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Autore: GirlDestroyer1988    22/10/2024    0 recensioni
Dopo la sconfitta della Himmler la situazione nell'America central-meridionale precipita nella guerra civile e le nostre eroine spaziali dovranno ulteriormente confrontarsi con il nuovo, futuristico passato della specie umana
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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Pensa se le persone sbagliate ci mettessero mano sopra. Con tutto l’arsenale che porto ogni volta con me livellerei abbastanza questa città da poterci far costruire sopra un fast food, tipo Hoot di Carl Hiaasen Dopotutto hai davvero tutto. Puoi rimbalzare ovunque travolgendo qualunque nemico come lo scudo di Capitan America, a scelta puoi guidare quei tre robot Sono davvero la donna più forte del mondo. Beh, una tra le tante con questa nomea. Mi dispiace solo non avervi mostrato al 100% cosa so fare Mi auguro quest’evenienza non sopraggiunga mai. Aaminah è fuori combattimento, le sue guarnigioni sono disperse, ma resta la Himmler da affrontare Himmler? Il nome non mi è nuovo. Quella valchiria con il seno talmente grosso e gonfio da essere duro come la pietra, al punto che può sfondare i muri servendosene come una coppia di palle da demolizione o come le code di due Doedicurus? Anch’io l’ho combattuta, ma mi ha un pò deluso. I suoi seni non erano veramente armi così micidiali, dipendeva tutto dal reggiseno che indossava. Cosa in cui siamo brave tutte. Adesso che ci penso tuttavia, c’era una tipa con i seni a palla di demolizione, che non era lei, aveva voluto confondersi con lei per incrementare la sua pericolosità. Miss Struction, due volte più alta di un essere umano, mammelle che non contenevano latte ma acciaio e asfalto liquidi, come quelli rilasciati dagli onicofori, con la bava sparata dai loro tentacoli che non lascia scampo. E infatti era una cattiva ragazza. Però la mia robot-auto nonostante un ammaccatura da Alberto Ascari poteva però spararle contro dei missili che la lasciarono piatta come Katy Moss. In prigione i seni le saranno ricresciuti, ma ora quelle palle da demolizione si saranno rammollite in una coppia di cuscini all’uncinetto. Questa Himmler se ne è una semplice scopiazzatrice mi basterà fare questo Venite con me nel giardino di fuori l’entourage seguì Mi$$ boombabOOboombab in uno spiazzo verde da Hotel Sassi Rossi in provincia di Lecco, la sua palestra personale. L’ambiente era una parete d’arrampicata con gli appigli colorati come una cascata di caramelle e conchiglie cuprensi diluvianti a 360° nemmeno fossero ammollate a altezza busto vicino alle cascate di Monte Gelato, immerse nel corso del Treja che dalla del Monte Gelato triplice cascata trae l’immissario. Solitaria e vagamente decontestualizzata c’era una sedia di plastica bianca, una tartaruga stampata a caldo in una singola marionetta pieghevole in 5 comodi snodi-sternocleidomastoideo, omero, femore-sul cui carapace Mi$$ boombabOOboombab si tolse le scarpe. Prese la rincorsa e esibì il seno extralarge come Kim Pine e Ramona Flowers che fanno Pogo a un concerto di Joan Jett & The Blackhearts, rimbalzando contro quella barriera volando sulle teste sotto di lei appallottolandosi e preparandosi a un atterraggio da far sembrare Takahiro Ozu di Inu neko jump! Ryu Nakanishi Ryu il Gufo (Pietro Ubaldi) che con la sua ingombrante e lipidica mole non ci azzeccherebbe nulla con una squadra di ninja elastici e atletici, dandogli però la forza bruta maggiore, non a caso nell’astronave [Gatchaspartan] quello con un robusto bulldozer, [Gatcha 4]. Al terreno erboso assestò una schiacciata da spingere l’intero globo terracqueo un centimetro più in basso, producendo (che lo si credesse o meno) una scossa tellurica n’4 della scala Richter, prima che ogni sua cellula delle gambe si allungasse di nuovo proiettandola di petto nuovamente contro lo stesso muro di prima, con i suoi seni che incassarono un altro urto con Mi$$ boombabOOboombab che stavolta affrontò il terreno in avvicinamento spalancando le braccia come Pocahontas (Ilaria Stagni) che si tuffa in canoa giù da una cascata, di nuovo un seno insensibile nel suo gonfiore da capsula d’atterraggio della sonda marziana Pathfinder solo e (apparentemente) disarmato contro il terreno che lo inseguiva de visu ormai vicinissimo rimbalzando di nuovo per eseguire ancora e ancora altre piroette e evoluzioni, da concludere con una più banale delle altre di petto che, come il pallone di una Emiko Miyamoto esausta, decelerò i rimbalzi fino a rimanere distesa, una mano sotto la guancia sinistra come Ann Sydney che prende il sole in spiaggia, prima che Mi$$ boombabOOboombab fosse mentalmente trafitta dal ricordo di aver ricevuto delle ospiti pure con moltissimi onori e si rimettesse in piedi, controllando quanto si fosse sporcata e decidendo per zelo di far fare una lavatrice ai suoi momentanei indumenti Allora cosa ve ne pare? Il tuo corpo è….Una palla pazza che strumpallazza? La mia dieta di gomme da masticare come indizio ritengo fosse già uno più che buono. Inoltre, ho una piccola fresatrice con cappuccio di gommapiuma al posto dello spazzolino, controffensiva al glicerolo della mia  dieta. Le mie feci poi sono assolutamente nella norma, il mio intestino ha delle tempistiche da orologio svizzero Ma se vuoi sfidare la Himmler questo da solo non basterà. Immagina che riesca a intrappolarti i piedi in del cemento; diventeresti assolutamente sua preda. Tipo ti gonfierebbe come un Ercolino Sempreinpiedi o ti tirerebbe le gambe fino a strappartele con tutto il sangue che esce Guarda che io non m’impongo mai di lavorare da sola. Ma ci sono degli standard che purtroppo sono molto più le persone che disattendono non riuscendo a arrivarci di quelle che possono concretamente agire al mio fianco. Hai poteri? La Mitchison scosse la testa affranta Ah non preoccuparti, mi fido di te, sono certa che riuscirai a battermi In puro stile Ranma femmina (Monica Ward) contro Kodachi Kuno la rosa nera (Cinzia de Carolis) Mi$$ BoombabOOboombab con i piedini in cima all’asta di un verde bambù vergine dimostrando un agilità che le tettone non dovrebbero concedergli aveva obbligato la nemica dell’occasione a disporsi in maniera imbarazzante su ben due di quelle canne, pure ogni tanto rischiando di cadere E’ proprio necessario?! Mi$$ boombabOOboombab non si degnò nemmeno di risponderle e le piroettò contro attaccandola già facendo la palla e la Mitchison pavidamente chiuse gli occhi. Rimase incredibilmente stupita nello scoprire dell’aver raccolto Mi$$ boombabOOboombab nelle braccia alla stregua di un innocuo pallone da spiaggia Aaaaah vincere è stato facile! Come rispose la palla che troppo facilmente aveva accolto in seno (in tutti i sensi)? La faccia le divenne il teschio anamorfico di Ambasciatori di Holbein il giovane frantumatole da un calcio della miss cara miss Nu cuoppo allesse io divento per te con tanto di slancio per attaccarsi come una scimmia alla sua canna. Con lo zigomo destro in fiamme la Mitchison stava piegando il proprio bambù lasciando ritornasse alla forma originale buttandosi su Mi$$ boombabOOboombab per prepararsi a una headscissors takedown ma lo slip addominale le venne dato in pasto alla vagina da un pugno della Mi$$, per poi servirsi del rinculo e staccarsi dal suo orifizio urinario e appollaiarsi nuovamente a dell’altro bambù in posa da Spiderwoman sulle vetrate di un grattacielo. Ursula s’appese al suo bambù cominciando a sentirsi spazientita. Con tutta la forza nelle braccia strappò un pezzo di bambù e lo brandì come una mazza da baseball Adesso giocheremo a modo mio! Mi$$ sogghignò preparando per la Mitchison un tiro da far sembrare Hyuma Ittetsu (Marco Balzarotti) un t-rex servendosi del suo più elastico bambù come acceleratore da lancia preistorica. Ma non fece i conti con l’astuzia dell’avversaria, che non le menò il fendente ma la mazza di bambù se la tenne immobile alla destra, picchiando la Mi$$ a distanza ravvicinata anche in acqua, insistendo perché la spinta di Archimede la rendeva lenta come un armadillo e rimbalzante come una camera d’aria con mille chiodi conficcateci dentro. Uscita fuori, Mi$$ boombabOOboombab riconobbe di essere stata sconfitta. Galleggiando con un che dell’Ofelia di John Millais Mi$$ boombabOOboombab nuotò a colpi di gamba raggiungendo la riva di sabbia grigia con la pettinatura più travolta dall’acqua e scombinata in un depresso Sigmund Ooze spruzzato d’azzurro per un errore del verniciatore della tuta di Ultraman Cosmos moderatamente fastidiosa come cosa Ti dovremmo forare i palloni per farti andare sott’acqua! Scherzando sei forte! Io non mi sentirei così entusiasta. Anche se sono una palla invulnerabile ai proiettili non significa che non senta dolore a modo mio. Immagina che il tuo corpo sia una gengiva anestetizzata per un intervento odontotecnico ogni volta tu debba cominciare qualcosa di faticoso. Sei sveglia, reattiva, sai pienamente cosa ciascuna tua membrana farà, ha fatto e può essere in grado di fare, ma in pratica tutto il tuo corpo è addormentato nevralgicamente, possono anche piantarti un coltello nei muscoli di questi “dormiglioni” e a malapena sentiresti una musichetta da trattamento Tomatis. I miei robot non sono completamente una gradassa vanteria da Lindsay Neagle; sono anch’essi un lascito dei miei genitori e contemporaneamente la mia unica stampella. Mi$$ boombabOOboombab qui presente è un Eluana Englaro da anni senza alcuna responsività in una prigione di gomma. Gomma che oggi tu hai mostrato potersi solvere nell’acqua Cosa tutto sommato rinfrancante; non è da aspettarsi un umiltà così radicale da una rich bitch come quella. Alla Mitchison salì spontaneo chiederle come avesse fatto con Miss Struction, ma non voleva che si ricordasse di quanto provò troppo dolore per un essere umano. Comunque la seguì e l’interrogò sulle sue ossa Prendi delle ossa di pollo. Prendi un catino e riempilo di aceto balsamico e mettici dentro quelle ossa. Più o meno quelle che le mie ossa sono h24 E perché allora non strisci per terra come una medusa spiaggiata? Il mio midollo osseo è pura ingegneria antisismica sugar mommy. Ma ti mentirei se ti dicessi che mi hai fatto male A me invece me ne hai fatto eccome. Posto che mi sembra mi abbia punto una gigantesca zanzara anofele dovunque tu mi abbia malmenata Ed ecco la storia della mia algofobia. Che non mi ha impedito di gonfiarti il culetto almeno al primo round, se proprio serve che tu lo chieda. Puoi comunque contare su di noi

Con Aaminah messa nelle condizioni di una blatta su cui un paio di n°35 la Himmler potè sempre contare sulla macchia della malavita dove un volto noto almeno non in Martinica ma nella continentale Caracas nella selvaggia Venezuela. In quei bassifondi una donna di pessima feccia come la Himmler poteva diventare tappezzeria senza problemi. Dalla giungla delle falde del Bolivar si gonfia un monsone di quelli con folgori che illuminano a giorno e sfasciano i timpani come l’urlo di Uvogin (Enzo Avolio) con abbastanza acqua piovuta abbastanza forte da perforare il cemento. L’attacco combinato di [Baldios] con il suo [Best Ringer], (Goshogun) con il suo (Go Flasher), [Reideen] con il suo [God Voice] cominciò con la nave contenente Himmler ancora in alto Atlantico caraibico, poco lontano dal mefitico Triangolo delle Bermude. Il ferry boat che cavalcava I flutti come un campione di sci nautico dava accesso diretto a un posteggio taxi interno. Per Avenue Gallegos sembra di essere a Tokyo, nei bugigattoli di Shitamachi, dove la luce dei neon i teorici dell’inquinamento luminoso come John Bortle pontificano averci negato le luci della natura, Mille luci nel bosco

Mille gocce di luna

Piene di fortuna

E di serenità (La notte durava venti secondi, e venti secondi il GNAC. Per venti secondi si vedeva il cielo azzurro variegato di nuvole nere, la falce della Luna crescente dorata, sottolineata da un impalpabile alone, e poi le stelle che pi˘ le si guardava pi˘ infittivano la loro pungente piccolezza, fino allo spolverio della Via Lattea, tutto questo scritto in fretta in fretta, ogni particolare su cui ci si fermava era qualcosa dellíinsieme che si perdeva, perchÈ i venti secondi finivano subito e cominciava il GNAC. Il GNAC era una parte della scritta pubblicitaria SPAAK-COGNAC sul tetto di fronte, che stava venti secondi accesa e venti spenta, e quando era accesa non si vedeva nientíaltro. La Luna improvvisamente sbiadiva e il cielo diventava uniformemente nero e piatto, le stelle perdevano il brillio, e i gatti e le gatte che da dieci secondi lanciavano gnaulii díamore muovendosi languidi uno incontro allíaltro lungo le grondaie e le cimase, ora, col GNAC, síacquattavano sulle tegole a pelo ritto, nella fosforescente luce al neon. Affacciata alla mansarda in cui abitava, la famiglia di Marcovaldo era attraversata da opposte correnti di pensieri Italo Calvino-La Luna e lo GNAC-Marcovaldo o le stagioni in città) uscivano sconfitte dalla furia delle saette, con chiaramente legioni di quegli elettrofili visti dalla piccola Isabela che vi ci sollazzavano uscendone con la testa esplosa. Ancora una volta la fortuna della piccola Calpurnia arrise alla Himmler che entrò in un incrocio tra un oppieria e una casa di tolleranza senza incassare in testa neppure una goccia della gelida pioggia. Non si fece come sempre suo solito remore o ubbie a gettarsi anche lei in pasto a tutte quelle porcherie addirittura imponendosi sopra di esse e arrivando, come la dissacrazione del marito della donna che inventò le pecette di pancetta fatta dalla Mystique per Atari 2600 alla “boss finale” la Pocahontas di turno una di quelle dominicane carnose e Lady Marmalade gusto maracuja. Nonostante il clima avesse avuto un calo di -19° portando tutti nelle piovose foreste di aceri dello Yukon nelle quali gli unici che non finiscano con il fare la muffa alle ossa sono la grande alce, la trota toro che vive sommersa nelle calde acque termali del lago Cantlie, la marmotta che si ripara tanto dalla pioggia quanto dalla neve con complesse ramificazioni di tane sotterranee Himmler sentì comunque il bisogno di idratarsi Te la cavi troppo bene. Devi essere cattiva Himmler leccò ancora per un pò la fica dalle grandi labbra a lecca-lecca Candyfrizz gusto latte🍶🍼 & fragola🍓 della ninfomane afro a cui aveva fatto assaggiare il più esotico e raffinato Taurasi Doc di Avellino, baciandole le labbra combinatamente a leccargliele con quel pennello di carne da vera Sophie Simmons Più di quanto tu possa immaginare. E indovina quanti guai fare così mi ha portata a avere. Adesso me la sto vedendo con qualcuno di loro. Non preoccuparti; non ci entrerai nemmeno. Ma devi promettermi qualcosina i tatuaggi delle feroci dominatrici tutte tette enormi, manette, coltelli a serramanico e stivali di cuoio potevano ancora materializzarsi e mostrarti quanto la luce possa essere tagliente. Infatti la Marilù Ahite di Africa nuda Africa violenta di Mario Gervasi si sentì sul collo versioni di Marco Lodola di coltelli a serramanico, kunai e altre sorpresine molto taglienti pure se in teoria solo ologrammi. Quella Buena Girl che aveva arato tutto il suo localaccio con il proprio Buena Bulldozer of Truth (Anna Lana) non scherzava, ed era furba, oltre che convincente Allora? Cos’è che vuoi? Un posticino qui. E che non si sappia alcunché della sottoscritta. Comunque provvederò a vitto e alloggio

 

Ma perché rimani ancora? Aaminah era la tua più grande nemica. Ed è andata per sempre. E hai il seme che funzionerebbe in una fecondazione assistita. Vorresti rimanere a aiutarci? Il tuo mondo è molto più bisognoso di te e delle tue amiche di questo Tigrotte dal seno abbondante continuavano a ancheggiare con seno e culo come pendolo di Newton gigante Acmec in un atmosfera però del tutto avulsa dai rumorosi e rimbalzanti party estivi sulle note di Fatti mandare dalla mamma di Gianni Morandi da Gianni Morandi, nettamente con il mesto raccoglimento e la anablefobia di quando in un mondo fattosi ingoiare dalla terra che camminiamo ignorandola l’albero di Natale è misero come miseri sono gli addobbi che infruttuosamente lo vorrebbero rendere più speciale e più bello, è un saguaro raccolto dal deserto fuori da Lancaster California mentre nella hit parade della radio tra un cinegiornale e l’altro immalinconisce Don’t fence me in  di Bing Crosby da Song hits from holiday inn, atmosfera ancora più ammosciata da quanto la garÇonnerie di McArmy non nascondesse a nessuno principalmente a sé stessa di essere quasi distrutta, con la sensualità delle ancelle di Carol Brewster almeno in parte diluita dalle scarpe da tennis sensuali come un carretto siciliano, ma come il ben poco sensuale per le fimmine di Bronte ma nettamente utile per gli scalpellini che salgono e scendono dai fossili dei conati dell’Etna quei cocchi di gomma bianca   si muovevano molto più sicuramente sul pavimento ancora crepato. Nulla che comunque impedisse a quelle donne di rimanere comunque capolavori di sensualità, come Blaze Fielding attaccabrighe e tettone che vanno a mungere a suon di pugni le tettone di qualcun’altra esibendo quelle stesse Adidas Retropy mentre si fanno belle (e pericolose) sulle notte di Another one bites the dust cantata da Liza da Costa

Il tutto più che mai ora aveva le sfumature dell’incredibilmente surreale: quel dolce marpione di McArmy, Di Caprio di Prova a prendermi era beato tra le donne eppure non faceva mosse opinabili, un rispetto che era più quello di Edward Smith per i suoi marinai che l’atteggiamento di un sultano verso le sue concubine. Che dire poi dell’aplomb ostentato sorseggiando Martini (o calici troppo pretenziosi di Sprite) in quello scenario da attacco delle navette dei Visitatori sulle già deboli baraccopoli della resistenza terrestre?

 

 

 

 

 

 

 

Aaminah aveva delle seguaci che certamente so di non aver affrontato modello Acchiappa il ragno che torneranno sul mio mondo prima di noi rendendo la Terra ancora minacciata. Ammetto che questo twist di trama assomiglia molto al Capitolo III di Wonder three di Osamu Tezuka. Inoltre, quella valchiria l’ha fatta franca, e tornerà per prendersela con voi. Mi sembrate non esattamente apice dell’aitanza! Mentre la Mitchison su quel divano sembrava Snurfette dei Preteen Dirty-Gene Kung-Fu Kangaroos intenta a sorseggiare pregiato the della cambusa di Matthew Flinders, sotto di loro Panther Woman era ancora nella sua cellula di rigenerazione, avveniristico mix tra il deprivatore sensoriale di Eddie Jessup e l’officina degli Sbullonati. Il suo obbiettivo-la sua a conti fatti ossessione-era essere più forte della Himmler, con un corpo piuccheperfetto di quello già in suo possesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L' Andrewsarco (Andrewsarchus Mongoliensis) è un Acreode vissuto  nell' Eocene in Mongolia.

Le dimensioni di questo predatore sono spaventose, il suo cranio raggiungeva la lunghezza 83 cm e diventare largo fino a 56 cm,poteva raggiungere i 2 m al garrese ed essere lungo fino a 8 m e pesare 1000 kg. Il suo cranio era munito di denti che usava per azzannare le prede. Ma certo il più grande mammifero predatore i cui soffici polpastrelli da Pakkun che diventeranno incredibile ma vero zoccoli di cavallo e bue hanno mai calpestato il nostro pianeta. Computer? Dove posso trovare uno scheletro almeno parziale di Andrewsarchus? MUSEO DI STORIA NATURALE DI NEW YORK. CONDIZIONI DI SALUTE NON ANCORA OTTIMALI. MISSIONE IN NOSTRO CARICO ADESSO Un drone uscì da una botola delle tante che possono aprirsi nell’erba marezzata. Assomigliava all’aliante-tavola da surf di Norman Osborn, un edredone migratore che vantava velocità nessun uccello reale poteva mai solamente sognare di raggiungere. Con orari da Capitan Fanfara percorse l’oceano quando tra i bastioni di Venezuela e Carolina del Sud va a ristagnare sui lidi texani, messicani, belisani, guatemaltechi, onduregni, nicaraguensi, costaricani, panamensi e colombiani, appostandosi in Central Park. Dal lago più grande della Grande Mela il drone dominicano sollevava gli occhi dalla pellicola oleosa dell’acqua. Vi procedette separando le acque come una versione saurischia di Mosè cominciando la demolizione di un auto incustodita, possedendola come una remora mannara muovendola dal suo telaio e portandola verso la Terza Avenue allo sfasciacarrozze di Junicic, dove la sua intelligenza artificiale cominciò a sbizzarrirsi artisticamente, modello Victor scultore spazzaturaio

 

 

 

 

 

Tutto questo colpo gobbo solo per un dente? Forse chi ironizza o denuncia l’assurdità di come gli eventi andassero evolvendo si dovrebbe guardare Passion of spies di Yafim Gamburg. E qui il dente era molto più inestimabilmente raro, quindi il gioco era molto più valevole la candela. La sala della preistoria, quella in verde al primo piano, era un camposanto il cui Shinigami era un Gorgosaurus di 12 metri. L’Andrewsarchus di 16 piedi di differenza sembrava interpretasse una Medusa Gorgon in cerca di rogne, con quegli occhi da Skeksis guardanti in cagnesco il OAOK (One And Only King). Semplici piantoni per catetere andavano avanti e indietro per quelle immortali catacombe di Palermo facendo a esse un estenuante sorveglianza. Un auto (quella che se ne era andata per i fatti propri allo sfasciacarrozze per incontrare Giove e diventare umana) parcheggiò nella via il più lateralmente vicina al grande museo. Diventata una donna umanoide con un seno ragguardevolmente grosso fu per lei un gioco da ragazzi sfruttare la scheletrica fisarmonica di scale del 22 W W 77 per giungere sul tetto e gustarsi l’intrico di pinnacoli e minareti di quel Castel Scandeluzza. In quello sfasciacarrozze dovevano essere successi più miracoli che nel vangelo di san Luca. Infatti la donnauto espanse dai portentosi romboidi una coppia d’aerostati con cui sorvolò la 77esima progressivamente sgonfiandosi mettendo i piedini sulle tegole del tetto. L’ambiente sembrava quello dei Camini delle Fate in provincia di Savona. Per agevolare l’identificazione della zona migliore ridiventò auto e passò il museo all’ecoscandaglio come il più moderno e sofisticato aereo cacciatorpediniere Boeing P8 Poseidon trovando quello che le serviva. Essendo un auto elettrica, la marmitta non aveva più ragione d’esserle ancora attaccata. Ma il Clangolo che ne aveva acquistato il set #21101 e l’aveva stravolto facendo arrossire già quel considerevole talebano di Giocattolandia di Ulrik Pilegaard aveva preso la ormai inutile marmitta e l’aveva resa una katiuscia non conforme per paintball. Simile più ai cannoni laser di Vectorman della Blue Sky Entertainment la marmitta sparò in aria un colpo di rosso che cadde sull’auto colando alla stregua di un malcapitato che nel grande lancio delle uova di Besnate finisca con il beccarsene una in testa. L’auto aspettò di diventare congiuntivitica per uscire dal recinto di sangue fatto da lei, ridiventando antropomorfa per osservare la Sacra Sindone di cui è pittrice. Fu là che decise d’intagliare la pietra, fregandosene se dovessero cadere mattoni; accuratamente aveva spostato a destra la zona di taglio affinché non mandasse in frantumi l’orgoglioso monumento a quel mesozoico Vittorio Emanuele II°. La grandinata di calcinacci e mattoni seccò come un carro armato colpito da un M20 il Robotto Tokkotai che camminava per il museo contemplando ogni manufatto e cenotafio, alzando gli occhi al cielo dove era stato fatto il buco. Lì c’era anche un going che allungava le sue 4 braccia tra spigolo e spigolo, abbagliandolo e portandolo quasi a non vedere quei sanpietrini. Il dischetto gli aveva bruciato i circuiti del riconoscimento e poteva adesso staccarlo dalle braccine elastiche che lo sospendevano dentro il baratro dall’approssimativa silhouette di un auto, gettandolo all’avventura ormai che l’unico flash della sua vita da insignificantemente piccolo Leopoldo Alinari riutilizzando i suoi Zeppelin schienali per sgonfiarli dentro il museo in modo da scendere come un angelo dalla scala di Giacobbe, toccando gli stessi mattoni che aveva rovinato. Altri guardiani erano arrivati sebbene non sul pezzo come il collega per cui quella Alcmena semplicemente non era mai esistita attaccandola con i loro taser, centrandola però alle guarnizioni di gomma delle sue mani, sulle quali l’elettricità non sortiva alcun effetto. Così protetta la ladra non penò per niente a afferrare quei filetti giallognoli e a slanciarsi addosso la coppia di sbirri per poi staccargli la testa con un doppio calcio volante ben assestato. Del terribile predatore dalle molteplici nature (cinghiale, facocero, lupo, tigre, iena, capodoglio) c’era rimasto solo una mandibola superiore da far assaggiare a Lazzaro la furia del padre Nimrod per un insuccesso di caccia toccato al nipote di Noè valente nella caccia davanti al Signore (heldish in geyn af far got), ma alla ladra sembrò comunque un ottimo tesoro.  Fatto un buco nel vetro mise in attesa un barattolino di plastica trasparente, disinfettato e con un bel tappo giallo sotto al dente che le era più a portata. Lo tolse come la migliore delle dentiste, mettendoselo dentro dove quel furtarello da Eva Mattes non avrebbe potuto essere danneggiato dalle sue rocambolesche acrobazie per guadagnare l’uscita senza che la prendessero al cappio. Ma Sandra Milo non potrà mostrarsi pacifista con i Pino Ferrara che tosto l’accerchiano; sguainate due spade da far invidia a Giuseppe Gentile e con mosse spaccacciaio da vero Jimmy Wang si macchiò dell’olio di macchine in fondo a lei sorelle. Ma almeno quelle potevano essere ricostruite quante volte lo si voleva, gli umani no. La bomba. Costruita dal Modello Due per distruggere gli altri modelli. Costruita per quell’unico scopo. Stavano già cominciando a programmare e costruire armi per distruggersi a vicenda (Philip k Dick). I danni al museo non erano insormontabili, ma c’era adesso penuria di guardiani notturni. Però aveva il dente, e la Blackarachnia al servizio della Donna Pantera sapeva come rincasare.

