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Autore: Federica20000824    22/09/2024    0 recensioni
"È, quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro, dei fulmini fragili restano cirri di porpora e d’oro."
D’oro è anche l’ora e la luce calda del sole basso che li illumina e li scalda e li fa risplendere di bellezza giovane, semplice e irresponsabile.
Davide guarda Letizia mentre ride, i suoi occhi, in questo momento, sono piscine di miele profonde, lo scavano nel petto, lei rovescia la testa indietro e i suoi capelli castani cadono mossi in tanti riflessi bronzo sulla sua schiena appena dorata. Gli attira l’attenzione la catenina di perline colorate che si appoggia sulle sue clavicole, sul suo collo scoperto, la trova così bella. Non lo ammetterebbe per nessuna ragione, ma vorrebbe affondarci il naso e respirare forte, in quei capelli, anche solo con la scusa di dirle qualcosa all’orecchio. Sono due settimane che fa davvero fatica a starle lontano. Non sa perché si senta così preso, tutto d’un tratto, quando sono amici da anni… e lui è in seminario da quattro.
Genere: Hurt/Comfort, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo - La quiete prima della tempesta

Mi abbeveri di baci la tua bocca
perché il tuo amore inebria più del vino.
É bello respirare i tuoi profumi
Il tuo nome è un unguento penetrato

Ct 1, 2-3 (Ceronetti)

 

Alle due del pomeriggio, un tuono. Piove.

Non piove e basta, tutto il bianco del cielo sembra riversarsi sul giardino e la collina. Porta il mare nel vento. 

Sulle piante grasse su ogni gradino di granito della scala esterna, che grondano, sui limoni e i fiori degli oleandri, sul glicine arrampicato sul muro di sasso della casa. Nuvole di gocce di pioggia gonfiano l’aria e si sospingono sui coppi del porticato, sui tralicci, sulle finestre. Profuma.

Letizia se ne sta seduta sui gradini della terrazza, protetta nel vano della porta finestra, inspira profondamente. La tempesta le inumidisce i piedi nudi e la maglietta, quando aumenta, le arrivano le gocce sulla pelle, sulle gambe e sul viso e le piace da morire. 

Si gira a guardare Mirella addormentata sul divano, vorrebbe chiamarla, farle vedere quanto è bello. Ormai il pavimento è un enorme lago che gronda giù, oltre la ringhiera, nei vasi dei peperoncini pieni fino all’orlo e nella ghiaia; il giardino, sul fianco della collina, è pieno di piccoli torrenti improvvisati. La piscina si è allargata fino alle sdraio, i materassi sui lettini si sono impregnati di pioggia.

“Almeno non devo lavare la macchina.” La voce di Pippo arriva dalla finestra di fianco a lei, che non vede.

“Almeno…” Commenta lei.

“Giochi con noi a Risiko? Che schifo Berto, la smetti di fumare in casa?” Alberto sbuffa che piove, e comunque sono davanti alla finestra.
"Sì, ma davanti questa finestra ci sono io." Ribatte Filippo.
"Oh ma la smettete di fare casino che svegliate la Milla?" Li rimprovera Letizia.

"Vergogna!" Sebastiano si sveglia urlando. E sveglia anche Mirella, che lo guarda con un occhio aperto e uno chiuso, e le sopracciglia aggrottate. "Seba, ma che problemi hai, esattamente?" Lui chiude gli occhi e appoggia la testa alla poltrona. "Milla…" Lei lo guarda. "Eh?" "Taci." "Oh wow." Si riaddormentano entrambi subito dopo e nessuno è sorpreso dall’opzionalità di questa interazione.

"Ragazzi, io e la Gio andiamo a fare una cheesecake per stasera, se ci cercate siamo giù." Ricky si avvicina a Sofia e Gioia e confessa sottovoce che ieri notte lui e i ragazzi hanno finito i biscotti. Sofia è delusa, ma non sorpresa. Lui fa per abbracciarla e le promette che ci va lui a comprarli, subito. Sarà meglio. Gioia ride e scompaiono tutti e tre al piano di sotto.

