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Autore: Mapi D Flourite    22/09/2009    1 recensioni
[fanfic100_ita] Prompt 027, Genitori.
L’uomo, Odin Lowe, non aveva mai preteso di essere un genitore, per lui. Assumere il ruolo di padre significava creare un legame troppo solido, un vincolo che non si addiceva a nessuno dei due. [...]
Quello che si era premurato di fare era sfruttare il tempo che aveva a sua disposizione per insegnargli tutto quello che avrebbe dovuto sapere per cavarsela da solo nel mondo là fuori.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Heero Yui
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Così come deve andare.
Pairing: Nessuno.
Prompt:  027, Genitori.
Rating: G
Conteggio  Parole: 459
Riassunto: Odin Lowe, i suoi pensieri su un rapporto che non riesce a spiegare neanche a se stesso.
Warnings: Nessuno.
Spoiler: Episode Zero, AC 188 – Heero Yuy.

Note: Odin! *gongola* Adoro Odin, lo adoro! Sono felice di aver scritto di lui. Oh, il dialogo non è mio ovviamente. Viene dal Manga, come potrete notare.

Disclaimer: Gundam Wing appartiene agli aventi diritto. Questa fanfiction non è scritta a scopo di lucro.

-:-:-

L’uomo appoggiò una mano sulla sua spalla  e gli sorrise, chinandosi verso di lui.
«Ehi, recita meglio la parte del figlio. Altrimenti violi l’accordo.»
Aveva una voce bassa e profonda, un poco ruvida. Il suo tono, canzonatorio, sembrava mascherare un’indole più mite, quasi stanca, e saggia.
Il bambino, un ragazzetto gracilino di circa otto anni con una criniera ribelle di capelli castani e due immensi occhi blu, si voltò a guardarlo.
«Ok.» Sorrise. «Va bene, papà.»
Recitare la parte del padre e del figlio era l’unica cosa che non gli riusciva bene, probabilmente perché non aveva la più pallida idea di che cosa significasse avere un papà.
L’uomo, Odin Lowe, non aveva mai preteso di essere un genitore, per lui. Assumere il ruolo di padre significava creare un legame troppo solido, un vincolo che non si addiceva a nessuno dei due.
Lo aveva raccolto dalla strada dove lo aveva trovato perché il suo istinto gli aveva suggerito che era giusto farlo: non aveva mai neanche lontanamente pensato di tenerselo per sempre. Quello che si era premurato di fare era sfruttare il tempo che aveva a sua disposizione per insegnargli tutto quello che avrebbe dovuto sapere per cavarsela da solo nel mondo là fuori.
Un ghigno amaro. Dopotutto lui era andato su quella colonia proprio per porre fine alla loro collaborazione, per permettergli di sfruttare la confusione e di insediarsi in pianta stabile su quella colonia o di seguire eventuali genitori adottivi ovunque avrebbero voluto portarlo. Sarebbe andato a scuola, avrebbe avuto una nuova famiglia, un padre che gli avrebbe insegnato a giocare a baseball o a pallone, che gli avrebbe comprato un cane e lo avrebbe portato a pescare.
Lui, in quei quattro anni di convivenza, non aveva fatto altro che trasformarlo in un piccolo, cinico se stesso. Non era la strada giusta su cui portare un bambino, lo sapeva. Il ragazzo si meritava una vita normale, come tutti gli altri.
Tuttavia era ben chiaro che lui non poteva e non voleva dargliela. Quello era il suo modo di vivere e lui non lo avrebbe mai cambiato, nemmeno per tutto l’affetto che provava per quel bambino senza famiglia e senza identità.
Lo chiamava Odin Jr davanti agli altri, agli estranei, a quelli che avrebbero dovuto crederlo suo figlio, ma non si era dato la briga di dargli un vero nome, un’identità che fosse sua. Questo era un altro dei compiti che spettavano ad un vero genitore, non ad un uomo qualunque con cui aveva passato quattro anni di vita, seppure piacevoli.
La decisione era presa. Gli avrebbe dato fino all’ultimo insegnamento che era in suo potere dargli e poi lo avrebbe sbattuto fuori dalla sua vita a calci, se necessario.
In fin dei conti, era così che doveva andare.

  
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