Una bambina cammina nel bosco. Ha gli occhi azzurri, il viso pallido e angelico, due lunghe trecce castane le cadono sul petto. Indossa un vestito grigio rattoppato e sporco di terra che le arriva poco sopra le ginocchia. Canticchia e raccoglie i rametti ai piedi degli alberi mentre il vento fruscia fra le foglie sotto un cielo limpido.
Il cestello si riempie velocemente. La bambina ci dà un'occhiata, sorride. Si avvia verso casa quando incrocia un uomo sul sentiero. Zigomi alti, mascella squadrata, frante larga e grandi occhi verdi. Indossa una giacca nera, sotto una maglietta bianca e pantaloni neri.
L'uomo la osserva per un attimo, si guarda attorno. Gli uccelli cinguettano sugli alberi.
— Sei proprio bello — risponde la bambina. — Assomigli al mio fratellastro. Sei proprio uguale. Solo che tu sembri uscito dalla TV. La mamma guarda sempre i film. Tu sei un attore. Uno di quelli. Tu fai i film. Quanti film hai fatto?
— Non faccio film. Sei da sola?
— Sì, perché?
— Non dovresti andartene in giro da sola.
— E perché?
— Perché è pericoloso.
— La mamma dice che non lo è. Dice di andare da sola nei boschi perché ci sono gli orsi e gli spiriti. Vuole che ci faccio amicizia, soprattutto con gli spiriti. Però gli spiriti non li ho mai visti, gli orsi sì. Non mi hanno mai fatto del male. Mi guardano e io guardo loro. Dico loro di cantare o ballare come nei cartoni animati, ma non lo fanno. E io mi arrabbio tanto. Tu conosci la mamma?
— Non credo.
— Si chiama Silvana, è un elfa dei boschi.
L'uomo si acciglia. — Un'elfa dei boschi?
— Sì, un'elfa dei boschi. Io sono... Io... Ehm... Non mi ricordo. Comunque io non sono un'elfa dei boschi.
— Gli elfi non esistono. Sono creature di... di fantasia.
La bambina monta il broncio. — Esistono, invece! La mia mamma è un'elfa. Ha le orecchie a punta e grandi come quelle delle scimmie, quindi è un'elfa. Gli elfi hanno le orecchia a punta. — Muta l'espressione in un sorriso. — Tu chi sei? Un principe o un re? Sei così bello. Dov'è il tuo cavallo? E la tua armatura?
L'uomo distoglie lo sguardo a disagio. — Dov'è che abiti? Ti ci accompagno.
— Vicino al fiume — Il suo sguardo si illumina. — Ah, ora ricordo. Sono una sirena. Vengo dal fiume.
— Le sirene vivono in mare.
— Non è vero. Vivono nel fiume.
— Ok, vivono nel fiume.
— Vuoi essere il mio fidanzato?
L'uomo aggrotta le sopracciglia. — Vieni, ti accompagno a casa.
— Mi prendi per mano? La mamma non ha mai visto un... un principe. Tu sei un attore e principe. Un principe attore! Che bello! Posso toccarti?
— No.
— Perché no?
— Andiamo.
— Dai, voglio toccarti la faccia. Fammela toccare.
— Smettila.
— Sei cattivo e... e antipatico!
I due si incamminano lungo il sentiero mentre il vento soffia con più intensità. La volta degli alberi ondeggia, fruscia.
La bambina lo guarda, gli stringe la mano, se la porta sulla guancia. — Tu puoi sposare una sirena? Io sono una sirena e tu un principe. Ci sposiamo?
L'uomo allontana la mano. — Vivi da sola con tua madre?
— Perché cambi discorso? I principi attori fanno sempre così?
— Non sono un principe né un attore.
— E chi sei, allora?
— Un detective della polizia di Aquilania.
La bambina sgrana gli occhi, poi si acciglia. — Oh, un deteviv. Ho sentito questa parola. Il mio fratellastro lo ripeteva sempre. Diceva che voleva diventare un detetiv da grande. Ogni giorno andava in giro in cerca di animali morti per capire... per scoprire chi li uccideva. Lo faceva anche con gli insetti. A me piacciono tantissimi gli insetti! Sono piccolini e bruttini. A te piacciono? Ora che ricordo. I detetiv stanno in TV. Alla mamma piacciono i detetiv. Sparano e uccidono i... — Si rabbuia. — Quindi non sei un principe attore?