Fuori continuano i tuoni e la pioggia battente. 

Elena e Tommaso dormono nella loro camera, il telefono sul comodino di lei si illumina quando arriva la notifica del fotografo che le chiede un feedback sulla cartella del matrimonio. Sono piaciute a tutti, ma bisogna farle vedere anche alla Gio che è arrivata stamattina. Lo proporranno agli altri per la serata. 

"Ma non c’è nessuno, Pippo…" "Non è vero." "Sì invece, Tommi e l’Ele dormono, la Milla e Seba dormono, Ricky va a fare la spesa, la Sofi e la Gio cucinano." "E Dade?" "Penso che dorma anche lui in camera… è da colazione che non lo vedo." A dirla tutta hanno fatto colazione a mezzogiorno meno un quarto. "Ma guarda, Leti, che se lo svegliamo per Risiko, non si lamenta." Letizia vede il fumo della sigaretta di Berto uscire dalla finestra. "Io non gioco, ragazzi." Filippo, rassegnato, si siede sul tavolo del soggiorno, e riprende a catturare il pokémon di prima.
"Asociali." 

Letizia si perde nelle onde del mare, altissime, tumultuose di schiuma. Sente il rumore di schizzi di passi sulle scale esterne. Si sporge verso il lato del giardino da cui si accede al sentiero per vedere chi è, e trova la testa di Davide. È andato a correre, è fradicio. La maglia gronda di pioggia attaccata al suo corpo, i capelli, scossi dal movimento, lanciano goccioline tutt’intorno. Ha le labbra gonfie e le gote rosse. 

"Pensavo stessi dormendo."

"Sai che devo tornare in forma... Dopo la sessione mi sono appesantito." Letizia alza gli occhi al cielo, lui ridacchia e le arruffa i capelli.
"Non entrare in casa che bagni dappertutto." Si siede di fianco a lei sul gradino.
"Così però bagni me." Lei si lamenta. "Per un po’ d’acqua… e poi guarda che hai i piedi in una pozzanghera." Guardano il mare, poi lui chiude gli occhi e inspira, proprio come ha fatto lei poco fa. Lo guarda, quei lineamenti che conosce a memoria, quelle imperfezioni, la cicatrice in mezzo alla barba di quando è caduto mentre pattinava, il centro del labbro superiore che è rimasto un po’ più scuro dopo un herpes. E desidera così tanto accarezzare la barba lungo la sua mascella.

Mano a mano il suo ansimare si fa regolare, mentre gli occhi di Letizia seguono una goccia che traccia un percorso dalla sua fronte, al fianco del naso, e arriva all’arco di cupido, prima di allargarsi e scomparire sulle sue labbra. 

Pensa che è davvero il ragazzo più bello che abbia mai conosciuto.

All’improvviso lui la guarda, e le sorride. 

"Beh, cosa c’è?" C’è che sono giorni che fatica a non pensare a lui, e non capisce perché, e non vorrebbe. 

"Niente, c’è Pippo che propone un Risiko." Gli si illumina il viso, mentre un altro tuono attraversa l’aria. Se possibile, piove ancora più forte di prima. Il pomeriggio passa fra insulti e minacce, caffè e avanzi della sera prima. Alle sette di sera, mentre Davide e Sebastiano dicono i vespri, le ragazze si rendono conto che ha smesso di piovere. 

Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell’aspra bufera, non resta che un dolce singulto nell’umida sera.
È, quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro, dei fulmini fragili restano cirri di porpora e d’oro. 

D’oro è anche l’ora e la luce calda del sole basso che li illumina e li scalda e li fa risplendere di bellezza giovane, semplice e irresponsabile. 

