10 – Negazione
Tracy Barlow
Mi rinchiusi in camera, con gli occhi ancora gonfi a causa del pianto: la solidarietà ricevuta da mio padre non mi era bastata.
Stavo esplodendo di tristezza, avevo bisogno di sfogarmi ancora: piangere in silenzio mi aveva tolto un gran peso, ma mi sentivo ancora schiacciata, come se la stessa Snowy Mountain mi avesse seppellita sotto le sue fondamenta.
Tutto quello che era accaduto quella mattina, mi fece sentire sola al mondo e in modo piuttosto negativo.
Mi era sempre piaciuta la solitudine, ma un conto era scegliere di stare in pace con se stessi, un altro era non avere nessuno al mondo che potesse comprenderti e, in quel momento, credetti che nessuno possedesse il potere di comprendermi.
Drake, però, mi legge dentro. Pensai. Ne sono certa, sa cosa provo, e lo sa meglio di chiunque altro. Un'altra lacrima amara mi scese lungo la guancia.
Drake se n'era andato lo stesso, lasciandomi in balia di una madre che non faceva altro che darmi della perdente. Una madre indifferente al dolore che le sue parole mi infliggevano, lame che fendevano la mia anima a ogni insulto, lasciando cicatrici che non sarebbero mai sparite; i miei erano marchi di puro tormento e portavano tutti la sua personale firma.
Come biasimarlo? Affermai. Anche lui è terrorizzato da quella donna! Nessuno vuole affrontare mia madre... Non c'è una persona che mi possa difendere da lei.
Presi a camminare per la mia nuova, ma ampia, camera, che non sentivo ancora davvero mia; un sentimento di rabbia era germogliato nel mio cuore, una furia mai provata in vita mia.
«Odio questa città e i suoi abitanti dalla mentalità distorta, detesto queste bufere di neve troppo frequenti, non sopporto questa topaia da buttare giù...»
Affacciandomi alla finestra, per distrarmi, notai i vicini della casa di fronte che mi fissavano con insistenza: il fatto che fossero alla mia stessa altezza, poi, regalava una visuale perfetta, della mia angoscia crescente, sia alla donna con gli occhiali tondi che all'uomo col pizzetto.
Chiusi le tende con un gesto così energico che mi caddero addosso.
«Accidenti!» esclamai, atterrando a terra con il tessuto pesante che mi tolse l'ossigeno.
Non riuscivo proprio a darmi pace, non potevo non chiedermi se mia madre stesse facendo davvero i miei interessi o se si stesse solo occupando dei suoi. Mi aveva mai ascoltata sul serio? Mi voleva almeno un po' di bene?
Mi alzai in piedi, diretta verso il mio letto. Stavo per prendere il mio diario, in cui avrei riversato tutta la mia tristezza, ma inciampai col piede sopra le tende rimaste sul pavimento. Atterrai sulla lampada che trovai rotta a terra.
«Perché mia madre è entrata qui per rompermi la lampada?» mi domandai a voce alta, portandomi il palmo della mano alla bocca.
I cocci mi avevano ferito le mani. Il bruciore per quei tagli era così intenso da sentirvi dentro il mio cuore pulsare agitato.
Devo cercare un disinfettante! Uscii dalla mia stanza per dirigermi in bagno. Devo evitare una infezione nefasta che potrei contrarre in questa sudicia casupola.
Dal corridoio, udii mia madre ridacchiare con fare civettuolo, al piano di sotto.
«Ma cosa mi dici?» scherzò allegra. «Ancora? Ma sei un birbante! Certo che ne hai di fantasia, eh! So essere ingegnosa anch'io, tesoro!»
Non riuscii a comprendere con chi mia madre stesse usando quel tono da civetta: non udivo altre voci oltre la sua, nel silenzio infestante della casa.
Che stia provando a sedurre mio padre? Feci una smorfia disgustata al pensiero che potessero fare certe cose dove io li avessi potuti beccare, ma, affacciandomi con cautela dal piano superiore, vidi che mia madre era completamente sola in casa; era attaccata al telefono con gli occhi che le brillavano, un luccichio sadico ed entusiasta.
Zaya Barlow se ne sta lì, in piedi, che si rotolava tra le dita esili una ciocca di capelli e sorrideva come una liceale che si era presa una cotta.
«Vedremo, vedremo!» si passò la lingua sui denti. «Non sai ancora con chi hai a che fare...» aggiunse ridacchiando, ma dal suo tono malizioso capii che l'affermazione appena fatta non era in assoluto una delle sue solite minacce.
Avvertii un'improvvisa nausea disturbarmi lo stomaco, un rigurgito acido mi risalì su per la gola, facendomi provare una forte sensazione di bruciore.
In preda ai colpi di tosse, corsi in bagno e vomitai tutto nel lavandino; l'acido mi bruciò la gola mentre il cibo, che non avevo finito di digerire, uscì fuori impetuoso.
Terminato lo scempio, con la fronte sudata e il corpo tremante, sperai con tutto il cuore che ciò che avevo udito fosse stato solo una fantasia deviata della mia immaginazione sconvolta.
«Mia madre non ha un amante...» farfugliai, guardando il mio turbato riflesso nello specchio che avevo di fronte. «N-non sta tradendo mio padre. No! Non può essere!»
La mano! Ricordai all'improvviso. Le infezioni!