— No, non lo sono.
La bambina abbassa lo sguardo con espressione delusa. Proseguono in silenzio per un lungo momento.
La bambina lo riguarda, gli occhi due fessure di speranza. — Ma i principi sono tutti belli. E tu devi essere per forza un principe. Perché dici di no? Perché dici di essere detetiv? Dai, dimmelo. Non lo dico alla mamma. Le dico solo che sei un attore, che... che sei il mio fidanzatino. E poi che ci sposeremo.
L'uomo si massaggia le tempie. — Conosci una bambina di nome Valeriana? Ha la tua stessa età, il tuo stesso colore di capelli. Le piace farsi la treccia come te. È scomparsa da queste parti. La conosci? L'hai vista?
— Dai, non cambiare discorso! Non mi piace!
— È importante.
— No, non è importante. A me non mi piacciono i bambini. Sono stupidi! Si mangiano le caccole e strillano sempre. Non mi piacciono.
— La conosci?
La bambina si ferma con un grosso sorriso, punta il dito verso una capanna di legno dal cui camino esce un sottile fumo nero. — Quella è casa mia. Ti piace? Sì? Ti piace? Ho anche una casetta sull'albero. Guarda! Guarda là. Ti piace? Vuoi venire a vederla? Vuoi giocare con me?
L'uomo osserva le finestre coperte delle tende, sposta lo sguardo alla casetta sull'albero. — Tua madre è in casa?
— Non lo so. Perché?
— Vivi solo con tua madre?
La bambina incrocia le braccia stizzita. — Smettila di cambiare discorso. Non mi piace. — Sorride di colpo. — Vuoi vedere la mia casetta? Andiamo, vieni. Quando ci sposeremo vivremo lì, poi andremo nel tuo castello. Ma il tuo castello deve avere un fiume perché io sono una sirena. Non posso stare lontana dal fiume.
L'uomo resta fermo mentre lo sguardo vaga da un punto all'altro della baita. Un pick-up arrugginito dalle ruote sgonfie è parcheggiato lì accanto. Una carriola piena d'acqua sporca sul portico. Due pale conficcate nel terreno. Una dozzina di gatti sul divano davanti a un grosso ceppo con sopra una canna da pesca. Dormono, si strusciano l'uno contro l'altro, stiracchiano le zampe.
L'uomo si dirige verso la porta quando la bambina gli afferra una mano e lo tira a sé. — Dai, vieni! Andiamo a giocare.
L'uomo si libera dalla presa. — Smettila, adesso!
— Sei proprio antipatico! Non sei più il mio fidanzatino. I principi sono tutti simpatici. Tu sei antipatico! Non puoi essere un principe!
— Hai detto che hai un fratellastro. Dov'è?
— Nel fiume. È morto.
— È morto?
— Sì, è morto. Il fiume l'ha portato via, ma io lo ritroverò e lo farò rinascere. Sono una sirena.
L'uomo la fissa dispiaciuto. — Quando è morto?
— Non lo so. È morto.
— Non te lo ricordi?
— Non lo so!
— Cerca di ricordare. Una settimana fa? Un mese fa?
La bambina arriccia la bocca infastidita. — Sei proprio un detetiv. Anche in TV fanno così. Sempre a fare domande, sempre a... come si dice?
— Cosa?
— Che cambi sempre discorso. Sempre. Non mi piace. Io parlo e tu mi... mi fermi. No, non si dice così. Come si dice?
— Mi interrompi?
— Sì, mi interrompi sempre. Sei fastidioso come le rane e le mosche e il mio fratellastro. E tu... tu assomiglia tantissimo al mio fratellastro. Sei bello come lui e fai tante domande.
— Quindi non ricordi quando è annegato?
La bambina sbuffa, fa cadere a terra il cestello con i rametti e corre verso la casetta sull'albero.
L'uomo la guarda allontanarsi e arrampicarsi sulla scaletta di legno. Raggiunge la porta della baita, ci bussa due volte. — Sono il detective...