Le architette, gorilla girls che reggono travi d’acciaio sulle loro enfie mammelle sculettando ma senza che quasi comprendano la loro sensualità da bionde elefantesse da mungitura avevano, tra una routine da Barbie e una successiva riportato il villino di McArmy a una condizione claudicante ma stabile. Tutto sommato, sembrava il restauro della chiesa di San Nicola di Teora dopo il terremoto del 23 Novembre. Ma non c’è stucco per restaurare degli animi percossi fino a Esperimento I.S il mondo si frantuma di Andrew Marton. McArmy fa tanto l’inossidabile Pulcinella che ride come un vecchio edochiano tra un terremoto e l’altro, ma quella sera dormiva solo sul divano con in mano un fucile. In quella magione delle conigliette nessuno più si divertiva. Conigliette che comunque fin da subito erano state tigri, più aggressive e sensuali. Adesso potrebbero essere cagne in calore come le compagne della Isabel Sarli in Come una cagna in calore di Armando Bo, talmente calde e furiose da abbaiare stese a terra ancoratevi da guinzagli a catena in un eterna paralisi da orgasmo francese (La petit morte, Relax take it easy/I just died in your arms tonight/It must have been something you said) tutto una minaccia nei loro occhi. Quei versi nuovamente s’alzarono cacofonici ma palesemente esausti, i Kraftwerk che cantando in bicicletta Tour de France ci mettono sul vinile azzurro i loro di rantoli di spossatezza, lasciando che Laurent Fignon esalasse i suoi a microfoni spenti, con McArmy ben riposato Philippe Heberle subito in piedi con il calibro 39 mm nei pugni percorrendo l’erba fredda per capire cos’era la minaccia: un auto dai fari scintillanti nella notte. McArmy le diede tempo per non mostrarsi ostile, sollevandosi per vederla svoltare a destra scendendo per la rampa di un garage sotterraneo Panther Woman aspettava qualcuno? Chiese a sé stesso come un P tornando sui suoi passi per raggiungere l’antro della donna pantera. Siccome di Panther Woman si poteva fidare, lasciò le spalle libere dall’elastico della tracolla del fucile e scese disarmato, ma tanto con la donna da cui stava andando a comprare un pettine per i suoi grattacapi sarebbe comunque tutto andato a finire bene. Non era facile muoversi trasformato in quel pachiderma cementizio di Piazza della Rinascita di Pescara con una proboscide dura e che non si può afflosciare o nascondere, obbligatoriamente puntata la propria proboscide verso il soffitto sempre con il pericolo che-dipendentemente dall’angolo-finisse o come Billy Bletcher o Geoffrey Matthews, nell’oscurità striata di bianco come una pelle di un malato di fuoco di Sant’Antonio e azzurro come Clessidre di Giuseppe Baresi, un incrocio tra un Kentrosaurus e un Triceratops

 

Che deve muoversi in una cristalleria di quelle piccole che fanno la foglia d’insalata nel chilometrico hamburger di Via Burchiello, prendendo la compagnia di schiena, l’elegante e color polvere di caffè Il muro di Arnaldo Pomodoro con quei bonghi di glutei alla fine il primo con una maglietta prossima al cenciaiolo dalle vistose ma a loro modo sensuali chiazze dalmata di sudore, i secondi come Cheep Chomps soffocati contro un telone-trappola a opera di pantaloni di tessuto leggero neri come la sua bellissima pelle. Ormai le concussioni avute dalle battaglie precedenti non avevano più tracce su di lei. Stava armeggiando. McArmy depositò il fucile come fosse stato un ombrello, estraendo un puntatore laser che distrasse tranquillamente la Calaferra con un puntolino rosso occhio di cane affetto da uveite che l’avvicinò a McArmy per parlarvi senza che quello che stava maneggiando cadesse, si rompesse, si miscelasse contrariamente a come la Calaferra volesse andasse la sua formula e il suo esperimento. Vide solo i suoi neri capelli come l’ossidiana delle miniere di Buenos Aires, ma immaginò che il suo richiamo le sgranò occhi come troppo preziose palline da ping pong di porcellana su cui due coleotteri degli alveari erano immobili, facendola voltare in modo che finalmente si guardassero vicendevolmente e vicendevolmente si parlassero McArmy! Che è venuto quaggiù a fare? Uno scatto di paura. Fuori ho visto un auto con dei fari che mi hanno abbacinato, facendomi sentire Bruno Spada quando la notte dell’8 Settembre Milano divenne un inferno di fuoco, un vecchio modello, con ancora gli pneumatici che puzzano d’infradito sull’asfalto estivo, che è sceso da te. Ero così sconvolto da essere sceso da te, con il fucile in mano, terrorizzato che ti attaccassero di nuovo. Ma ti vedo adesso che stai facendo Diana Brackley in piena tranquillità Temo che quello che stia facendo mi renda molto più Kathy Horan o Diane Ladd. Inoltre sottovaluti quale domino quella scienziata in quel romanzo di John Whyndam abbia cominciato a far cadere. Anch’io mi accingo a uno di quegli esperimenti da scienziata pazza che potrebbero non rendermi più piacevole, o forse troppo selvaggiamente sessualmente preferita, in base ai tuoi gusti, se siano quelli di un Ben Kingsley o di un Brian Bruno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco osserva. Il dente di un Andrewsarchus, il più grande mammifero carnivoro della storia. Un tempo Greer Nelson era l’eroina in costume nota come Donna Gatto. Un popolo felino la trasformò in una creatura con sembianze più simili alle loro. Un Andrewsarchus; Mongolia, Eocene, il più grande mammifero carnivoro che si conosca. In grado di mangiarsi leoni a colazione (Michael Swanwick) McArmy era ancora sonnacchioso; quando le palpebre non ci provavano più vedeva cartoni animati Disney anni 40 di quelli dipinti a mano da Thornton Hee, per cui non sapeva che emozioni provare, cosa chiederle, quali emozioni provare e come sentirsi lui a propria volta. Qualcuno le avrebbe chiesto se quello non era che un dente del più grande predatore quadrupede escludendo i coccodrilli extralarge Deinosuchus, Sarcosuchus e Pristichampsus nonché l’australiana Megalania e se volesse unire il suo DNA a quello di una bestia così disdicevole. Ma McArmy era così abbacchiato che cadde in obliquo con il fucile in testa come Pisolone. Marisa era invece riposatissima e condusse e concluse i suoi esperimenti con ottimi risultati. Marisa continuò i suoi esperimenti, tra Mark Sinclair con il fattore rigenerante dei coccodrilli all’insegna di una filantropia che vola alla cieca e Susan Harris in smegma di giuggiole per l’imminente Caltiki di libidine che avrebbe rotolato pulsante strappandogli i ferretti del reggiseno come Blackarachnia che scoppia un palloncino di gomma che piove addosso a John Ketteringham soffocandolo a morte, slacciatole la El Charro dei jeans Spifire fino a svelarne un culo grosso come l’opistosoma di un ragno crociato ma x2, con cosce che schiacciano venti agenti dell’M16 guardati da Xenia Onattop che si fa leccare le mammelle da una guinzagliata Natalya Simonova in mezzo alle quali squirm e sangue si coagulano in marmellata mentre molto velocemente il dente-munto come una donnola da una zecca-il dente subiva la spremitura del genoma del carnivoro vecchio di 10 milioni di anni che annacquava una fiala che poi si prosciugava dentro una verdastra vena di la pantera, gonna nera, canottiera, cameriera

moev el cüü anca senza i gettoni

ma l'è che dumà per cambiàtt el büceer (Davide van De Sfroos-Yanez-Yanez), cominciando la metamorfosi. Pelliccia marrone come un pecari del deserto di Sonora vicino a Phoenix Arizona, coguaro delle foreste di latifoglie del Montana, del coyote della Valle della Morte in Nevada, ai confini di Las Vegas, zanne di lince, lupo, delfino che armonicamente le arrotondavano e smussavano i denti già in suo possesso come un ininterrotto casco a due piani di banane di natrolite piccole e cesellate come solo Joan Joseff riuscirebbe a fare, il bacino che brucia per le vertebre che si allungano come un lombrico cosparso di cocci di vetro che esce da una piaga da decubito, aumentando però in lei non la sofferenza di un Josè Saramago con fili che gli escono dall’uretra ma un piacere da lasciarla con l’amigdala gonfia di oxitiramina non urinata, guardandosi allo specchio come una sfilza di libidinose pornodive che divorano il sesso: Moriah Mills, Nicki Minaj e Alicia Fox, tutte battute da lei, la più bella del reame

 

Qualunque cosa tu veda non muoverti e non commentare. La corte si è riunita e giustizia va fatta. La loro giustizia. E’ un caso passionale. Due ragazze della tribù sono innamorate Di uno dei suoi figli. Nell’aria c’è odore di sangue (Ian Fleming)|Un mondo dove tu puoi fare ogni cosa

Tanto non è vera non è pericolosa

 

 

[Bridge]

Hai scelto chi sei?

E mo' sono guai

 

[Ritornello: G-Max]

Sparatutto a quello che incontrerai

Picchia duro i mostri della tua città

Dribbla gli avversari in tunnel e vai dritto al goal

Fai quello che vuoi

Sono il tuo videogame (Flaminio Maphia-Videogame-Videogame)|Prima erano stati i ragazzi in un imitazione molto capricciosa della grottesca bagarre raccontata da Stanislaw Lem in I tre elettrocavallieri, una delle sue fiabe per robot (Stanislaw Lem’s Bajki Robotów), un contenzioso dove chiaramente fin da subito nessuno avrebbe vinto un bel niente. Un ragazzo voleva una ragazza ma un altro ragazzo voleva quella ragazza e un altra ragazza voleva quel ragazzo che era il ragazzo che voleva la prima di quelle ragazze con un altra ragazza che voleva quell’altro ragazzo e adesso ci si chiedeva quali e quante galline siano venute prima di quest’ovulificio di Petaluma California

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I testi [del postmodernismo] pretendevano di essere gli antenati di sé stessi, mettendosi al riparo dalle incursioni della storia e candidandoci a entrare in un labirinto con la certezza, tuttavia, che non vi avremmo trovato nulla degno di essere raccontato e ricordato. Posto che ne fossimo usciti (Stefano Calabrese). Agli occhi di un Primo Carnera troppo reale e classico per questo mondo computerizzato vedere un Australopithecus con disordinati capelli biondi con un corpo troppo muscoloso per 172 centimetri d’altezza ma con 226 libbre di peso che soffiava una rabbia incomprensibile sulla penicillina rossiccia che adornava le scanalature da Arnaldo Pomodoro dei pettorali di un Homo Erectus di 202 centimetri pure lui biondo con 286 libbre portate puntellandosi ancora di più su quelle ossa così ispessite di midollo da partorire emazie e leucociti praticamente gonfiabili come un emù che sfidi un Brontornis faceva sbuffare insoddisfacentemente come un cavallo; lui aveva come una possente e animata scultura greca incrociato i pugni di marmo con avversari più dignitosi come Luigi Musina e Isidoro Gastanaga, senza quell’imbarazzante muso da tafano che i due robot del Dr Rossum (Il vecchio Rossum, grande filosofo, [...] cercò di imitare con una sintesi chimica la sostanza viva detta protoplasma finché un bel giorno scoprì una sostanza il cui comportamento era del tutto uguale a quello della sostanza viva sebbene presentasse una differente composizione chimica, era l'anno 1932 [...]. Per esempio, poteva ottenere una medusa con il cervello di Socrate oppure un lombrico lungo cinquanta metri. Ma poiché non aveva nemmeno un pochino di spirito, si ficcò in testa che avrebbe fabbricato un normale vertebrato, addirittura l'uomo. [...] Doveva essere un uomo, visse tre giorni completi. Il vecchio Rossum non aveva un briciolo di gusto. Quel che fece era terribile. Ma dentro aveva tutto quello che ha un uomo. Davvero, un lavoro proprio da certosino. E allora venne l'ingegner Rossum, il nipote del vecchio. Una testa geniale. Appena vide quel che stava facendo il vecchio, disse: È assurdo fabbricare un uomo in dieci anni. Se non lo fabbricherai più rapidamente della natura, ce ne possiamo benissimo infischiare di tutta questa roba. [...] Gli bastò dare un'occhiata all'anatomia per capire subito che si trattava d'una cosa troppo complicata e che un buon ingegnere l'avrebbe realizzata in modo più semplice. [...] Quale operaio è migliore dal punto di vista pratico? È quello che costa meno. Quello che ha meno bisogni. Il giovane Rossum inventò l'operaio con il minor numero di bisogni. Dovette semplificarlo. Eliminò tutto quello che non serviva direttamente al lavoro Karel Capek) sbandieravano tra le cosce come maracas scolpite male incapsulati in una nudità che più che i bronzi di Riace faceva pensare a uno snaturato Alberto Giacometti che si è intestardito a mettere più grasso metallico sulle sue sculture. I due ragazzi avevano un pubblico di ammiratrici dalle cosce invece perfette, silhouette di contrabbassi dello Stradivari aperte su quei concavi portacipria delle loro fiche protese e indurite (come pesche sotto ghiaccio) che aspettavano solo i loro vigorosi membri, visibili a malapena nel buio attorno a loro, in piedi su un rosso tappeto persiano buttato su un proscenio nero così a casaccio da sembrare che quel tappeto fosse un essere vivente, sparato perché alla fine morisse esangue nella prima posizione in cui si può morire in quel modo lì, in quel modo che corbellava Susannah York. I due si tamburellarono i muscoli insensibili con raffiche di pugni facendosi saltare qualche dente (gli unici momenti nei quali i corpi si scoprivano veri e provanti vero dolore), per poi menarsi i peni a suon di calci e pedate. Alla fine entrambi si piantarono quegli arnesi nei propri sfinteri anali attaccando le ragazze trapanando loro vagina, ano e bocca, facendoselo succhiare fino all’ultima goccia con i loro giganteschi seni che con il loro latte super-pressurizzato (in stile Paperino e la ghiacciata dei $ di Carl Barks) aiutavano i membri dei ragazzi a eiaculare nonostante l’uretra stressata a quel modo. Il secondo round era ragazze in pista ragazzi sui guanciali con pene e testicoli all’erta e inturgiditi di liquido. La prima ragazza era una Venere ottentotta che tra seni e glutei instaurava una silenziosa gara di gonfiore che vedeva le ghiandole e i muscoli pareggiare anche con una certa soddisfazione, Converse nere, tanga nero con graffi di tigre verdi talmente stretti che per capire di che colore e fantasia fossero si dovette aspettare la fine del combattimento perché la sventurata rispondesse togliendosi l’intimo e spernacchiando un occhiolino con quell’elastico tra le dita, felpa rialzata per mostrare l’ombelico coperto da un piercing, chiusura lampo che s’accingeva a scoprire i seni, la cui grossezza era uova di Rodan che imprimeva la sua forma sul guscio instabile con il bottoncino del capezzolo in stuzzicabile rilievo soffocato contro il tessuto vellutato e troppo spesso perché la sua pelle senza canottiera se non per il Concetto spaziale di Lucio Fontana masticato dalla zip troppo prima del resto di quei cocomeri, tette grosse come cocomeri se non si fosse già capito che è di quello che stiamo parlando, capelli verdi in punta neri, solo un occhio con iridi talmente azzurre da sembrare che del Lusso le fosse stato iniettato dietro la testa e fosse riuscito a risalire verso i suoi occhi colorandoglieli con troppo zelo per un liquido tossico senza farle diventare gli occhi due spaccamascella gusto Puffo. Era scontrosa, arrogante, se non eri lei non eri altro che un disturbatore, un motivo di stizza, in fondo quella Luna storta da incrocio tra un Triceratops e Will Hare è il giusto spirito femminista giusto? La sua avversaria era una centaurea con fianchi, zoccoli e deretano di giraffa, gambe come missili all’attacco con l’inguine (Dish) con la curvilinea silhouette di un uovo di struzzo, seguiti dall’armonica fusoliera di un [Mekander Max] e il delicato piede, discreta ma solida (Geso Machine) che sosteneva non solo quella coppia di Thunderbird 1 ma un [X-Bomber] con due poderosi glutei che solo Antonio Inoki schiacciando riuscirebbe a far scoppiare e due tette a palla da demolizione completato dalla criniera bionda che le nascondeva un occhio come all’avversaria, quest’occhio ispessito per l’ombretto nero che sembrava i postumi di un poderoso diretto di Ebanie Bridges, altezzosa e spregevole come Greta Garbo in La tentatrice di Fred Niblo, ma con molta meno seta di Max Reè addosso: piedi nudi da Cenerentola crudele di Giovambattista Basile, jeans senza maniche dalla grana praticamente corazzata, non un tessuto per quanto spesso e fibroso ma 4 strati di pelle essiccata di Sillosuchus spruzzati di Flubber che si piegavano con un agilità da Penne & Ossa della Pirelli

Facendo suonare alle gigantesche mammelle gli assoli di batteria di People are people dei Depeche Mode da Some Great reward vestiti solo con una canottiera altrettanto tesa come la corda di una catapulta. Le due fanciulle lottarono l’una contro l’altra con una vorticosa furia da lasciare nude e avvinghiate in un petting a cui i maschi non resistettero. Per quello che piovve dopo non ci sono parole che migliorino la situazione. Fu l’ennesimo accoppiamento che sugli astanti equivalse a Salvatore Quasimodo dell’ennesima doccia di violenza, da prendere la cetra del bardo e appenderla desolati a un albero, rimanendo a guardare quella scena facendo come propria 21esima poesia un foglio bianco; se l’incolonnamento delle frasi e delle parole in una poesia calcola ogni parola perché sfilino solo quelle necessarie, quelle topiche che in un testo prosaico si smarrirebbero o verrebbero gettate in potere di un Arianna sabotatrice e affiliata a Francesco Piave, mai è lampante come in Alle fronde dei salici del Calcante modicano. Himmler anche lei desnuda amava in un abitudinario silenzio, da museologa alla quarantesima visita settimanale del Louvre, con chiunque altro avesse ancora il nerbo di trovare stimolante quella macchina drogata di Vincenzo Agnetti il cui testo in overdose non recitava  ertluihgdiuhgogihulgfdghjlk ma Alice nel paese dei cazzi dei Prophilax da Il signore delle fogne. Un club per gentiluomini nel quale vedere gente fare sesso era l’intrattenimento più esaltante che un lupanare come quello metteva a disposizione. La Annabella Manies di Reverie sorseggiava Tokyo Mary e Choya Uji grattandosi il collo con le unghie impreziosite da smalto rosa reso una piccola galassia quintuplicata da strass color piombo come se avesse un eczema. La spia di fiducia della Mitchison era ancora lontana da quella sgarrupata città sudamericana più favelas che Ceciliano in provincia di Arezzo se non EPCOT e accanto a lei c’erano solo geishe comprovatamente fidate. Quando quello su cui Himmler posava gli occhi si liberò per scomparse progressive, ragazzi dalla provenienza ambigua, certamente dei quasi trentenni o scolari del liceo, dalla pelle inesorabilmente troppo bianca per essere venezuelani DOC; l’Universidad Monteavila faceva programmi di scambio studenti, e se dei piedipiatti avessero scoperto tutto quello un Istituzione così sussiegosa della sua I maiuscola sarebbe caduta fino allo schianto in termini di credibilità e rispetto nell’areopago delle università verso le quali e nelle quali estradare i propri figli l’organizzatrice di quella versione massacessiana di Fight Club e Due giorni senza respiro, una Marge Simpson all black dalla capigliatura così lunga e arrotolata da adagiarsi in un piccolo gomitolo spiraliforme da I miei cari antenati di Junji Ito, tutta finzione, una parrucca esageratamente prosperosa che compensava dei dreadlocks psoritici disposti rispetto alla bronzea biglia al centro della sua testa da Pachycephalosaurus come i tentacoli di un ofiura rispetto alla lanterna di Aristotele di questo elusivo eleuterozoo, un paffuto serpente bluastro che, in quella femminea Moses Moses era solo l’inizio delle stranezze, delle pagliacciate rese possibili dai pacchi formato tartaruga marina di bolivar cartacei gelosamente nella cantina di quel localaccio: occhiali neri dalle lenti come succhiotti di sturalavandini di gomma trasparente dalla montatura di sottile e sfavillante oro zecchino, ciuccio dalla tettarella a forma di labbrone da Jessica Rabbit, seno così grosso che da stesa le mammelle si schernivano vicendevolmente adagiandosi l’una agli antipodi dell’altra, gambe accavallate con scarpe bianche si liberò la bocca e versò in un vassoietto a forma di pesce dalla pancia introflessa da una specie d’accendino Zippo di plastica arancione della polvere a grossi grani verde smeraldo, raccogliendola e carezzandosene le labbra di vera pelle, inondandole poi di saliva per pulirle a leccate (a dire il vero fece tutto con un solo elicottero che però le lasciò i confini della bocca lucidi di saliva color acciaio) Un pò della mia droga preferita. Vorresti favorire? Himmler dissentì con severo silenzio. Non trovi che l’adolescenza sia un età meravigliosa? La domanda della donna, Miss Panique, era una nuvola non attaccata a niente, non vi era in essa alcuna logica o pertinenza. La Himmler ne aveva una conoscenza scarsa come quella che può esserci per sole due notti nella stagione dove l’Orinoco cede al cielo la sua acqua vomitata dalla Sierra Parima al cielo perché la butti sul sempre più azzimato Rio Guaire ma molto probabilmente perché quello zucchero di spinacio era un allucinogeno quella donna non le sembrava appartenere a alcun luogo. Quello che le aveva sentito dire era abbastanza sgangherato, il flusso di coscienza di Benjamin Malaussene in La prosivendola di Daniel Pennac, cose che sentirebbe da un affetto da tripanosomiasi pesante messo a convalescere troppo vicino a lei perchè più che il violaceo vermiciattolo che la poteva mettere anche lei a letto con muscoli duri come cuoio e bisogno di camomilla impiantatele in vena con un catetere il referto giudiziario degli sproloqui che dei neuroni chiusi in una sauna partoriscono con la nonchalance di un gruppo di Muppet Babies sotto Xylonor. Beh ognuno sull’argomento la pensa come gli aggrada. Se posso essere onesta, ti piacerebbe un match di poker? Almeno vinco o vinci qualche fichtes, qui abbiamo solo perso tempo. Cosa un dimenarsi da pinguini che stanno per inciampare durante un prom che culmina in un accoppiamento di massa nella palestra di un liceo avrebbe da insegnare qualcosa a Olga Spesivceva? Miss Panique si rivelò una giocatrice davvero sveglia. Indipendentemente da come andò a finire, Himmler ne trasse l’atmosfera per aprirsi ulteriormente all’interlocutrice. Panther Woman? Quella Giulietta Masini? Deve avere una bella sindrome di Munchausen quella. Comunque anch’io ho una spina nel fianco. Mi$$ boombabOObommbab Himmler divenne corrucciata, chiaramente perché le era sfuggito il reale significato di quel soffio di Chris Hogan da Il principe d’Egitto accompagnato dalla batterie di Martin Beadle e Greg Wells in modalità beatbox Puoi…..ripetere per favore? Mi$$ boombabOOboombab, mi autoimpongo di nominarla soffiando tra i denti perché la odio, è la mia nemica e mi porta pure sfiga Prendi 3 paghi 1, non l’avrei mai immaginato. Quella Panther Woman mi ha combattuto per anni e ha sempre avuto successo nel mandarmi le cose di traverso. Indovina perché mi sono data alla macchia! Ordunque non sei venezuelana Vengo dalla Martinica. Sono arrivate delle donne là, da molto lontano Quanto esattamente? Un altro pianeta o giù di lì Miss Panique fece un gesto teatrale, come una Dorimene presa in malo modo dal guizzo nobiliare del suo Jourdain; la notizia poteva essere non molto sconvolgente, ma imperciocché se ne adombrò per quell’equilibrio d’ombra che implicava e faceva coda, rimanendo in un assorto e inquirente silenzio da lì in avanti Una colonia, di quelle a tubo. Ricordi i due Tolloler e Mountararat di prima? Lassù c’è ne sono pochi Immagino quante discinte Alice Ford e Meg Page si tireranno i capelli mentre Carlo Giulini e la sua orchestra commentano la cosa per questo motivo! Hanno mandato giù da voi e da noi una di loro, una certa Mitchison, seguita da una certa Aaminah, con cui ho pure stretto un alleanza. Purtroppo non è stata un granché: lacchè un pò troppo campagnole, grande capa spiaccicata dalla suola n’3000 di una robot alta come il Cristo del Pan di Zucchero….non te la consiglio Parli delle persone come fossero pacchetti vacanza o cocktail dei bugigattoli di Avenue Bicentenario. Mai avuto degli amici? Oh, parecchi. Le Demolitrici. Per anni sono stata l’apprendista di Miss Struction, un autentico Monte Elicona che cammina, alta al garrese come una giraffa, pesante come un rinoceronte, io indossavo un reggiseno con trivelle integrate che facevano molto Tank Girl, lei aveva il calcestruzzo nelle mammelle, rendendole in grado di schiacciarti la faccia riducendotela a un dipinto di Niki de Saint Phallè

 

Per combatterla l’immortale Mi$$ boombabOOOboombab, con la carne di gomma come un sarago o una medusa si preventivò con un robot gigante, una ThurstSSC con i meloni con il reggiseno sotto i capezzoli quand’è in modalità auto che solo per l’abilità della pilota e una combo di reggiseno con lame integrate, lanciafiamme e una betoniera sgombrata al momento giusto potè uscirne viva, quella bambolina con le ventose delle patatine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Io me la dovetti vedere con una cosa fatta d’acqua semisenziente che frullavo all’infinito ma quella non c’era verso che smettesse di urinarmi in faccia schizzandomi come un irrigatore per prati impazzito. Hanno davvero scelto bene questa Paris-Saint Germain, con Francesco Totti, Zinedine Zidane, Pierluigi Pizzaballa, Carlo Parola, Shingo Tamai e Conan Edogawa in formazione. A me è toccato Alessandro Bellando e Antonio Zambito. O almeno è quello che ho scoperto tardi, troppo tardi. Panther Woman è sempre stata la mia peggior nemica. Non granché come fisico, ma molto veloce e astuta

 

Poi è arrivata la Mitchison con la Aaminah, due “aliene” da una delle molte colonie dei punti di  Lagrange a anni di luce da qui, molti di più degli 8 anni luce che sono richiesti per andare da qui a Giove. Ricordi i due Tolloler e Mountararat di prima? Queste donne spaziali ricapitolando hanno penuria di uomini, per qualche inconsequenziale ragione filosofica. Loro per cause genetiche non riescono a fare veri maschi, basterebbe loro solo accedere ai campioni di sperma dei laboratori ma vuole (e vorrebbero) qualcosa di più. Bello, bello e invincibile

Con gli occhi neri e la tua bocca da baciare

Girano le stelle nella notte ed io

Ti penso forte forte e forte ti vorrei

Bello, bello e impossibile

Con gli occhi neri e il tuo sapor mediorientale

Bello e irraggiungibile

Con gli occhi neri e col tuo gioco micidiale

Non conosco la ragione che mi spiegherà

Perché non voglio più salvarmi dalla libertà

È una forza che mi chiama sotto la città

E se il cuore batte forte non si fermerà

E l'alba e amor nasce col sol così

E all'alba il sole ti dirà che è così

Tra le tue mani scoppia il fuoco che mi brucerà

Ed io non voglio più salvarmi da questa verità (Gianna Nannini-Bello e impossibile-Profumo). Le mancano le carezze, gli abbracci, il modo in cui solo un uomo sa fare le cose, ancorché pensarle. A me non mancano di certo. Quella Mitchison è come quelle ragazzine che hanno dato uno spettacolo che pur dal fondale ventre del mio squallore mi avvicina più a Seneca che a Nerone; calabroni a caccia di mosche da mettersi nelle tenaglie boccali fino a vomitare. Io posso avere ogni uomo dell’universo, grazie alle mie bambine Guarda e Queste. Salutate la signora Brian the Brain una donna che si mettesse a parlare con il proprio esageratissimo davanzale pure solo in intima confidenza con un amica dipendente dal burro di cacao in polvere di smeraldo e berillo acquamarina passerebbe pure in succitate circostanze come una matta. Miss Panique invece l’assecondò dicendo che le sue erano invece Bubble Yum & Bum Badumbumbadum Orpo le tue hanno pure il cognome. Ma sei mi dai un anguria le mie Guarda e Queste ti faranno un numero che credo nessune Sorelle Ramonda potrebbero replicare Miss Panique esplorò l’ambiente circostante con le sopracciglia a folla che balla il Wave a un concerto dei KMD e le riferì che d’angurie in giro non ne vedeva Ah, se è così mi basta una bottiglia. Vedi le venature grigie sulle mie roploploplos? Cemento. Ah, eccola la bottiglia. Sta a vedere come in un animazione di Jan Svankmajer per un videoclip di Peter Gabriel Himmler con mani carezzevoli spalancò i suoi seni avvicinandosi alla bottiglia verde e spingendo le mammelle l’una contro l’altra mandando la bottiglia in frantumi. Se dei cocci le permanevano sulla pelle color autostrada a zonzo per Marsiglia non ne sentì la stilettata dolorosa, sbarazzandosene come champagne che non aveva avuto controllo nel fare il genio della bottiglia dopo l’orgasmo per togliere il turacciolo affezionatosi troppo alla bottiglia appaiata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Miss Panique non sembrò impressionata Prenderai questa Mi$$ boombabOOboombab a bottigliate? No! Sii più fantasiosa! Cosa può fare una donna con le mammelle di calcestruzzo? Sì me ne hai già parlato. Qui però in Avenue Urdaneta você não acaba lá tão de repente sem sentido. Secondo te i soldi che ho indicano che sono ricca? Sì, sarebbe illogico fossi una poveraccia che ce li ha con sé solo per stoccaggio momentaneo Ma potrebbe anche essere come dici tu Okay mi stai affondando nelle supercazzole. Sono forse una delle donne più ricche di questa città, ovviamente saprai senza che te lo sussurri come le murene di Ursula come si fa una stanza intera di rossoni, copie e copie invendute e che a nessuno venderò mai di La prosivendola di Daniel Pennac per 303 pagine, 151504 Bolivar distribuiti per una larghezza della copertina pari a quella di Gli Snicci di Theodore Geisel (28 cm d’altezza e 18 di lunghezza); ricca sfondata. E questo, tutto questo ovviamente a un prezzo, ovvio che ci sia. Crimine. Sono la cattiva di questa storia, e me la godo alla grande. Vendo armi che nemmeno t’immagini-megafucili laser, armi nucleari di piccolo calibro, robot spaziali che diventano cose e si picchiano-spaccio le droghe più estasianti (non ne vuoi un pò?), e ho eserciti di puttane. Vuoi vedere una cosa? Come se la risposta della Himmler non contasse se venisse profferta o no, Miss Panique si alzò mostrando un corpo muscoloso e potente, ma come tutte le donne più curva che spigolo, più La dea della sconfitta che Big X per reggere in bellezza quei due cocomeri

 

 

E mostrò all’ospite un nero cabinato pieno di stelle da insegna di Las Vegas chiamato Cat n Mouse, Zaccaria Bologna Io sono la gatta astuta e birichina, la ladra incorreggibile, la coccinella di Caffè nel bosco di Wilfred Jackson….la pessima ma che se la gode! Adesso hai anche tu pagato 109$ e sei a bordo del Doctor Doom’s Fearfall! Non te ne puoi andare! Himmler credette che Miss Panique avesse dell’autismo pesante per il non capire che lei non solo aveva avuto lo sconto Nick Fury ma quella giostra l’aveva costruita lei bozze al tavolo da disegno con compasso, goniometro e tecnigrafo da Edoardo Vianello nell’Ottobre 1963 E chi ha detto che me ne voglio andare? IO QUI CI RESTO! Anche perché dobbiamo rimettere in piedi la mia squadra! Sempre che tu non ne abbia già una ovviamente Miss Panique divenne la leziosa Courtney Goodell di Una promessa è una promessa di Brian Levant pensando a che giocattoli scegliere Oh io Tiberio Cesare Augusto ho il mio Senato, e la mia milizia di Quintilio Varo ha un addestramento e un centurione davvero sprecati per il mio Anfiteatro! Ci sono io, ho le mie braccia Beh qui c’è l’hanno tutti

Oh ma le mie sono speciali! Rimanendo pure onestamente stuccata, la Himmler vide le braccia di Miss Panique spaccarsi come ceppi colpiti da un ascia, mostrandoli come gli involucri bionici di un incrocio tra il Tetsuo re delle 32esime olimpiadi (Alessandro Quarta), Kakugo (Sandro Acerbo) e Cyborg 004 (Gigi Pirarba) Non vivo di pietre come un Larvitar tesorino! Sono una bom garfo senorita, la polvere verde di smeraldo serve a loro. Poi fammi pensare…..c’è Muerte, la Morte che cammina, se ne starà di là circondata dai suoi 30304 Bolivar sono una tipa generosa. Nel suo corpo c’è qualunque cosa tu possa immaginare possa ucciderti. Capelli come corde di pianoforte, con gli aculei velenosamente acidi di una vespa di mare, un polmone di mare e una medusa luminosa rossi come magma e irti di spine come un pesce pietra, seni che possono schiacciarti la faccia con altri aculei questa volta di un intero vespaio di vespe carnefici con un veleno 10 volte più doloroso, necrotico e serotoninico, in caso che può mungere dagli stessi e in qualunque punto tu ne venga colpito la tua pelle brucerà semplicemente rimanendo esposta all’aria (c’è un aiutino del trietilalluminio), diventerà una coscia fritta di KFC vomitata dopo due morsi e meglio per te e per noi tutti che il qualunque punto tu ne venga colpito non sia la faccia, o assisteremo a un gran bel remake di Horror in Bowery Street, Uomini H e Cyclops di Joji Ida. Oh, e ti ho già parlato della sua bava e del suo smegma? Il cono di Herbert George Wells, da non leggere prima di addormentarti! Inoltre non sa usare solo veleni, tossine, acidi, virus, quanto è conosciuto da Meleto, Brittney Spears, Christopher Lloyd, Vergil Ulam, ma le sue unghie possono allungarsi fino a farla assomigliare a un Beipiaosaurus, per non parlare delle lame a serramanico delle ossa dell’avambraccio e dello stinco, neanche parlassimo di [Daiaporon] e [Balatack] E mi dirai che lancia flatulenze liquefacenti?