Davide la guarda mentre ride, i suoi occhi, in questo momento, sono piscine di miele profonde, lo scavano nel petto, lei rovescia la testa indietro e i suoi capelli castani cadono mossi in tanti riflessi bronzo sulla sua schiena appena dorata. Gli attira l’attenzione la catenina di perline colorate che si appoggia sulle sue clavicole, sul suo collo scoperto, la trova così bella. Non lo ammetterebbe per nessuna ragione, ma vorrebbe affondarci il naso e respirare forte, in quei capelli, anche solo con la scusa di dirle qualcosa all’orecchio. Sono due settimane che fa davvero fatica a starle lontano, da quando hanno imbiancato la stanza dell’oratorio di San Giuseppe in cui si incontreranno i ragazzi delle superiori per studiare. Non sa perché si senta così preso, tutto d’un tratto, quando sono amici da anni… e lui è in seminario da quattro. È quella la sua chiamata, è così felice, è così il suo posto. Quindi è la sua vocazione.

Se non fosse che sta iniziando a sentirsi schiacciato, che ha iniziato a fare una gran fatica a parlare con gli altri ragazzi e con i suoi formatori, ed è riuscito a rimandare a settembre il colloquio finale con il rettore perché sua nonna è stata in ospedale ed è dovuto andare a fare la notte quando l’hanno dimessa. Non gli è dispiaciuto: avrebbe dovuto ammettere che la luna di miele col Signore è finita. Fisiologico? Non se lo aspettava comunque. Non così presto. Dopo tre anni non è presto… è molto più tardi di quanto sia accaduto per maggior parte di loro. Ma lui è diverso. E a novembre dovrà fare l’ammissione agli ordini, e gli sembra così lontana e così vicina, e vorrebbe che non arrivasse mai perché poi il cammino accelera vorticosamente e ogni anno il sigillo sul suo cuore diventerà un po’ più concreto, il lettorato, l’accolitato, il diaconato. E poi l’ordine.

Ma con calma, è solo l’ammissione.

E vorrebbe che arrivasse il prima possibile perché poi sente che non si tirerà indietro. Sarà come avere un diamante al dito. Dopo l’ammissione sarà sicuro di quello che succederà, non avrà più motivo di dubitare. Davide aveva detto qualcosa del genere a Letizia mentre era sulla scala, e lei gliela teneva per evitare che si sbilanciasse. 

“Non so, Dade, se funziona proprio così, il cuore umano… E il Signore lo sa.” Poi gli aveva detto che anche lei aveva fatto fatica, e che in realtà parlarne con il suo padre spirituale era stato doloroso, ma molto utile. Tuttavia lei non è in seminario, a lei è concesso allontanarsi. Davide lo aveva pensato, ma aveva sospirato e ricacciato indietro il magone.

“Io penso che dovreste prendervi del tempo per voi.” “Con chi?” “Con Lui, Dade.” L’aveva guardata, in basso, sotto di lui, e i suoi grandi occhi castani avevano trapassato i suoi e si erano conficcati nel suo petto e aveva sentito un dolore tiepido nello stomaco. Erano rimasti a fissarsi per secondi interminabili, finché una goccia di bianco era caduta dal pennello che lui teneva in mano, sulla maglia di lei. Avevano riso entrambi. “Non c’è bisogno di colpirmi, sai che ho ragione", aveva commentato Letizia, spostandosi leggermente a destra, fuori traiettoria. 

Finito il bordo superiore della finestra, e la parte alta del muro fino al soffitto, mentre scendeva, lei lo aveva ringraziato per la fiducia, e gli aveva detto che doveva essere un momento complicato per lui. Gli aveva accarezzato la schiena, come faceva con i bambini mentre li medicava durante i giochi, per rassicurarli. Quel giorno aveva smesso di chiamarla sorella. Non era tanto, era quel poco che bastava perché lei notasse che c’era qualcosa di nuovo nel modo in cui si cercavano, in cui finivano sempre vicini, in cui si guardavano. Non era nemmeno nulla di nuovo per lei, era sicura che non sarebbe successo nulla fra loro, si crogiolava in quella tensione, quella piacevole sofferenza. Desidera qualcosa che non afferrerà mai.