La porta si apre. Una ventata di menta lo colpisce in pieno viso, starnutisce.
Una donna lo guarda con fare apatico. È molto magra, quasi anoressica, pelle cinerea, occhi incavati e grigi, labbra sottili e orecchie a sventola a punta. Assomiglia così tanto alla bambina che sembra una sua versione da grande. I capelli neri le scivolano fino al fondoschiena. Indossa solo una maglietta bianca sporca di terra da cui si intravedono i capezzoli.
Lo sguardo dell'uomo cade sulle mutandine nere della donna, rialza lo sguardo a disagio. — Sono...
La donna gli tasta il viso, le orecchie, il collo, le labbra.
Quando fa per aprirgli la bocca, l'uomo le blocca il polso. — Che sta facendo?
— Sei arrivato con mia figlia. Ti ho visto.
— Non è come...
— Mostrami la lingua.
— Mi scusi?
— La lingua. Mostramela.
— Perché dovrei?
— La lingua.
L'uomo la fissa turbato per un attimo. La tira fuori.
La donna corruga le sopracciglia finché il viso si alleggerisce in un sorriso tirato. — Valeriana. Sei qui per lei.
— La conosce?
— Forse.
— Forse? Si spieghi meglio.
— Qui è pieno di bambini. Sono ovunque.
L'uomo getto un'occhiata alle spalle della donna. La stanza è dominata dalla penombra. Polvere e cianfrusaglie ovunque. La testa imbalsamata di un alce sopra il camino. Vecchi giornali consumati e strappati su un basso tavolino. Scatoloni vuoti accatastati sul pavimento sporco di terra. Vecchi ritratti di persone, quadri paesaggistici, dozzine di vasi di menta lungo le pareti. Nessuna foto di lei e della bambina.
— I bambini la stanno guardando — dice la donna con voce piatta. — Il tuo posto non è qui. Vai al fiume.
— Non vedo nessun bambino — risponde l'uomo.
Lei si limita a fissarlo.
Lui la guarda turbato. — Si sente bene?
La bambina spunta alle spalle dell'uomo, abbraccia le gambe della madre. — Mamma! Mamma! Hai visto? Ho portato un uomo bello. Ti piace? Assomiglia al mio fratellastro, non è vero?
La donna le accarezza i capelli, continua a fissare l'uomo.
— Pensavo fosse un principe o un attore, o un principe attore. Invece... invece è un detetiv come quelli della TV. Fa tante domande e mi... e mi interrompe sempre. È antipatico! Mi ha chiesto di...
— Lo so — dice la donna con tono monotono.
— Lo sai? — risponde la bambina con gli occhi sgranati dalla felicità. — Te l'hanno detto gli alberi? A me non mi parlano mai, nemmeno i pesci nel fiume. Sono una sirena e non mi parlano. Nemmeno quando domando loro del mio fratellastro. Non mi parlano mai. Perché? Sono antipatica?
— Lo faranno.
— E quando? Quando mi sposerò? Lo sai che l'uomo bello è il mio fidanzatino? Cambia sempre discorso. Guarda. — Si volta verso di lui. — Vuoi essere il mio fidanzatino? Hai visto? Ha dist... come si dice... Ah, ha distolto lo sguardo. Forse è timido. Sei timido? Non importa, tanto sei il mio fidanzatino.
La donna pone le mani sulle spalle della figlia. — Vai a ravvivare il fuoco.
— Ma io voglio stare con l'uomo bello. Voglio portarlo nella casetta sull'albero e giocare con lui.
— Più tardi.
— Davvero? Grazie, mamma! Grazie! — Le abbraccia le gambe con tutta la forza, affonda la testa nella pancia inesistente finché corre fuori a prendere il cestello.
L'uomo è del tutto confuso e preoccupato. — Perché le ha detto che...
— Non ti piace?
Lui sbarra gli occhi schifato. — Cosa?!
— Ti piacerà.
— Ma sta scherzando?
— Valeriana. Lei ti piace, ti è sempre piaciuta.
— Ma che sta dicendo?
— Non ricordi, vero?
— Lei non sta bene. Non sa...