 

 

 

 

Miss Panique per la prima volta la squadrò come il Gatto-Con-Il-Cappello-Matto (Franco Mannella) stizzito dalle macchinazioni del Grinch (Marco Balbi) pur ambedue appartenendo all’immaginario più psichedelico la Vanguard Press abbia mai foraggiato No, le puzzette puzzano e basta, qui lavoriamo per il Joker, non per Bananaman. E per il 90% sono metano, un gas inodore e incolore. E poi dai, qui si parla di grandi veleni, di omicidi storici con tutta la dignità del libro di storia più vecchio, inaccessibile e richiesto solo da compassati esperti, di Borgia giusto per dire. Eccotela qui nell’altro salotto, con la metà dei miei soldi, una bottiglia di Cacique in mano e un CA36C nell’altra. Dì ciao Muerte! Diga Ola Muerte! Muerte, con teschi da piratessa sulle tette grosse come il Gadget di Enrico Fermi, la tuta nera che con i teschi faceva pensare fosse Lynn Michaels, il sorriso zannuto e perfido, l’alito da alcolizzata e il portoghese che vomitava serpenti di mare di una Jennifer Hale campionata con quella di Patricia Carrol aveva davvero voglia di fare lo Sgrufo (Paolo Lombardi) che occupava il trono della Regina Cattiva ignorando la Lord Malizia (Sandro Iovino) là davanti a lei con pure una Biancaneve (Silvia Tognoloni) da persuadere non abbia altra scelta, con il Principe (Sandro Acerbo) irriconoscibile Keiichi Noda di Il mostro invincibile di Noriyaki Yuasa Ora Putas. Yo soy la Muerte, em nome e de fato. Ele já te contou sobre isso? Sì, ho già avuto tutte le notizie più interessanti su di te. E’ un assassina formidabile E lo affermi pur non avendomi ancora visto in azione? Devo avere veramente una fama che mi precede! E você diz isso mesmo não tendo me visto em ação ainda? Eu realmente devo ter uma reputação que me precede! Muerte credo possa essere lasciata in pace. Poi abbiamo Pirralha, a lei tocca il furto, dopo la sorellona così propensa all’omicidio Pirralha, la monella in portoghese, dava la stessa sensazione d’indeterminatezza umana del Michel Lemoine di I pianeti contro di noi di Romano Ferrari, Mary Dohl, gli alieni di The Abyss di James Cameron: paffuta come Buffy Binford (Vittoria Febbi), ma contemporaneamente piantata come uno dei primi tentativi di figurina LEGO (200), marrone come Apple Amy delle Cherry Merry Muffin ma bianca e rosa nel vestire come Tinsel Tails dei Fairy Tails, con quella bisunta spugna per piatti per capelli agglutinati in una capigliatura da Monica di Lupin the III° Alcatraz connection (Deborah Magnaghi) e un vestitino da Nadia Applefield (Monica Ward), con per concludere un paio d’occhiali da Shizuku Murasaki (Francesca Zavaglia) che le davano un aria non poco da Phoebe Heyerdhal (Greta Bonetti). Il signor Palomar allo zoo di Vincennes si ferma davanti al

recinto delle giraffe. Ogni tanto le giraffe adulte si mettono a

correre seguite dalle giraffe bambine, si lanciano alla carica fin

quasi alla rete del recinto, girano su se stesse, ripetono il percorso a

(riga 5) gran carriera due o tre volte, si fermano. Il signor Palomar non si

stanca d’osservare la corsa delle giraffe, affascinato dalla

disarmonia dei loro movimenti. Non riesce a decidere se galoppano

o trottano, perché il passo delle zampe posteriori non ha niente a

che fare con quello delle anteriori. Le zampe anteriori, dinoccolate,

(riga 10) si arcuano fino al petto e si srotolano fino a terra, come incerte su

quali delle tante articolazioni piegare in quel determinato secondo.

Le zampe posteriori, molto più corte e rigide, tengono dietro a

balzi, un po’ di sbieco, come fossero gambe di legno, o stampelle

che arrancano, ma così come per gioco, come sapendo d’essere

(riga 15) buffe. Intanto il collo teso avanti ondeggia in su e in giù, come il

braccio d’una gru, senza che si possa stabilire un rapporto tra i

movimenti delle zampe e questo del collo. C’è poi anche un

sobbalzo della groppa, ma questo non è che il movimento del collo

che fa leva sul resto della colonna vertebrale.

(riga 20) La giraffa sembra un meccanismo costruito mettendo insieme

pezzi provenienti da macchine eterogenee, ma che pur tuttavia

funziona perfettamente. Il signor Palomar, continuando a osservare le

giraffe in corsa, si rende conto d’una complicata armonia che

comanda quel trepestio disarmonico, d’una proporzione interna che

(riga 25) lega tra loro le più vistose sproporzioni anatomiche, d’una grazia

naturale che vien fuori da quelle movenze sgraziate (Italo Calvino-La corsa delle giraffe-Palomar). un uomo, di un rovere, di una scrofa, di una salsiccia, d'un prato di trifoglio, di sterco, di un fiore, di un ramo fiorito, d'un gelso, di un tappeto di seta, di molte cose ed esseri e poi, nuovamente, di un uomo [...] che verga le seguenti parole dell'Apocalisse di San Giovanni: Io sono il principio e la fine.

Perché non poche, e stupefacenti, e anche dilettevoli sono le forme dell’inenarrabile (Hans Jakob Christoffel von Grimmelshausen). A ogni aspirazione corrisponde un determinato tipo di bambola, a una determinata tipologia anagrafica corrisponde l’anima del mercato globale: gli inizi con icone come Frank Sinatra, con idee guida come il valore, con l’obbligo del lavoro e l’obbiettivo del risparmio, poi grazie all’epifania di Barbie si avvia il percorso nuovo dell’arte e dello spettacolo, i Beatles, l’individualismo, la voglia di eccitanti avventure, il desiderio di spendere del denaro rappresentano l’architrave del nuovo stile di vita (Ivo Germano-Che spettacolo di femmina Barbie chiude il secolo in rosa-Barbie il fascino irresistibile di una bambola leggendaria). Pirralha non era solo una macchina fatta di macchine celibi e eterogenee, una [Conbattler V] rimpicciolita a taglia [Ichiki Chie], una piccola amanuense che nella ricciola di un ∞ scrive Ego sum principium et finis, una bambolina magnetica stile Pako dei Connectors Matchbox per questa sua natura preposta al furto, in cui il cambiamento continuo, traditore (E ïo al duca: "Dilli che non mucci,

e domanda che colpa qua giù ’l pinse;

ch’io ’l vidi omo di sangue e di crucci".

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E ’l peccator, che ’ntese, non s’infinse,

ma drizzò verso me l’animo e ’l volto,

e di trista vergogna si dipinse;

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poi disse: "Più mi duol che tu m’ hai colto

ne la miseria dove tu mi vedi,

che quando fui de l’altra vita tolto.

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Io non posso negar quel che tu chiedi;

in giù son messo tanto perch’io fui

ladro a la sagrestia d’i belli arredi,

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e falsamente già fu apposto altrui) è intrinseco. La ragazzina aveva le braccia conserte e l’intero corpo a A maiuscola, un colosso di Rodi da minigolf, con le piccole spalle sovrastate da 3 computer con lo schermo che sembrava l’acrobatico incrocio tra uno Xerox Alto e un Samsung SPH9000 che illuminavano una stanzetta buia con un sole artico con un aurora boreale bluastra Olá meninas. Eu estava estudando como drenar o banco central desta cidade Bem, vamos nos acalmar. Nada começou ainda, estou apenas apresentando você a uma convidada e - se conseguir convencê-la - a um cliente. La nostra è una maga del furto, una Duffy Duck che dal ciarpame vicino a un caseificio costruisce una bomba intelligente

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Basta solo immaginare la banca dentro cui inoltrarsi, la Eufemia a cui togliere persino i mattoni ancora perfettamente quadrati come li vollero muratori, architetti e urbanisti, la Erebor dove uno Smaug prigioniero ma che eppure non mi mancano distrazioni. Come il montone che s’avventa, corro pei corridoi di pietra fino a cadere al suolo in preda alla vertigine. Mi acquatto all’ombra di una cisterna e all’angolo d’un corridoio e giuoco a rimpiattino. Ci sono terrazze dalle quali mi lascio cadere, finché resto insanguinato. In qualunque momento posso giocare a fare l’addormentato, con gli occhi chiusi e il respiro pesante (a volte mi addormento davvero; a volte, quando riapro gli occhi, il colore del giorno è cambiato). Ma, fra tanti giuochi, preferisco quello di un altro Asterione. Immagino ch’egli venga a farmi visita e che io gli mostri la casa. Con grandi inchini, gli dico: “Adesso torniamo all’angolo di prima,”o: “Adesso sbocchiamo in un altro cortile,” o: “Lo dicevo io che ti sarebbe piaciuto il canale dell’acqua,” oppure: “Ora ti faccio vedere una cisterna che s’è riempita di sabbia,” o anche: “Vedrai come si biforca la cantina”. A volte mi sbaglio, e ci mettiamo a ridere entrambi (Jorge Louis Borges-La casa di Asterione-L’Aleph) abbandonando quindi senza paura né perlomeno esitazione Glaedr e Saphira, con lei donando alla sua carne blu calcantite (quindi il blu immobile di un pezzo di roccia, insindacabilmente cocciuto come il suo sangue rosso di vita mutevole ma comunque con i mutamenti aggiogati alla propria immobilità, al proprio non voler fare niente della sua vita) solo il crasso piacere che allo stesso modo a Jenna viene dato da Blasto-Ape, a Cherie viene dato da Tagus. Provaci e sarà come entrare e uscire dal Colosseo, trovare posto in metropolitana per Massimo Lopez Okay ma per coerenza mi servono carta e penna. Devo pur sempre imbastire un progetto. Allora vediamo….del tutto in preda all’immaginazione la Himmler seduta a una consolle con un foglione da carta nautica di Nami (Emanuela Pacotto), albero genealogico di Miss Doublefinger (Cinzia Massironi) e…..barchette di carta di Rufy (Luigi Rosa) al che giustamente Rice Rice (Paolo de Santis) gli domanda se non stesse sprecando una carta dalla longevità millenaria

Piroettando con righello e squadra (nonché un regolo del ’49) fece del tutto senza esservi mai stata  una mappa, una planimetria del Palazzo Cipolla di Bologna Allora adesso ascoltami bene. L’edificio è in una piazza poco lontana dal centro città, c’è un aiuola con tanti alberi meramente ornamentale davanti all’ingresso. L’ingresso ha delle porte classiche, di quelle che devono essere spinte dalla forza umana con un look da Fornace piena ogni anta di sbarre simili a una ragnatela. L’edificio è incassato in dei portici ottocenteschi. L’interno ovviamente è diventato modernissimo dai tempi di Venerucci; ci sono due guardie armate con armi da fuoco di piccolo calibro (facciamo una Colt MK IV), manganelli, taser e spray al peperoncino. Nessuno dei due è una montagna, ma non sono disarmati né tantomeno anoressici. Ci sono due scalinate che disegnano un esagono per due piani totali. In ogni caso, eccoti questa bella mappa Pirralha non reagì. Himmler sembrava ancora più inane di lei, con quelle labrucce a metà tra Karin Kazuki quando litiga con Rainbow Mika e Elizabeth di Route des maison rouges, ma Pirralha impercettibilmente studiava con impercettibili movimenti dei bulbi oculari l’intera planimetria, 330 millimetri di scarabocchi perfettamente sagomati nel labirinto di Pac•Man che pure la Himmler che li aveva fatti sgranava gli occhi da Principessa Irmoplotz (Laura Morante) non credendoci lei per prima per quelle capacità da Gae Aulenti. Poi la più piccola se ne staccò e mostrò il terzetto di addormentati schermi azzurri gesticolando come Chel (Ilaria Stagni) con un piglio di superiorità da Lindsay Lohan ( Lindsay Lohan, con quei suoi microcostumini che saltella qua e là sul palco mezza nuda con quelle due micropaillette; hai presente, tu sei là che ti agiti e io sono qui seduto con la mia birra; allora, secondo te che cosa dovrei fare? Che cosa vuoi? Me lo dici? Vuoi uscire con me? È questo quello che hai in mente? Per questo fai il ballo di San Vito sbatacchiandomi su e giù quei due bomboloni davanti alla faccia? Eh, che cosa vuoi, Lindsay? Dimmi che cosa vuoi! Be', te lo dico io che cosa vuoi, tu non vuoi niente va bene? Perché lo sappiamo tutti che nessuna donna al mondo vuol fare mai sesso con nessuno e tintillarci per farci pensare altrimenti è solo prenderci in giro). Si sedette come una piccola grande Mona DeLafitte e con un giro completo di sedia iniziò a scalpicciare sulla tastiera con guaina di plastica anticonsunzione entrando in un mondo solamente suo. Innanzitutto-spiegò Silvia Bottini fattasi Eugenia Barruero-dovevamo addentrarci oltre quelle confezioni da Boglin apparendo come le creature pluricellulari più normali e rassicuranti possibili. Piano Killgore (Francesco Prando); essere candidi come colombe ma efferati come vipere. Alla banca bolognese si avvicinò parcheggiando una Chevrolet Avalanche blu da cui uscì una donna d’affari che sembrava Cleopatra ma alta 162 cm per 128 libbre (58 kg), con due cocomeri come mammelle & glutei, così nera da avere origini botswane, con una chioma che-quando dev’essere informale-è abbastanza abbondante da poter istaurare ben 3 chignon extralarge da Mee Mee (Serena Ventrella), dello stesso nero della pelle e del tailleur nonché delle scarpe che indossa divertendosi anche nel suo piccolo a far fare loro rumore, nonostante fosse semplicemente in cammino, ma la banca era talmente silenziosa se non ci fosse stata lei e/o se nessun altro avesse indossato quelle nere Hugo Boss con tacco a molla per poter addirittura correre con quegli arnesi (nonostante Olga Gyarmati in partenza rinunciasse a ogni chic da Farrah Fawcett) che l’avatar di Pirralha, Gina Upendo voleva che tutti la guardassero. Non per far saltare la copertura, Gina Upendo era una tranquillissima e rinomata donna d’affari, ma per carisma, autostima e bellezza. Pure allo zoo, o nella voliera di un ornitologo il pavone non smette di fare la ruota. Porta con sé una valigia a mano grigia, una fredda arca dell’alleanza che sembra contenere un presepe schiacciato come la frastagliata architettura di carne di un porifero, pronto nuovamente a squadernarsi quando i ganci verranno sganciati con un suono di zoccoli di Propalaeotherium. Va al grande fischietto rosso dei numeri chetamente abbronzato dalla luce delle finestre e si siede davanti agli sportelli, forse il penultimo posto, forse il sestultimo, giocando con gli ingranaggi numerati che chiudono e aprono, proibiscono e permettono della valigia come con un gioco del quindici, in realtà facendo partire in avanscoperta la base di LEGO #392 MMDCCXXVIII specchiata come in un caleidoscopio, assieme a far partire un countdown. L’automobilina raggiunge le scale, fa sì che la sua identica parte superiore si apra facendosi fulcro per sollevare e chiudere quella identica rimasta più in basso, ripetendosi così fino a finire gradini e scala. Poi ripete la stessa storia con l’altra rampa di scale, fino a raggiungere il piano più alto. Sfreccia con la nonchalance di Bianca e Bernie (Anita Bartolucci/Guido Sagliocca) tra i piedi dei funzionari e inarrestabile raggiunge una cassaforte che sembra un calendario maya imprigionata in un cancello da Fuga da Alcatraz. Gli uomini la raggiungono facendosi scannerizzare le cornee e attraversando un calvario da seconda nascita: in una stanza così piccola da far sembrare la custodia di un contrabbasso lo scheletro di un dirigibile l’incaricato si siede su una panca attaccata al muro e premendo un pulsante simile a una verde ginevrina di avventurina un piccolo tapis roulant svela che sotto la panca volante c’è un catino di plastica azzurra in cui mettere scarpe (con calze obbligatoriamente dentro), pantaloni, mutande, canottiera, reggiseno, camicia, maglietta, felpa, tailleur, giacca, cravatta, cappotto, pelliccia, occhiali, rimanendo assolutamente nudi. Una camera a circuito chiuso supervisiona che quel catino venga preso in mano e l’incaricato deve appoggiarsi al muro perché ogni volta al braccio una siringa gli estragga un campione di sangue che verrà paragonato a quello raccolto in precedenza donde scoprire subito se colui/colei che si è spogliato in quel ripostiglio più che camerino sia sempre colui/colei che è venuto tutte le N volte precedenti, campione inviato dai suoi fratelli con un sistema di posta pneumatica prima che tutto cominci a girare su sé stesso per 90° di rotazione, poiché non ci sono porte, ma i muri della scatoletta di Lancome Tropiques sono adagiati ad altri, e a un certo punto non cvi sarà più nessun muro, il novello/novella San Mamiliano potrà continuare il suo cammino con l’obbligo di farlo da nudo/nuda, con i vestiti ancora Rocko Rama (Massimo Marinoni) poppante nel marsupio dei suoi genitori dentro il catino ben visibile in ambo le mani. Adesso si è in una stanza con l’intima illuminazione di un sito catacombale, con un pilastro che immediatamente frena l’avanzata. vi è l’obbligo di poggiarvi il catino, su cui dall’alto fanno cadere un animaletto che assomiglia a quelli di Casa di scale di Mauritius Escher, giù sui morbidi vestiti. In realtà questo Fafnir è un drone con l’obbiettivo di spandere a direttissimo contatto disinfettante su tutto il vestiario (gadget compresi) perché quel Marco Berti dello scanner possa vedere le sue batteriche Maria Guleghina sveglie e sull’attenti.  Dopo il paleasarium e il tenebrarium la cataractarorium, più volgarmente le docce, in realtà le vasche a cui si accede crocifissi su una X d’acciaio che scende nell’acqua con un secchio sulla testa per non affogare con la bolla d’aria studiata da Aristotele mentre un tubo entra nell’ano e potenti lassativi vengono iniettati all’altezza dei reni. Dopo 15 minuti il colon comincia a espellere, con il tubo pronto a risucchiare le feci. La X viene issata fuori dall’acqua e gira su sé stessa in modo che la bombola con le feci venga raccolto dal ripulito/ripulita mettendola assieme ai vestiti nel catino. L’incaricato/incaricata appoggia un altra volta un bagaglio sempre più pesante, come quello del piccolo Babbo Natale di Henrike Wilson dove è agevole per delle braccia che devono farsi elefanti della carovana di Ardashir II per indossare un pannolone d’acciaio e bere un bicchiere di potassio per abbattere le dighe dei reni come il Guttalax dell’immersione prima abbatteva quelle dell’intestino. L’urina viene bevuta dal tessuto traspirante e oplà! Anche questo buffo [Battle Marine] nel plastico scatolone grande ma che ci si comincia in cuor proprio a augurare non debba ricevere nient’altro d’ora in poi, con il [Volt Frigate] dall’orrido ripieno e i pezzi dell’armatura di Atlas della Carena (Massimiliano Lotti). La fine è il capillusarium, un altra stanza buia, in cui ormai l’accettabilità del soggetto è conclamatamente scontata, dacché nessuno lo sorveglierà attraverso un intercapedine di cavi elettrici che fanno la polposa pastasciutta di un occhio meccanico, in cui rivestirsi per poi far uscire dal catino la bombola e il pannolino, mettendoli su due tapis roulant dalle direzioni opposte. Microscopi elettronici controllano il DNA che i maceri del corpo umano contengono e come per il sangue si corre a fare il confronto con tutte le volte precedenti, la cui documentazione (in file e incunabolo cartaceo) è sottochiave e la consultazione sedentaria senza prestito può avvenire solamente in punta di polpastrelli agguantati di lattex devitalizzato. La cassaforte era lì, la Numero Uno, il Grande Protone, la Venere Gommosa, incarcerata e che doveva aprirsi solo alla presenza di meno persone di quelle che avevano costruito quel castello di If. Il Giovanni Storti di Il cosmo sul comò di Valerio Bariletti si aprì contro il muro con due trivelle che con un acrobazia da 360 Tornado Spheric MX Exostc piantò nel pavimento, con una rotazione di 360° cominciò a scavare nel pavimento spostando un satellite sulla sua testa. La camera a circuito chiuso non s’accorse di niente. Lo scavo continuò superando pure l’immensa paratia della cassaforte, a direttissimo contatto con i soldi modellati, come Lincoln Logs il cui prezzo è di molte centinaia superiore ai 59$, in un brillante canyon come quello che ripaga Summy Skim dall’aver retto l’obolo all’internabile Ben Raddle. Viene fatta una foto e il Vulcan Tente abbandonò la scena. La Upendo fece la giocoliera per permetterne il ritorno, facendosi la nomea della strana, ma con tutte le informazioni molto ben in pugno. Bene, adesso li portiamo via tutto! Inizio: le videocamere vengono hackerate perché credano sia ancora giorno. La Upendo rientra e non può apparire sugli schermi, con abiti più casual e un tarsio sulle spalle nemmeno fosse Kelly Webster. Al momento di far scannerizzare gli occhi ci pensa la scimmietta, per poi mandare in corto la camera interna con una bomba elettrica. L'Intelligenza Artificiale si era arenata... e onestamente è ancora arenata. Non era flessibile né piacevole nell'interazione, le persone mostravano rabbia verso i loro stupidi computer (Rosalind Picard). Una tanica di nitroglicerina che il microcomputer inietterà e fascerà come un braccio umano e la provetta sparata in stile Claire Wilcox su Space Mountain innescherà una reazione a catena che darà agli ematologi lo stesso tragico e assieme grandioso (nelle ampie scenografie di Piero Poletto, nel montaggio a tutto vapore di Otello Colangeli, nelle ispirate musiche di Angelo Lavagnino) finale del Massimo Serato di I criminali della galassia di Antonio Margheriti. Pessima sentinella, la macchinetta farà ruotare la stanza in un ignorante obbedienza. Poi, la ladra estrae dalla borsetta Darkstorm a cavalcioni di Sky Claw dei Visionaires Hasbro e lo manda in battaglia contro il draghetto meccanico della disinfezione, a battaglia della montagna bianca finita lo riagguanta nella borsetta e prosegue imperterrita. Le aspetta il disgusto dei bagni, dove si caga e si piscia anche con una certa raffinatezza omeopatica. Ha nella valigia qualcosa di raccapricciante ma efficace: un McChicken il cui ripieno però era stato coltivato in vitro dal lipoma estratto da uno degli incaricati alle casseforti. Infatti in sotterranea la ghenga di Gina gestiva l’ambulatorio a cui tutti i banchieri andavano, cosa che rendeva la Upendo un nome eccentrico ma noto. Mangiato il panino (squisito ancorché orrorifico) accettò quel martirio di San Andrea unito a quello del conte di Culagna (con l’annegamento che consegnò al Regno dei Cieli San Edesio). Essendo la roba che entrò nella bombola la carne (e quindi i dati genetici) di qualcun’altro, la sfangò anche questa volta. Per la raccolta delle urine dovette nuovamente fare la mostro, da Enriqueta Martì a Maria I Tudor, bevendo sangue sempre preso dallo stesso Barniocla cannibalizzato per l’esame delle feci. Facendo un cocktail con sangue e diuretico nonostante al Mario Rossi che la Upendo impersonava sarebbe poi stato diagnosticato un principio di cancro ai reni procedette ancora una volta. Come fare a far uscire tutto quel denaro? Semplice: fin lì c’era solamente stato il preambolo dell’Operazione Cenerentola, adesso c’era la vera Operazione Cenerentola. Un esercito di topolini controllati che sciamando per le precauzioni disattivate/turlupinate raccolsero ogni moneta, ogni banconota, lasciando alla fine solo una stanza vuota e troppo protetta. Protezione smaniosa che però decadde nell’inutilità, se trucchetti così discreti e animaletti così ignominiosi (La prima grande magagna di Zürau: una notte di topi, storia terribile. Fisicamente sono intatto e i capelli non sono oggi più bianchi di ieri, ma è stato il terrore del mondo. Già da prima avevo avvertito a tratti […] un rosicchiare leggero, e, una volta, tremando mi ero alzato per scoprire che cosa fosse, ma subito si era fatto silenzio.

Questa volta però è stata una sedizione. Che popolo questo, muto, rumoroso e terribile! Mi sono svegliato per un fruscio accanto al letto che non è più cessato fino al mattino. Montavano sulla cassa del carbone, scendevano dalla cassa del carbone, traversavano la stanza in diagonale, tracciavano cerchi, rosicchiavano legno, fischiavano leggeri, e io dormivo e insieme avevo il senso del loro silenzio, del lavoro clandestino di un popolo di proletari oppressi, a cui appartiene la notte Franz Kafka) la vinsero. Pirralha sfoderò un accavallamento di gambe e un sorriso soddisfatto da vera Emily ò Brian (Alessia Amendola) lasciando le altre due donne esterrefatte. Una bambina che riusciva (solo virtualmente in ogni caso) a svaligiare quel labirinto. Infine Miss Panique portò la Himmler alla propria limousine. Era necessario andare a Playa Alì Babà a Caraballeda. La pioggia era finita, il mondo intero tirava lo stesso respiro di sollievo di un dissenterico dopo la scarica più travolgente e marrone, fiato forse sgonfiato invano. La spiaggia era grigia, dall’aria mesta e pesante, come le montagne di Cogne, la Luna spargeva i suoi boa di struzzo da albero di Natale anche su di essa abbattendo ogni differenza tra mare e terra. c’era un capannone la cui stazza concorreva con quella delle Breda Industries nella milanese Via Chiese che la Himmler faticava a vedere, smarrita nell’identificarlo se non per l’accompagnamento di Miss Panique. C’era della musica che faceva pompare sangue al cuore della struttura. All’improvviso si accesero delle fiochissime lucine. Darono all’ambiente un aspetto confortevole, caldo, sensuale, con interni in bicromia blu/nera, enormi onde orlate lungo I loro plasmalemma di glicoproteine luminose, nelle quali si agitavano forme continue a 3 rovesciato, o dischi compositi che pulsano lussuriosamente, come primi piani degli enormi seni di un indigena amazzonica il cui latte si comporta come aria nella pappagorgia di un rospo che canta all’interno dei lobuli a causa delle onde sonore del muro di casse su cui è sdraiata, immagine presente anche in dei nastroni tripli che tagliano lo spazio prossemico della stanza, mentre televisori desintonizzati ballonzolavano in giro, caravelle sfrecciavano lungo I solchi, enormi spinotti del wi-fi pencolavano senza preavviso dal pavimento, sbattevano avanti e indietro come il braccio di un cadavere nella corrente di un fiume, trasecolavano una strana sbobba biancastra dal loro seger, mentre strane figure animavano quello scenario: una maliziosa bimbetta bionda che non riusciva a far calmare le sue gambe, su uno degli spinotti ballava una supereroina tettona e culona dai capelli color castagna, con una mascherina da Zorro, una tuta aderentissima rosso fuoco, stivali e guanti neri, la stessa che stritolava tra le sue gambe un omino, o immobilizzatolo ai bicipiti li colpisce il pene eretto gongolante nel cavallo dei pantaloni con quelle noci di cocco morbide e fresche come un cuscino appena tirato fuori dalla lavatrice, scappucciandoglielo e, certamente, facendoglielo eiaculare. Era un Romics a luci rosse e cocomeri verdi, quelli imbullonati con un bel capezzolo delle cosplayers. Impersonatrici di principesse Disney, supereroine, personaggi femminili from Cartoon Network & Nickelodeon & Teletoon, manga giapponesi, videogiochi picchiaduro, equipaggiate con seni e culi extralarge e faccette da zoccola quando Andrew Beckett le apre il portafoglio innanzi. La musica viene da una gigantessa meccanica i cui seni sono abnormi e abnormi amplificatori da cui batte i suoi wadaiko facendo sentire la Himmler un ragno delle grotte europee sotto il sole del Texas dove solo i duri uropigi riescono a non farsi martellare a caldo il cervello dall’afa del deserto pietroso. Colori troppo squillanti, musica troppo Tunz tunz tunz paraparatunz, la Himmler non era d’acciaio come quella Miss Panique pingue di seno e girovita con i suoi labiali tabacchi aromatizzati menta e avventurina, Miss Panique una Going Going che quasi sbeffeggiava la Himmler stordita Zagor di Terre bruciate di Gallieno Ferri, e Miss Panique, alleata Wakopa la portò sulla più riposante spiaggia sprofondata tra gli scotomi della tenebra notturna dove l’emicrania fece vomitare alla Himmler persino il fegato. Stava troppo male per tornare in quell’ambientino, una gran brutta messa a dura prova pure per le orecchie e i nervi ottici più resistenti, se con il mal di testa un pensiero ti fa vomitare e fu onere della singola Miss Panique chiedere che mettessero in pausa quel rave per una ospite. Miss Panique riemerse trovando una Himmler conciata più reduce del ring di Rita (Gabriella Andreini) quando rovinò sulla Terra con il [Gloyzer X] e dandole sostegno con le sue spalle perché s’avviassero di nuovo in quella discoteca. Prima avevano visto come in un rutilante stroboscopio, come in Il cielo in una stanza di Marco Isidori la donna robot apparentemente alta fino al soffitto (un soffitto con un altitudine di 170 piedi; la nostra è distesa in forma hovercraft lunga 18 metri mantenuti anche quando si trasforma) ma pur non raggiungendo davvero le muffe sul soffitto era abbastanza sovrastante, elargitrice della musica. In fondo la Himmler criticandosi da sola riconobbe la sensatezza della cosa: una Panasonic Slinky fa molto meno baccano di un muro di casse. C’era una deejay-cantante dal look così peculiare che era solo stravolgendone la vista con attacchi come la [Getter Vision] che non se ne era minimamente accorta. Era un ibrido tra un succubo, un fauno e un krampus, con ali da corvo che scontatamente contrassegna gli angeli caduti/ribelli in special modo in Dark Demonia di Isabella Santacroce, con quelle da pipistrello di un demone cazzuto e risoluto, accomunandosene con la pelle di un rosso che tornava a far ciondolare e piegare l’esofago alla Himmler, una coda da lucertola, le gambe lisce e tornite come dei peperoncini appena mietuti terminanti in degli zoccoli da zebra, il seno extralarge coperto pochissimo, lo spremuto sotto un incudine naso dalle narici ampie e divaricate di un bovino, le grosse corna da muflone, i capelli rosa per non cercare un colore che non fosse una sfumatura di quel colore così scazzottante occhi sempre troppo più deboli Himmler ti presento Hell Mika. Con i suoi concerti e la sua voce non c’è uomo e pure donna che non le si aggioghi. Poi abbiamo Ivraie, la principessa strega, Sexy Panther la sexy cartoon, Mari Konno la samurai in mutandine, Brystene la vichinga procace e sexy, Capitan S, la supereroina più seducente di tutte. Sono il suo corpo di ballo Ma saper ballare non basta. Una è la morte che cammina, un altra è un genio della rapina….non mi dire che dopo Sparafucile (Carla Walter) e Belo (Gaetana Rossi)  questi nostri masnadieri abbisognino adesso pure di Rigoletto (Benvenuta Franci) e Jack Wallace (Josepa Mardones)? Io distraggo fece Hell Mika, intrecciandosi le dita come una dolorosa crescita di radici nodose e se tutti assistono a un concerto si può svaligiare senza ostacoli. Quindi sono tutto fuorché sorprendentemente superflua. Convinta? D’accordo. Sono venuta qui in Venezuela come tabula rasa, ho trovato davvero delle cose entusiasmanti. Ma che mi entusiasmerei a fare? I carri devono sfilare. E perché sfilino serve un Carnevale. E il Carnevale è una festa con un giorno e un mese precisi. Organizzati in secoli da tradizioni e credenze. Per non parlare di come il Carnevale non sia lo stesso Carnevale dappertutto sul pianeta. Volete carri che sfilano? Rio de Janeiro (che è pure vicina), Viareggio, Busseto. Questo di Caraballeda come avrà il suo programma? Intendi che colpo faremo? Siamo in Venezuela. Il Sud America non m’interessa; inoltre danneggiarlo mi ferirebbe nelle radici. C’è però il Messico. Quello è un territorio su cui potremmo scatenarci Ma i tuoi antenati Olmechi non erano tanto venezuelani che messicani? In pratica è l’equivalente di una banda di gangsters lombardi o liguri che risparmi le Marche perché sono più italiane di Trentino, Piemonte e Valle d’Aosta. Ma se l’italianità ha come comune intrinseco l’impero romano abbiamo la villa di Orfeo, la Porta Palatina, l’Arco di Augusto vengono dimenticati? Con chi abbiamo a che fare? Con gli ignoranti Totò e Peppino di La banda degli onesti? O con persone pure medie ma che sanno che l’imperatoriae aquilae è stata infilzata pure negli ex territori di reti, camuni e salassi Diciamo che il Sud America l’ho già bello che spremuto. Sai invece cos’è che mi manca ancora? La banca centrale di Guadalajara! Quello sarebbe un posto perfetto Come ci organizzeremo? Ooooh so già come

Nonostante sia fin dal 18° secolo che Inghilterra e Nord America sono entità politiche separate, la loro natura è rimasta intonsa da stravolgimenti politici. Vittorio Alfieri in merito all’Indipendenza del 4 Luglio si esprimeva con parole così scatenate: Tu, rapitor del fulmine celeste

Già fin da’ tuoi verdi anni,

Ch’or con più ardire e non minore ingegno

Apportatrici di più lunghi affanni

Saette ai buoni infeste

Tolte hai di man di terren Giove indegno

D’aver sui forti regno;

Tu, vivo ancor fra’ semidei già posto,

Francklin, padre, consiglio, anima, mente

Di libertà nascente;

Tu mi sii scorta al canto: ho in te riposto

Speme, che di nascosto

Dramma d’etereo foco,

Ond’hai tu il tutto, entro il mio petto or spiri;

Sì che, se laude in te più non ha loco,

Nel tuo Secondo audacemente io miri. In rithimos dipinge invece questo placido quadretto: Ma se noia e dolor così mi accora

Perché non cerco la immutabil pace

Là dove in boschi solitaria giace

E di vergini rose il crin s’infiora?