Il giorno dopo avevano dovuto dare la seconda mano, e per evitare conversazioni pericolose, avevano portato su la cassa e avevano cantato tutto il tempo; a lavoro terminato, avevano preso i secchi e i pennelli per portarli al lavabo in cortile. Lui le aveva tenuto la porta aperta, perché lei non aveva più mani libere; era stato lì, mentre passava sotto i suoi occhi, che aveva sentito il suo profumo. E aveva desiderato non averlo fatto. 

Il rumore lontano del mare lo riporta a tavola dove Tommi e Pippo hanno appena portato una zuppiera di spaghetti con le vongole. “Ragazzi, stasera ci trattiamo bene, e diamo un po’ di pausa alle donne che ci hanno fatto da mangiare per tutta la settimana”. 

“Beh comunque meno male che la Sofi ha messo le vongole a spurgare, se fosse stato per voi sarebbero stati spaghetti alla sabbia.” “Ehi ehi, parole molto forti amica, innanzitutto ci calmiamo.” Tommi ride, lascia un bacio sulla testa a Elena, mentre Letizia si alza per fare i piatti, commentando che a lei non è dispiaciuta una pausa, questo pomeriggio.

“Adesso che è arrivata anche la Gio, dobbiamo riguardare le foto del matrimonio, belli.” Le ragazze esultano, mentre i ragazzi si guardano cercando di svincolarsi. “Dai, magari fate una serata solo donne…” Prova a dire Riccardo, mentre Pippo continua “Non vogliamo disturbarvi.”

“Che rottura di palle raga”, Berto taglia corto. 

Scende silenzio sulla tavola.

“Facciamoci un gioco alcolico, allora!” Propone Riccardo. A parte quelli di Tommaso ed Elena, che sono praticamente astemi, i visi si illuminano. No, ragazzi, vi prego. Dicono gli occhi di lei. Non ha proprio voglia di passare la serata con i suoi amici molesti e probabilmente la mattinata a pulire il loro caos, se non addirittura il loro vomito. Schifosi.

Dopo aver cenato, Sofia e Letizia lavano i piatti mentre Mirella e Riccardo li asciugano, fremono per tornare in sala al piano di sopra per iniziare il gioco. Sebastiano e Davide preparano i bicchieri mentre Filippo apre la borsa di superalcolici che ha fatto sua madre l’estate scorsa e li mette tutti sul tavolino davanti al proiettore. Elena guarda Tommaso preoccupata, lui capisce ma cerca di rassicurarla dicendole che va tutto bene, che sono grandi, lei ribatte che ha paura che sfascino la loro casa, e che comunque non è tranquilla, ha un po’ di angoscia. “Tesoro, ma ci sono due seminaristi tra l’altro.” “Tommi, non mi rassicura per niente.” “Ma sono responsabili.” “Poi domani mattina avevamo detto che avremmo fatto colazione sulla terrazza per vedere l’alba…” “E io e te lo faremo, e andremo a letto presto.” Elena lo guarda, riesce a placarle il cuore ogni giorno, cede e gli lascia un bacio sul naso, poi fa per allontanarsi, ma lui la tira a sedere sulle sue ginocchia e la bacia tenendole il viso fra le mani. Sono tre anni che le fa sentire le farfalle nello stomaco.

Si siedono sul grande divano a penisola, Elena in braccio a Gioia, la sua testimone, che la stringe. “Gio, mi sei mancata un sacco.”

“Ricky, quindi le regole?” “Se siete nella foto, bevete un sorso, se ci sono anche gli sposi, insieme a voi, bevete due sorsi, se state cantando, ballando o suonando finite il bicchiere, se siete vestiti di bianco, finite la bottiglia.”

Seba realizza che lui e Davide hanno fatto servizio all’altare e avevano la veste bianca, e glielo dice sottovoce. “Speriamo non ci abbiano fatto tante foto, non me lo ricordo proprio.” Dentro, Davide, è grato per questo gioco alcolico, e pensa che berci su sia l’unica opzione che ci sia per superare la serata. 