La bambina lo supera e corre verso il camino con il cestello. Infila i rametti fra i cocci carbonizzati, le fiamme lambiscono l'aria.
— Vai al fiume — dice la donna con voce piatta.
L'uomo indietreggia sconvolto. — Lei... Chiamerò gli assistenti sociali. Non è in grado di...
— Dov'è il tuo distintivo?
Lui si tasta l'interno della giacca, le tasche dei pantaloni, i lati della cintura. Sbarra gli occhi perplesso.
— E la tua pistola? Il tuo cellulare?
L'uomo la fissa ancora più confuso.
— Detective di Aquitania, giusto?
Lui annuisce mentre il cuore gli martella il petto. — Come... come lo sa?
— Dove si trova?
— Cosa?
— Aquitania. Dove si trova?
L'uomo si volta verso un punto tra gli alberi con il braccio sospeso a mezz'aria. Lo abbassa scioccato.
— Aquitania... — dice lei.
— ...non esiste — risponde lui.
— Vai al fiume.
— Non...
La bambina li raggiunge, afferra la mano della madre. — Allora? Posso portare l'uomo bello nella casetta sull'albero? Ho fatto come mi hai detto. Voglio giocare con lui, ora.
— Valeriana... — dice l'uomo con le mani tra i capelli, gli occhi umidi, arrossati. Arretra sul portico. — Non... non può essere... Io, non... — Crolla in ginocchio, scuota la testa. — Non può essere... Non può...
— Che cos'ha? — chiede la figlia alla madre.
— È felice.
— Davvero? Perché?
— Perché presto ti sposerà.
— Davvero davvero?
La donna le mette una mano sulla spalla.
— Che bello! Diventerò regina. La regina sirena del fiume! — Si rabbuia, guarda la madre. — Ma... Come faccio a essere regina sirena se andrò a vivere nel suo castello? Come farò a parlare con i pesci? Come faccio? E come faccio a trovare...
— Lo troverai.
La bambina si riaccende di felicità. — Davvero? Troverò il mio fratellastro? E come?
E come... e come faccio a riportarlo in vita come Gesù? Devo dire una preghiera?
— Sì, una preghiera — dice la madre con voce piatta.
L'uomo le guarda mentre le lacrime gli rigano il viso. Si alza con gli occhi spiritati e corre verso il fiume. Inciampa, cade, si rialza, corre.
— È così buffo — dice la bambina con un risolino. — Dove sta andando?
La madre le prende una mano e la conduce verso il fiume. Si fermano ai piedi di un porticciolo semisommerso.
L'uomo si tuffa nelle acque torbide, nuota in profondità. I raggi del sole si fanno via via più sbiaditi mentre raggiunge il fondale, lo tocca.
— Ma che sta facendo? — domanda la bambina con tono divertito.
— Stai pregando?
— Perché? Devo farlo?
— Sì, prega il fiume.
— Non Gesù?
— Prega.
La bambina chiude gli occhi, bisbiglia una preghiera con le dita incrociate sul petto.
Un bambino emerge dall'acqua completamente nudo. Cammina verso di loro.
— Guarda — dice la donna.
La bambina smette di pregare, apre gli occhi. Lancia un grido di gioia e corre incontro al bambino mentre i piedi affondano nel fiume. Schizzi d'acqua zampillano alle sue spalle, bagnano il volto cinereo della donna. La bambina si ferma, lo scruta. — Tu...
Il bambino l'abbraccia.
— Fratellastro — dice la bambina mentre scoppia a piangere. — Fratellastro...
— Valeriana — risponde il bambino mentre le accarezza la testa sul petto bagnato.
— Fratellastro... Tu... Ti ho visto morire! Sei morto. Ho visto la corrente trascinarti via. L'ho vista! Come... Ora sei vivo! — Lo stringe con tutte le forze. — Ho detto una preghiera. Ti ho salvato! L'ho detta e tu... e tu ora sei qua. — Lo guarda negli occhi, gli bacia il viso, il collo, le guance incredula — Assomigli a quell'uomo. Sei così bello! Tu... tu sei lui? Sei quell'uomo da grande! Come... come può essere? È una magia!
