Sveglia notturna
La svegliò un rumore lieve proveniente dal soggiorno: il suo parquet che scricchiolava. Lexi aveva il sonno leggero e teneva sempre la pistola sotto al cuscino. La prese e, a piedi nudi, si diresse verso la porta della camera da letto. Era aperta e lei cerco’ di udire altri rumori. Uscì nel disimpegno con la pistola spianata. La poca luce che proveniente dai lampioni della strada le mostravano soltanto parte della casa che sembrava tuttavia tranquilla e immersa nel silenzio. Percorse senza far rumore il resto della distanza, fino a giungere nel soggiorno. Non c'era nessuno. Abbassò il braccio che teneva la pistola e si diede della stupida. Accese la luce. La porta d'ingresso era chiusa e la stanza in ordine. Stava diventando paranoica. Posò l'arma sul bancone della cucina e decise di bersi un bicchiere d'acqua.
Mentre la porta del frigorifero era aperta udì un altro rumore. Allungò la mano ma la pistola non era più lì. La sua canna era puntata contro di lei.
“Metti le mani in vista”.
Lei richiuse il frigo. L'uomo era completamente vestito di nero. Compreso un passamontagna che gli nascondeva il volto. “Cosa vuoi?”
“Te. Verrai con me senza far storie”.
Dunque non voleva ucciderla. Non subito almeno.
Dietro di lei c'era il ceppo con i coltelli. Non erano calibrati per essere lanciati ma forse poteva colpirlo. Ne afferrò uno e si buttò a terra dietro il bancone. Il colpo di pistola rimbombò nella stanza e lei strisciò più velocemente che poté.
Raggiunse la fine della penisola e lanciò il coltello. L'oggetto colpì l'uomo alla spalla ma dalla parte del manico. Maledetto coltello da cucina! Pensò Lexi alzandosi e afferrando uno sgabello che sbatté contro l'uomo.
La pistola sfuggì di mano al suo aggressore ma nella colluttazione che seguì riuscì a strapparle di mano lo sgabello. Lexi indietreggiò e si abbassò in tempo per schivare lo sgabello che si schiantò contro la parete attrezzata della televisione.
L'uomo accorciò in un balzo la distanza afferrandola, ma Lexi si liberò dalla presa e lo colpì con un gomito sul naso che fece crack. L'aggressore indietreggiò tenendosi il viso fra le mani, e vide il sangue che fuoriusciva fra le dita. Gli occhi di lui si fecero furenti. Afferrò la lampada da terra che aveva a lato e la roteò prima di calarla violentemente su di lei. Lexi ebbe appena il tempo di alzare il braccio per proteggere il capo.
Senti il dolore del colpo riverberberarsi fino al cervello. Ebbe però la prontezza di scansarsi e afferrare il coltello che era finito sul pavimento. Con un urlo di rabbia gli andò contro. Lo colpì con un pugno allo sterno e affondò la lama nella coscia. Quando l'uomo perse l'equilibrio lo afferrò al braccio atterrandolo e gli montò sulla schiena senza allentare la presa.
“Chi ti ha mandato?”.
Lo schianto della porta fece alzare a entrambi il viso.
Due poliziotti armati stavano facendo irruzione nel suo appartamento. Erano Michael e Ric.
“Stai bene?”.
I due furono dubito al suo fianco e Ric mise le manette all'uomo.
Entrarono anche Alice e Fred, in uniforme. “Portatelo in centrale”. Disse loro Michael.
Poi di volse a Lexi. “Quando è arrivata la chiamata per colpo di arma da fuoco dal tuo indirizzo abbiamo raggiunto la volante di zona. Come stai? Sai chi era?”.
Lexi si alzò in piedi. “Sto bene. Non so chi fosse. So soltanto che non voleva uccidermi. Voleva portarmi da qualche parte”.
Michael annuì. “Ok. Il braccio?”.
Lexi abbassò lo sguardo sul braccio che aveva parato il colpo di lampada. Stava diventando nero e c'era un rivoletto di sangue che scendeva. “Non è niente. Basterà un cerotto”.
“Vieni a casa mia”, le disse Ric che fino a quel momento era rimasto zitto.
“Non c'è bisogno”.
“Qualcuno vuole rapirti e ti abbiamo buttato giù la porta, direi proprio che è necessario invece” disse Michael.
Lexi strinse i denti e andò a vestirsi.
Tornò dopo qualche minuto già col giubbotto e uno zaino in spalla.
“Sta tranquilla: faccio rimanere qualcuno finchè non sistemano la porta. Voi andate.”
____
Arrivati a casa di Ric, le preparò la stanza degli ospiti e tornò in soggiorno con la cassetta del pronto soccorso. “Diamo una sistemata al braccio”.
“Posso fare da sola”.
“Ne sono consapevole, ma, se me lo permetti, vorrei aiutarti”.
Lexi si tolse il giubbotto e vide che la maglia sotto si era appiccicata a causa del sangue. riuscì comunque a tirarla su e vide il taglio che segnava diagonalmente l'avambraccio e da cui ricominciò a fluire il sangue.
Ric prese del disinfettante e una garza, ma Lexi se li fece dare e cercò di ripulirsi il braccio.
“Temo serva qualche punto”.
“Non è necessario”.
Ric la guardò di sottecchi e capì che non era il caso di insistere. “Ok. Ti mettero’ degli steril strip allora”, e, senza aspettare risposta, li prese dalla cassetta e mise il primo. Non alzò lo sguardo visto che non c'erano state reazioni e continuò l'opera di rattoppo.
Quando ebbe finito, rimise tutto nella cassetta e si alzò per buttare gli involucri.
“Grazie”.
Ric si voltò e le sorrise. “Va a riposare ora”.
_________
All'alba era già sveglia ed era scesa al piano di sotto. Cercò nel pensile sopra i fuochi il caffè ma il contenitore era vuoto. Aprì quello accanto ma un barattolo di nutella cadde rompendosi sopra il marmo.
Imprecando Lexi cominciò a ripulire.
Sentì i passi affrettati di Ric che scendevano le scale. “Perdonami, non volevo svegliarti”.
Ric le si avvicinò e le tolse il vetro dalle mani. "Ci penso io”.
“Scusa, so che non è casa mia…”.
Ric si fermò, lasciò i vetri a terra e prese le mani di Lexi fra le sue.
“Lex, guardami”. Attese che i suoi occhi si alzassero a incontrare i suoi. “Casa mia è casa tua. Lo sarà sempre. Ti va di parlare?”
Lexi si sedette a terra appoggiando le spalle alla cucina e scosse la testa. Lui le scostò i capelli lasciandole sulla guancia una scia di nutella. “Scusa” disse e lei gli sorrise.