Le campagne e i boschi di betulle bianche non hanno nulla da invidiare nel britannico Shropshire al Piemonte del poeta settecentesco. Anthony Moresco in un cottage simili a quelli dell’infanzia di Kenneth Grahame se ne stava seduto sotto una veranda su una sedia a dondolo con i talloni nudi su una tavoletta suonando una chitarra con lo stesso nerbo con cui un gatto si lecca il pelo. Partendo da lui c’era un erba simile a capelli d’avventurina, terminante solo con i gargarismi dell’Unk. Tutta la scena fa pensare a questa poesia di Scialoja: At the bottom of a thicc forest

Where it is very hot

on the Tuscan-Emilian Apennines

I know a big emerald toad. Quello era un ambiente immune a ogni cambiamento. I fiori, gli alberi, l’acqua che avanza in un continuo ruzzolare tra le pietre che da essa sono state smussate e addolcite forse un tempo come il Callow Hill che guarda spiovente la valle dove Luke giace ferocemente spigolose come Umberto Boccioni ora discese da Alberto Giacometti a Luca Prandini potrebbero essere di concerto quelli di un altro secolo. Ovunque nel tempo, certamente però non dovunque nel mondo. Al 90% la Terra è discontinua, pure dove è stato ripristinato dove ci fosse la natura com’era un tempo in realtà è avvenuto uno sconvolgimento irreversibile. Perché le cose prima erano comunque cambiate. Solo appunto in quel 10% non si è mossa una pietra da dov’è che l’hai vista apparire la prima volta, non è stato abbattuto un albero e c’è eventualmente la cicatrice del suo rimboschimento, non è stata fatta una strada che nella sua rovina da mancanze di case cantoniere nei paraggi vorrebbe rimediare con cotanta goffaggine allo stravolgimento che provocò in principio. Ma che razza di posti sono? I deserti, le calotte polari, gli abissi più profondi. Il Saguaro National Park a Tucson Arizona, dove sono state le pietre deambulanti a fare le strade, la Route 10, dove i saguari non temono le motoseghe che mangiarono alberi a favore di Regina nel Saskatchewan, dove i sentieri sono parte preistorica del paesaggio come le paludi di fango gorgogliante e eiaculante appartenenti a quando il 48° stato era sommerso sotto la Panthalassa della quale gli Apache conservano l’esistenza nei miti della creazione. L’Antartide, il settimo continente, in cui pure l’Erebus non emette alcun calore. La Fossa delle Marianne, buio inferno schiacciato sotto 12 quintali di pressione. Lo Shropshire era l’eccezione più eccezionale, un oasi dentro numerose altre oasi che però non ci provano poi con così rimarchevole impegno a distinguersi dal deserto da cui dovresti fuggire. C’era l’erba con i suoi pungiglioni, c’era l’ampio e labirintico muro degli alberi, c’era un abbondanza d’acqua che faceva tremare le dita nell’accumulo nevrastenico di sangue nei polpastrelli. Nell’Unk c’è la sua garÇonnerie, la sua vagina i cui epiteli sono le zinne e i culi delle proprie concubine.  Moana Kolamu, Moana con il nome dell’oceano delle orche e delle procelle affaccia curiosa il suo volto d’ebano arso dal camino incorniciato da quel disseccato vomito di cefalopode dalle contorte reni di un albero che vicino a acqua così troppo abbondantemente disponibile s’affloscia e accartoccia avidamente isterico, Raniera Aldeste che può crescere di stazza fino agli 8 m come una guerriera della mitologia norrena è la curiosa Gurghi (Marco Bresciani) che dallo/allo stesso albero di Moana-in un carpiato mitologico di 12mila chilometri-esibisce in una nodosa cornice una buffa faccetta di brizzoli rossi come Eleanor Ellie Fredricksen (Agnese Marteddu) quando incontrò per la prima volta Carl (Giancarlo Giannini), Sherererazade con il suo inconfondibile pedigree mesopotamico da Shiduri emergeva dall’acqua di quel novello Eufrate come Nammu, Poppea invece era Persefone la primaverile, a cavalcioni di uno di quegli alberi, Raven Bourcier/Space Magpie si divertiva con l’acqua più come Marina Surfina che come Yuri Capovolski, Paulette Thenardier/Mosquitowoman rimescola l’acqua del suo personale Laussat, Danielle Cartier/Wolfwoman sorride quasi con la stessa stupidità delle sue antenate cercatrici d’oro tra i ghiacci del Klondike quando s’ubriacavano di whisky bollente felici per potersi fare una collana d’oro degli stessi carati di quella a base di Smeraldi del Caos di Rouge (Domitilla d’Amico) verso di lui, in tutto sommato una bella atmosfera. Les mademoiselles d’Avignon se solo Picasso non fosse stato un amante del Commodore 64 come Marina Bolmini (In primo luogo la logica strutturale-geometrica: è innegabile che i piani siano insiemi di punti. La seconda logica è più personale: bloccando il video ottengo un'immagine statica e trasformo la scansione elettromagnetica in scansione tattile, alla velocità tipica dei videogiochi sostituisco i tempi di lavorazione del ricamo che sono molto lunghi. Dall'impulsività alla riflessione). Mad Racer è schizzinoso come può esserlo chiunque conosca il sudiciume planctonico dell’acqua selvaggia. Per parecchie ragioni la verde tonda Aliciste è il più appropriato degli esseri viventi moderni per sostenere la parte di uno dei più antichi organismi. Anzitutto è una pianta, un alga, e senza dubbio le piante precedettero gli animali. Secondariamente è una cellula sola singola; e inquiestonabilmente i protofili sono, di tutti i gruppi, i meglio denominati. Inoltre, molte creature dei tempi antichi ci meravigliano con le loro dimensioni stupefacenti-pterodattili, libellule, brontosauri, titanoteri, Moa ecc-nell’Aliciste abbiamo un vero miracolo contemporaneo non meno stupefacente di quanto lo sarebbe una formica di due metri, o un cane di quindici, o un uomo di cinquanta. Parlando di cellule ci vien fatto automaticamente di pensare a qualche cosa di microscopico, come le cellule del corpo umano, il cui diametro massimo è di una frazione di millimetro. L’Aliciste, invece, è una pallottola grande, probabilmente la più grande cellula del mondo (William Beebe). Proprio l’inconscio girovagare di questi Odradek in ogni acqua che non pertenga alla palestra Virgin di Old Broad Street o Waterworld a Etruria nello Staffordshire e il pericolo che lo ingoiasse in stile S*O*S i mostri uccidono ancora di Terence Fisher ci ponderò sopra così sogghignando che rinunciò con garbo a quello stuolo di Le grandi bagnanti di Cezanne. Quella casa-precipitato vinicolo dell’epoca di Kenneth Grahame e Jerome Kapla Jerome, immaginata daccapo per sembrare un gigantesco mobile Ikeac combinato alla casa con la cascata di Frank Lloyd Wright e Site of reversible destiny di Shusaku Arakawa-aveva l’intero arsenale delle abluzioni giapponesi. Dopotutto il japonisme conobbe anche lidi bretoni, ma la storia dell’arte gli è un puzzle precipitato in una piscina. Messosi le sue ciabatte, Moresco andò a trovare le sue molteplici mogli da combo tra Takeru Oyama e Jamil. Erano uno spettacolo per via dei loro superpoteri ben esibiti persino quando non c’era da imitare Jump o il videoclip di Cartoon heroes degli Aqua. Danielle Cartier/Wolfwoman risplendeva nel suo pelo bagnato, Paulette Thenardier/Mosquitowoman era una vampira a cui il sole non tramutava il corpo in fuliggine, Raven Bourcier/Space Magpie sollevava le piumate ali nere come un sottomarino atomico facendone vele, Moana Kolamu si era ricordata della propria idromanzia e scolpiva l’acqua come Francesco Misseri e Lanfranco Baldi. Aspettò come un Tanystropheus a pesca che le sue pupe capissero dov’era con quelle algide braccia conserte da Patrick McGoohan di Base artica Zebra di John Sturges Oh hello Moresco. This river has a very fresh water. It really feels like a wild river in the palearctic England, as fresh as untamely smelling of rotted lemons. I swam in his waters like Sheakespeare’s Ophelia. Hey where are you going? Moresco portò a tutte (e sé stesso) gli accappatoi Waters as cold and acrid as those requires bathrobes as warm as an hospital’s bed and well smelling as somebody after taking a shower. I already swam; we have superfine Japanese pools in this house you barely cared for for what I can recall. It’s a bit of a spoil will you agree? Non faceva freddo; doveva essere Marzo o pure Febbraio, il mite Febbraio 2007, molte fiches si giocavano su Febbraio: il cielo dava il tetano al Sole rendendo la luce troppo paralizzata perché Arthur Rimbaud così la descrivesse: L'ardore dell'estate fu affidato a uccelli muti e l'indolenza richiesta a una barca di lutti senza prezzo attraverso anse di amori morti e profumi estenuati. Persino il più alto Maggio non è esente da gelate improvvise, vere e proprie nevicate come quella del 1491, quelle dei 4 Santi del Ghiaccio. Spalmati nei loro onomastici (tutti comunque con molto poco seguito, l’eccessiva bizzarria dei nomi in causa non è di loro aiuto) per tutto il mese sono San Mamerto, San Pancrazio, San Servazio, San Bonifacio & Santa Sofia. Il cielo era quello che salutò nevicando Renato Rascel, grigio pesce, invisibilmente nuvoloso come la flotta di astronavi aliene cielo della caverna di Platone di Chicken Little di Mark Dindal, ma aveva un avarizia enigmatica. I ciclamini erano mascelle di cervo volante prima di fare a braccio di ferro su quale esemplare è migliore, le inconfondibili ancorché enigmatiche macchie gialle e nere delle api facevano la posta a un altra specie di fiore febbrile, le calendule, salendo fino alla recondita mitragliatrice per paintball dei mandorli. Bestioline così meccanicamente precise e puntuali mai come in quel momento non sbagliavano mai: se il polline fosse stato acerbo e frettoloso non ci avrebbero messo che un amen a tornare in letargo nel loro alveare. Invece erano lì, lucciole diurne il cui mondo non nostro ma non eziando loro del tutto con colori i nostri occhi non possono dire appartenenti (Allora, a un tratto, quei prati verde-pisello su cui stavano sbocciando i primi papaveri scarlatti, quei campi giallo-canarino che striavano le fulve colline digradanti verso un mare pieno di luccichii turchini, tutto m'apparve cosí insulso, cosí banale, cosí falso, cosí in contrasto con la persona di Ayl, con il mondo di Ayl, con l'idea di bellezza di Ayl, che compresi come il suo posto non avrebbe mai piú potuto essere di qua. E mi resi conto con dolore e spavento che io ero rimasto di qua, che non sarei mai piú potuto sfuggire a quegli scintillii dorati e argentei, a quelle nuvolette che da celeste si cangiavano in rosate, a quelle verdi foglioline che ingiallivano ogni autunno, e che il mondo perfetto di Ayl era perduto per sempre, tanto che non sapevo piú neppure immaginarmelo, e non restava piú nulla che potesse ricordarmelo nemmeno di lontano, nulla se non quella fredda parete di pietra grigia Italo Calvino-Senza colori-Le cosmicomiche) e facevano uno spettacolo che l’uomo pure da spettatore fronteggiava a uscio chiuso con i batacchi a muso duro. Ma se c’era una bolla di strafottente sideralità dentro cui le api fagocitavano come un fiotto di caffè nella crema di una tazza già riempita vederle in azione pure a metà tra Petruska di Igor Stravinskji e Le serve una danza di guerra di Marco Isidori non poteva trarre in confusione su una Primavera che il Vivaldi o il Mitelli non approverebbero (Marzo! E’ Marzo il mese della Primavera!) Ma Primavera era e quelli erano fiori in pieno sbocciare, con lo stormo di fuchi impollinatori che partivano Celtic e tornavano Frosinone. Come una versione senza inconvenienti di Gummie Chernobyl di Ian Miller e La melma del video di Andrea Zingoni molto miele sarebbe tracimato dall’introvabile roccaforte di quegli spazzacamini armati di uncini suicidi. Non era però solo una questione di api; c’erano troppi scoiattoli che facevano flessioni nell’erba nuovamente sguainata per pensare a un Natale con Winnie the Pooh. Sui rami s’appallottolavano topini e balestrucci. Era lo Shropshire, quella probabilmente era una zona al culo dell’imbuto, più avanti da lì c’erano grandi cervi, orsi, lupi, volpi, tassi, aironi, linci, tutti visti in jeep in un safari per fortuna senza zanzare malariche del Kafue e gli Ndebele che t’inseguono con lance e scudi e chissà se bazzicano anche loro come quelle caramelle esapodi, pelose e piumate d’antipasto. Tentato, Moresco fece spartiacque con la sua mano. Non era peggio di una vasca termale all’aperto. Ma l’odore era un affronto agli aromi che dovrebbero essere quelli della natura incontaminata. Era limpidamente puzzolente. Come l’acqua di mare: il suo odoraccio esiste pure se il sudiciume umano non ci mettesse lo zampino. Il ritorno del ricordo della goccia di plancton diede a Moresco da pensare, con dopotutto nessun altro onere per la sua testa. Chiaki Nikaido/Arashi Oppai era nell’onsen, l’unica che ne faceva un uso abituale. Ma dopotutto era giapponese Ah you are there. i’m checking right now your pink costume on the bench. I’m not eager to touch other’s properties, but I’m really curious, I really want to ask you about it: how can you carry an helmet like that, and a backpack like that either? Nemmeno fossimo ancora ai tempi di Tora! Tora! Tora! La porta del corpo e Black rain pioggia sporca la Nikaido parlava un inglese autoctono, ma biascicato con rotacismi da Kazuko Ichikawa, Satoko Kasai o Michiko Tsushima It Took exercise. And he actuarry has a point. The fastest you move, the worst you crash. After arr, why according to you you have to wear an hermet when you pray footbarr? Footbarr prayers runs by their own feet rike I do. And they wear those hermets. Crashing your head in the game can be very damaging for your spongy brain. And on a bike you move faster than on your feet. That’s why both Randy White and Marco Pantani wears an hermet. And on a bike and a car you move even faster. Go ask Valentino Rossi or Tazio Nuvolari. I move at 235 km/h, and I don’t want turn my beautifur head in an ironing board smashing a warr. Not to mention the cold I courd feer whire racing. I need to wear something. I can’t run around naked. Arso inside my hermet there’s an hericopter drone as werr inside my backpack. Shaped rike a monster truck. And i have no stirettos. Everything I wear makes sense Moresco annuì. Quando la nippona che il gruppo scompiglia parlava inglese ringhiava su ogni l inasprendola in una r come una cinocefala, giacché quella consonante in giapponese non esisteva. Non che un volenteroso Cornelio come lui non capisse Why you haven’t joined the others at the river? It’s not ceremoniar enough. In Japan we do have river baths carred kawayu. But you can't do that on every river. What’s that river’s name? Unk. Don’t ask me what it means. Even i i'm concerned about it. But the other girls will take their showers for sure, after all they do after having been at sea, a river shouldn’t be very different And you? I use your same onsen hours prior. Shower? Wrapping myself into a bathrobe? Already done already done. I was checking the girls playing crocodiles. I heard something. Guess they are about playing chuckwallas Anthony Moresco era nascosto come Jean Antoine Houdon stanco di tutte le sue sculture nude, sogghignando che le mondine sono tornate dalla risaia. Arashi Oppai venne lasciata con loro, con quella testa che emergeva ctonia dalla bollente acqua del Mot come un incrocio tra l’Orco e la Fontana di Pegaso di Bomarzo, il resto del corpo ben protetto dall’artificiale Tevere nel cui delta lidense i suoi seni palle di cannone della battaglia di Mentana, la sua vagina anfore della battaglia della Sava giacciono segreti dal caranto lagunare (ma non siamo a Sabaudia) perché non ci sia imbarazzo. Gli accappatoi Moresco li aveva impilati come un diligente bibliotecario. E allocati affinché quelle figlie di Morris Lessmore li trovassero ancora ignude il più repentinamente possibile. A meno che tu non ti sia devoluto a livello Dolichopithecus domestico di Adamo. Adesso Moresco aveva da pensare alla coibentazione. I pavimenti e i muri erano il più avvolgente parquet il nostro avesse mai visto, garantendo lo stesso calduccio di un colon dopo una flatulenza. Il di Moresco letto gli faceva pensare che nel suo scontro contro il centauro davanti alle cascate di sangue di Lemuria il grifone di Il viaggio fantastico di Sinbad di Gordon Hessler fosse venuto a morire lì: un autocarro gonfio di fianchi come un aliscafo di lana & cotone che durante l’inverno aveva tenuto al caldo lui e le sue Griselda, una scusa come l’altra per farci un tuffo sopra. Diciamo che ci hanno fatto sesso alla grande, con né un materasso né dei cuscini a memoria di forma dando a tutto un tono da opera di Puccini (E il mio segreto è chiuso in meeeeeeeee) Moresco poi aprì la finestra e vide un cielo con il grigio che doveva essere il cielo di pietra della sala lettura della biblioteca Panizzi di Reggio Emilia prima che vi apponessero-giunta Delrio novella Petit Manuel-Whirls & Twists 1 di Solomon Lewitt o la schiena della chiesa di Sant’Antonio Abate di Pisa prima che la giunta Granchi lasciasse Keith Haring vi apponesse Tuttomondo. Moresco pensava sul serio di vivere in un plastico, in un presepe, che quella non fosse una villetta tra miniere di piombo ma un pastorello borghese nel presepe stabile nella Grotta del Diavolo di Praiano in provincia di Salerno o nel plastico antico di Rothenburg in provincia di Norimberga. La Wetterhäuschen  aveva il proprio gnomone storto nel maltempo, l’omino giurassico con le bretelle rosse e il berretto verde gazza da bersagliere che fa il tronfio Jean Zermatt una mattina sull’isola di Nuova Svizzera di profilo come se la sua epa da Oktoberfest a Zurigo fosse motivo d’orgoglio….Moresco abbassò la finestra dopo un altra amena contemplazione della campagna inglese con la secca onomatopea ibrida tra gli hyoshigi di Shigeru Mizuki, il tagliacarte di James Ballard e la ghigliottina di Jacques Cazotte. Oltretutto rincarò la dose con la serranda, un susseguirsi di stecche d’acciaio simili agli ossi di seppia di un Michelinoceras da gabbia di King Kong. Però adesso era al buio. Entro certi limiti il suo sguardo penetrava il buio come il Diplodocus di Victor Mousselet, il Darrell Standing di Jack London e il Wiederhaus di Garry Kilworth, attraversando il letto come uno dei topi che salveranno la vita a Francis Barnard (È statisticamente provato che dieci topi su dieci hanno dipinto sul volto che sono state le circostanze della vita a condurli fin lì Gene Gnocchi), come Diplodocus e la clandestina Brigitte tra le nevi dei ghiacciai di Marte, Frona Welse e Anna Strunsky tra quelli del Klondike e i magrebini nel loro deserto accendendo infine la luce di un abat-jour. La sua lampadina non s'impegnava molto, in compenso i suoi occhi non dovevano ridursi a sommergibili che nuotino nel miele. Per andare nella cucina doveva rincontrare le sue Bottondoro, verso le quali usò l’argomento che stava per piovere e voleva vedere quanto e come le stanze della casa opponessero idrorepellenza. La grande cucina era davvero grande e sommersa, come quella di un U-Boot, con grate sull’opaco soffitto d’acciaio per lasciare che almeno gli odori uscissero fuori. Quelli di certo non temevano la pioggia. Quando Moresco perlustrò la sala da pranzo sui vetri delle finestre intagliate vetustamente nella legna (facendoti sentire come Rufus Roughcut sulla sua Spaccatutto) c’era già un interessante numero di goccioline striate. I bagni erano luminosamente claustrofobici, c’era un gustoso genio nel mettere uno spazioso scatolone dentro uno più grande creando con le porte le segrete del castello di Ludlow. La casa dalle finestre nere di Enoch Wallace non si rendeva quindi oggetto d’invidia. Due ultimi ghiribizzi mossero i piedi di Moresco. Fece le scale di pietra dirette alla cantina e cercò di ricordarsi com'era fatta. La porta era bianca, ambrata con cera silicata marrone, accondiscendente solo se mettevi una chiave nell’augusto opercolo di quella colonna di Piazza Sant’Ambrogio a Milano. Moresco la chiave c’è l’aveva, trovando tutti i giocattoli, i sogni e i perché di Max Pezzali ai tempi di Fattore S. Ma penso anche che al maestro della pittura contemporanea [Pablo Picasso] la battuta sia nata più che da una spregiudicata opinione della filosofia da un autentico rispetto per la misteriosa natura e la magica funzione dei giocattoli (All’inventore di giocattoli il nome di filosofo articolo di Franco Vegliani pubblicato su Pirelli rivista d’informazione e tecnica numero #6 Dicembre 1952). Nonostante un magazzino non fosse il suo museo nel quale a detta di Maria Accascini e Giacomo Panizzi deve regnare un ordinata accessibilità e intelligibilità ai manufatti esposti un eventuale archivista del museo del giocattolo di Zagarolo e testando il pavimento con ottuse pedate da Saito valutò l’impermeabilità del luogo. Le bianche pareti del Partenone nell’epoca di Pausania non erano state sciupate e invecchiate da ragni partiti per la crociata contro Alessio III Angelo Non mi fate controllare la soffitta, ve ne prego Per essere giovane Moresco si era già fatto la sua teca di trofei. Un Grammy in più di quelli di Sting. Da parte sua Moresco si sentiva come il genere umano: gli esploratori della storia non si fermano (né fermano il loro cuore) a quanto hanno svelato. Ecco il califfo Mash Er Rum che si fa ricevere dalle sue 20 mogli, ognuna dedita a un attività diversa che Moresco non riusciva a decifrare. Andò di nuovo in camera propria. Si mise davanti a uno specchio che-aprendosi tramite un pulsante-si spalancò come un origami indovino mostrando un giovane e aitante modello di Abercrombie & Fitch, giovane e aitante modello di Abercrombie & Fitch a braccia conserte e occhi aggrottati da Antonio Canova davanti alla prova di scolpire Dio. Moresco si suppliziò togliendosi ogni vestito e assumendo quella capricciosa posa da Enea di Pierre Lepautre. All’improvviso sentì la sua mente (per non parlare della sua anima) vacillante Pier delle Vigne nella prigione di San Miniato fatte da carne; la carne del suo corpo. Non s’accecò vedendosi grasso o cosa, ma come uno dei Prigioni di Buonarroti si sentì l’anima prendere a gomitate e spallate per fuggire dal suo corpo, monumentale vergine di Norimberga fatta dello stesso marmo di Lorenzkirche. Il suo pelo, i suoi capelli e la leggera spazzolata di barba lo fecero sentire un abominevole King Kong, Mitch Watson di Rage furia primitiva, troppo diverso dalle metalliche bambole di un altra stanza. Cercò di non condannarsi troppo, di vedervi utile sia il grano che la zizzania, di non spellarsi armato di un rasoio di plastica (quelli elettronici suoi e delle ragazze erano troppo intelligenti perché gliela dessero vinta; avrebbero incrociato i cavi e fulminatolo come Mazinga). Per farsi un fisico simile si era ubriacato del suo stesso sudore in palestra come una zecca si ubriaca in una birreria, eppure da quella terra bombardata di un corpo, da quell’ex campo minato della Vauda piemontese era abraso d’erba, nella controparte crescevano alti e nodosi alberi e mortaretti di fiori. Dopo uno iota di secchezza e fibre sottili tanto bere e shampoo fertilizzanti gli avevano resi più ampi di fusto, da liane a radici. Yul Brinner e Vin Diesel si disperarono quando le loro teste stavano diventando delle palle da bowling; lui non si doveva fare questi problemi. Sempre che i problemi non arrivassero da un altra parte e in un altro futuro. Le agenzie di talent scout li scovano, insegnano loro a cantare e danzare, scrivono i testi, elaborano per loro un look, una personalità, una gestualità peculiare a cui attenersi; infine, quando la loro immagine mostra di essere sfiorita, li scaricano Alessandro Gomarasca. D’altronde uno degli aidoru della sua dissertazione dice che il suo film preferito è Toy Story. Le bambole sono giapponesi quanto le strade sono italiane. Non solo per ragioni di fabbricazioni autoctone, ma anche per il super-io animistico che fa dei poco elegantemente definibili fantocci fratelli e sorelle, Verde Mignolina di Sayonara gangsters di Takahashi Genichiro che muoiono troppo presto, esequie quindi per loro che avvengono nell’Hina Matsuri ogni 3 Marzo, lutto che però contro il panteismo non s’adagia ma meccanicamente s’evolve nella compera della prossima fratellanza/sorellanza. Proprio vero che morto un papa se ne fa un altro! Basta che qui si cambi bambola con papa…..ma anche Ghost in the shell 2 l'attacco dei cyborg di Mamoru Oshii con le sue severe hoko che pregherebbero di non diventare umane se quelle boccucce scavate nel legno fossero capaci di mettersi a urlare se fosse cosa buona e giusta (,………non ho bocca e devo urlare……………….), la loro smarrita e sconcertante sorella che in Paprika sognando un sogno di Satoshi Kon guarda e aspetta sulle scale di quel vecchio luna park…..Anthony Moresco non si sente per niente simile a loro. E sa che non lo è e non lo sarà mai perché quella è impassibile ceramica dalla perfezione che solo un disegno dentro il quale Le comuni leggi fisiche non valgono, chi muore può risorgere, e l'eroe può anche essere irresponsabilmente malvagio (Ferruccio Giromini) onora come dovuto: Gwen John e i suoi dipinti, il character design di Hiroyuki Okiura  per il film di Oshii, quello di Ken Hashimoto per quello di Kon….con lui anche l’artista più volenteroso si sarebbe dovuto rassegnare. Lui era appunto una scimmia. L’orrendo corpo di alghe salmastre del Yu Sekida di Kong uragano sulla metropoli, il membro talmente inelegante che Hikaru Genji per accoppiarsi con Dama Fujitsubo si doveva mettere un kokigami, un culo simile a delle tarantole spiaccicate.  Tempo di rinfacciare a quel Gold Lightan il proprio arsenale di parrucche per Mannakka volte a copiare le criniere di Hikaru Ro e amici e Space Magpie cominciò a masturbarlo con gli stessi guantini da cicisbei delle sanguisughe di Skull Island intente a spappolare la testa a Andy Serkis. Moresco reagì tanto congelandosi quanto esigendo che venisse lasciato perdere, come il koala che Johnny Bravo in Australia prova a accarezzare buscandone più che dalla Crocodile Dundee con le mammelle trovata in loco Ehi che fai? Ci sono i tappeti qui e CAZZO! Mi sembra che un temperamatite gigante dopo avermi mangiato le gambe adesso è con i miei genitali che si vuole sfamare! E LASCIAMI ANDARE! Cosa? Dopo tanto tempo non ti piace più? Sul palco non volevi che ti facessimo altro…..sperma che sembrava detersivo più agitato di una barretta Milka Lufflè cancellò il suo riflesso facendo fare a Anthony versi che al suo dentista darebbero assai di che pentirsi, giacché implicherebbero che l’anestesia a quel molare sinistro da lucidare come Piotr Rasputin non è stata data in dosi sufficienti. Anthony Moresco è un dio greco superdotato con le ascelle che puzzano di sesso. E questa è la sua maledizione Un serpente ha sostituito la zipper dei miei jeans. Si può sapere che ti è venuta in mente? La nera donna-uccello a metà tra Voltura (Tosawi Piovani) e Elizabeth Delmas (Sonia Mazza) fece un sorrisetto a cui Moresco reagì furibondo quasi sfondando a mò di mostro-mano di Absolutely! Luckyman il pulsante rosso dello specchio maledicendosi per la sua rabbia che non gli ha fatto rimuovere quel Godzilla sconfitto nel finale di Watang! Nel favoloso impero dei mostri da quel tomo di zoologia fantastica di Newt Scamander che si è appena abbuffato degli escrementi di Fierobecco ha serbato nell’odore di cheppia divorata dai vermi cotta assieme a una padella piena di zucchero rivestendosi e chiarendole che se si fa l’amore ciascuna parte deve essere consenziente, e lui al momento non lo voleva. Nemmeno fosse stata la scena della diligenza in Delitti e profumi di Vittorio de Sisti il paziente NO del Moresco infervorò la Bourcier più di un SI’ portando il Moresco a volerla dissuadere chiedendole se non temesse la gelosia delle altre. Colmo dell’ironia? Le altre avrebbero partecipato senza neanche l’ombra di un acrimonia! Constatato ciò Anthony sgonfiò il cuscino con la sua testa e il suo sguardo da Trino di Altan facendo un pennellante headbanging da Johan Hegg degli Amon Amarth sull'insaccatura di cotale guanciale mentre la fredda luce della pioggia tra i bucherelli della serranda la illuminava malamente rendendole la pelle glaciale alabastro, d’alabastro fatto un Atlante Farnese con due globi terraquei: i suoi seni grandi come pianeti. Due grossi alieni di Dark Star di John Carpenter erano appoggiati sul suo membro che aveva avuto almeno il tempo di coprire con dei boxer, con la Gazza Spaziale che gli leccava l’insenatura dei pettorali non percependo la disattenzione e la frustrazione della sua preda. L’uomo muscoloso ha un pene grande, e la selezione naturale porta le donne a fare sesso con gli uomini con il pene grande. Le eroine con il Moresco erano state selezionate scegliendole tra le più audaci che da tutto il mondo erano venute ai suoi concerti e si erano attaccate al suo palco come se sotto i loro piedi precipitasse il vuoto, per la loro salvezza aumentando i Pascal sul metallo con le loro unghie allungate dallo smalto che rischiavano con dolorosa plausibilità di spezzarsi assieme a metà falange, con lui che le scelse dall’alto di una feroce gara che non partecipò neppure fatta alle sue troppo giovani spalle per essere uno dei privilegiati delle terre emerse. Paul Williams aveva costruito il Sealab 2020 per aiutare l’umanità del futuro a conquistare gli oceani meglio di quanto l’umanità avesse conquistato e baloccato con le terre emerse (se è assodato che il futuro non è più quello di una volta questo è chiaro da quanto fosse più avventuroso: già nel 1961 in Viaggio in fondo al mare di Irwin Allen si parlava di riscaldamento globale, ma alle lagnanze di una Silvia Brena rispondeva un cast che vanta Walter Pidgeon e Peter Lorre); la Seacity 2030 nel mare d'Irlanda che sulla carta virtuale quanto La zona Omega di Joe Dever appartiene al gallese Wrexham dove Moresco è nato da immigrati peruviani rei dell’allure latino che tante donne addusse agli inca pertenevano al fare di tutti i mari del mondo il cassonetto a chiave di loro, i maschi. Prima fu l’abiura di Quatrefages, del suo ritenere l’uomo come specie umana un regno a sé stante, come se l'uomo non fosse fatto degli stessi atomi di un lingotto d’oro, di un finocchio o di un ramarro, poi che Eva di corpo e mente non potesse essere la costola di Adamo, che le pietre che Pirra scagliava con parabole degne di Joe DiMaggio alla battuta erano zirconi pronti a denudarsi per spaccatura in violacea ametista mentre quelli che s’infrangevano su altre pietre aerati da Deucalione erano semplici ciottoli senza alcuna speranza, perché ciò che è soffice non è come ciò che è cuoioso, ciò che è franante in avanti all’altezza del petto in cocomero e zucca non è come ciò che all’altezza del petto non spicca come baccello di fagioli e gomma da masticare, ciò che è seconda mandibola senza denti e ricca di baffi non è come ciò che è proboscide estroflessa e derelitta, ciò che è maschile non sarà mai come ciò che è femminile. Gli uomini di Marte guidati da Naoki Tachibana contro Laurie Mitchell la regina di Venere. Lotta impressionante, ma che non si congederà da voi facendovi felici. Adesso lo squalo balena era stato pescato ed eccolo, nella villa di Britney Britney (Cinzia Massironi), chiuso in quel labirinto spazioso, ma non infinito. Adesso Anthony era a braccia aperte, con Raven sollevata con come plinto il suo Opabinia attuante strategie di caccia simili a quelle del pesce minatore tra pigri Wiwaxia che brucano Charnia, la di Anthony faccia non è cambiata. Alla fine la dopamina gli ha reso quella delirante fabbrica di stuzzicadenti da Crazytown di Isadore Sparber un supplizio tutto sommato affrontabile, come l’aerofagia o la poliuria. Nel suo caso non è afflitto né da prostatite né da malattia di Cushing e la sua iperspermia piace alle sue Nao ignorando la sua natura disturbante perché oh, alle ragazze piace farsi una doccia di sperma proveniente da un ragazzo seducente, muscoloso e umbratile come può esserlo lui quale sosia di Gray Fullbuster. Questa rivelazione sulla sua natura da bovino gli provocò però un ondata di cortisolo che mise i bastoni tra le ruote all’alleviante dopamina. Il secondo aveva reso gioioso a Fidippide correre per tutti quei chilometri, ma alla meta il cortisolo lo allontanò a calci e lo avvelenò fino a ucciderlo. Non c’era parimenti nulla che non funzionasse (se proprio c’è da usare questa parolaccia) nel suo prepuzio, ma come qualcuno alle prese con il numero 1 della Bristol’s case quello era una quotidiana e clinicamente indifferente fitta di stressante dolore a cui appunto nessun medico avrebbe sporto grande interesse. Il cortisolo aumentò soltanto quando Anthony capì che Esculapio non lo considerava un suo papabile paziente. Prima o poi rimase solo. Riaprì lo specchio e lo tsunami di seme dal bianco incerto sembrava un Boo di Super Mario World divorato dai glitch. Se quell’uso così indiscriminato del suo pene serbava benefici così fantascientifici alle vie urinarie facendogli sgorgare tagliatori Durox gialli come fiumi di paglia acerba era contento dei suoi boxer umidicci e della sua lavatrice a portellone orizzontale contro le scoliosi. Messosi qualcosa d’anonimo si fece animo per affrontare quella Boneville Utah contro aceto, alcool e Lysol a spruzzo e una spugna corazzata di fil di ferro per ghisa Winware che se in mano alle cuoche di casa sua trasformava pezzi di metallo in specchi appena comprati con l’aiuto ultimo ma non meno importante di un Super Liquidator Shield Blaster stampato in 3d a -11£ di quelle che avrebbe dovuto pagare a Toys ‘Я’ Us per farsi un altra piscina in camera da letto. Ma forse d’altronde il pavimento aveva bisogno di una lucidatura? Ecco perché scomodare il flacone di Pledge. Lo specchio ne uscì graffiato ma ancora utilizzabile. Cos’altro facevano le altre? Moana modellava l’acqua con il diamagnetismo con gesti che sembravano innervosirla. Come sostituta di Faye Valentine (Melina Martello) avrebbe avuto un travaso di bile per niente con Eddie Wong Pepelu (Fabrizio Manfredi). Raniera sollevava un vassoio con sopra contenitori per liquidi sempre più grandi e capienti, deponendoli non appena sentiva dalla sua schiena una fitta, mettendosi sotto con il bilanciere e un macchinario senza precedenti storici per mantenere i suoi seni grossi e rotondi. L’orgoglio femminile doveva essere rispettato. Sheereazade seguiva un tutorial di danza del ventre costituito dalla scena di Dream gentleman l’unico OAV in cui Atsuko Fukune (Hiroko Emori) scuote seno e ventre vestita solo di pannolenci rosati e gioielli d’oro alla stregua di Wall-e (Stefano Crescentini) che impara cos’è l’amore guardando ogni sera un nastro pleistocenico di Hello Dolly! Con in cattedra (si fa per dire) Barbara Streisand, Walther Matthau e Louis Armstrong, Poppea andava incontro all’allenamento di un gladiatore descritto da Giusto Lipsio: Poppea era una libera gladiatrice, una guerriera che non era né una nemica di Roma da sconfiggere nel microscopico campo di battaglia del Circo Massimo come Asdrubale Barca, né una condannata a morte come Sant’Almachio né una schiava come il 90% di questi sanguinari intrattenitori. Decimo Giunio Silano Torquato non permetterebbe torsioni di capelli alle sue amate bellicosus

