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Autore: Sixela    26/04/2024    3 recensioni
«Ti sei scolato un whisky di troppo, credi a me.»
Il liquido ambrato oscillò pericolosamente vicino all’orlo del bicchiere prima che l’ennesimo brusco movimento lo facesse strabordare, andando a insozzare il già lurido bancone di legno.
«È così, ti dico!»
Un pugno chiuso calò poco lontano da quell’appiccicosa chiazza.
«Vuoi farci credere che un uomo bestia si aggira in città? Insieme al whisky devi aver buttato giù anche il cervello!»
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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| 𝒩𝑒𝑤 𝑂𝑟𝑙𝑒𝑎𝑛𝑠, Tᴀʀᴅᴀ ɴᴏᴛᴛᴇ
 
«Ti sei scolato un whisky di troppo, credi a me.»
Il liquido ambrato oscillò pericolosamente vicino all’orlo del bicchiere prima che l’ennesimo brusco movimento lo facesse strabordare, andando a insozzare il già lurido bancone di legno.
«È così, ti dico!»
Un pugno chiuso calò poco lontano da quell’appiccicosa chiazza.
«Vuoi farci credere che un uomo bestia si aggira in città? Insieme al whisky devi aver buttato giù anche il cervello!»
Risate sguaiate accompagnarono quelle ultime parole impastate da alcol e scherno.
Calata la notte, gli avventori di quel bar di terza categoria potevano contarsi sulle dita di una mano, e non servivano nemmeno tutte per farlo, ma i pochi che c’erano non passavano decisamente inosservati.
«Se dovete prendermi per il culo allora non vi dico più niente!»
Un altro pugno colpì il legno scricchiolante, suscitando una nuova ondata di ilarità da parte dei due uomini seduti accanto a lui.
«D’accordo d’accordo, giuro che facciamo i seri ora. Guardaci: siamo l’immagine della serietà.»
Labbra contratte su risate già pronte a sgusciare fuori, visi resi paonazzi da più di un bicchiere di troppo. Il più giovane dei tre sospirò di fastidio a quella vista, ma prese un altro sorso dal bicchiere quasi vuoto e decise di ignorarli.
«Io l’ho visto, vi dico, giù ai campi di caccia dei cervi.»
«Da quando vai a caccia?»
«Io non ci vado più a caccia, non dopo quello che ho visto!» precisò. «E comunque ci sono andato solo quella volta per far contenta Mildred, lo sapete com’è: mi ha sfinito a furia di chiacchiere sul marito di-»
«Non ce ne frega un cazzo dei pettegolezzi di tua moglie, arriva al dunque: cos’è che avresti visto?»
La paura non è un sentimento né silente né sottile.
La paura non chiede, esige. La paura non avverte, si presenta e basta. La paura non accarezza, strangola.
Ed era paura quella che si era dipinta sul volto dell’uomo, strozzandogli le parole in gola, facendogli tremare le labbra.
«… Il male.»
Calò il silenzio, tutti gli occhi si puntarono su di lui. Persino il barista smise di passare lo straccio nello stesso bicchiere che fingeva di lucidare da tutta la sera.
«Ero acquattato nei cespugli, quando l’ho visto. Non da vicino, cazzo, mi sarebbe venuto un infarto se mi fossi trovato quella cosa accanto. No no, l’ho visto attraverso il mirino. Non riuscivo a crederci, volevo smettere di guardare ma non ci riuscivo, ero come bloccato, io-» deglutì un groppo d’ansia, mandando giù il liquore che qualcuno gli aveva passato. «Quella cosa stava mangiando- giuro su Dio, mangiava un essere umano!»
Le parole si erano fatte concitate, l’unico suono presente nel bar in quel momento insieme al respiro pesante di un tizio con l’asma.
«L’ho visto io, l’ho visto con questi occhi, ha affondato la mano nel petto del morto e ne ha tirato fuori il … fegato, il cuore- che ne so. Ma l’ha portato alla bocca e l’ha morso. L’ha morso, capite?! E poi-» si passò una mano tremante sulla fronte sudata. Le viscere gli si contorcevano al solo pensiero. «Poi mi hai visto. Ha girato la testa e ha guardato dritto nel mirino. Quella cosa non era umana: aveva gli occhi rossi, la faccia insanguinata mentre ancora masticava, e mi guardava!»
Il silenzio era greve, pesante quando quel breve racconto volse al termine.
Gli sguardi passavano di persona in persona, le labbra strette.
Dopo qualche secondo di sospeso silenzio l’uomo seduto vicino a lui si schiarì la voce.
«Che hai fatto poi?»
«Niente, cosa dovevo fare? Ho tagliato la corda e sono fuggito più in fretta che potevo! Ho lasciato persino il fucile nuovo lì.»
Il silenzio si ruppe: tornano le risate, il tintinnio del vetro sbattuto sul legno, le imprecazioni.
«Ti sei anche pisciato addosso?»
«Andate a farvi fottere! Avrei voluto vedere voi, al mio posto! Io ho visto il male, capito? Il male!»
«Come no, il male. Avrai visto un cinghiale, al massimo.»
«Un cinghiale? Credi che non sappia riconoscere un cinghiale? Quella cosa era un … un wendigo!»
Le risa aumentarono, qualcuno addirittura fischiò.
Il barista perse le speranze di tornare a casa prima dell’alba.
«L’hai sentito? Il signorino ha visto un wendigo.»
L’uomo dondolò sullo sgabello, voltandosi a guardare un giovane che fino a quel momento era rimasto ad ascoltare in disparte.
Sentendosi chiamato in causa, Alastor allargò il sorriso.
«L’immaginazione è la più incredibile delle capacità umane, miei cari.»
«Immaginazione?! Pensi che me lo sia immaginato?! C’era qualcosa, ti dico, io l’ho visto!»
«Come ha detto il tuo saggio amico, potrebbe essere stato un cinghiale.»
Il sorriso sul volto di Alastor era serafico, di chi asseconda le fantasie di un pazzo per non turbarlo troppo. Come se di campi di cervi e di entità che mangiano esseri umani non ne sapesse nulla. Come se in quel campo, quella notte, 𝑛𝑜𝑛 𝑐𝑖 𝑓𝑜𝑠𝑠𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑙𝑢𝑖.
«Non era un cinghiale! Ok, d’accordo, magari non era un wendigo, magari era uno skinwalker, un loa o che cazzo ne so. Poteva anche essere il fottuto Lucifero in persona, per quanto mi riguarda, ma quella cosa era il male! Non esiste cosa più spaventosa di quella!»
Altre risate, altri fischi, altre prese in giro.
Nessun wendigo, nessuno skinwalker, nessun loa.
Ma l’ego, dentro il petto di Alastor, scalpitava.


 
  
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