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Autore: Juice89    22/10/2024    1 recensioni
Ancora una narrazione dal carattere fiabesco, questa volta sulla circolarità della gentilezza. Vorrei renderla più ritmata, usando rime e/o assonanze, ma al momento devo continuare il contest e preferisco concentrarmi per concludere la sfida (con me stessa) del writober. In ogni caso, buona lettura.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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»Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
»Prompt: 16 ottobre - Corda (pumpNIGHT)

Il bardo aveva finalmente raggiunto la capitale: quella sera avrebbe suonato al cospetto del re e dei suoi invitati per celebrare il quinto anno di governo dell’amato Signore.
Esser stato chiamato dalla regina in persona lo aveva inorgoglito al punto che si era fatto cucire dal miglior sarto del paese un abito nuovo, spendendo una vera fortuna, quasi tutto il suo patrimonio. Ma non pianse per il cospicuo investimento, di certo dopo quel giorno sarebbe stato il musicista più richiesto del regno.

Armato d’un cappello impossibile da non notare, si annunciò alle guardie della porta principale cantando le proprie lodi a squarciagola. I soldati, estranei al fascino delle arti, lo invitarono a entrare alla svelta e a non far troppo rumore che vi erano abbastanza balordi da controllare per la festa.
Deluso per l’accoglienza, ma niente affatto stupito che dei villani non apprezzassero i suoi vocalizzi, si incamminò verso il palazzo con il fidato liuto tra le mani.
Strimpellando per i fatti propri, attirò ben presto una notevole folla di curiosi che iniziarono a domandare i suoi servigi: bello e bravo com’era, doveva per forza essere anche generoso.
Il primo che aiutò fu un uomo malato d’amore. Il bardò si appostò alla finestra della di lui dama dedicandole versi di passione, ma a quel punto lei ne rimase folgorata e prese a inseguirlo per tutte le contrade. Per sfuggire alle attenzioni indesiderate, il falso amante lanciò il suo cappello al committente, scagliandolo come una freccia di cupido, e quello lo prese in piena testa risolvendo con l’equivoco il suo problema di cuore.
Per secondo fu il turno di un mercante assai distratto che non ricordava dove aveva lasciato il farsetto che il re aveva comprato per il figliolo. Per quale motivo chiedesse supporto a un bardo era un gran mistero, ma lui non poteva certo inimicarsi un ‘sì importante invitato e dopo aver cercato in lungo e in largo, gli propose di offrire al principe il proprio giacchetto.
Il mercante accettò, colmo di gratitudine, affermando che mai si sarebbe scordato di quel gesto.
E così, per il resto della giornata, il bello, bravo e generoso musicista si rese utile al popolo, trovandosi la sera con solo l’intimo addosso e il fidato liuto tra le mani. Quasi arrivato al palazzo, s’imbattè in una bambina in lacrime, la quale disperava la rottura del suo orsetto. Lo spettacolo fu straziante al punto che il bardo si privò d’una corda del proprio strumento perché la giovinetta la usasse per ricucire il danno. In men che non si dica, lei andò a casa dalla mamma per farsi aiutare nell’impresa. 
Di fronte, infine, al gran portone del castello accadde però un fatto increscioso: il pover'uomo fu cacciato in malo modo, nessuno avrebbe mai chiamato un tale cencioso a intrattenere la nobiltà, men che meno la regina.
Deluso e umiliato, s’incamminò per far ritorno da dov’era venuto, incappando nella bimba con l’orsetto rattoppato, che gli chiese cosa gli fosse mai successo per esser tanto triste. Il messere le sorrise, spiegandole il motivo. Lei allora lo prese per mano e lo portò alla taverna, raccontando all’oste il dramma dell’amico. E tutti i presenti sentendo la sciagurata avventura, gli diedero conforto, del cibo e tanto affetto. Ma non solo: un pescatore di ritorno dal fiume gli donò uno dei suoi fili, sperando potesse essere utile a sistemare il liuto e, in effetti, anche se non troppo accordato, lo strumento poté tornare a suonare allegro.
Per sentirsi meno solo in quella serata serena, il bardo intrattenne i popolani che ballarono e cantarono felici come mai ricordavano d’essere stati. D’un tratto, alla porta, un forte bussare placò l’allegria: il re, la regina e il giovane principe si affacciarono a domandar di poter entrare. Tutti stupiti e genuflessi, i presenti non poterono dire di no, ma l’oste si permise di chiedere cosa mai ci facessero in quell’umile luogo. Il sovrano spiegò che un tale mercante, portando in dono il farsetto al figlio, ne aveva confessata la provenienza e che suo cugino, sentendo il racconto, aveva lodato il proprietario di quell’indumento, poiché era il fautore della sua felicità. E molti altri si erano prodigati a narrare le gesta del bardo gentile, ma non si spiegava perché aveva reso tutti contenti tranne lui. Il bardo rise, non per scherno, ma per ironia verso se stesso, e radunati tutti i nobili a far compagnia ai più modesti, cantò beato la sua avventura.

   
 
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