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era una fruttariana, una Coco Bandicoot (Benedetta Ponticelli) di Crash il dominio sui mutanti gran bevitrice d’acqua e Energy drink. Era allo stesso modo una gran fautrice di docce e si cospargeva il corpo a partire dalle rase ascelle con Axe e Bionike estinguendosi i feromoni come Enrico la Talpa nelle parole della moglie Cesira tra ettari di camice in asciugatura come prima d’incontrare Pennywise. Tra tutte era una secutor, una carogna tutta cariche e piombate con spada da centurione e scudo da Agiadi, L'Alabarda Spaziale è un’arma multiuso e con una funzionalità diversa da quella della Spada Diabolica del Grande Mazinga. Ed è curioso che il termine italiano di Malaspina, nato per caso, abbia colto in pieno la filosofia di Goldrake: l’alabarda, infatti, è un'arma che serve, in genere, a combattere a distanza, vista la sua lunghezza, mentre la spada è usata per un confronto ravvicinato. Soprattutto, l’alabarda è un’arma caratteristica del guardiano che sta davanti alla porta, mentre la spada è l’arma caratteristica del soldato combattente. Questo spiega molto la differenza di base tra Goldrake e Mazinga: infatti, Goldrake, più che combattente, è un guardiano, mentre il Grande Mazinga, più che guardiano, è un combattente (https://joe7.blogfree.net/?t=5044374)[Tate Kento] che sgomina gli [Zaaru Boshi Kan Teikoku] menando selvaggi fendenti con (Laser Sabre) e [Gyro Spinner], il tutto con un seno che come quello di Caterina Rappoccio non s’era mai visto prima in cui una lama poteva trafiggerla senza morire. Mosquitowoman aveva una talpa dentro una faraonica stia per criceti. C’erano gallerie nei paraggi della villa, scavate senza stuccatura ma con le pareti di terra respirante. Quando lui restava immobile come le radici in superficie loro rissavano e lottavano, e mentre la pioggia scorreva dalla sua lucente pelliccia nera sulle foglie, sapeva che sarebbe stato sempre così. Quando lui cercava un raggio di sole tra le felci, loro indicavano inquieti il gufo lassù in alto, e l’avrebbero fatto sempre (William Horwood). Ma da questi predatori gufi erano passati a degli autentici mostri. C’era da aspettarselo; una talpa ha un sistema circolatorio, e in essa può diffondersi il cromosoma di Wurdalak e Vamp-pa dei Super Naturals. Senza vergogne, Mosquitowoman si sentiva Lyamon (Alessandra Korompay) l’avvelenatrice con Miki Makimura (Lara Parmiani) in suo potere. E dove ci sono i vampiri ci sono anche i lupi mannari. Wolfwoman se la prendeva contro un giaguaro di pezza grande quanto un igloo con una foga da far invidia a Bulk (Giorgio Melazzi) contro Superted (Paolo Torrisi). Arashi Oppai merita un capitolo a parte. Di volta in volta diventava una guerriera dei bassifondi, una principessa con le mutandine portavoce della Luna, una donna con le ruote, una robot, un adorabile camerierina. Bene, ci teniamo in forma? Mi ci   terrò impegnato anch’io! 7 minuti di spalle che tirano in avanti, 2 minuti di sollevamenti, 2 minuti di spinte verso il basso per le gambe. Alla fine, Anthony con il suo stuolo di concubine riguardò uno dei suoi vecchi concerti. La strategia della sua casa discografica per promuoverne i concerti e le tournée avrebbe imbarazzato Lucky Luciano. Consisteva nel dare a un criminale a caso risorse paragonabili a quelle dell’Armata Rossa coinvolgenti anche le soffitte dell’esercito, quelle di Gigi Proietti ma reali fino alla feccia del bicchiere della staffa, La caserma delle fate di Giancarlo Cobelli. Mentre allo stadio, al Campo Volo e/o al Palalottomatica il pubblico cominciava a bollire il caffè lui dietro le quinte sgominava la banda del nuovo episodio di 刑事犬カール/Superdog Black, seguiti da avide telecamere. Un reality, un esperimento con topi, ma i soldi non gli venivano mai a mancare. Le ragazzine si eccitavano a rivedere quello che era stato registrato sovrastarlo mentre con il microfono incollato alle mani, la camicia sbottonata e il membro pendulo ma per lui facile a indurirsi velato solo con i pantaloni del suo pigiama che non è mai scevro da almeno l’ombra di una macchia pregressa, il tentativo di Pirro del detersivo di rifare il palinsesto degli svuotamenti idraulici del suo glande. Ovviamente aveva più volte fatto sesso con le sue complici su quella pedana rialzata sullo stile Piazza Prampolini di Reggio Emilia, aizzando le spettatrici che ai suoi piedi diventano giumente d’accoppiamento con la rabbiosa bava alla bocca del serraglio di tigri di Paolo Orfei (o dato il tema i ghepardi telamoni della basilica di San Prospero). Forzuto com’era reggeva gli assalti abbastanza bene, risparmiato (se non ignorato) dall’invidia delle Pussycats di cui lui era il sornione Alan Mayberry (Piero Tiberi) con inclinazioni che siccome non eravamo dalle desuete parti di Hanna&Barbera ma da quelle di Matt Silverstein e il suo iniquo Captain Hero (Raffaele Farina). Ma mica faceva musica per bambini lui. Comunque era la miglior musica Paolo Carù e Rosario Pacini avessero mai ascoltato: pop patinato da Maroon 5 ma con la cartaccia da manifesto di Rotella scolorito dal meteo dei Blue Oyster Cult, lui fantasia sessuale come Jordan Knight dei New Kids On The Block, punk in mutande e maglietta con la cover di Never mind the bollocks here comes the Sex Pistols come Tom Hamilton degli Aerosmith, accogliente allure per le ascoltatrici più sessuali da Please don’t stop the rain di James Morrison da Songs for you trust me, baccano sporco e coitale da Sleazy bed track dei Bluetones da Return to the Last Chance Saloon. In un mondo segnato dalla moria d’autorità, la Terra dominata dai bambini di L’ultima esplosione di John Muller, la sua pianola elettronica emetteva Love on a real train dei Tangerine Dream, che in combo a Oxygene n’II e alla voce di tanto l’Alan Sorrenti di Figli delle stelle che di George Michael in Last Christmas musicava quel mondo ghiacciato, finito, un capotribù eschimese che pone fine ai suoi giorni arrancando per il mare in attesa dell’orca che divorandolo lo libererà dalle sofferenze terrene (There's a creepy little house in a creepy little place

Little creepy town in a little creepy world

Little creepy girl with her little creepy face

Saying funny things you have never heard

Do you know what it's all about

Are you brave enough to figure out

Know that you could set your world on fire

If you are strong enough to leave your doubts

Feel it, breathe it, believe it

And you'll be walking on air

Go try, go fly, so high

And you'll be walking on air

She has a creepy little cat and a creepy little bat

Little rocking chair and an old blue hat

That little creepy girl, oh she loves to sing

She has a little gift, an amazing thing

With her funny little eyes of hazel

With her funny old blue hat

She will go and set the world on fire

No one ever thought she could do that Kerli-Walking on air-Love is dead|E vola via sopra un vascello fantasma

E vola via verso una terra promessa Banco del mutuo soccorso-Moby Dick-Banco). D’altronde sentiva che Steve Albini degli Shellac gli avesse passato lo spirito mesto e decadente. O che i troppo allegri nel suo mondo non duravano fino all’importanza. La sua BrionVega RadioCubo gli stava facendo sentire proprio Genuine Lulabelle da Excellent Italian greyhound, fantasia sessuale di Roxanne Richter che assecondando i singulti della sua Jackson Razorback munge il pene di Scott Pilgrim, tutti e due disposti a smorzacandela da cui venne disingannato (e disincantato) da una radiocronaca. Checchè la sessualità fosse pure troppo genetica della sua essenza di supereroe, il suo senso del dovere rimaneva più forte di lei Notizia dell’ultim’ora. La First Lady della colonia sottomarina Missouri lungo le coste della Louisiana nel golfo del Messico insieme alla guardia del corpo CENSURATA sono state rapite da un nucleo terrorista misogino radicale. La cellula ha dichiarato che le due donne verranno messe come posta in gioco sull’isola artificiale di Nueva Bahamas. Al momento su Nueva Bahamas sono presenti altre donne-tutte prostitute incensurate-provenienti dalle Bahamas e dall’Avana con un cospicuo allorché non ancora completamente ponderato carico di lingotti d’oro e diamanti. Non risulta che l’oro sia stato portato via da Fort Knox. I diamanti sono d’origine ignota. La provocazione non sembra rivolta a nessuno in particolare poi come se niente fosse partì Beneath these Waves dei Demons & Wizards da Touched by the Crimson King. Anthony Reagì non reagendo a momenti, come il piccolo Moebius apprendendo della morte di Kennedy Avete sentito la radio o il tg? No cos’hanno detto? Cos’è successo? Il Moresco ricapitolò nel miglior modo che il suo elefante che è in lui seppe, conobbe e impiegò Quindi si tratta di un lavoro per noi? Indipendentemente dall’ovatta che ci procura, pure io comincio a averne gli zebedei al limite della Columbia Records e del caos nonché fiancheggiamento delle mafie dell’intera Inghilterra inscenato per aizzare ancora di più le mie sanguisughe del pene con buona pace di Diego Fanelli. O tutto o niente. Salvando vite ho capito che non è semplicemente pubblicità migliore di quando Sid Vicious sparava sugli spettatori o Marylin Manson decapitava pipistrelli con la sola forza dei suoi canini da Rawhead Rex; c’era molto di più che una buona reputazione. Cosa che comunque non otterrai mai; questo mondo ti vuole repellente. Ma ora che ho cominciato non mi fermerò, non ritornerò a fare l’uomo-sandwich con l’atteggiamento da Sorbolik o UFO Kamen Yakisoban. E non credo che a voi piaccia il lasciar perdere ridiventando le donne attraenti che si allenano e indossano abiti che rivelano seno e sedere della NRA. Come le sgallettate che braccano Tenchi Masaki nonostante tutto il sesso mi siete rimaste accanto. Come vi faceva sentire vedermi copulare sul palco con quelle altre satanasse dal seno imponente e la maglietta bisunta di sudore? Tu non possiedi gli altri. E gli altri non devono possedere te. Ognuna di noi ha sempre avuto la libertà al di sopra di quel pedofilo Edward Easton di intraprendere la sua strada. Se siamo unite come i mattoncini dell’imponente castello LEGO di una regina guerriera vuol dire che c’è more than meets the eye, più di quanto l’occhio abbia da soffermarsi. Allora qua la mano cazzo, sembravano le Winx alleate con gli Specialisti. Solo che essersi fidanzato con Musa (Gemma Donati) non è mai stato usato da Riven (Emiliano Coltorti) per portarsi a letto l’intera squadra di fate di Alfea. I paragoni trafissero il cervello di Anthony portandolo a riguardarsi meglio quelle squinzie confidando non le avesse disegnate Cristiana Magrini. O Naoko Takeuchi. Almeno a sto giro Tuxedo Mask non dovrà perdere tempo a salvare Sailor Moon. Guardò Space Magpie con quel sorriso senza macchia da Tifa Lockhart e le alluse che c’è l’aveva troppo grosso per quella capinera. Deborah di Trouble chocolate potrà essere una gigantessa, ma l’ombelico di [Daikengo] non è il suo pene e farsi scoppiare la testa dalle sue [Daiken Uchuu Gyorai] non è raccomandabile nemmeno a una bocca di rosa al garrese pari a un sauropode. Adesso però era ora d’andare, sesso l’avevano già fatto! E c’era molto altro da fare.

 

Prima diedero Man on the Moon dei R*E*M da Automatic for the people, poi Notizia dell’ultim’ora. La First Lady della colonia sottomarina Missouri lungo le coste della Louisiana nel golfo del Messico insieme alla guardia del corpo CENSURATA sono state rapite da un nucleo terrorista misogino radicale. La cellula ha dichiarato che le due donne verranno messe come posta in gioco sull’isola artificiale di Nueva Bahamas. Al momento su Nueva Bahamas sono presenti altre donne-tutte prostitute incensurate-provenienti dalle Bahamas e dall’Avana con un cospicuo allorché non ancora completamente ponderato carico di lingotti d’oro e diamanti. Non risulta che l’oro sia stato portato via da Fort Knox. I diamanti sono d’origine ignota. La provocazione non sembra rivolta a nessuno in particolare. Poi come se niente fosse partì Last Christmas dei Wham da Music from the edge of heaven. McArmy non aveva il cubetto rosso su cui fare binge-listening accarezzandolo su un piccolo tapis roulant demotorizzato ma un Grattacielo della stessa ditta con lo stesso meccanismo. Cercò un altra stazione e incocciò in Interstellar overdrive dei Pink Floyd da The Piper at the Gates of dawn. Magro divertissement. Lois Mold l’incontrò conciata come Eddie Murphy nella saga di Beverly Hills Cop nel suo maggiore svacco Hai sentito? La Mold non seppe cosa rispondergli, non afferrò nemmeno. McArmy saltabeccò tra le onde radio trovando una RFM dove davano Sex appeal di Sexy Sushi da Caca. Poi tornò il radiogiornale, con i vagoni del suo treno circense. McArmy urlò con ancora meno signoria di Harold Lee in La mantide omicida di Nathan Juran quando s’accorse di Panther Woman, inquietante Scilla Gabel di Il mulino delle donne di pietra di Giorgio Ferroni Scusa per lo spavento. Che sta succedendo? McArmy con il sudore ancora non asciutto per il coccolone di poc’anzi cercò un altro giornalista etereo.

Prima diedero Man on the Moon dei R*E*M da Automatic for the people, poi Notizia dell’ultim’ora. La First Lady della colonia sottomarina Missouri lungo le coste della Louisiana nel golfo del Messico insieme alla guardia del corpo CENSURATA sono state rapite da un nucleo terrorista misogino radicale. La cellula ha dichiarato che le due donne verranno messe come posta in gioco sull’isola artificiale di Nueva Bahamas. Al momento su Nueva Bahamas sono presenti altre donne-tutte prostitute incensurate-provenienti dalle Bahamas e dall’Avana con un cospicuo allorché non ancora completamente ponderato carico di lingotti d’oro e diamanti. Non risulta che l’oro sia stato portato via da Fort Knox. I diamanti sono d’origine ignota. La provocazione non sembra rivolta a nessuno in particolare McArmy spense la radio perché non gli piaceva questa educazione sessuale metodo Brad Pitt per la quale gli facevano trangugiare la realtà tra un cartone animato solo per orecchie e il successivo, di modo che la nuova bomba atomica, la nuovissima strage con bazooka fatta da mogli sessualmente insoddisfatte contro gli amanti gigolò infedeli, il miliardesimo bambino morto investito sulle zebre stradali smettessero tutti assieme bastardamente d’importargli, d’importare, tra Puff il drago magico, i Cutting Crews e Mika che scopavano Janet Jackson su una metropolitana notturna piena fino all’attaccatura dei sedili di sangue, gli 883 che pure nel mondo di Quintet blateravano di lunghe estati caldissime. D’altronde Panther Woman aveva già capito. Lois Mold, come ogni donna nella quale McArmy s’imbatteva come Davis Bertram era bellissima, con cosce di chilometrica plasticità, seni enormi, glutei che bilanciavano quelle bicefale cornucopie di dimorfismo sessuale impazzito, capelli da Lady Godiva fusasi stile Maron 18 con Raperonzolo, labbra da Sasha la black Bratz nelle mani di una bambina che ha come madre Kay Martin, occhi ipnotici che John Wetton himself non avrebbe sopportato per gli Asia, qui vestita solo con un accappatoio che accarezzava le sue curve da Ekaterina di Shinkon Gattai Godannar e un bicchiere di Chivas Regal in una mano appaiata con la sua pistola d’ordinanza, una Luger Parabellum e lo sguardo di Olimpiade quando visto cos’ha Zeus in mezzo alle gambe vuole metterlo alla prova, quel maialone sembrava quel tempio tibetano costruito su un macigno a un millimetro dal vuoto oltre l’orlo di un burrone per come puntellava i reni su un tavolo di plexiglas invisibile dal quale Tad Tadlock e Marc Breaux prendono cocktail, in silente giudizio di McArmy in poltrona da Giustino (Massimo Lopez) come la Madonna della basilica di Santa Maria degli Angeli di Assisi Io non potrei venire. Non sono l’uomo che vi servirebbe. Mamma mia….mi sento un tricheco nudo innanzi a voi bellissime sirene Bene. Vorrà dire che Phil Sheldon rimarrà a casa mentre Gatta Nera e Vedova Nera andranno a combattere Pyre con Jubilation Lee Ma solo di notte, come gli oritteropi. A proposito la Gatta Nera se la fa ancora con Giocasta? L’ultima volta me la sono vista con Tudo Sokuto perciò non è poi così erroneo continuare a farlo. E come insegna Tales to astonish #50 la giustizia migliore è quella dei sogni, dove il tuo avvocato non può entrare!

