Nessuno immagina fino in fondo
cosa impazza realmente dentro di me:
una sorta di Estate fortissima
che a pieni polmoni urla in direzione di un vento terso,
che di bello ha da donarmi la sua armonia;
esperisco attimi sospesi lungo la scia dell'eternità,
in bilico tra parole di carta e la leggerezza della rugiada,
il mio è un volgermi sempre in avanti,
per poi aggrovigliarmi a ridosso delle mie emozioni,
il mio è un fendere le ali dell'universo,
con la stessa potenza di un tifone.
Tu non hai ancora visto il trillo di brio
che rovente mi scoppia nel cuore,
quel fremito di energia che smaschera le tue bugie
e la tua pesante insofferenza soffia via,
senza fare troppo rumore,
tu non hai ancora visto i miei docili silenzi,
che risplendono di luce propria,
che parlano di un'euritmia autentica,
senza maschere e senza filtri -
che si stagliano là dove marcisce la tua monotonia
e si dissipa il vuoto che porti dentro le ossa.
Ti guardo ma non ti vedo realmente,
perché sfumi tra il non detto e il malore dei miei ricordi,
assieme ad un Inverno che non mi appartiene più,
che sparisce così com'è arrivato;
ti guardo annullarti nel torbido che ti marchia le viscere,
avvolgerti attorno a quel fitto strato di apatia,
che come il più mortale dei veleni impregna il tuo essere,
immergerti nel nulla che provi
verso le magiche vibrazioni che manda la Natura;
ti guardo senza vederti,
senza volerti,
senza più voltarmi verso di te -
ti guardo senza vederti,
senza pensarti,
senza più rimpiangerti ancora.