione, mentre le passi il pacchetto rosso aperto lasciando le sigarette in bella vista; lei non se lo fa ripetere due volte, ne prende una e ti guarda aspettando l'accendino che tieni fra le mani. Ti avvicini a lei piano e sfreghi la parte superficiale, lasciando che la fiamma si avvicini al suo volto così perfetto e così etereo.

«Insomma, le tue amiche?»

«Hanno trovato compagnia, quindi sono rimasta da sola.»

«E senza cellulare.» aggiungi prontamente.

«Già ....diciamo che non è stata la mia serata.»

«Forse andrà meglio la prossima!»

Amalia sorride senza risponderti
e tu continui a fissarla come una barca fissa un faro luminoso in mezzo al
mare, con la stessa smania e la stessa attenzione. Lei deve averlo notato perché a un tratto le sue guance si colorano di un rosa acceso, mentre prende una ciocca dei capelli dorati e comincia a attorcigliarla fra le dita, il suo sguardo resta fermo verso il basso.

Da una nuova boccata alla sua sigaretta e, accortasi della cenere accumulata, si guarda intorno per gettarla da qualche parte. Gli fai spazio con un cenno e la vedi avvicinarsi a te con leggiadria, le sue
tenere spalle sfiorano il cotone della tua camicia ,mentre il suo profumo di camomilla avvolge le tue narici.
Per un attimo le sue mani sfiorano le tue, lasciandoti quasi senza fiato.

«Scusami ,ti ho dato fastidio?»

«Non potresti mai dare fastidio.»

La tua mano destra resta poggiata al corrimano, con la sigaretta stretta
fra le due falangi che si consuma ad una velocità innaturale a causa della lieve brezza che si è alzata e che ti accarezza il volto.

Per un attimo resta lì, a pochi passi da te ,immobile e stretta nella sua giacca nera ,che avresti solo voglia di accarezzare piano la sua pelle diafana e intrecciare le tue mani nei suoi capelli biondi .

«Io dovrei andare a casa...»

"Cosa? Andare a casa? No no non puoi lasciartela sfuggire"

Un panico immotivato si impossessa di te, mentre il tuo cervello cerca di elaborare velocemente una strategia da poter attuare. Poi le parole ti escono dalle labbra senza indugio.

«Ti accompagno!»

«Ohhh io non vorrei disturbarti..»

La tua mano si muove veloce, arrivando ad sfiorare quei filamenti dorati. I suoi occhi sembrano illuminarsi come le stelle per la tua vicinanza.

«Ne sarei davvero felice.»

Annuisce continuando a guardarti negli occhi e si avvia giù per le scale, mentre la segui verso l'uscita. Appena giungete in strada, decidi di mandare un messaggio a Matteo, giusto per non farlo preoccupare e sperando che quella cozza di Martina non lo tartassi di domande.

«Vuoi ...chiamare qualcuno?»le dici me tre le porgi il cellulare,ma lei scuote la testa con convinzione.

«Oh no grazie..»

«Immagino che tu non sia di Firenze dall'accento.»

«No, sono qui solo per gli studi. Tu invece ? Nato e cresciuto qui?»

«Colpito e affondato.»

«Si nota così tanto?»

Le scappa una sonora risata anche se si porta le mani davanti alla bocca.

«Abbastanza, sai l'accento...»

«Cosa studi?»

«Uuh Joel! Quante domande! Non ti piace un po' di mistero?» ride mentre lo dice e alza gli occhi al cielo. Comincia ad accelerare il passo è proprio mentre passeggiate sopra al ponte di Santissima Trinità si sporge oltre la balaustra di ferro, osservando l'acqua dell'Arno che si riflette sotto la luce della Luna.
Ti avvicini a lei, continuando a fissare il suo corpo longilineo immerso nel torpore della notte.

«È bellissimo.»

«Sembri malinconica.» insisti con lei, anche se non è da te questo comportamento, di solito resti sulle tue e lasci che siano le ragazze ad avvicinarsi a te, quindi cosa è cambiato adesso?

«Non più del solito.»
Alza le spalle e le scrolla velocemente come se volesse scrollarsi di dosso qualcosa che cattura i suoi pensieri.

«Credo sia tardi, ormai, Amalia. Non vuoi tornare a casa?»

La vedi respirare a fondo l'aria fresca della sera, socchiudendo gli occhi. Li riapre e ti guarda seria.
«Salutiamoci qui, Joel. È stata una bella serata, strana, ma bella.»

«Non posso nemmeno avere il tuo numero?»

Ad un tratto sei quasi deluso dalle sue parole.

«Lasciamo che sia il destino a farci incontrare di nuovo, che dici?»

«Il destino?- per un attimo resti interdetto, non riesci a capire se sia davvero un suo pensiero o se sia un modo strambo per liberarsi di te.

«Si, perché ? Dai non essere così sfiduciato!»

La sua strana richiesta ti coglie del tutto di sorpresa, anche se quella piccola sfida ti attira, ti lusinga quasi, alimentando la tua speranza che questa serata non sia stata del tutto casuale.

«Ok, Amalia. Allora spero di rivederti presto.»

Lei ti osserva sorridente mentre si sfila le decolleté nero lucide, le prende nella mano sinistra e comincia a camminare all'indietro. Agita la
mano in alto per salutarti.

«A presto Joel!»

E quella mano che si culla nel vento è l'ultima cosa che vedi di lei prima che sparisca oltre l'angolo di quel vicolo.

 

   
 
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