 

Prima diedero Born to die in Berlin dei Ramones da ! Adios amigos! Poi la notizia che tutto il mondo già conosceva a memoria: Notizia dell’ultim’ora. La First Lady della colonia sottomarina Missouri lungo le coste della Louisiana nel golfo del Messico insieme alla guardia del corpo CENSURATA sono state rapite da un nucleo terrorista misogino radicale. La cellula ha dichiarato che le due donne verranno messe come posta in gioco sull’isola artificiale di Nueva Bahamas. Al momento su Nueva Bahamas sono presenti altre donne-tutte prostitute incensurate-provenienti dalle Bahamas e dall’Avana con un cospicuo allorché non ancora completamente ponderato carico di lingotti d’oro e diamanti. Non risulta che l’oro sia stato portato via da Fort Knox. I diamanti sono d’origine ignota. La provocazione non sembra rivolta a nessuno in particolare. Poi il palinsesto di Stereonotte abbandonò again la realtà per Skin on my teeth dei Megadeth da Countdown to extinction. La Mitchison era all’ascolto, la cagnolina impadronita dal grammofono. Anche lei come le donne di Moresco s’impegnavano ciascuna in un attività sua. Alla Mitchison non veniva l’uzzolo di controllare cosa queste attività fossero, imperciocché l’astronave era grande abbastanza da riservare cospicua privacy al suo intero reparto. La kasbah di Anthony era invece più come la scuola media rinoceronte volante, Where everything is possible/at Flying Rhino Junior High, tante al preside Mulligan (Riccardo Lombardo) ne capitavano per colpa del Fantasma (Fabrizio Vidale) che anche quelle discinte Lili Carati un posticino l’avrebbero trovato. Nella Mitchison c’era però un serafico riguardo, da Rafiki (Sergio Fiorentini) che lascia che Timon (Tonino Accolla) e Pumbaa (Ernesto Brancucci) litighino scoprendo per i fatti loro come appianare tale astio. Memorie di una donna spaziale era un romanzo troppo sollucherante, e sopratutto era quello la cui autrice sua madre scelse per darle il nome. Prima si sentii Curse degli Imagine Dragons da Imagine Dragons, poi Raped With A Cell Phone While A Long-Distance Call With Your Uncle degli Sperm Swamp da If abortion is a murder, masturbation is a genocide (Questa se la potevano risparmiare….), poi Don’t give hate a chance di Jamiroquai da Dynamite, Earth song di Michael Jackson da Michael Jackson’s this is it, infine cadde su quella Venezia il silenzio strimpellato con l’ukulele in mano dei Pitura Freska con un che di Effervescenti Naturali in coda a ogni puntata di Doreciakgulp di quella notizia. L’emergenza traslò il libro dabbasso gli occhi della donna, facendole assumere un colorito orribile. Non alzò il volume come un Davide Auseri ridotto ai minimi termini che si strugge contro la colonna di Sant’Ambrogio, non si imprigionò nel silenzio come Fernando Rey con il tabellone del Quintet già innevato tra quanto rimane della Terra d’impassibile ghiaccio. Il volume rimase quel grigiastro amnio né urlo né silenzio, né percossa né semplice sguardo, come se il racconto del mondo ce lo facessero cominciare immediatamente dopo la sua fine. Non c’è un altro posto in cui andare, non c’è più nient’altro da guadagnare, non c’è più nient’altro da imparare. Perciò cercare non ha scopo [….] la sua radiolina era una Emerson con Topolino con le braccia impegnate a passare un archetto su un contrabbasso, qualcosa che la fece sentire esclusa da qualcosa. Questa sensazione la faceva sbuffare come un cavallo. Anche perché se partecipasse a questa cosa non andrebbe bene lo stesso. Né ne otterrebbe felicità. Stanca di fare la Bruce Springsteen di Radio Nowhere da Magic comunicò alle sue accolite la terribile notizia. Le fece adunare e con loro avrebbe voluto adunare anche la bambina che avevano inseguito per salvarla. Quella l’avevano adottata quelle generose massaggiatrici il cui onore della Ursula non voleva alzare la serranda d’eufemismo su quel lemma e su quella loro professione. Per sicurezza, Ursula mandò la notizia a Mi$$ boombabOOboombab, alleata apparsa dal nulla per quel salvataggio. Non potevano essere sicure. Di niente Insomma non ci lasceranno mai in pace. È tutta colpa mia e il mio pallino per il sesso maschile che qui sulla Terra hanno buttato in fondo al mare. Guardatemi, sono Jasmine sola contro quaranta ladrone! Mi dispiace, ma questa non è ancora la mia guerra Che cosa vorrebbe dire? Aaminah è morta giusto? Per colpa della mia avventatezza sfasciando un equilibrio mondiale già al minimo comune denominatore per i fatti suoi? Sono 100/2 alle olimpiadi della matematica. Così tracotante da scegliere proprio 102 ai danni del mio denominatore 2 che l’ho schiacciato come un mantice e il cinquantesimo che ne è eiaculato fuori ha le ossa rotte e improduttive. Mi piange il cuore il sangue che necessiterebbero i capillari dei miei occhi, ma devo tornare a casa. Il 102 non aveva compiuto chissà quale crimine, in realtà. Anzi era stato un pugnace Mosè che con quel Jimmy Page aveva combattuto orde di moltiplicazioni egiziane. Il 2 sotto di lui, il 2 che ne è dividendo è anche lui immacolato. Nella matematica non ci sono colpevoli o innocenti, c’è solo il caos di un mondo che è fumo instabile delle certissime fiamme iperuraniche da cui pure discende come avatar, ditelo a me: ci ho

creduto tanto, in quel mondo di cristallo che doveva venir fuori, da non rassegnarmi più a vivere in questo, amorfo e sbriciolato e gommoso, come invece ci è toccato (Italo Calvino-I cristalli-T0). Ma un conto è lo scoramento delle consce e fondamentali potenze e divisioni, l’ABC e il DEFG dell’intero Morse dei numeri, come il Morse una lingua rovesciata, una augnil talmente scevra, nuda e pragmatica che l’italiano di Fibonacci e Torricelli al confronto è una chewing gum, un altro è  la nobile ma puerile fiducia dei logaritmi, i cicisbei del calcolo, pagliacci che raffinatamente fanno in modo complicato cosa dovrebbero essere semplice, La semplicità cristiana non è ignoranza né povertà di mente né eccessiva bonarietà, come credono gli uomini volgari; ma è invece uno specchiamento, o più tosto una trasparenza del candore e della schiettezza dell’animo (Alfonso Capecelatro), la cui onestà e buone virtù risalgono comunque a dei trinariciuti. Log10050 (chi sia non lo dico; spetta a voi immaginarvi chi capisca Ursula così tanto da rincuorarla pure senza efficacia) le corse dietro esprimendole tutte le proprie ambasce Capisco tutto ma guarda cos’è successo. Non mi si può tentare semplicemente di convincere che senza di noi sarebbe successo lo stesso. Troppi dettagli purtroppo mi danno ragione. Se volete restare io comunque non mi opporrò. È la mia scelta, voi avete da soffrire le vostre. Si chiama libero arbitrio Un assenza della Mitchison andava però giustificata con la Harvey Keitel con così a cuore quelle Uma Thurman di così opinabile reputazione. Il vintage piaceva proprio a tutti! D’altronde quale agente CIA se non per professionalità avrebbe accettato quegli psichedelici Super Liquidator invece di un ferro vecchio ma serio come una Luger Parabellum con silenziatore come quello che la Mold ostenta? Per chi dovesse preoccuparsene l’avevano implementata per sparare laser. Trenta Trenta (Giancarlo Padoan) avrebbe goduto come alla sagra della carota. Le radio BrionVega e Emerson poi erano delle tali meraviglie che liquidarle alla stregua delle terracotte della cattedrale di San Lorenzo senza aggirare il tempo a cui domandiamo tempo e lui risponde non ne è in possesso (Cambia i volti non cambia niente

Lo sperma vecchio dei padri

Ho urlato forte la mia rabbia

Ma agonizzo anch'io anch'io

Ah ruota gigante

Perché dunque mi fai pensare

Se nel tuo girare

La mente poi mi frenerai Banco del mutuo soccorso-E ora io domando tempo al tempo e lui risponde non ne ho-Darwin|Io e te ne abbiamo vista qualcuna vissuta qualcuna

Ed abbiamo capito per bene il termine insieme

Mentre il sole alle spalle pian piano ca giù

E quel sole vorresti non essere tu

E così hai ripreso a fumare a darti da fare

È andata come doveva come poteva

Quante briciole restano dietro di noi

O brindiamo alla nostra o brindiamo a chi vuoi

L'amore conta

L'amore conta

Conosci un altro modo

Per fregar la morte?

Nessuno dice mai se prima o se poi

E forse qualche dio non ha finito con noi

L'amore conta

Io e te ci siam tolti le voglie

Ognuno i suoi sbagli

È un peccato per quelle promesse

Oneste ma grosse

Ci si sceglie per farselo un po' in compagnia

Questo viaggio in cui non si ripassa dal via Luciano Ligabue-L’amore conta-Nome e cognome) con la stampa 3d. Piccolo miracolo che dalle sue travi basculanti risale l’abisso delle ore riemergendo le braccia perdute di Venere dal laboratorio marmoreo di Antiochia, il resto dello scheletro del Deinocheirus mongolo con l’Opisthocoelicaudia, accontentando i necrofili degli antiquari, i pennivendoli di reliquiari, i centurioni che si giocavano a astragali la Sindone alle falde del Golgota. Mi$$ boombabOOboombab era la più necrofila, pennivendola, reliquiaria e Salomè di tutt*: Violent pornography dei System Of A Down da Mezmerize, poi Notizia dell’ultim’ora. La First Lady della colonia sottomarina Missouri lungo le coste della Louisiana nel golfo del Messico insieme alla guardia del corpo CENSURATA sono state rapite da un nucleo terrorista misogino radicale. La cellula ha dichiarato che le due donne verranno messe come posta in gioco sull’isola artificiale di Nueva Bahamas. Al momento su Nueva Bahamas sono presenti altre donne-tutte prostitute incensurate-provenienti dalle Bahamas e dall’Avana con un cospicuo allorché non ancora completamente ponderato carico di lingotti d’oro e diamanti. Non risulta che l’oro sia stato portato via da Fort Knox. I diamanti sono d’origine ignota. La provocazione non sembra rivolta a nessuno in particolare, poi Hallelujah i love her so di Stevie Wonder da Tribute to Uncle Ray su una Sparton 1268. Il sound umilierebbe l’ultimo modello d’autoradio con touchscreen integrato. La donna di gomma, ovviamente, la prese di malumore come Panther Woman e Lois Mold, diversamente dalla Mitchison sentendosi più una Maria Teresa d’Austria a cui hanno toccato la Vergine Cuccia che Jake Chambers con Oy buttato giù da un ponte tibetano. Chiunque, qualunque manigolda avesse spopolato in quel modo faceva più pensare a Bebo Bestione (Ambrogio Colombo) che invade l’ufficio del sindaco di Townsville, arrivando all’ultima goccia NON per l’emendazione delle Superchicche, NON per Miss Bellum (Laura Nicolò) vestita come una Lee Kanker (Ilaria Giorgino) adulta e zoccola ma per il cappello che a qualcosa di più irreparabile e meno colorato, una nefandezza (in)degna del Sergej TrifunoviÇ di A Serbian film di Srdan SpasojeviÇ Ça vans sa dire. Non che pure una qualcuna apparentemente così fuori dal mondo come lei non capisse quanto il vetro si fosse incrinato. Delle first ladies, una Maria Antonietta e Madame Cherette di due schieramenti Francesi che adesso-il gr aveva ricominciato lo sfondo disegnato da Harvard Pennington per i cartoni Hanna&Barbera di canzonette con issata la bandiera gialla dei negozi di dischi (L'impero della musica è giunto fino a noi

Carico di menzogne

Mandiamoli in pensione i direttori artistici

Gli addetti alla cultura

E non è colpa mia se esistono spettacoli

Con fumi e raggi laser

Se le pedane sono piene

Di scemi che si muovono Franco Battiato-Up Patriots to arms-Patriots), Don’t stand so close to me dei Police da Zenyatta Mondatta sciorinata ruotando con Several Species of Small Furry Animals Gathered Together in a Cave and Grooving with a Pict dei Pink Flòyd da Ummagumma prima dell’annuncio che erano cominciate sommosse in fondo al mare dovunque il Libellule cercasse un oasi sul pavimento degli abissi: i moti di Genova presieduti da Lorenzo Pareto, Leopoldo II che rende austriaca Firenze, Ciceruacchio e la breccia di Porta Pia, i malcontenti napoletani per Firenze capitale, Catanzaro armatasi e in festa per Nino Bixio e i 1000 garibaldini, Palermo che scatena da sola l’intero Risorgimento, l’abbattimento delle mura di Cagliari nel Pacifico, Daniele Manin che istituisce la repubblica di San Marco, la battaglia di Governolo, Ancona assediata dagli austriaci, Giuseppe Mazzini rockstar risorgimentale a l’Aquila, l’annuncio di Campobasso unita, i garibaldini al porto di Bari, Giacinto Albini che fa insorgere Potenza contro i dinosauri dell’esercito borbonico, i 19 di Attilio e Emilio Bandiera in marcia da Crotone, il colera siracusano che pagarono i Borboni, il municipio di Nuoro espugnato e disastrato nell’Atlantico, qualsivoglia altro Roberto Gavioli, Paul Gustavson e Gaetano Chierici sarebbe stato ben lieto di continuare questa ricognizione di eversioni nelle città sommerse al posto di quelli/quelle David Browne, Bret Halaand e Francesco de Gregori ancora incert* dall’altro capo delle radio. Almeno Moresco e le sue donne avevano preso l’iniziativa. Essere rockstars significa essere occulte come nuvole in cielo o grattacieli a Tokyo. Era solo la sospensione dell’incredulità degli anni 60 che contagiava il mondo intero con la sindrome di Clark Kent nei confronti degli Impossibili. Loro erano………………..appariscenti per ironizzare. Al porto di New Orleans non sei dal Toys Center, i sommergibili non sono così a portata di mano men che meno se sei i Guitar Wolf o gli Arctic Monkeys. Persino Gibernetta avrebbe scosso la testa con compatente biasimo innanzi a quei capricci da divi. Una bagnarola, un aliscafo Meteor con un muso simile alla stringente mascella di un cavallo con un espressione metà bulldog insofferente a una sedia spaccatagli contro metà John Holmes a fine carriera era abbastanza scaglionato da lasciar intuire nessuno sarebbe accorso a inveirne il furto. Che un Mark Gregory di buona pasta come il Moresco avrebbe solo imprestato, confidando di farlo tornare alla sua città a missione compiuta. Come ulteriore profusione di virtù Anthony cercò il responsabile del mezzo. Era una marionetta di John Tartaglia con un cappottone color anguilla che sembrava una fradicia foglia d’Ottobre dal cui scollo fuoriusciva un FranÇois Jerosme di Le Chien,. Le général et les oiseaux di Francis Nielsen con un cappello da pescatore più tesa che cappello intento a russare come un sauropode a cui un gastrolite è andato di traverso con come cuscino la fiancata dalla vernice erosa in coriandoli verdastri innalzando oltretutto un aroma di alcolici trovati e bevuti in Williams Boulevard a cui il nasello troppo sensibile del codazzo di pupe di Moresco reagì chiudendosi nelle loro dita. Non che Anthony non si sentì lo stomaco sopra un vinile che venga riprodotto da un grammofono con la puntina alzata asoosdlfjsldfjsldkjesiousdifuyrekjthscyvusgdfjhsdgrkesjfhs89d7gfyfd95yskjehsmdnbvckjasoosdlfjsldfjsldkjesiousdifuyrekjthscyvusgdfjhsdgrkesjfhs89d7gfyfd95yskjehsmdnbvckjasoosdlfjsldfjsldkjesiousdifuyrekjthscyvusgdfjhsdgrkertsjfhs89d7gfyfd95yskjehsmdnbvckjasoosdlfjsldfjsldkjesiousdifuyrekjthscyvusgdfjhsdgrkesjfhs89d7gfyfd95yskjehsmdnbvckjasoosdlfjsldfjsldkjesiousdifuyrekjthscyvusgdfjhsdgrkesjfhs89d7gfyfd95yskjehsmdnbvckjasoosdlfjsldfjsldkjesiousdifuyrekjthscyvusgdfjhsdgrkesjfhs89d7gfyfd95yskjehsmdnbvckjasoosdlfjsldfjsldkjesiousdifuyrekjthscyvusgdfjhsdgrkesjfhs89d7gfyfd95yskjehsmdnbvckjasoosdlfjsldfjsldkjesiousdifuyrekjthscyvusgdfjhsdgrkesjfhs89d7gfyfd95yskjehsmdnbvckjasoosdlfjsldfjsldkjesiousdifuyrekjthscyvusgdfjhsdgrkesjfhs89d7gfyfd95yskjehsmdnbvckjasoosdlfjsldfjsldkjesiousdifuyrekjthscyvusgdfjhsdgrkesjfhs89d7gfyfd95yskjehsmdnbvckjasoosdlfjsldfjsldkjesiousdifuyrekjthscyvusgdfjhsdgrkesjfhs89d7gfyfd95yskjehsmdnbvckjmaledettoseiarrivatoallafine. Che razza d’odore è? E’ come se tutti i romanzi di Sartre scorreggiassero all’unisono sotto il mio sistema respiratorio. Di grazia Fred Boccadipesce quale frullato di acido di batteria d’auto s’è scolato? Hai finito d’insultare un povero vecchio marinaio sottospecie di liceale senza naso? Liceale senza naso? Temo Egregissimo che Si stia sbagliando abbondantemente. Io sono un cantante affermato, e ammonto a più di vent’anni, mi avvicino agli -enta Sua Signoria. E puoi essere Nonno Tano quanto vuole, ma come diavolo fa a non sentirlo lei il suo stesso tanfo abominevole? E io mancherei di rispetto a chicchessia nel chiederne ragione? Ma non è il puzzare come un tronco pisciato sinonimo di poca creanza? Io non ho il lusso di uno shampoo ogni giorno. Sono un vecchio marinaio che ha perso ogni quattrino a più di uno 0 per questa bagnarola e deve pur sciacquarsi via il dispiacere d’esistere Dispiacere d’esistere? Se è una tale pena per lei lo compreremmo e ne faremmo la nostra Looney Dooney Buggy Il rancoroso Nugget Nose (Stefano Angrisano) si rivelò essere una dea Kalì o un [Piguman Shishaku]: da sotto la palandrana un braccio non alla stessa altezza di quelli di Moresco elargì un contratto di carta sorprendentemente ben curata. Anthony se lo lesse tranquillo e poi chiese qualcosa per poterci apporre la firma. Riecco quelle sorprese da Squiddly Diddly (Renato de Carmine): una penna, una Mont-Blanc che qualunque Frank Hampson avrebbe desiderato anche solo per i bozzetti propedeutici. L’oggetto, il cartiglio, tutto quanto quel Sfida la Piovra estraeva da sotto quel calzettone da sessuomane era in condizioni perfette. Appoggiandosi al duro pavimento del molo Anthony zigzagò la sua firma, già fatta ancora e ancora. Glielo porse, il documento firmato Ça vane sa dire, affinché lo passasse sotto i suoi occhi e comprendesse quanto trasparente era il suo buon cuore E’ una firma autentica. Da adesso è tutto vostro. Queste sono le chiavi. Dovrò portare quanto hai firmato al banco dei pegni. Almeno per adesso sarebbe necessario mi aspettiate nei suoi paraggi Un sopralluogo su com’era fatto dentro però potevano farlo. In fondo Anthony aveva le chiavi e non intendeva usarle tradendo quel lupo di mare dalle molte braccia, chiudendole in una tasca chiusa a lampo che il nostro vezzeggiò con numerose palpate, sovente più in preda a un ossessione personale che all’interesse di non perderle. Non che questo tic non aiutasse la guardia a quel tesoro. La novella Marianna aveva inimmaginabili comfort. Una sala di piacere dolcemente assolata (nonostante il cielo non scoppiasse di luce) con due tavoli da boccette, una libreria che si spalma in curva dentro tutta la stanza, prodiga non solo di libri ma vieppiù di giochi da tavolo, 4 divani, un tappeto e un tavolo di vetro. Poi c’erano le cucine, camere da letto da 3 stelle dirimpetto alle marmitte dei giganti di Mommio in provincia di La Spezia, una palestra fiore all’occhiello della tecnologia dimagrante, una piscina con sauna e jacuzzi, uno sfuggente ponte di poppa con sdraio. Se non fosse stato per la livrea dalla vernice erosa in coriandoli la Moby ne avrebbe fatto una Moby Lally. E qualcosa millantava a Anthony-Kaito Domoto e alle sue Mermaid Melody che quello fosse stato un Overlook Hotel galleggiante da loro scovato dopo molto che finirono i suoi giorni di feste popolose e gloria imperitura. C’era da augurarsi Jack Nicholson non fosse a bordo. Uscirono da quel sopralluogo proprio mentre la loro essiccata e ammuffita Allison Janney tornava indietro presumibilmente con un sorriso a 32 denti in agguato sotto la candela esaurita che aveva come barba. Il sorriso a 32 denti che puoi fare solo se hai in saccoccia un gruzzolo sonante per mero eufemismo. E lo mostrò ai nostri, lavandosene le mani peggio di Ponzio Pilato nell’interpretazione di Graham Chapman E’ TUTTA VOSTRA! Ormai non ci facevo più un cazzo. Non c’è nessuna fregatura! Fila come un missile e l’interno è puro Hotel Ritz! Spirit Of Louisiana arrivo! Era davvero il pestilenziale, impenitente ubriacone che aveva tanto nauseato Anthony. Ma la fine di quella parentesi risvegliò in loro l’urgenza di raggiungere Nueva Bahamas Muoviamoci! Anthony Moresco {con la [Carry Case] con i pezzi dell’armatura da Benam cavaliere della Volpe (Davide Garbolino) a bordo} come unica scuola nautica aveva Steamboat Willy di Walt Disney. Ma non poteva affidarsi su nessun altro apprendimento.  Dunque c’era il timone, la ruota dinamitarda di Willy il coyote di Eccoli là! Di Chuck Jones, non di legno ma una pizza margherita da Renault R28 iperaccessoriata alla tech più high. A stringerla come su uno dei cammelli del deserto acido di Almoha di Sonno di sangue di Serge Brussolo era la restante artiglieria elettronica: la Trimaxion di Navigator di Randal Kleiser. Con un intuitività da astronave dei Nerdlucks di Space Jam. Adesso il suo lato Portoguese D Ace (Diego Sabre) poteva slacciarsi agli stessi venti su cui i gabbiani volavano per inerzia. Il resto del suo caravanserraglio di Nelliel Tu Odelschwanck l’accompagnava attaccate a lui come telline, impegnandosi a far librare la nave verso Nueva Bahamas. Dopo quel riscaldamento Anthony chiese nuovamente raccoglimento: dovevano gestire lo sbarco sull’isola. Con una mappa sul tavolo dei giochi EG come veri David Hedison Non hanno detto niente su cosa dispongano per non farsi scocciare su quelle isole. È sicuro che non ci permetteranno un approdo di piacere, tipo giù da un pedalò o dal transatlantico di Polly Pocket. Cerchiamo qualcosa per aggirare lo zenit immergendoci sott’acqua Moresco su questo non era molto di polso. Le scialuppe c’erano, ma nei pensieri più roboanti di Anthony il golfo del Messico era come il corridoio sputa-lance di Dragon Ball, dove dovevi o trasformarti in un animale volante come Oolong (Riccardo Peroni) o saper levitare come Pual (Tosawi Piovani) o affidarti al bastone chilometrico di Goku (Patrizia Scianca) per poter avere salva la vita. Brillante cattivo gusto a parte Italiani brava gente di Antonio Riello enfatizzava una cosa: sulle divise sparano eccome, con i fiori per cannonate aromatiche pure più sulla croce rossa. Quella non era un accessoriatissima [Blue Noah], un battello per crociere neanche del tipo più sofisticato, di mezza scalinata più in basso comparato ai transatlantici di dimensioni cittadine. Il dovere però chiamava con la stessa insormontabilità di un mal di denti, che si facessero il segno della croce e guadagnassero il mare con quelle piccole e ancora più inermi Martag. C’era troppa bellezza nel panorama bahamense per reggere l’obolo a quella spedizione autenticamente suicida. Gli occupanti da parte loro erano sorprese pronte a uscire dal Pasqualone

Con Anthony però ancora roso da sudori freddi e terrorizzati. Pesava 3 tonnellate d’acciaio-una Aston Martin DB5-che nonostante lo scheletro da elefante marino delle scialuppe non avrebbe avuto scampo rovesciato in mare. Le onde erano così piccole e così piallate al loro mare che nessuno se ne sarebbe impensierito, ma anche quando il Titanic affondò c’era un mare della Madonna. L’aliscafo era un galeone dell’Olandese Volante (o il veliero ramingo di Shiver me Timbers di Dave Fleischer) in agguato come un fiore carnivoro poco dopo che la terra finiva all’orizzonte, dacché dalla spiaggia non esisteva. Barchette motorizzate con quella Reunion dei Sex Bomb-Obs falciava cotanto proscenio di Il lago dei cigni appena appena molleggiata da un mare troppo tranquillo. Dentro l’armatura si sentiva quasi meglio che dentro quella toccata in sorte da Rock Hudson in Operazione diabolica di John Frankenheimer, pronto però a uscirne fuori con lo stesso sbigottimento di Roger Daltrey cavaliere del flipper favellato dagli Who. Le donne che ormai formavano un pantheon di Zahir guardavano quel muro di palme disegnato da Joshua Held per Bonjour toujour l’amour dei Mondo Candido da Bizarre come sirene stanche. E stanco era pure Mad Racer, tuttavia con un inquietudine che non era né infiacchita né riposante nel suo essere sgonfiata. Lo stress e la disillusione di Italo Serri appostato tra i ghiacci, con reminiscenze dello snervo metafisico di Antonio Drogo che dalle feritoie della fortezza Bastiani attende i tartari come Isaia attendeva il giorno e Cleofa a Emmaus a un tavolo scombiccherato rischiarato solo da un candela da 4 shekels confidando in un segno. Quelle ladre e rapitrici, quelle Haruko Haruhara (Laura Latini) degli occhi dovevano averceli obtorto collo, perché non erano già uscite allo scoperto? Certo, adesso il sesto senso da Lucian Truscott gli rodeva che si nascondessero tra quei tronchi grigi con MP40 nemmeno preoccupati di doversi ingozzare di pallottole prima di andare alla guerra, ma allora bastò far risuonare il suo elettronico vocione da (Mugue Zolbado) a tutte le scialuppe per dir loro di spegnere i motori ancora in tempo VORRESTI FARTELA A PIEDI? Il silenzio c’era, ma le scialuppe non erano i vagoni del Super Espresso Sottomarino di Nazerkopf (Sandro Pellegrini); ogni bagnarola navigava in formazione con 6 piedi di distanza l’una dall’altra SECONDO TE ARRIVATI ALLA SPIAGGIA CHE CI FARANNO? POO PEW PEW PEW PEEEEEEEW! POO PEW PEW PEW PEW PEW PEEEEW! MI SA CHE IL NOSTRO ATARU MOROBOSHI QUI HA RAGIONE! MA ALLORA CHE VORRESTI FARE? GUIDARE UN AUTO SUL CARANTO DEL MARE STILE Voyage à travers l’impossible DI GEORGE MELIES?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ALLORA FACCIAMO COSI’: CHI PUO’ PERMETTERSELO VADA AVANTI BAGNANDOSI I PIEDI, IO FARO’ DA SCUDO CREDO NON SIA POSSIBILE. AVANZEREMO TUTTI INSIEME SCHERMANDOCI DALL’ASSALTO CON I NOSTRI POTERI CARICARE A TESTA BASSA? NON E’LA STRATEGIA MENO STRATEGICA DEI GIOCHI JUMBO? LE PEDINE DI STRATEGO NON AVEVANO I SUPERPOTERI Quindi Mad Racer dovette atteggiarsi a cardinale Richelieu con i pugni sull’elastico delle mutande alla 8 Man mentre i motori della sua scialuppa-borbottantemente riaccesi-guadagnavano terreno verso la terra emersa. Dalla parte delle palme ombre di gorilla ammutolite stavano per concretizzare le fantastiche ipotesi di D Day del giovincello sotto l’armatura a 4 ruote. Eccole, le Squealing Commandos che le attaccano. Ma le lame d’energia dell’armatura sono più campionesse di velocità e deviano i raggi a raffica mentre le ruote cominciano a frizionare. Sì, audacemente Mad Racer sprinta in risalita dal mare alla terra più veloce della leva d’Archimede mandando k.o le fuciliere. Moana orchestra l’oceano in maree inarrestabili nemmeno Paperino e Archimede contro Spennacchiotto con il raggio Gommopongo dell’omonima storia di Enrico Faccini raggiungendo pure la spiaggia più interna alla stregua di uno tsunami. Lo scudo da Caligola della Aldeste come l’eroina Gladiatrice si fa beffe dei laser come [Reideen] ben protetto con il suo [God Block] dalle raffiche di mitra del [Kaseki Juu] Dogcat. Sherereazade immune alla sindrome di Meniere fendeva l’acqua del mare come un frullatore gigante sommergendo le cecchine di sabbia fanghigliosa. Poppea mandava all’assalto eserciti di granchi obbedienti parenti di Bernie sommergendo quella Zig datasi al tiro al piattello di pizzicanti Ferrartigli mentre Space Magpie sbattendo le nere ali da [Daishougun Garuuda] sgancia uno stormo di passerotti assassini color Morositas Perfettic da sommergere nell’oscurità tutti i piloti del [Conbattler V] nella lotta contro il [Dorei Juu] Gherudon, piccoli e inesorabili droni più infernali di uno sciame di calabroni color macchia di dalmata. Mosquitowoman sfoggia ali da Pteranodon metalliche dalla superficie più lucida di un set di pentole sgrassato con trucioli di binari tranciati dall’elica di Matasaburo di Mega Man 2 e portentoso Palmolivec su cui i laser si specchiano con più mondana efficacia della porta della casa di Pac Man (Mico Cundari). Aspetta che scenda dalla scialuppa e l’entusiastica foga con cui splasherà i propri canini riprogettati come braccia della Venere di Milo scalpellate nuovamente da blocchi di marmo nati dallo stesso marmo della scultura a cui si vuole fare il lifting in leasing farà passare Dracula buttato dentro la sua bara nella cambusa della Demeter per Leisure Suit Larry in crociera che provola compulsivamente con un Martini in mano e il mal di mare in agguato a accorciarci la barra della forza vitale…… Arashi Oppai sente e dimostra di poter emulare la genio facendo dell’acqua calcestruzzo per maratoneti in riscaldamento. Se era lei a mollarti un calcio al mento a tutta birra come ci andava lei il fatto che nessuna fosse morta rasentò il miracoloso. Wolfwoman era Sansone l’idrofobo, non che il mare non fosse acqua di cui aver paura: Sting of death di William Grefè, L’assalto dei granchi giganti di Roger Corman, Teenagers from other space di Tom Graeff, Dogora il mostro della grande palude di Ishiro Honda, gli innumerevoli racconti cinematografici delle sanguinarie nefandezze di condritti e elasmobranchi a cominciare da Il vampiro del mare di Lionel Barrymore in poi. E poi perché gli stereotipi sui cani (anche se è di lupi che si parla) fanno sempre ridere. Altre donne armate si staccarono dalle ombre della giungla come formiche da un formicaio violato fronteggiate dal solo Mad Racer. Gli uscì così facile che ogni secondo lo coccolò come Takashi Katori (Alessio Cigliano) non fece dopo lo scontro contro il Sensor Robot prima che l’offensiva del [Jark Teikoku] e dell’asso di questa nuova, terribile fazione di nemici Gario Saban (Guido Sagliocca) corrispondesse alla prima sconfitta del robot a trasmissione super veloce dello schieramento Terra. Non sarebbe stato facile ad aeternum, era una regola aurea dei videogiochi. Prima o poi sarebbe arrivato il boss finale, Bowser nel castello delle fiamme, Dr Eggman con l’Ego Drillster, Marie nelle catacombe di Canopolis con treni merci di teschi e quell’ombra glichtante che si teletrasporta inglobandoci e deprivandoci d’energia. E se la notte e il grande silenzio cadessero ad un tratto su un mondo privo di qualsiasi forma di vita? E se il tempo trascorresse per millenni? E se infine l’ira di Dio si placasse e la sua mano tornasse a far risplendere il sole, ricreando ancora esseri umani fiori ed animali? Se nel castello dei destini incrociati che il conte di Montecristo e Asterione forgiano con come incudine la spirale di un Cameroceras i loro stessi dedali infiniti si aggirano Mandrake, l’Eternauta e Topolino nella Dimensione Delta? Se infine Agilulfo varcasse i bastioni del castello di Atalante e Almotasim, per non dire di Procopia e Cecilia? Scott Pilgrim si aggira per la Debris dei microservi con un ignoranza  alla quale Calvino e Borges rifiutano di credere. Ciò che gli interessa maggiormente è questa realtà, questa Matrice Spezzata, questo Solaris diventata videogioco più che gli insignificanti eventi di questi Little Computer People che lo scrittore sudamericano partecipa interrogandosi sui Malvagi Ex e su come essi aspettino la battaglia con Scott e Ramona come Asterione aspettava la spada di Teseo e Giuda Iscariota di trovare un albero buono per impiccarsi. Non che quella Angelica dai capelli cromaticamente cangianti non li abbia ammattiti fino al biasimo anch’essi, orfani tutti dell’estraneità di Ventigliano o dello stesso Agilulfo (i robot dei fratelli Katayanagi non contano), nemmeno che nemici sempre più potenti non significhino stress filosofico raddoppiato, frammentato. Fosse pure un soliloquio per eroine fatto da eroine, come Super Princess Peach o Metroid il boss finale non sarebbe finale per niente, l’ultima battaglia dopo la quale scorrono i titoli di coda. L’immensa foresta era il brodo primordiale delle possibilità incomincianti, The monkey sat on a pile of stone

And he stared at the broken bone in his hand

 

 

 

 

Strains of a Viennese quartet rang out across the land

 

 

 

 

The monkey looked up at the stars

And he thought to himself

Memory is a stranger

History is for fools

 

 

 

 

And he cleaned his hands in a pool of holy writing

 

 

 

 

Turned his back on the garden

 

 

 

 and set out for the nearest town Pink Floyd-Perfect sense-Amused to death. 5 milioni di anni dopo il miracolo di Adamo il circo di guerra delle assassine permetteva comunque il vorticante abbandono del postmodernismo Avanziamo verso l’entroterra con prudenza. Siamo mosche nella ragnatela. Se rimaniamo qui ci verranno le alghe ai piedi Gli ultimi titoli sfumarono in un mondo di sole primordiale, nebbia, pioggia velenosa e natura lussureggiante. Le nebbie mattutine erano sparse lungo la costa eterna dove immensi sogni volanti e sogni d'incubo falciavano il vento. Enormi triangoli di ossa e pelle rancida, di occhi di diamante e denti incrostati, gli pterodattili, gli aquiloni della distruzione, si tuffavano, colpivano la preda e la volavano via, carne e urla nelle loro bocche a forbice.