I due escono dall'acqua e raggiungono la madre. Lei abbozza un sorriso debole al bambino e si avvia verso la capanna di legno. I due bambini la seguono mano nella mano mentre dalle acque torbide riaffiora il corpo di un uomo.
Il cestello si riempie velocemente. La bambina ci dà un'occhiata, sorride. Si avvia verso casa quando incrocia un uomo sul sentiero. Zigomi alti, mascella squadrata, frante larga e grandi occhi verdi. Indossa una giacca nera, sotto una maglietta bianca e pantaloni neri.
L'uomo la osserva per un attimo, si guarda attorno. Gli uccelli cinguettano sugli alberi.
— Sei proprio bello — risponde la bambina. — Assomigli al mio fratellastro. Sei proprio uguale. Solo che tu sembri uscito dalla TV. La mamma guarda sempre i film. Tu sei un attore. Uno di quelli. Tu fai i film. Quanti film hai fatto?
— Non faccio film. Sei da sola?
— Sì, perché?
— Non dovresti andartene in giro da sola.
— E perché?
— Perché è pericoloso.
— La mamma dice che non lo è. Dice di andare da sola nei boschi perché ci sono gli orsi e gli spiriti. Vuole che ci faccio amicizia, soprattutto con gli spiriti. Però gli spiriti non li ho mai visti, gli orsi sì. Non mi hanno mai fatto del male. Mi guardano e io guardo loro. Dico loro di cantare o ballare come nei cartoni animati, ma non lo fanno. E io mi arrabbio tanto. Tu conosci la mamma?
— Non credo.
— Si chiama Silvana, è un elfa dei boschi.
L'uomo si acciglia. — Un'elfa dei boschi?
— Sì, un'elfa dei boschi. Io sono... Io... Ehm... Non mi ricordo. Comunque io non sono un'elfa dei boschi.
— Gli elfi non esistono. Sono creature di... di fantasia.
La bambina monta il broncio. — Esistono, invece! La mia mamma è un'elfa. Ha le orecchie a punta e grandi come quelle delle scimmie, quindi è un'elfa. Gli elfi hanno le orecchia a punta. — Muta l'espressione in un sorriso. — Tu chi sei? Un principe o un re? Sei così bello. Dov'è il tuo cavallo? E la tua armatura?
L'uomo distoglie lo sguardo a disagio. — Dov'è che abiti? Ti ci accompagno.
— Vicino al fiume — Il suo sguardo si illumina. — Ah, ora ricordo. Sono una sirena. Vengo dal fiume.
— Le sirene vivono in mare.
— Non è vero. Vivono nel fiume.
— Ok, vivono nel fiume.
— Vuoi essere il mio fidanzato?
L'uomo aggrotta le sopracciglia. — Vieni, ti accompagno a casa.
— Mi prendi per mano? La mamma non ha mai visto un... un principe. Tu sei un attore e principe. Un principe attore! Che bello! Posso toccarti?
— No.
— Perché no?
— Andiamo.
— Dai, voglio toccarti la faccia. Fammela toccare.
— Smettila.
— Sei cattivo e... e antipatico!
I due si incamminano lungo il sentiero mentre il vento soffia con più intensità. La volta degli alberi ondeggia, fruscia.
La bambina lo guarda, gli stringe la mano, se la porta sulla guancia. — Tu puoi sposare una sirena? Io sono una sirena e tu un principe. Ci sposiamo?
L'uomo allontana la mano. — Vivi da sola con tua madre?
— Perché cambi discorso? I principi attori fanno sempre così?
— Non sono un principe né un attore.
— E chi sei, allora?
— Un detective della polizia di Aquilania.
La bambina sgrana gli occhi, poi si acciglia. — Oh, un deteviv. Ho sentito questa parola. Il mio fratellastro lo ripeteva sempre. Diceva che voleva diventare un detetiv da grande. Ogni giorno andava in giro in cerca di animali morti per capire... per scoprire chi li uccideva. Lo faceva anche con gli insetti. A me piacciono tantissimi gli insetti! Sono piccolini e bruttini. A te piacciono? Ora che ricordo. I detetiv stanno in TV. Alla mamma piacciono i detetiv. Sparano e uccidono i... — Si rabbuia. — Quindi non sei un principe attore?
