Haumea

Haumea. In quella zona del Pacifico era considerata la dea della maternità e della fertilità. Lei ci aveva sempre creduto, tanto da affidarsi alla protezione di un amuleto che le aveva portato fortuna in passato.

   Aveva poi ceduto quella stessa pietra ad un giovane che ne aveva molto più bisogno, un ragazzo davvero problematico che le aveva salvato la vita e che in seguito l’aveva anche aiutata nei momenti peggiori dell’ultima grande guerra. Haumea aveva protetto anche lui, orfano di madre e disperatamente bisognoso di quell’affetto che, a quindici anni non ancora compiuti, gli era venuto a mancare e che nessuno si curava di dargli nella giusta misura. Lei gliene aveva dimostrato con quel piccolo dono, e lui le si era affezionato al punto da volersi legare a lei per la vita.

   Agli occhi le salirono ancora una volta le lacrime, non certo quelle che ci si sarebbero aspettate da una sposa: al suo fianco non c’era lui. E ora le veniva chiesto di giurare davanti a Haumea un amore che non poteva provare.

   Esitò a rispondere per due ragioni. La prima era che non voleva mentire. La seconda, più importante, era che il suo cuore era già impegnato in una muta preghiera per quello stesso giovane che ora era lontano e che, soprattutto, ancora una volta aveva molto più bisogno di lei della protezione della dea.

   Commossa da quell’amore tenace, benché infelice, Haumea decise di premiare la fanciulla, inviando dal cielo un messaggero che strappò le catene che la tenevano vincolata ad un destino che non le si addiceva, e la portò via con sé alla ricerca di un avvenire migliore.