 

Terwilliger lo guardò affascinato.

 

Adesso nel fogliame della giungla, tremori, strisciamenti, tremori di insetti, tremori di antenne, melma racchiusa in una melma grassa e oleosa, armature rivestite di pelle per armatura, nella radura del sole e nell'ombra si muovevano i rettiliani abitanti del folle ricordo di Terwilliger della vendetta data alla carne e al panico. ala.

 

Brontosauro, stegosauro, triceratopo. Con quanta facilità cadevano dalle labbra i goffi toni dei nomi.

 

I grandi bruti dondolavano come orribili macchinari di guerra e di dissoluzione attraverso burroni di muschio, schiacciando mille fiori di sabbia con un solo passo, sollevando la nebbia, squarciando il cielo a metà con un grido (Ray Bradbury-Tyrannosaurus Rex-Le macchine della felicità). Palme dalla testa soffocata dai pettini sottili delle grandi foglie con la corteccia grigia e l’ulteriore aggravamento di un surplus di noci di cocco diramavano le loro dita corticali in una spiaggia sabbiosa apparentemente illimitata e senza fine. Sembravano Medusa com’era resa in Perseo l’invincibile di Alberto de Martino, più una creatura aliena che un mostro mitologico (non era solo la mano di Rambaldi dietro di lei, ma ci sono interessanti somiglianze con i Trifidi di Wally Veevers per L’invasione dei mostri verdi di Steven Sekely). Inumane e innaturali meduse verdi, grigie e con grappoli purulenti, occhiaie d’ascessi marroni che avvicinavano i loro tentacoli a foggia di metro allungabile goccia dopo goccia di un orologio d’acqua greco, mentre i piedi di quello Squadrone Avvoltoi protestavano sempre più veementemente che volevano -sabbia, -umido, +asciutto e +terra compatta e essiccata, gli sarebbe andato bene pure fango da terra erbosa appena arata, il letame più puzzolente di campagna budapestiana che quella Motta granulosa e grondante guano di Capocotta Marittima. Uccelli con troppa vernice sul piumaggio masticavano paglia ossidata di testa di palma guardandogli incarogniti come Enrico la Talpa la nuova badante esteuropea messasi a lavorare vicino alla sua grumosa tana. Quella non era l’Enchanted Tiki Room di Adventureland c’era da scommetterci tutte le vostre pepite del Klondike. Non davano il petto a nessuna valanga di fuciliere di recente. E se a migliaia e decine di migliaia ti seguiranno in nome del pane celeste, che avverrà dei milioni di miliardi di esseri che non troveranno la forza di disdegnare il pane terreno per quello celeste? O forse a te sono care solo quelle decine di migliaia di esseri grandi e forti, mentre gli altri milioni di deboli - numerosi come granelli di sabbia marina, che tuttavia ti amano - devono essere solo materiale per i grandi e per i forti? (Fedor Dostovieskji-Il racconto del Grande Inquisitore-I fratelli Karamazov)|De’ Lotofági, un popolo, a cui cibo
È d’una pianta il florido germoglio.
Entrammo nella terra, acqua attignemmo,

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E pasteggiammo appo le navi. Estinti
Della fame i desiri, e della sete,
Io due scelgo de’ nostri, a cui per terzo
Giungo un araldo, e a investigar li mando,
Quai mortali il paese alberghi, e nutra.

115


Partiro e s’affrontaro a quella gente,
Che, lunge dal voler la vita loro,
Il dolce loto a savorar lor porse.

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Chiunque l’esca dilettosa, e nuova
Gustato avea, con le novelle indietro

120


Non bramava tornar: colà bramava
Starsi, e, mangiando del soave loto,
La contrada natia sbandir dal petto.
È ver, ch’io lagrimosi al mar per forza
Li ricondussi, entro i cavati legni

125


Li cacciai, gli annodai di sotto ai banchi:
E agli altri risalir con gran prestezza
Le negre navi comandai, non forse
Ponesse alcun nel dolce loto il dente,
E la patria cadessegli dal core.
Le due donne rapite, una wyomingita e una ecuadoriana di San Cristobal erano ubriache al punto che ogni tentativo di avellersi da quella beatitudine martellatagli dentro stile Soso (Francesco Pezzulli) comportava che un collare attorno all’ombelico si richiudesse su sé stesso dandogli un dolore fisico, un mal di pancia psicosomatico per cui continuare a drogarsi era obbligatorio. Il tutto in una gabbia con troppi comfort, Mighty Max sgomina il Ciclope che la bambina gigante doppiata da Thea Ruth White si divertiva a pencolare stile Orie Kusanagi (Roberta Pellini) sopra una piscina piena di goderecce piratesse nettamente più belle di quelle che cantano Sørøversangen (con voci inoltre più intonate e melodiose), più le sirene nudiste di Havfruesangen. In fenicotteri grossi come plesiosauri di plastica e aria bevendo per pigra sete superalcolici psichedelici o bagnandosi il corpo di alveari di sole sfasciato da un orso spaziale, schiamazzando l’acqua clorata a colpi di piede. La scorta era un mucchio di cadaveri uscito dalle scene più inquietanti e lynchiane di Assalto dallo spazio di Edward Cahn di altre fanciulle, di procaci Delmo Corps troppo acqua e sapone per essere guardiane, fragili Linda Fletcher (Antonella Rinaldi) di Swarovskitm che non sono sopravvissute a quell’attentato della Maggia. Capelli come corde di pianoforte, con gli aculei velenosamente acidi di una vespa di mare, un polmone di mare e una medusa luminosa rossi come magma e irti di spine come un pesce pietra, seni che possono schiacciarti la faccia con altri aculei questa volta di un intero vespaio di vespe carnefici con un veleno 10 volte più doloroso, necrotico e serotoninico, in caso che può mungere dagli stessi e in qualunque punto tu ne venga colpito la tua pelle brucerà semplicemente rimanendo esposta all’aria (c’è un aiutino del trietilalluminio), diventerà una coscia fritta di KFC vomitata dopo due morsi e meglio per te e per noi tutti che il qualunque punto tu ne venga colpito non sia la faccia, o assisteremo a un gran bel remake di Horror in Bowery Street, Uomini H e Cyclops di Joji Ida. Oh, e ti ho già parlato della sua bava e del suo smegma? Il cono di Herbert George Wells, da non leggere prima di addormentarti! Inoltre non sa usare solo veleni, tossine, acidi, virus, quanto è conosciuto da Meleto, Brittney Spears, Christopher Lloyd, Vergil Ulam, ma le sue unghie possono allungarsi fino a farla assomigliare a un Beipiaosaurus, per non parlare delle lame a serramanico delle ossa dell’avambraccio e dello stinco, neanche parlassimo di [Daiaporon] e [Balatack] le parole di Miss Panique risuonavano come Betty Gearson in Cenerentola mentre la carneficina avrebbe fatto mettere le mani avanti al Philip Thomas di Coonskin’, con tutte quelle aspiranti Tara Strong, Jennifer Hale & Grey DeLisle trucidate dalle peggiori armate di [Kaibuddā] [Goroski] abbia mai mandato in battaglia: Kuragedoron, Hell Crusher e Akopagosu i celenterati dai tentacoli più taglienti delle chele di un astice, Hell Shark terrore dell’Oligocene, Kanigerer l’ottava piega d’Egitto, con una spietatezza che ci siamo disabituati a considerare pertinente al gentil sesso. Eppure basterebbe chiedere a Biancaneve, Aurora e Carmosina, fata madrina deviata delle opere di Basile, Le fiabe sono il modo con cui i popoli trasmettono la porzione oscura, nascosta, della propria storia. Violenze, guerre, pandemie, stupri, omicidi, incesti, cannibalismi, mostruosità e traumi psicologici di ogni genere. Come ben sapeva Kafka, quando la realtà si rivela troppo atroce per poter essere fissata negli occhi bisogna usare il velo della narrazione fantastica. Il non raccontabile può essere raccontato solo col linguaggio metaforico delle fiabe. Così, nascosto e protetto dall’irrealtà della narrazione fiabesca, l’orrore reale può essere finalmente affermato; il lutto può essere elaborato, i traumi superati. La fiaba è terapeutica. E in più ciò che era stato rimosso può ritornare sotto la forma di una più approfondita conoscenza (Silvana de Mari). Il femminismo le donne cattive non riesce a accettarle, non riesce a accettare il male dentro di sé. Tituba con Medea, le fa sconti di pena esasperando la colpevolezza di Giasone (come chi fa di Ponzio Pilato l’unico assassino di Gesù Cristo, posto che Pilato fu neutrale, per non passare per antisemita interessandosi di Caifa), recalcitra su Clitemnestra tifandola però in segreto, giacché con l’uxoricidio di Agamennone avrebbe ucciso un patriarca, diventa semplicemente la donna invisibile con Gezabele. Eppure Muerte era solo l’ultimissima serial killer col clitoride che un Carlo Lucarelli ha dissotterrato dalla vecchia nera macerata, dalle peggiori cronache terrestri del vicario collega bellunese: la saponificatrice di Correggio AKA Leonarda Cianciulli? La vecchia dell’aceto AKA Giovanna Bonanno? La vendicatrice suicida di Mezzanino AKA Milena Quaglini? Accendete Rai 2 e vedrete. I televisori erano spenti, sfondati stile James Woods in Videodrome di David Cronerberg. L’orrore-nonostante la zuccherosa fino al beota cornice-era reale. La freddissima Victoria Bray di quel La dea solitaria di Henry Slesar giocava a Final Fantasy Tactics A2: Grimoire of the Rift su Nintendo Ds, con una robustezza alla carneficina che da Lynn (Daniela Caroli) era comunque insensato aspettarsi, molto più da Miss Goldenweek (Sonia Mazza) o da Nyu (Sanae Kobayashi), potendo anche darsi che i cadaveri facessero catacombe di San Gaudioso in privato, nella cantina dove noi respiravamo piano e dove Voglio vederti morire!

Voglio vederti soffrire!

Voglio vederti sanguinare

Voglio vederti sudare!

Voglio vederti sepolta!

Voglio vederti morta!

Voglio vederti scorticata

Voglio vederti sodomizzata!

Voglio il sangue...

Adoro i teschi...

Colleziono cadaveri...

Bevo sangue di capra vagante...

Ti trito col Mulinex!

Ti amputo gli arti!

Ti stronco con la mannaia!

Ti uccido i parenti!

Ti stupro la cagna!

Ti mangio il canarino!

Ti butto il pesce nel cesso

E dopo mi confesso!

Messe nere...

Malati di mente...

Sacrifici umani...

Viva il male, viva il Diavolo!

Sono satanico, cadaverico, necrofilo e putrefatto!

Riviste pornografiche!

Necrofagia!

Decomposizione!

RIESUMAZIONE! (Gli Atroci-Voglio vederti morire-Gli atroci). Prima o poi però dell’intrusione avrebbero dovuto prenderne consapevolezza. Rendere ogni palma di quelle Bahamas stravolte trasformate in una Perengana supremamente moscovita in una Jennifer-In-The-Box dotata di AK47 era una necessità tattica che adulterava e scoloriva mano mano che si zoomava sull’intrico di tronchi grigiastri e marrone ruggine, nonostante sui muri di disegno gentile come vasi di ceramica dello stesso bianco ombreggiato come in un dipinto di Guido Spadolini cozzassero ferocemente con l’armonia del paesaggio da sogno tropicale di Gaughin torri d’avvistamento fatte con quanto più metallo nero di brucianti riverberi solari con in agguato quelle aquile. Una, in topless con i seni sudati lavati con accidiose nonché snervanti lappate che in virtù (o vizio) della loro enorme circonferenza lasciavano la cecchina con le braccia del falegname sembrava quasi anche lei in vacanza troppo accaldata e estiva per avere cicale per la testa. Eppure la raffica d’incendi colorati che trasformò una delle palme in quello stecco di ragazzo implicava che nel suo cervello ronzavano in scattata i riflessi di uno stormo di cimici assassine. Le sorelle sugli altri Sivatherium erano altrettante cane pigro di Tanto va la donnola al pollo…..di Robert McKimson impossibilitanti scatti da un tronco all’altro. Il gruppo di Mad Racer era ancora abbastanza distante, con le più leggere (attenzione ai discorsi sul peso con le donne: ti butterebbero sotto uno schiacciasassi o ti gonfierebbero con l’elio e poi ti sparerebbero fuochi d’artificio contro per farti fare la stessa fine dello Hindeburg) a far vedetta sulle protese cime degli alberi. Il responso fu Hanno torri d’avvistamento talmente alte che di metri ne equivalgono 4 palme. E hanno cecchine armate. E hanno improvvisi momenti Nick Martinelli in cui fanno gli Ryu Josè che sparano a casaccio con le loro BFG 60mm Vulcan ×2 ma a differenza loro non c’è niente da ridere. E rideremmo ancora meno se le affrontassimo direttamente. Pareri su come aggirarle? All’improvviso, versi del Joe Fleishaker di Poultrygeist la notte dei polli viventi di Llyod Kaufman annunciarono che Baylene (Isa Bellini) era finalmente andata di corpo. E dalle felci e glossoptere irruppe D’Compose: una Seducella (Cinzia de Carolis) dalla chioma insolitamente flaccida e la faccia da impiccata, con movimenti che presupponevano o emorroidi da [Ga Keen] o dissenteria da [Dagaa Gensui], ancora con il ferro futuristicamente vintage nelle mani come la modalità fulmine=zombie di Metal Slug II. Mosquitowoman fu l’unica che non ne trasalii. Tutti la guardarono con la stesso familiare biasimo delle Galaxy Girls a un iniziativa di Pluto. Mad Racer cercò d’avere spiegazioni Un mio agguato mordente e abbiamo un perfetto scudo umano. Incasserà più proiettili di quelli che vennero contati alla fine della prima guerra mondiale senza smettere di sbadigliare a bocca aperta Curala. Rimettila in sesto. Noi non usiamo scudi umani, nemmeno conciati in stile Ghostbusters II. Io sono contro gli scudi umani. Prima però voglio vedere una cosa Cosa poi? Sei tipo gli avvoltoi video voodoo di Venere? Com’è che controlli questa sonnambula quasi senza mezza giugulare? Vampira di nome e di fatto Mosquitowoman la guardò rintronandosi come la novella Nejishiki trasformandola in una spilungona Martina Cuoricina a cui Mosquitowoman regalmente imprestò il telecomando a Mad Racer Dimmi cosa vuoi che faccia e glielo farò fare Allora dille di darmi il fucile il fucile venne dato a Mad Racer Ora la placcherò con una mia ragnatela Takuya Yamashiro con il suo Leopardon Adesso falla tornare com’era prima con quella faccina da Peacock (Gaia Bolognesi) quando il palo di frassino LeduÇ (Oreste Baldini), la gnocca Hive (Domitilla d’Amico) o anche l’eterealmente materna Lleum (Benita Martini) le dice di contenere la sua pucciosa sociopatia Mosquitowoman estrasse da una di quelle vezzose taschine da Vionnetc del 1938 una sorta di rossa Y per filo interdentale simile a un incrocio tra il Fire Stick di Fireman e il Dark Tact di Dark Pretty Cure e a mò di taser pugnalò servendosene l’esangue Bleah (Cinzia Massironi) aspirandole il bacillo di Wurdalak destabilizzandola come una delle vittime degli alieni di The Earth dies screaming, rendendola bisognosa anche più di prima di appoggiarsi. Appoggio che ottenne gratuitamente dall’insindacabile Mad Racer traslato poi sotto un bambù senza Mario Barbaglia con l’ukulele Ora che facciamo? Sei tu il capo. Ho avuto una pessima idea ma che almeno aveva una direzione. Poi è fortunata la nostra Kitty Swan a essere ai tropici, quella ragnatela la lascerebbe a congelare nell’Artico E’ una ragnatela fotonica d’ultima generazione a massima tenuta elastica. Le impediranno di scappare. Dobbiamo far loro capire che la loro causa finora sostenuta è quella sbagliata. Ci prenderemo cura di questa ? E le porteremo a appoggiarci E se fossero spietate come l’esercito di Anassandrida II e l’ammazzassero e/o sguinzagliassero le segugie per trovarla e farla fuori dentro il nostro ospedale improvvisato a cielo aperto? Faremo stile Alan Parker di Cane & gatto; le meneremo fino a renderle docili. Non è nemmeno sbagliato perché a parte me siete tutte donne e se sono le donne a riempirsi di botte a vicenda chi avrà mai da protestare? E com’è che rimarrà protetta? Mad Racer sbuffò come Trenta Trenta (Giancarlo Padoan) La proteggerò io. Mi avete sconfitto bambole. Pregate quelle sgrillettartici abbiano udito poliglotta e pazienza da tenente Simeoni; che la pazienza il sottotenente Drogo deve impararla come il ben più ininfluente Zinkoff Venne scelta Mosquitowoman giacché era bilingue francese/portoghese del Suriname Oggi sono importante soliloquiò con un arrendevole sarcasmo Mosquitowoman, mentre Seagullwoman pazientava con un che di Gertrude Giorgi recitante nelle operette di Gioacchino Rossini la chance per farsi dare così tanti compiti da Mad Racer. Dopo l’allarmatamente arrabbiato altolà delle sentinelle Mosquitowoman prese la parola UM DE SEUS COMISSÁRIOS TEVE UM ASSUNTO RUIM NAS VEGETAIS e a culpa é sua, certo? SIM, MAS SALVAMOS. SOMOS TÃO NOBRES E MISERICÓRDIOS QUE A ESTAMOS TRATANDO. AGORA LEVAMOS ATÉ VOCÊ La distanza era troppa, non videro quegli sguardi da Tina (Maria Bircher) di The duck di Uli Meyer quasi sottintendenti che non c’erano troppe amicizie tra quelle avatar di Kate ò Hara di Desperados wanted dead or alive, che avevano i loro modi per curare le altre arruolate e che quel numero di Federazione Italiana Clowndottori non era così accattivante com’erano convinte che fosse. Ma se quello che volevano dir loro è che fossero nobili e valorose, roba da tregua di Natale o ospedale di Fontanaluccia di Mario Prandi è stato un successo, adesso erano convinte. Ma solo quello. La prigioniera per eufemismo, la signora Puff (Graziella Porta) giuliva come una Pasqua in un carcere apparentemente unisex come il Deadman Wonderland, la Victoria Cabello di Il cosmo sul comò di Marcello Cesena, la bella addormentata larva di formicaleone di Brividi e polvere con PelleEOssa in convalescenza dal morso del barbone doppiato da Toby Huss aveva pure trovato il relax per addormentarsi. La luminosa e subatomica ragnatela di Mad Racer non pesava più di un velo di sudore. Riaprendo gli occhi come novella Bella Swan al contrario trovò Mad Racer là a raccoglierla. Mosquitowoman si era nascosta per evitare che la rinvenente l’identificasse di nuovo e impazzisse troppo per la loro dimostrazione Trouxemos para você, sem um fio de cabelo fora do lugar Então, o que é aquela pele cor de farinha daqueles que sofrem de enjôo? Fadiga pelo calor tropical. Eu tenho ar condicionado explodindo La soldatessa era arcigna e sbuffante come una femmina di Styracosaurus in calore; Mad Racer zoomandovi sulla faccetta stile Mikami la miss scacciafantasmi (Lorella de Luca) se Tadao (Davide Garbolino) non fa quello che vuole lei trasse la più amara della conclusioni: non erano convinte. Si scrollò dalla mente con severità l’opzione Il giorno degli zombie propugnata da Mosquitowoman, ma non gli piaceva il fallimento. La pupa in cima scomparve dal suo campo visivo nero e rosso, convincendosi stesse scendendo. Mad Racer come il bambascione Miroku (Fabio Boccanera) davanti a una bella ragazza in contrasto alla remissiva Kagome Higurashi (Letizia Scifoni) e all’inflessibile Sango (Emanuela d’Amico) fece sorrisetti da G-R nascosto dentro il musone da Modigliani cileno del God Mars ammirando le sue curve latine calmo a sufficienza per non mandarla davvero su tutte le furie. Certo però che se una è una nudista o una spogliarellista è inutile che si senta offesa per le occhiate rapaci che le fanno. Mad Racer si prodigò in imbonimenti (in)degni di Erodiade con davanti a Erode impassibile alle danze stile Rejane Magloire della figlia una bella tazza con la scritta #❤️madredellanno su quanto volenterosamente l’avessero curata. Effettivamente l’anonima stava ritornando Coloredo Quercettitm affogato (letteralmente) in una Ciobar tropicale. Quella che doveva essere la più in alta graduatoria di uno scalino della ospedalizzata si fece accendere il fuoco negli occhi quando vide l’arma mancante O rifle de serviço está faltando……ma prima di tutto Seagullwoman piegò una delle palme allarmandola. Non appena l’altra afferrò le fronde dal calamo giallognolo venne lanciata dall’altra parte delle Nuevas Bahamas, mentre Mad Racer ammattiva MA SEI IMPAZZITA! Suoni da giostra spaziale lo ammutolirono con mani come grinfie affamate di labbra strappate gusto pizzaiola. La battaglia si sbrigliò come un branco di dinosauri imbizzarriti: le sue concubine, le sue odalische, le sue serve della Principessa Serpente (Dania Cericola) attaccavano dal cielo schivando colpi di mortaio di luce esplosiva come Birdgirl i missili laser di Skon, abbattendo a colpi di Risacca i plumbei tubi da Lincoln’s Log rinforzati in Erector delle torri d’avvistamento mentre quel doblone della ratificazione del Delaware di uno scudo specchiava laser come il Golem Galattico, Moana con un appostamento da Sissy Spacek deprivava un palmizio della clorofilla per sparare un idrante d’acqua con una pressione (in)degna di un Cascata di Gyarados verso la soldatessa denudandola con la sola forza di un maroso in piena, pure lo stoico Mad Racer, Abu disinteressato alle sexy pantere dell’harem della sexy pantera Mirage si catapultò in quel caos, quella 35esima puntata di Justice League Unlimited con la serietà di un King Booker in The Great American Bash MMVI con uno spazio vitale tra quella Linea Maginot e quella Hotel Louison cuscinetto ammortizzante che però aveva una certa maestria otorinolaringoiatrica; imperciocchè qualcuna cominciò ad accorgersi. Le prigioniere del resort Cala Corvino, le meduse ubriache di Tropical Punch zuzzurellanti nei loro Pterodaustro taglia Thalassomedon con neri vetri da Captain Bizzarly dei Tigersharks Ljntm si voltarono con un ritardo da vittime d’acufene perpetuo. In quanto tempo ci si può accorgere che il peggio sta arrivando? Yes, and how many times can a man turn his head

And pretend that he just doesn't see?

The answer, my friend, is blowin' in the wind

The answer is blowin' in the wind

Yes, and how many times must a man look up

Before he can see the sky?

And how many ears must one man have

Before he can hear people cry?

Yes, and how many deaths will it take 'til he knows

That too many people have died? (Bob Dylan-Blowing in the wind-The freewheeling Bob Dylan)|E poi il capitano, se vuole

Si leva l'ancora dai pantaloni e la getta nelle onde

E chiama forte quando vuole qualcosa o qualcuno

C'è sempre uno che gli risponde

Ma capitano non te lo volevo dire

Ma c'è in mezzo al mare una donna bianca

Così enorme, alla luce delle stelle

Così bella che di guardarla uno non si stanca

Questa nave fa duemila nodi

In mezzo ai ghiacci tropicali

Ed ha un motore di un milione di cavalli

Che al posto degli zoccoli hanno le ali

La nave è fulmine, torpedine, miccia

Scintillante bellezza, fosforo e fantasia

Molecole d'acciaio, pistone, rabbia

Guerra lampo e poesia

In questa notte elettrica e veloce

In questa croce di Novecento

Il futuro è una palla di cannone accesa

E noi la stiamo quasi raggiungendo

E il capitano dive al mozzo di bordo

"Signor mozzo, io non vedo niente"

C'è solo un po' di nebbia che annuncia il sole

Andiamo avanti tranquillamente (Francesco de Gregori-I muscoli del capitano-Titanic). Prima furono bocconi uditivi in portoghese da Jhaidy Barboza di quelle in piscina, poi con Muerte ancora possibilitata a fare la panchinara qualcuna delle soldatesse più vicine alla villa s’avviarono. Non che a Muerte dispiacesse non unirsi a loro appena ci fu quella possibilità: quel Partagas nelle sue nacchere di bistecca comunemente chiamate (almeno da lei) labbra aveva un aroma e un tabacco (vero o finto che fosse) troppo gradevoli per schiodarsi da quello stipite per lei comodo come il letto matrimoniale di Chiara di Notte. La Himmler era anche lei una cariatide ma prediligente i muri diritti e compatti, non quegli spigoli che ti passano la schiena a fil di tagliacarte. Con il calice da Tea Party pieno di succo di ananas inquinato d’etanolo era un accomodata Sarcofago degli Sposi della necropoli della Banditaccia di Cerveteri in provincia di Roma, non il Giano di Prospero Sogari, geco obeso giratosi male sulla ripida carta vetrata della gola di Kali Gandaki di Giuseppe Chioffi con un tale colesterolo che quando cadrà gavettone di squame e bile sul marciapiede di Via Porta Brennone non se ne sconquasserà nessuno. Mentre svogliatamente cercava altro succo biondo di bromeliacea a quel lungo tavolo vestito da San Nicola arieggiante più alla stregua di un compleanno di bambini persi in quella giungla periferica come la Kate di Bambini nel tempo di Ian McEwan nel suo mondo di muri bianchi da Spirito, alcool obliante da Pirata e Estate da Nè buoni né cattivi per ascoltare quell’emergenza. Stanate Muerte e Pirralha, fece sì che non rimanessero indifferenti anche loro. La ghenga di Mad Racer, Mukesh Matthew Patel con le sue adoranti groupies infernali dondolava sguardi affranti e colpevoli come quelli di Grag (Marcello Mandò) a bordo della Cosmoliner in esplorazione delle vestigia del pianeta delle macchine. Ma quella era guerra: non portatevi lì i cerotti, ma solo le mannaie. Quelle villeggiatrici dal seno a cocomero di Ferragosto da quel seno a cocomero di Ferragosto estrassero un arsenale che avrebbe mandato Delbert Doppler (Danilo de Girolamo) in brodo di giuggiole per l’embolia asfissiante pneumatica cerebrale da erezione. Dopo che la Himmler si fu fatta dare un ennesimo ferro come la dottoressa Possible in ambulatorio (Antonella Giannini) s’infilò un ramo in mezzo a quei cactus del pianeta Kylemurre e lo piegò-i suoi meloni extralarge lesionati dalla sudicia corteccia-fino a un secco chiasso di rottura. Come per far capire che è la più gnocca di tutte. Cercate rogne? Era la sola domanda. Mad Racer, cosplay di Ardern Holt fondente il futurismo di Corrado Govoni di [Dendoh] all’epica di Torquato Tasso di [Tobikage] avanzò godendosi la lenta zoomata-un passo dopo l’altro sulle strade di Gesù-delle tette a Golem della Himmler arrestandosi prima di mettersi a esplorarle con il suo nasello da Sledgehammer O’ Possum (Giorgio Lopez) rimediando un ceffone (in)degno di Pan (Federica Valenti) cominciando le contrattazioni Lasciate le First Ladies. Questo caos; non ho voglia di continuarlo. Lo sapete anche voi che la Quarta Guerra Mondiale è cominciata, e voi siete la Gambadilegno di Topolino e il fantastico Tokamak che con il suo più elaborato del solito furterello ha portato la Terra alla guerra totale. E che guadagnereste? L’esercito di Marco Emilio Lepido era fatto da 6mila legionari e 3mila centurioni. Annibale aveva 38mila guerrieri montati su 37 pachidermi di 4 metri d’altezza e 500 tonnellate di peso. Oggi ci sono eserciti altrettanto numerosi con armi dalla potenza così a essi superiori che Giulio Cesare e Ezzelino III da Romano paiono al confronto Enrico la Talpa e la mascotte del Guerin Sportivo. Già noi siamo Peter Graves, cosa farete quando subentrerà Ferruccio Viotti? La Himmler rise come Babbo Natale Permettetemelo, ma cosa sta succedendo l’ho capito meglio di voi, semplicemente non infilando la testa sotto la sabbia come uno struzzo. Abbiamo degli ostaggi! E finché avrò ragione nel dirlo nessuno farà il baldanzosamente esordiente stupor mundi. E dov’è che sono? Le due donne con quelle gobbe da stomaco di L’uovo di Alfred Kubin combinato con i crampi di Stomachache di Władysław Winiecki fecero il loro lagnoso ingresso da Lina Medina all’ambulatorio di Lima dove i chirurghi di quella Domenica pomeriggio entrarono na área onde as coisas normais não acontecem com muita frequência. La Himmler le guardò con un sorriso da cane da guardia. Como homem, meus ouvidos nem ouvem você, fala o feminicídio trancado naquela pilha de papel alumínio. Quando Mad Racer chiese furiosamente perplesso cosa c’entrava il femminicidio, una Himmler con la coppia di Fujiko Mine (Alessandra Korompay) spremute come Polaretti dalle pingui braccia rullate sulla sua pelle da soffitto della Cappella Sistina ridipinta da un volenterosamente elefantiaco Scoop della turnista Kaoru la Squartatrice (Cinzia Villari) fece passare tutto e tutti da La strage degli innocenti del Ghirlandaio a Massacro in Corea di Pablo Picasso. Secondo la Himmler mentre prosperava il paradiso delle donne i maschi non dovevano tornare per ristabilire il proprio dominio. Per Mad Racer i Sarvants dalle forme formato Gilbert Hernandez erano come quegli acquariofili oligarchicamente ambientalisti per i quali le mangrovie della Malesia devono conformarsi per loro capriccio ai giardini dei Boboli portando via specie che i popolini possono solo quelle predare per non essiccarsi come rancidi quotidiani ruzzolati tra pozzanghere e sassaiole delle tranvie mentre quelle enciclopedie anni 50 rilegate di liquirizia e Puffo hanno tutte le bellezze e pigrizie (Pera colui che prima osò la mano

armata alzar su l’innocente agnella,

505

e sul placido bue: né il truculento

cor gli piegàro i teneri belati

né i pietosi mugiti né le molli

lingue lambenti tortuosamente

la man che il loro fato, ahimè, stringea».