— No, non lo sono.
La bambina abbassa lo sguardo con espressione delusa. Proseguono in silenzio per un lungo momento.
La bambina lo riguarda, gli occhi due fessure di speranza. — Ma i principi sono tutti belli. E tu devi essere per forza un principe. Perché dici di no? Perché dici di essere detetiv? Dai, dimmelo. Non lo dico alla mamma. Le dico solo che sei un attore, che... che sei il mio fidanzatino. E poi che ci sposeremo.
L'uomo si massaggia le tempie. — Conosci una bambina di nome Valeriana? Ha la tua stessa età, il tuo stesso colore di capelli. Le piace farsi la treccia come te. È scomparsa da queste parti. La conosci? L'hai vista?
— Dai, non cambiare discorso! Non mi piace!
— È importante.
— No, non è importante. A me non mi piacciono i bambini. Sono stupidi! Si mangiano le caccole e strillano sempre. Non mi piacciono.
— La conosci?
La bambina si ferma con un grosso sorriso, punta il dito verso una capanna di legno dal cui camino esce un sottile fumo nero. — Quella è casa mia. Ti piace? Sì? Ti piace? Ho anche una casetta sull'albero. Guarda! Guarda là. Ti piace? Vuoi venire a vederla? Vuoi giocare con me?
L'uomo osserva le finestre coperte delle tende, sposta lo sguardo alla casetta sull'albero. — Tua madre è in casa?
— Non lo so. Perché?
— Vivi solo con tua madre?
La bambina incrocia le braccia stizzita. — Smettila di cambiare discorso. Non mi piace. — Sorride di colpo. — Vuoi vedere la mia casetta? Andiamo, vieni. Quando ci sposeremo vivremo lì, poi andremo nel tuo castello. Ma il tuo castello deve avere un fiume perché io sono una sirena. Non posso stare lontana dal fiume.
L'uomo resta fermo mentre lo sguardo vaga da un punto all'altro della baita. Un pick-up arrugginito dalle ruote sgonfie è parcheggiato lì accanto. Una carriola piena d'acqua sporca sul portico. Due pale conficcate nel terreno. Una dozzina di gatti sul divano davanti a un grosso ceppo con sopra una canna da pesca. Dormono, si strusciano l'uno contro l'altro, stiracchiano le zampe.
L'uomo si dirige verso la porta quando la bambina gli afferra una mano e lo tira a sé. — Dai, vieni! Andiamo a giocare.
L'uomo si libera dalla presa. — Smettila, adesso!
— Sei proprio antipatico! Non sei più il mio fidanzatino. I principi sono tutti simpatici. Tu sei antipatico! Non puoi essere un principe!
— Hai detto che hai un fratellastro. Dov'è?
— Nel fiume. È morto.
— È morto?
— Sì, è morto. Il fiume l'ha portato via, ma io lo ritroverò e lo farò rinascere. Sono una sirena.
L'uomo la fissa dispiaciuto. — Quando è morto?
— Non lo so. È morto.
— Non te lo ricordi?
— Non lo so!
— Cerca di ricordare. Una settimana fa? Un mese fa?
La bambina arriccia la bocca infastidita. — Sei proprio un detetiv. Anche in TV fanno così. Sempre a fare domande, sempre a... come si dice?
— Cosa?
— Che cambi sempre discorso. Sempre. Non mi piace. Io parlo e tu mi... mi fermi. No, non si dice così. Come si dice?
— Mi interrompi?
— Sì, mi interrompi sempre. Sei fastidioso come le rane e le mosche e il mio fratellastro. E tu... tu assomiglia tantissimo al mio fratellastro. Sei bello come lui e fai tante domande.
— Quindi non ricordi quando è annegato?
La bambina sbuffa, fa cadere a terra il cestello con i rametti e corre verso la casetta sull'albero.
L'uomo la guarda allontanarsi e arrampicarsi sulla scaletta di legno. Raggiunge la porta della baita, ci bussa due volte. — Sono il detective...
La porta si apre. Una ventata di menta lo colpisce in pieno viso, starnutisce.