“Ragazzi, io e l’Ele andiamo a nanna, buonanotte.” I due sposini si chiudono la porta alle spalle. “Noi siamo fuori a bere, se ci cercate.” Gli altri otto escono, ognuno con due bottiglie in mano. “Fate poco casino però.” La voce arriva attutita dall’interno della camera da letto. 

Si siedono nel giardino, sulle sdraio, sui lettini, sul bordo della piscina e nell’acqua bassa. Davide si siede con una bottiglia sul tavolino e la chitarra in braccio. “Miei ottimi amici, cantate con me?” Pizzica le prime note di Hallelujah. “Cohen?” Chiede Mirella. “Ma certo.” Il ragazzo inizia a cantare la prima strofa ed è presto seguito dagli altri nel ritornello. Letizia e Riccardo sono accovacciati uno di fronte all’altro, con l’acqua appena sotto al mento. Davide la guarda mentre suona, la ascolta cantare, la sua pelle riflette la luce blu della piscina, imperlata di goccioline. Lei gli sorride appena, poi immerge anche il mento e le labbra, e increspa l’acqua con il respiro delle sue narici. Sebastiano inizia a cantare la seconda strofa, mentre tutti ascoltano.

Your faith was strong, but you needed proof 
You saw her bathing on the roof 

Her beauty and the moonlight overthrew you
She tied you to a kitchen chair 
She broke your throne and she cut your hair and from your lips she drew the Hallelujah

Letizia riemerge, prende il suo bicchiere e lo finisce, poi si sospinge fino al bordo, proprio ai piedi di Davide, appoggia le braccia sulle mattonelle, il mento sulle mani. Gli occhi del ragazzo sono smarriti, è spaventato dal fatto che la canzone parli di lui, che la profezia del suo nome forse si stia avverando, sa che è tutto molto pericoloso. Spera che la canzone finisca il prima possibile, nel ritornello senza musica, prima di riprendere a suonare, finisce il bicchiere, lo riempie di tequila, lo finisce di nuovo. Purtroppo è più sobrio che mai. Anche quando riesce a non guardarla, la sua mente non gli dà tregua. I suoi capelli bagnati, le sue spalle e le sue mani e le sue labbra e i suoi polsi e il suo seno e quella maledetta catenina. 

Deve andare via. 

Dopo che hanno finito la canzone, Sebastiano inizia a fare il verso della zanzara in piena notte, quel fischio intermittente, più intenso e meno intenso. Poi balza in piedi e corre giù dalla collina, salta il muretto, e prosegue oltre la loro vista, nella penombra della notte di luna piena, ululando. “Io scappo” urla.

I ragazzi si guardano e scoppiano a ridere, cercano di capire se si sia fermato o se si sia appostato per spaventarli. Dopo un paio di drink, Mirella fa notare che Sebastiano ha i pantaloni bianchi, dovrebbe vedersi. Davide coglie l’attimo, balza in piedi, e corre giù dalla collina.

“Sebastiano! Sebastiano!” Dopo qualche secondo, dagli alberi in discesa, si leva la voce di Seba. “Davide!” 

“Ma dove sei, Seba?” 

“Sono andato lontanissimo, Dade, non ho più voglia di tornare indietro in salita, sono troppo lontano e sono stanco.”

Li sentono e basta, Seba sembra un bimbo piccolo. Pippo, dal suo lettino, con la bottiglia in mano, commenta che il seminario è proprio un posto arcobaleno. Chiaramente usa parole più colorate: dopotutto non ha filtri neanche da sobrio con loro, figuriamoci ora che sono ubriachi marci. Dopo minuti interminabili, Sofia si alza e guarda giù. “Ma scusate, dove sono?” Letizia, che sente la testa leggera, è davvero divertita dalla situazione “Li sento ridere, che carini.”

