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Autore: VaLeRiNa    20/09/2009    0 recensioni
Salve a tutti! Questa è la mia prima fanfiction ~ Ho dovuto impostare "Altri cantanti" perchè non vi era la voce girugamesh. Esatto questa è una fanfiction su di loro, più che altro incentrata su Satoshi e una ragazza. Ho tentato di entrare nei pensieri di entrambi, ogni capitolo infatti è dedicato in modo alternato ai loro pensieri.
Ci sono ferite che non guariscono, per le quali non esiste il perdono.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Allora?” disse ShuU appena mi vide varcare la soglia dell’appartamento.
Sorrisi.
“AH! Te l’avevo detto!” esclamò Nii, comparso all’improvviso dalla cucina con alcune lattine di birra in mano “Festeggiamo!” urlò, lanciandone una a Ryo che era seduto sul divano a giocare alla Play.
“Beh…non so se è andata, ha portato tutto in casa…non so” mormorai abbassando lo sguardo.
Mi ero reso conto tardi del terribile errore che avevo fatto. Ero stato preso dal panico, ancora una volta mi ero lasciato spaventare, e avevo allontanato una delle persone più importanti per me. Perché era una fiducia che andava oltre ogni limite, temevo inoltre che questo legame avrebbe potuto compromettere il mio sogno. Di tutto ciò avevo paura.

“Aspetta fammi capire, non le hai parlato?” chiese ShuU sbalordito.
“no, le ho lasciato un biglietto!”
“la tua stupidità non ha limiti” disse Ryo.
“oh sentite! Non ce l’ho fatta!” sbottai
“senza speranze!” disse Nii sospirando.
“già, decisamente!” disse ShuU prendendo una lattina dalle mani di Nii e andando a sedersi di fianco a Ryo.
“Datemene una e non rompete!” dissi indicando la birra.
Silenzio.
Si erano voltati tutti e tre, e mi stavano guardando con gli occhi sbarrati.
“Ecco così imparate, vi ho zittiti!”
“…”
“Non credo ci sia bisogno di ripetermi” disse Ryo scuotendo la testa e voltandosi, nuovamente, verso lo schermo.

Tre ragazzi come tanti. Tre ragazzi senza i quali, non so dove sarei ora.
Li avevo conosciuti pian piano, eravamo diventati non solo membri di una band, ma anche amici. Oltre a loro, le amicizie che avevo si contavano sul palmo di una mano.
Spesso in loro compagnia, mi ritrovavo a ridere in momenti nei quali avrei pianto: sapevano quando c’era qualcosa che non andava, e senza chiedere nulla mi sostenevano se serviva, o mi distraevano dalle mie preoccupazioni se eccessive.
Credevo che oltre alla musica e alla band, non mi sarebbe servito nient’altro. Mi sbagliavo.
Nei momenti in cui rimanevo solo a riflettere, spesso pensavo a quel qualcosa che mi mancava: un sentimento che mi riempisse e scaldasse il cuore, da dedicare ad una sola ed unica persona.
Ma era qualcosa che avevo sempre temuto, forse troppo coinvolgente. Più di una volta avevo preferito amori brevi e poco impegnativi, quelli che quando persi non lasciano ferite insanabili.
Pensavo che fosse la via migliore…questo prima di conoscere lei.

“Satoshi, dove pensi di andare?” disse ShuU che mi stava osservando da un po’.
“ehm…a schiacciare un pisolino?”
“E dimmi dove vorresti schiacciare questo cosiddetto ‘pisolino’?”
“In quella stanza là” risposi indicando la sua camera e mostrando un sorriso innocente.
“E magari chiedere il permesso al padrone di casa?” disse ShuU incrociando le braccia.
“Beh, non mi pare che in questo momento tu abbia la piena padronanza di casa tua!” dissi indicando Nii e Ryo.
Avevano rovesciato la birra a terra, e ora erano alle prese col televisore. Più che altro era Nii che lo stava prendendo a pugni, convintissimo che fosse causa sua se aveva perso.
“CHE DIAMINE STATE FACENDO?” ShuU aveva reagito alla mia affermazione, e stava riaffermando il suo dominio in quel piccolo appartamento.
“Nii è una schiappa a questo gioco, e non lo ammette!” disse Ryo ridendo, divertito dall’accanimento che aveva assunto Nii contro il televisore.
“ehi schiappa a chi? Moscerino abbassa la cresta!  Ammetti che quest’attrezzo ha fatto le bizze quando toccava a me!”
Lasciai Ryo e Nii in balìa di ShuU che aveva iniziato a scollegare i cavi della Play. Chiusi la porta della camera e mi lasciai cadere sul letto. Guardai l’orologio, era la una e venti.
Oggi iniziava il tour.

  
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