Una donna lo guarda con fare apatico. È molto magra, quasi anoressica, pelle cinerea, occhi incavati e grigi, labbra sottili e orecchie a sventola a punta. Assomiglia così tanto alla bambina che sembra una sua versione da grande. I capelli neri le scivolano fino al fondoschiena. Indossa solo una maglietta bianca sporca di terra da cui si intravedono i capezzoli.
Lo sguardo dell'uomo cade sulle mutandine nere della donna, rialza lo sguardo a disagio. — Sono...
La donna gli tasta il viso, le orecchie, il collo, le labbra.
Quando fa per aprirgli la bocca, l'uomo le blocca il polso. — Che sta facendo?
— Sei arrivato con mia figlia. Ti ho visto.
— Non è come...
— Mostrami la lingua.
— Mi scusi?
— La lingua. Mostramela.
— Perché dovrei?
— La lingua.
L'uomo la fissa turbato per un attimo. La tira fuori.
La donna corruga le sopracciglia finché il viso si alleggerisce in un sorriso tirato. — Valeriana. Sei qui per lei.
— La conosce?
— Forse.
— Forse? Si spieghi meglio.
— Qui è pieno di bambini. Sono ovunque.
L'uomo getto un'occhiata alle spalle della donna. La stanza è dominata dalla penombra. Polvere e cianfrusaglie ovunque. La testa imbalsamata di un alce sopra il camino. Vecchi giornali consumati e strappati su un basso tavolino. Scatoloni vuoti accatastati sul pavimento sporco di terra. Vecchi ritratti di persone, quadri paesaggistici, dozzine di vasi di menta lungo le pareti. Nessuna foto di lei e della bambina.
— I bambini la stanno guardando — dice la donna con voce piatta. — Il tuo posto non è qui. Vai al fiume.
— Non vedo nessun bambino — risponde l'uomo.
Lei si limita a fissarlo.
Lui la guarda turbato. — Si sente bene?
La bambina spunta alle spalle dell'uomo, abbraccia le gambe della madre. — Mamma! Mamma! Hai visto? Ho portato un uomo bello. Ti piace? Assomiglia al mio fratellastro, non è vero?
La donna le accarezza i capelli, continua a fissare l'uomo.
— Pensavo fosse un principe o un attore, o un principe attore. Invece... invece è un detetiv come quelli della TV. Fa tante domande e mi... e mi interrompe sempre. È antipatico! Mi ha chiesto di...
— Lo so — dice la donna con tono monotono.
— Lo sai? — risponde la bambina con gli occhi sgranati dalla felicità. — Te l'hanno detto gli alberi? A me non mi parlano mai, nemmeno i pesci nel fiume. Sono una sirena e non mi parlano. Nemmeno quando domando loro del mio fratellastro. Non mi parlano mai. Perché? Sono antipatica?
— Lo faranno.
— E quando? Quando mi sposerò? Lo sai che l'uomo bello è il mio fidanzatino? Cambia sempre discorso. Guarda. — Si volta verso di lui. — Vuoi essere il mio fidanzatino? Hai visto? Ha dist... come si dice... Ah, ha distolto lo sguardo. Forse è timido. Sei timido? Non importa, tanto sei il mio fidanzatino.
La donna pone le mani sulle spalle della figlia. — Vai a ravvivare il fuoco.
— Ma io voglio stare con l'uomo bello. Voglio portarlo nella casetta sull'albero e giocare con lui.
— Più tardi.
— Davvero? Grazie, mamma! Grazie! — Le abbraccia le gambe con tutta la forza, affonda la testa nella pancia inesistente finché corre fuori a prendere il cestello.
L'uomo è del tutto confuso e preoccupato. — Perché le ha detto che...
— Non ti piace?
Lui sbarra gli occhi schifato. — Cosa?!
— Ti piacerà.
— Ma sta scherzando?
— Valeriana. Lei ti piace, ti è sempre piaciuta.
— Ma che sta dicendo?
— Non ricordi, vero?
— Lei non sta bene. Non sa...
La bambina lo supera e corre verso il camino con il cestello. Infila i rametti fra i cocci carbonizzati, le fiamme lambiscono l'aria.
— Vai al fiume — dice la donna con voce piatta.