Pippo nel frattempo sta spiegando a un rapito Riccardo che il cuculo è un uccello parassita, che fa le uova nei nidi degli altri uccelli perché se ne curino loro, e che poi una volta schiuso, lancia giù gli altri uccellini appena nati, e si prende tutte le cure dei genitori. Gioia lo guarda con gli occhi sbarrati. 

“Ma é una cosa tremenda, Pippo.” “Già, è uno stronzo.” “Bevo.” 

Mirella fa partire dalla cassa la colonna sonora del Principe d’Egitto. “Adesso sì che si ragiona.” I ragazzi cantano a squarciagola, poi al pezzo in cui la mamma di Mosé lo consegna al Nilo, Pippo ha una realizzazione sui vocalizzi della cantante. “È tipo la scena media in un film ambientato in un paese arabo, con il deserto e le ondine di caldo, e la donna di cui si vedono solo gli occhi, il cammello che ti guarda…”

Letizia aggiunge, in un inglese tremendo: “E un tipo nero che arriva dicendo ‘Uelcom, mai american frend’”. Filippo inizia a ridere talmente tanto da cadere dal lettino. “Ma che film guardi, tu?” 

Davide riemerge dalle tenebre, sbuffando. “Eccovi!” Esclama Sofia.

“Dei film in cui ci sono gli ippopotami, ma non sono io…” ridacchia Davide, rispondendo al posto di Letizia. Sebastiano, che è apparso dietro di lui, lo guarda interrogativo. “Non ho capito.” “Perché sono ingrassato, Seba.” “Sì, mezzo chilo”, commenta Filippo alzando gli occhi al cielo. Ridono tutti, poi Sofia realizza che sono riemersi in modo totalmente casuale e si sono inseriti nella conservazione come se non fosse successo nulla. “Raga, ma tutto bene?” 

Letizia guarda Sebastiano, “Ma tu sei scappato via per fare la pipì?” Lui sospira. “No, mi è partita la pazzia… poi ho fatto anche la pipì.” Mirella lo colpisce con una focaccina per il gelato. Lui si massaggia la spalla e borbotta “Completamente fuori luogo”. “Come tutto quello che fai tu”, ribatte lei. Filippo li guarda e biascica “Come diceva sempre mio nonno, paura per tutti e rispetto per nessuno.” “Esatto, mi ha tirato dei biscottoni durissimi in testa.” Si lamenta Seba. “Ma cosa dici? É una focaccina.”

Le ore scorrono dalle loro bottiglie, si svuotano, sono sempre più ubriachi. Mano a mano, chi sul divano, chi in camera, chi in bagno a vomitare, tornano tutti in casa. 

Restano soli.

Davide é ancora eroicamente sobrio, e la sua mente chiara come l’aria del mattino. Letizia ha passato la fase spassosa della sbornia, ora sta iniziando a virare alla depressione. Anche perchè quelle foto l’hanno messa alla prova sul serio. “Come stai?” Davide rompe il ghiaccio. 

“Insomma.”

“Siamo in due.” Sono su lettini vicini, si guardano, allungano le bottiglie. Cin cin. 

“Guardare le foto mi ha fatto ripensare a tutte le volte che ho parlato con Edo di sposarci.” Silenzio.

“Un po’ mi manca, ma non è neanche proprio quello… mi manca il futuro che pensavo di avere.” 

“Io non so nemmeno cosa voglia da me.” 

“Chi?” 

“Dio, Leti… non so cosa voglia che faccia.” 

“Nemmeno io a questo punto.” Sembrava che fosse tutto così chiaro, forse si sentono traditi? Davide è smarrito. Dove Sei? Continuano a bere senza parlare, a fissare la volta del cielo trafitta di stelle. Il lettino sotto di loro ondeggia a ritmo del mare, o così sembra a entrambi. 

“Quelle foto…” inizia Letizia. “Non parliamone”. La ragazza allunga la mano, e prende quella di Davide. Intreccia le dita, gli accarezza il dorso. Sono qui io, sembra volergli dire. O così sembra a lui, e questa notte il suo cuore vuole avere una casa. 

