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Autore: Juice89    08/10/2024    0 recensioni
Per la parola che il titolo suggerisce, ho scritto un racconto breve dai toni comici, sulla vita di tale Zeno, ripercorrendola a ritroso. Niente di speciale, un puro esercizio di scrittura.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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»Prompt: 7 ottobre - Contrario (pumpNIGHT)

Il vecchio Zeno morì a centoquattro anni. Tirchio come la malora, senza figli, nipoti, amici, neppure un cane cui lasciare quel ben di dio di eredità che si era costruito nel tempo, aveva disposto di fare di tutto un gran falò. Lo aveva fatto sottoscrivere, protocollare e controfirmare al notaio giusto un paio di anni addietro, al cospetto del sindaco, di un giudice e pure del capo della polizia. Non si fidava mica di nessuno, il caro Zeno. Pensare che solo dieci anni prima della stesura del focoso testamento si era frequentato con una giovinetta ottantenne che tuttavia non era capace di cuocere la minestra come diceva lui. Così l’aveva cacciata.
Ma come biasimarlo, la minestra era diventata il suo pasto quotidiano da quando, sessantasettenne, aveva perduto l’ultimo dente. E guai ad andare dal dentista, quello voleva i soldi, molti più di quanti ne meritasse. Il trauma con la categoria lo aveva subito al compimento dei sessantacinque anni quando, per l’essersi concesso un dolcetto per festeggiare, aveva avvertito un dolore lancinante all’altezza dei molari. Era andato allo studio del dottor Rossetto per sentirsi dire che doveva fare la dentiera e sganciare un mucchio di grana. Ma quale dentiera?

Il padre di Zeno era morto cinque anni prima del fatidico compleanno e lui, figlio unico, si era visto recapitare tutti gli averi di quell’uomo che non vedeva da almeno due decenni. Fra gli oggetti, c’era la protesi odontoiatrica che lo stesso Zeno aveva finanziato e un altro arnese che gli aveva causato un sussulto di malinconia: il rosario consunto della madre. 
La povera donna, cresciuta analfabeta e con lo spirito di misericordia che s’insegnava ai tempi suoi, ogni sera, alla stessa ora, fosse anche capitata una catastrofe, recitava il rosario. E fra un Mistero e l’altro la catastrofe era accaduta mentre Zeno era nei campi per lavoro. A trentatre anni, il figliolo aveva quindi organizzato il suo primo funerale.
Non era stata una veglia triste, i parenti che gli avevano fatto visita erano vegliardi, in gran parte ottusi per l’età e durante la cerimonia, non uno era andato a tempo con il prete, soprattutto durante i canti, e lui per un po’ si era trattenuto, ma poi era scoppiato a ridere.
Il padre gli aveva dato un ceffone, di quelli che suonano alti quanto il sì dell’organo e a casa avevano litigato con furia, probabilmente si era trattato del bisticcio peggiore dopo quello avuto quando, a venticinque anni, all’annuncio della liberazione della penisola, Zeno aveva espresso il desiderio di partire a cercare fortuna altrove. Ma un lavoro il giovanotto ce l’aveva già, non se ne poteva andare, era così che funzionava, fine della storia. Perciò, mortificato, era rimasto, nello stesso luogo in cui era nato e poi cresciuto, che lo aveva chiamato alla guerra e poi all’impiego, dove aveva perduto la madre, il padre e tutti i denti. 
Inconsapevole che, al contrario, avrebbe eccome viaggiato: nella memoria di un racconto.

 
   
 
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