L'uomo indietreggia sconvolto. — Lei... Chiamerò gli assistenti sociali. Non è in grado di...
— Dov'è il tuo distintivo?
Lui si tasta l'interno della giacca, le tasche dei pantaloni, i lati della cintura. Sbarra gli occhi perplesso.
— E la tua pistola? Il tuo cellulare?
L'uomo la fissa ancora più confuso.
— Detective di Aquitania, giusto?
Lui annuisce mentre il cuore gli martella il petto. — Come... come lo sa?
— Dove si trova?
— Cosa?
— Aquitania. Dove si trova?
L'uomo si volta verso un punto tra gli alberi con il braccio sospeso a mezz'aria. Lo abbassa scioccato.
— Aquitania... — dice lei.
— ...non esiste — risponde lui.
— Vai al fiume.
— Non...
La bambina li raggiunge, afferra la mano della madre. — Allora? Posso portare l'uomo bello nella casetta sull'albero? Ho fatto come mi hai detto. Voglio giocare con lui, ora.
— Valeriana... — dice l'uomo con le mani tra i capelli, gli occhi umidi, arrossati. Arretra sul portico. — Non... non può essere... Io, non... — Crolla in ginocchio, scuota la testa. — Non può essere... Non può...
— Che cos'ha? — chiede la figlia alla madre.
— È felice.
— Davvero? Perché?
— Perché presto ti sposerà.
— Davvero davvero?
La donna le mette una mano sulla spalla.
— Che bello! Diventerò regina. La regina sirena del fiume! — Si rabbuia, guarda la madre. — Ma... Come faccio a essere regina sirena se andrò a vivere nel suo castello? Come farò a parlare con i pesci? Come faccio? E come faccio a trovare...
— Lo troverai.
La bambina si riaccende di felicità. — Davvero? Troverò il mio fratellastro? E come?
E come... e come faccio a riportarlo in vita come Gesù? Devo dire una preghiera?
— Sì, una preghiera — dice la madre con voce piatta.
L'uomo le guarda mentre le lacrime gli rigano il viso. Si alza con gli occhi spiritati e corre verso il fiume. Inciampa, cade, si rialza, corre.
— È così buffo — dice la bambina con un risolino. — Dove sta andando?
La madre le prende una mano e la conduce verso il fiume. Si fermano ai piedi di un porticciolo semisommerso.
L'uomo si tuffa nelle acque torbide, nuota in profondità. I raggi del sole si fanno via via più sbiaditi mentre raggiunge il fondale, lo tocca.
— Ma che sta facendo? — domanda la bambina con tono divertito.
— Stai pregando?
— Perché? Devo farlo?
— Sì, prega il fiume.
— Non Gesù?
— Prega.
La bambina chiude gli occhi, bisbiglia una preghiera con le dita incrociate sul petto.
Un bambino emerge dall'acqua completamente nudo. Cammina verso di loro.
— Guarda — dice la donna.
La bambina smette di pregare, apre gli occhi. Lancia un grido di gioia e corre incontro al bambino mentre i piedi affondano nel fiume. Schizzi d'acqua zampillano alle sue spalle, bagnano il volto cinereo della donna. La bambina si ferma, lo scruta. — Tu...
Il bambino l'abbraccia.
— Fratellastro — dice la bambina mentre scoppia a piangere. — Fratellastro...
— Valeriana — risponde il bambino mentre le accarezza la testa sul petto bagnato.
— Fratellastro... Tu... Ti ho visto morire! Sei morto. Ho visto la corrente trascinarti via. L'ho vista! Come... Ora sei vivo! — Lo stringe con tutte le forze. — Ho detto una preghiera. Ti ho salvato! L'ho detta e tu... e tu ora sei qua. — Lo guarda negli occhi, gli bacia il viso, il collo, le guance incredula — Assomigli a quell'uomo. Sei così bello! Tu... tu sei lui? Sei quell'uomo da grande! Come... come può essere? È una magia!
I due escono dall'acqua e raggiungono la madre. Lei abbozza un sorriso debole al bambino e si avvia verso la capanna di legno. I due bambini la seguono mano nella mano mentre dalle acque torbide riaffiora il corpo di un uomo.