“Ho paura del Suo silenzio, Leti.” Lei lo sa. Anche lei ha paura del deserto; quando le capita di doverci passare attraverso, cerca di evitare di realizzare che ci è dentro. Si guarda ore e ore di sitcom e film brutti di Natale, che sa già come finiranno dopo la prima scena, che le diano un senso di realtà. Di una realtà più dolce, controllata e a lieto fine, di quella che la aspetta fuori. Una realtà in cui scappare. Non sono sicuro che sia chiamato a questo. Ormai le può dire tutto, i suoi sensi sono in un velocissimo vortice di nebbia.

“Ho paura che mi lasci da solo.”

Le stringe la mano, e lei lo guarda. Il suo profilo ha gli occhi chiusi ed è illuminato dalla luce della luna, e respira profondamente. La ragazza si alza e lui le fa spazio sul suo lettino. Ha un solo pensiero, che possono stare così per tutto il tempo che vogliono… non sanno che fare della loro vita e la testa è pesante a entrambi. Lei appoggia la guancia al suo braccio. Il profumo dei suoi capelli umidi non è nemmeno attenuato dal cloro. A Letizia sembra d’un tratto tutto così semplice e così splendente. Sente che il desiderio del suo cuore ha trovato un compagno di viaggio, sente che forse l'insensatezza in cui si trova è meno insopportabile del solito. Magari è l’alcol, magari è che lui le è così vicino. Ho molta paura che non sarò mai felice, Dade. 

Si volta verso di lui, appoggia il mento sulla sua spalla. Davide si sente accarezzare la barba dal suo fiato, e cerca i suoi occhi, ma non li trova, sono serrati nell’attesa. Dio, lascia che me ne stia per sempre davanti alle sue labbra a inspirare il suo respiro, pensa Letizia. Ma quello spazio aeriforme fra le loro bocche è presto chiuso, annullato in un tiepido passo tremante. Lo stomaco si riempie di vuoto, cercano di non soccombervi annidandosi l’uno nell’altra e Davide prega che il fuoco che li arde non li consumi. 

È una notte strana, in cui il desiderio di spalancarsi davanti all’altro prevale sulla paura di non essere accolti. In cui si salta nel vuoto e magari c’è qualcuno che ti prende al volo. In cui l’ansia e l’angoscia si mescolano in voci rotte e in lacrime asciugate da altre mani, carezze impacciate, delicate. E poi c’è una scintilla, una stella nuova questa notte. Ma la luce delle stelle, come si sa, arriva da lontanissimo, e quando ci accorgiamo che è arrivata, è passato così tanto tempo dall’inizio del suo viaggio. 

Alla fine della notte, con il cielo che si colora di sole e di rosa, Tommaso raggiunge sua moglie sulla terrazza, che lo aspetta con due caffè sul muretto. Le sue mani si incrociano sotto il seno e la abbraccia, lasciandole un bacio sulla guancia, gli occhi di Elena si chiudono in un sorriso. “Guarda che bello, amore”. 

La primissima luce appare dal mare, e inizia ad allargarsi in una striscia, poi in una macchia di fuoco. Ci sono le ombre delle barche dell’arancio e nel verde dell’acqua, ci sono i versi dei gabbiani, ci sono i loro respiri vicini. Questo per sempre che si sono detti un mese esatto fa, rimbalza da loro al cielo al mare e li trascina in avanti. Qualsiasi cosa accada, siamo io e te.

E mentre Tommaso rientra con le tazzine, gli occhi di Elena si abbassano dalla linea dell’orizzonte al giardino, in cui vede Davide aggirarsi a tentoni, poi chinarsi all’improvviso dentro un oleandro, scosso dai conati. Io comunque lo sapevo. Il ragazzo rientra in casa completamente perso, salutandola con la mano. Non ricorda nulla. O quasi.

 
  
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