510

Tal ei parla, o Signore; e sorge intanto

al suo pietoso favellar dagli occhi

de la tua Dama dolce lagrimetta

pari a le stille tremule, brillanti

che a la nova stagion gemendo vanno

515

dai palmiti di Bacco entro commossi

al tiepido spirar de le prim’aure

fecondatrici. Or le sovviene il giorno,

ahi fero giorno! allor che la sua bella

vergine cuccia de le Grazie alunna,

520

giovenilmente vezzeggiando, il piede

villan del servo con l’eburneo dente

segnò di lieve nota: ed egli audace

con sacrilego piè lanciolla: e quella

tre volte rotolò; tre volte scosse

525

gli scompigliati peli, e da le molli

nari soffiò la polvere rodente.

Indi i gemiti alzando: aita aita

parea dicesse; e da le aurate volte

a lei l’impietosita Eco rispose:

530

e dagl’infimi chiostri i mesti servi

asceser tutti; e da le somme stanze

le damigelle pallide tremanti

precipitàro. Accorse ognuno; il volto

fu spruzzato d’essenze a la tua Dama;

535

ella rinvenne alfin: l’ira, il dolore

l’agitavano ancor; fulminei sguardi

gettò sul servo, e con languida voce

chiamò tre volte la sua cuccia: e questa

al sen le corse; in suo tenor vendetta

540

chieder sembrolle: e tu vendetta avesti

vergine cuccia de le grazie alunna.

L’empio servo tremò; con gli occhi al suolo

udì la sua condanna. A lui non valse

merito quadrilustre; a lui non valse

545

zelo d’arcani uficj: in van per lui

fu pregato e promesso; ei nudo andonne

dell’assisa spogliato ond’era un giorno

venerabile al vulgo. In van novello

Signor sperò; ché le pietose dame

550

inorridìro, e del misfatto atroce

odiàr l’autore. Il misero si giacque

con la squallida prole, e con la nuda

consorte a lato su la via spargendo

al passeggiere inutile lamento:

555

e tu vergine cuccia, idol placato

da le vittime umane, isti superba Giuseppe Parini). I maschi, Los machos, secondo Mad Racer sono il pellerossa a cui hanno messo nella garÇonnerie il bisonte che altro non ha, il carabayo a cui hanno messo nella garÇonnerie il giaguaro senza il quale le pubenda non avrebbero nemmeno il più elementare schermo, l’ainu a cui hanno messo il grande odontoceto nell’acquario bello sempre nella garÇonnerie lasciandogli solo il mare vuoto e sterile. Un mare, un Pacifico settentrionale isterilito non dalle tradizioni dei nostri bisnonni di 150 e 160 anni orsono ma come Lord Elgin e il condiscendente Antonio Panizzi hanno isterilito la Magna Grecia, l’Egitto e Costantinopoli. Ed eccoli gli scalognati cherokee, carabayo e ainu, T Hawk, Maya di Killer instinct II e Horo Horo di Shaman King Spirit of shamans in gita al bioparco di Bellagio per pagare 35 € e gustarsi come un coprofago tutto quanto gli hanno tolto; dal giaguaro ruggente al bisonte con un desolato barile di biada nel suo recinto al capodoglio che salta nelle acque lacustri. Per le leggi della lotta di classe i discorsi della Himmler suonavano come quelli di Petr Krasnov contro i rivoluzionari votati alla liberazione del popolo. Al che la Himmler gli rovesciò contro stile Leone cane fifone contro Bobby Caviale-Di-Melanzana la misoginia del comunismo di Lenin e Stalin. Mad Racer rincarò che stava parlando della rivoluzione d’Ottobre solo in merito al tipo di reprimenda che i conservatori, i paggi dello zar potevano fare contro un popolo di rivoluzionari che chiedeva cose giuste incattivendosi solo per aver seguito entusiasticamente ingenui i primi mostri del Novecento. In quella partita a Alì Babà e l’Indomabile Dromedario Mad Racer aveva l’incarico di chiedere alla Himmler perché torturare e uccidere delle donne avrebbe dovuto pertenere al liberare le donne. La Himmler contraddicendosi sostenne che la violenza-delle torture e delle pistolettate-era l’unico linguaggio che Mad Racer e chi come lui poteva capire. Mad Racer con i discorsi intervallati da bevande rinfrescanti come Kazuo Niibori quando girava nell’estate 1977 ribatté che lui un violento non lo era affatto. Come [Duke Fleed / Umon Daisuke] a una scazzottata preferiva suonare il banjo o soddisfare in veementi amplessi una di quelle sue groupie, era un cavaliere valoroso che senza uccidere puniva solo i malvagi. Aveva delle testimoni. Tra cui una delle soldatesse a guardia della villa e dei suoi bagordi. E questa voce bianca proluse che sì, era stata vampirizzata ma poi normalizzata su esigenza di Mad Racer. Un vero signorino. Eppure la Himmler era più prolifica d’assi ammanicati del distributore di carte Mattelc everybody Uno everybody play: gli invasati con le action figures delle Tartarughe Ninja che come loro uscivano dalle fogne. Mad Racer perse tempo fatale a sbalordirsi per una cosa che non conosceva. Le guarnigioni ancora inviabili alla prima guerra punica al comando di Lutazio Catulo stavano per riaversi su quell’incrocio tra l’A Team e i Duran Duran assediati da Clizia Gurrado con il davanzale di Sabrina Salerno (l iniciar la cargo una bonita pantalla de presentation nos ensenara a la protagonista del juego en una sensual pose. A m' rtod de ca rgo ella mism o con voz digitolizada y una buena animation nos presentara el programa, tras lo cual continuara la cargo. Un detalle bastante agradable ) Moinee spaccò il cielo cadendo ma con una strana lentezza, una che gli avrebbe permesso una creazione umana ponderata come quella di Rossum l’Adamo creatore (Il vecchio Rossum, grande filosofo, [...] cercò di imitare con una sintesi chimica la sostanza viva detta protoplasma finché un bel giorno scoprì una sostanza il cui comportamento era del tutto uguale a quello della sostanza viva sebbene presentasse una differente composizione chimica, era l'anno 1932 [...]. Per esempio, poteva ottenere una medusa con il cervello di Socrate oppure un lombrico lungo cinquanta metri. Ma poiché non aveva nemmeno un pochino di spirito, si ficcò in testa che avrebbe fabbricato un normale vertebrato, addirittura l'uomo. [...] Doveva essere un uomo, visse tre giorni completi)…..

 

La ragazza alla reception, chic e nuda dalla vita in su….Mi$$ boombabOOboombab per via delle extention dermatologiche scelse per contemplare le foto sul suo Gemini Arctechc uno stagionato ma sbarazzino mouse di uno Xerox Alto, un Luke (Franco Latini) che viziava la sua transatlantica Eilonwy (Loredana Nicosia) mentre ripassava l’iconoteca storica di donne dal seno grosso. Riaccese le luci (o spento il buio?) mi$$ boombabOOboombab riempì di sfiziosi ghiribizzi il suo specchio-Gold Lightan come un servizievole Meter Lightan con una redenta Mannakka che condivide un pomeriggio di shopping con Amy Takakura. Big breast, big butts, big hips, big lips. Con gesti da presuntuoso mix tra Antoinette Dubois (Laura Boccanera) e Fantomette (Francesca Manicone) fece le mosse di Uma Thurman in Pulp fiction di Quentin Tarantino alzando come scudi spartani le sue grinfie quadruplicate in Anduril rosa zucchero sempre simultaneamente agglutinate come amputanti tessere del tangram in una sola [Laser Sword] che lei stronzissima Olivia (Monica Ward) impugnava come la più smanettona Ricky (Melanie Tonello) intenta con Soul Calibur. Anche i suoi capelli da girotondo su una barca giocattolo tra Puffetta (Loredana Nicosia) e Bollicina (Giuseppina Izzo) combinate con le unghie da costume di TJ la tigre di Gardaland e le curve da bambola mista tra quelle Mattel e Mcdonald’s

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La rendevano quella che Victoria Corneva avrebbe chiamato Una bellissima bugia. Ecco, Fiabilandia è questo regno, sorto in piena riviera romagnola, della fantasia e dell’ottica mitica con ci guardiamo le cose, gli oggetti, i paesaggi. Il villaggio cinese, il saloon del Far West, lo space shuttle, le piccole montagne russe percorse da un vagoncino-bruco che attraversa mele giganti e tunnel di vegetazione, il galeone dei bucanieri, la grotta del teschio dei pirati ferocissimi, non sono forse soltanto simboli del nostro immaginario, senza una grandezza reale, una consistenza materiale, se non nello spazio della nostra fantasia? (Vittorio Tondelli-Da Cenerentola a King Kong: iperrealismi-Un weekend postmoderno)|Nulla dà maggior potere sugli uomini che la menzogna. Perchè gli uomini, figliolo, vivono di idee. E quelle si possono guidare come si vuole. Questo potere è l'unico che conti veramente. Chi lo sa a che cosa potrai servire. Forse servirà il tuo aiuto per indurre gli uomini a comperare cose di cui non hanno bisogno, o a odiare cose che non conoscono, o a credere cose che li rendono ubbidienti, o a dubitare di cose che li potrebbero salvare. Con voi, creature di Fantàsia, nel mondo degli uomini si fanno i più grossi affari, si scatenano guerre, si fondano imperi.. Michael Ende. Nonostante quell’imago da tronista, da Titania la barista extralarge battuta con Michael Finn da Moe Szylack (Ilaria D’Elia) Mi$$ boombabOOboombab era Leticia Roman, proprio con il sesto megalite di Ende rilegato di rosa cotta con l’aggancio perfetto delle infinite vipere monozigoti in piombo estroflesso e tridimensionale come un infiorescenza di botulino su una vecchia mortadella alla sua piaggeria da Giorgio Bettinelli prima di unirsi ai Pandemonium sotto le sue nobili grinfie da Viserion, Aquila magna significat victoriam et nobilem fortitudinem. Chissà a cosa io potrò servire arrovellava Mi$$ boombabOOboombab. Sempre con le scarpe che suonano lo xilofono entrò in un enorme trottola trasparente avvolta di buio più ctonio. Un panorama di tutto il mondo. Il globo incorniciato tra ghiribizzi di Max Ernst di La natura e le sue meraviglie (Le isole del mare) e Genti e paesi (Samoa) con la planimetria terrestre che si stropiccia come un effetto speciale di Jan Svankmajer dal suo La morte dello stalinismo in Boemia diramando frecce verso tutti i punti cardinali, L'uomo vive letteralmente nel suo mondo di prodigi come un fanciullo, è anzi un fanciullo di fiaba. Può viaggiare in velivolo, parlare con un altro emisfero, procurarsi delle leccornie mettendo pochi soldi in un automatico, portarsi a casa un pezzo di mondo con la radio. Preme un bottone e la vita gli affluisce incontro. Può una tale vita renderlo emancipato? Al contrario la vita per lui è diventata un giocattolo (Johann Huizinga). Viaggiare solo con quel suo imponente deretano da guarnizione in gommapiuma adagiato, seduto su una sedia, più nobile di quella abbandonata in quegli scenari neozelandesi? Una donna fatta bambina paralitica, bambola addormentata nella scatola con il corpo crocefisso dai laccetti di plastica eterealmente grigiastra. L’intelligenza artificiale, il Robert Barker che le organizza a Lei, scosciata e saccaromane Caterina II di Russia i ciclorama è un infaticabile Leon Battista Alberti che dal mondo prende solo il meglio….e nient’altro. E subito fioccano le riflessioni di Ermanno Bencivenga sul turismo giocato a forza, troppe per mettercele onnicomprensivamente. Voleva Vossignoria il Pirellone o il campanile di Cremona? O la Darsena di Milano accantonata con il lungomare di Lignano Sabbiadoro? Oppure potevano a Vossignoria portarLe tutto il porto di Monfalcone, le cascate del Pedruc, Piazza Stradivari e la banlieue di Vimodrone? Poco incline alle paggierie Mi$$ boombabOOboombab chiese semplicemente uno scorcio a cannocchiale di Charles Darwin delle Galapagos. L’unica resa agli atteggiamenti da Pasqualino marajà era un Anike con Otoke (Mariella Furgiuele) che solo poteva comunicarle cose importanti. Venendo vestito a tema. Ecco il mix tra R2D2 e Sol vestito come il figlio più piccolo di Bonaparte potè introdursi in quella caserma La Marmora di soppiatto, il soppiatto che non venne neppure considerato da Raffaele Cadorna, circumnavigando sulla sua sedia della Collezione Fifer di Galena Illinois per dirle che c’era un grosso guaio a Nueva Bahamas. E che Kurt Russell e Ronn Moss non erano disponibili INTERROMPI PANORAMA!! Mi$$ boombabOOboombab accecò e ammutolì il ciclorama con un potente gesto delle mani da John Wallace. Mi$$ boombabOOboombab era una regina, Ruth Greenfield con il proprio pedissequo Warwick Davis ancora debitrice della sua vita con lui. Joanne Whalley medita ancora di vendicare la madre, dopotutto Prepariamoci. Nostra destinazione è Nueva Bahamas, perché laggiù le banane sono mature

 

Il suo “transatlantico su ruote” era come la [Yamato] dello [Okita Jozu], un ambiguo Zeuglodon appartenente a un epoca non sua, la mano invisibile e lunga come l’ombra di un palo dell’alta tensione irradiato da un piccolo sole (uno di quelli del Dr Eggman) radente il terreno dello Shogun Matsumoto Leiji, modellista con la casa di travi di ciliegio e bambuseto con stagno di pesci rossi dentro il parco di Yoyogi che crede meticolosamente quanto meticolosamente costruisce i suoi trenini e aeroplanini Marusantm che navi da guerra degli anni 40 e locomotive centenarie possano volare nello spazio. Ma cosa Mi$$ boombabOOboombab fronteggia immersa come un cubetto di ghiaccio in un bicchiere di grappa Candolinic in luci da parrucchiera non ha né l’impolverato fascino di un Calicotherium o Megatherium addormentati sui propri gomiti fatti di piombo, peltro e pietra di lavagna né il riserbo che creature meccaniche nate per obbedire a tutto conservano da tempi che furono, dove nella terra di sempre crescevano radici robuste perché era permesso loro farlo e esserlo.  Era una impudica e ipertrofica, come è ipertrofica Ann Patterson che si gode i propri seni diventati le gigantesche e morbidissime ante del compattatore di uno sfasciacarrozze quando aumenta di dimensioni in Fatti strafatti e strafighe di Danny Leiner hawaiana mammellona e vestita solo di noci di cocco (e uno spruzzo di Chanel °5) che adorna il braccio meccanico del papà di Dexter (Riccardo Peroni). Ammissibile ammissibile, perché come Renato Carosone usava ritmi spagnoleggianti per irridere i sogni da España de sangre y arena dei suoi ascoltatori-gli stessi che sognavano l’America di Tu vù fa l’americano-quel camionista con l’etichetta di un celenterato meritava un mescente rendez-vous gustativo e muscolare della sua stessa medicina [L’unico sviluppo interessante di quella formula presente in tutta la letteratura italiana del Novecento è offerto dalle canzoni-saggio Tu vuò fa’ l’americano e Tonero di Renato Carosone. I testi dei due brani hanno parecchie similitudini, tanto da far presupporre che il protagonista sia lo stesso in entrambi i casi. Assumiamo anche noi questa tesi. Ricorderete tutte le situazioni narrate nei testi. Siamo negli anni Cinquanta: all’indomani della caduta del Fascismo, riacquistata la libertà espressiva, un giovanotto napoletano si appassiona ai miti hollywoodiani e tenta di emularli col solo fine di spiccare quando passeggia per via Toledo. Allora inizia a travestirsi da americano, porta i jeans, cappellini con visiera da giocatore di baseball oppure si fa crescere basette sudamericane e indossa sombreri (splendido esempio di massimalismo: i toreri sono spagnoli, parlano dunque spagnolo. Lo spagnolo si parla anche nei Paesi dell’America Latina, dai quali venivano i balli allora più in voga. Dunque i toreri, per il semplice fatti di parlare spagnolo, devono portare il sombrero messicano e le loro basette sono sudamericane). Ma il giovanotto parenopeo è disperatamente votato al trash: non solo dopo aver bevuto whisky e soda si sente male, ma quando va a ballare vestito come Tyrone Power in Sangue e Arena, mescola il bolero con in cha cha cha (contaminazione, incongruenza e massimalismo!). Come vedete i pilastri del trash ci sono tutti. La grandezza di Carosone, però, non sta tanto nell’averli individuati perfettamente, quanto nel modo che egli usa per sottolineare il fallimento del giovane illuso, ponendosi non al di sopra degli eventi, ma dichiarandosi primus inter pares. Carosone è meritevole prima di tutto perché decide di compiere la sua osservazione, e poi perché non la lascia cadere da una cattedra inesistente, ma usa gli stessi mezzi cui ricorre il criticato. Per prendere in Andy Warhol Era Un Coatto 12 giro il fanatico del rock’n’roll, il musicista ripete ritmi che si richiamano a quello stile. Per colpire chi ascolta bolero e cha cha cha usa proprio un cha cha cha. Questa è la strada più difficile. Come sarebbe stato facile dire: «tu, napoletano, ti perdi dietro a certi ritmi d’oltreoceano invece che ascoltare le canzoni della tua città», adagiando le parole su tappeti tarmati di violini e mandolini. Carosone è dunque un vero Giovane Salmone del Trash, perché pur avendo compreso quanto ridicolo si celi dietro certe scelte emulative non le evita, ma vi ricorre anch’egli. Se non diventa ridicolo a sua volta è perché fa certe scelte senza mai prendersi troppo sul serio, facendoci intendere che in fondo anche a lui potrebbero essere imputate quelle accuse di emulazione fallita che egli muove al protagonista delle due canzoni Tommaso Labranca-Primus inter pares-Andy Warhol era un coatto vivere e capire il trash]. Un monokini simile all’elastico di plastica delle batterie di lattine di birra di nere cellule fotovoltaiche le (s)copriva i seni a colli di Roma rotolandone infilando uno dei piloni che sostengono Ponte Mario Martire nell’ombelico del Busento raggiungendo il genitale Montepaone Lido che se ne lasciava fasciare per poi idealmente risalirne Calabria, Basilicata, Campania e Lazio da sottoterra. Aveva la testa piegata all’indietro con una compatta valanga di capelli di un blu più scuro del blu del suo corpo, gli occhi chiusi e la bocca sfondata di un annegata a cui prendano a pugni il busto per drenarle l’acqua dal di dentro. Si adagia sui gomiti, dove si trovano gli pneumatici e delle losanghe da Cadillac Meteor e [Eagle Sharp] invece gialle. A reggerne il busto perché non facesse la pinguino che slitta sulla schiena (sperando non sia anablefobica) era uno pneumatico terzogenito e solitario simile a quelli del [Friender Jet] con le ultime ruote nelle piante dei piedi. Del bacon blindato di 47 cm di spessore era l’unico ostacolo dato a Willard Isenbaum e Paperino per entrarvi dentro. In certi momenti Mi$$ boombabOOboombab tremava di vergogna per quell’assurdità da Niki de Saint Phalle larger than life. La caverna dove quella Awan partoriva senza posa figli che Grendel accoglieva nel mondo come in una delle cucciolate di lupi assassini dei colli della Svezia sembrava una camera di decompressione che cresce e rimpicciolisce all’unisono con i respiri dei palombari da riequilibrare. La villa che le sue antenate avevano costruito quasi con le loro mani (ovviamente quell’apparentemente illimitata patata bollente era stata l’ustione da Nunzio Scevola di ben altri architetti) s’abbuffava di planimetrie come la zona fieristica di Rho. O più immediatamente in termini di parallelismi robe come la Certosa di Caserta, la reggia di Versailles e la torinese Venaria Reale. Partorire 3 bambini in un solo cesareo non è niente d’insolito. Ma prendendo visione sul volto appiattito con il suo bel maglio da 6 tonnellate sullo sgangherato collo pieghevole di un servizievole iMac G4 Mi$$ boombabOOboombab inorridì lievemente a immedesimarsi nell’autentica partoriente di quei 3 insetti d’acciaio facendo diventare cotanta donna Susan Abramson. Posto che Mi$$ boombabOOboombab ha la pelle troppo da elafe delle montagne per poter essere Julie Christie. I suoi inservienti-solo maschietti con aspetto e movenze da munchkin del regno di Oz nonostante Mi$$ boombabOOboombab dubitasse fossero uno dei tanti pasticcini genetici che gli eredi con la Fanta cefalorachidiana di Vladimir Demichov hanno fatto e inflitto a sé stessi soprattutto se vecchi sciocchi maschi con quel copricapo sciamanico da tafano in mezzo alle gambe-le stavano mostrando con ossequio rinascimentale i tre diversi Mechamen chiusi nel ventre dell’oscena titana. Deglutendo con signorile carsismo Mi$$ boombabOOboombab dovette concludere che a modo loro quelli e quelle erano figli suoi. Come la popstar che è considera i suoi album. Se è una di quelle senza cuore da offrire altrimenti che non all’impero di immateriale suono che in ottemperanza a Salomone gli sciocchi erediteranno con le pive nei loro genealogici sacchi

 

 

 

 

Su 3, a memoria solo uno di quei Pippo Palla & Pertica era attrezzato per diffondere stornelli. Identificò in quella TAC da Khrystyne Kamil Haje al volo il convertiplano unito a un idrovolante di 24 metri di lunghezza, 34 d’ampiezza, 14 metri d'apertura alare, 4 tonnellate di peso solamente a vuoto e una sacca ovaria da gattuccio in cui farsi piccina piccina dentro del gelato gusto Puffo sempre e solo con la stessa temperatura del Purellc nella sua testa. Appunto l’eccezione musicale. Una Bloodhound LSR dal muso rosso con i meloni frontali amplificatori stereo di 88 decibel di potenza ciascuno, che rimangono gli imperterriti soliti anche da trasformata, con del tessuto di corteccia di larice come reggiseno che (sperando non si perda) viene sfilato prima di ogni combattimento. Si finiva con un hovercraft dal muso a secondo rebbio del tridente di Poseidone anche lui di un rosso scarlatto, com’era rosso il secondo, quello rosso come il pavimento di un campo da tennis, questo rosso come corallo tropicale, i cui seni erano i propulsori. Per ognuna di queste Grazie la madre Eurinome deve farsi lei microrganismo nelle loro teste modello Untitled di Claudio Parmiggiani/Untitled (Picasso) di Maurizio Cattelan [Particolarità del Babonzo: unico al mondo quest’animale rimpicciolisce invece di crescere. Il piccolo Babonzo pesa alla nascita più di 200 chili (4 Osvaldo) e la madre ha bisogno di una scala per adagiarsi in cima all’uovo. Con il passare degli anni il Babonzo si fa sempre più piccolo: un bimbo Babonzo è almeno 6 volte più grande del babbo Babonzo e venti volte più grande del nonno Babonzo. Un Babonzo non muore: rimpicciolisce così tanto che non lo trovano più Stefano Benni/Era il premio della mia vittoria, mi avvicinai a lui ebbro di gioia. Avevo vinto. Vivevo. Ma appena toccai le secche, ammuffite briciole del cibo... fu come se il mio corpo non esistesse più, era sparita la fame, sparito il terrore di rimpicciolire. Avvertivo di nuovo il senso dell’istinto, di ogni movimento, il pensiero si intonava con la forza dell’azione.... Ma sarei ancora rimpicciolito, fino diventare cosa? Un infinitesimale? Cosa ero io? Ancora un essere umano? O forse ero l’uomo del futuro? Se ci fossero state altre irradiazioni, altre nuvole attraverso mari, continenti, mi avrebbero seguito altri nel mio nuovo mondo? Sono così vicini l’infinitesimale e l’infinito. Ma ad un tratto capii che erano due termini di un medesimo concetto. Lo spazio più piccolo e lo spazio più vasto erano nella mia mente i punti di unione di un gigantesco cerchio. Guardai in alto come per cercare di aggrapparmi al cielo: l’Universo, mondi da non finir mai, l’arazzo argenteo di Dio sul cielo notturno. E in quel momento trovai la soluzione all'enigma dell’infinito: avevo sempre pensato nei limiti della mente umana, avevo ragionato sulla natura; l’esistenza ha principio e fine nel pensiero umano, non nella natura. Sciogliersi, diventare il nulla, le mie paure svanivano, e venivano a sostituirle l’accettazione. La vasta maestà del creato doveva avere un significato, un significato che io dovevo darle. Sì. Più piccolo del più piccolo avevo un significato anch'io. Giunti a Dio non vi è il nulla: io esisto ancora Grant Williams]. Il non-poi-così-negro pigmeo che con inesistente espressività facciale da Humbot anodino servitore di metallo di quella Andromeda brunita Sky Girl imboniva la là davanti a lui Nanbel Candelstick (Monica Ward) con quei giocattoli Bluebirdtm a foggia di ferro da stiro a carbone grigiastro come un vecchio cameo d’avorio potendosi congedare sull’onda di uno di quei medusoidi gesti della Mi$$ boombabOOboombab regina dei sette mari le cui movenze sono tanto pacate quanto irremovibili, pacatezza da caravella portoghese, aguglia nell’acquario, stella marina dai movimenti infinitesimali, con lei, la megattera di cacao a cui sola pertiene lo scranno di rammollita oceanologia di Ernest Haeckel ammassata come John Glenn Memorial Detroit River Reclamation Project di Mike Kelley le cui braccia e mani unghiute come un murice si muovono come c’è da aspettarsi dentro dei perenni 6 piedi x 390 l d’acqua concludendo con l’etichetta del cantiere ufficiale della USN i preparativi dell’attacco alla risorta isola di Bahamas

 

In Inseminoid un tempo nel futuro di Norman Warren l’archeologa Judy Geeson viene stuprata da un mostro alieno e dopo essere tornata al laboratorio suo competente successivamente a un raptus omicida dà parto a una genia di incroci pallidi e semiciechi tra gli alieni di Incontri ravvicinati del terzo tipo, quelli di Guerra tra i pianeti e pupazzetti di Attack of the best creatures. Girato in economia nelle miniere inglesi di Chislehurst, questo modesto fanta-horror ha conquistato una fama assai superiore ai suoi reali meriti. La vicenda, chiaramente ispirata ad Alien, anche nelle sue implicazioni erotiche, si snoda senza sorprese ma con buon ritmo sino allo scontato finale aperto che per fortuna non ha dato spunto ad un possibile sequel (recensione di Fabio Lattanzi su https://www.fantafilm.net/Schede/1971h/80-56.htm). Il viaggio verso l’erede pressoché fotocopiato stile Zizie quando Titeuf non capisce cosa significhi riproduzione (https://www.comix.it/quiff-di-cius-10/) di cotanto paradiso tropicale rozzamente archetipico, locus amenos di caldo (E in lontananza l'Inverno bisbigliò: «È bene | Che l'Estate rovente muoia. Guardate, l'aiuto è vicino, | Poiché quando il bisogno degli uomini s'inasprisce, allora arrivo io Rudyard Kipling), palme, quegli omologati alberi dalla testa a berretto di giullare, donne nude, negre e con il seno enorme che fottono l’aria quando ballano, frutta che ormai con una punturina da 5000 microlitri di DNA di fragola grezzanese abituatasi non solo alle serre alimentate dai mulini che s’abbeverano nell’Adige ma anche alle leggendarie nevi altezza stampella del Monte Bondone e alla nevicata record del 1987 trovi anche nei mogi paesi paleartici nei quali l’estate pecca di finire aveva per Mi$$ boombabOOboombab un che di travaglio, du travaille, di nascita e ri-nascita continua. Come Takeshi (Tony Fusaro) che nel gattai deve crescere in un ritorno all’infanzia dentro il jet-triciclo [Apolon Bike]-[Space Clear] seguito poi dall’esplosiva crescita dentro il suo robot Mi$$ boombabOOboombab parimenti doveva sgravare e sgravarsi dentro una delle sue figlie oculatamente scelte con un eugenetica da Mondo di donne di Charles Eric Tubb partorendosi attorno la pre-scelta in quell’azzurra creta umidiccia e farneticante di creazione. Il suo ventre gonfio fino alla bombatura come le guance di un ricco lanista che fa shopping poteva solo slittare sull’acqua e sulla terra come quell’incomprensibilmente aereo e agile Maometto del surf neognato Zeke Topanga (Massimo Rossi). In sè stessa Mi$$ boombabOOboombab s’accartocciava cartacea di mortificazione. Viaggiava nel cielo gonfiato dal vento

Sembrava ubriaco di un grande potere

Un rumore d'acciaio lo ha fatto cadere

Piombare nel fango senza più stile

Dicono tutti che è colpa mia

Giocano tutti con il corpo sgonfiato

Dal vento che è senza memoria (Area-L’abbattimento dello Zeppelin-Arbeit mach Frei)|Una morale estetizzante e ai limiti del voyeurismo, intrisa di sottintesi erotici, neanche tanto celati; un mondo caotico, coloratissimo, iperbolico, costellato da sinuose ragazze ammiccanti e dalle forme prorompenti, liceali alle prese con le prime turbe sessuali, “miracle girls” dotate di poteri magici; tutto questo, e molto di più, è il regno degli otaku, uno spazio sospeso in una variegata virtual reality, in cui oggi, a manga e anime, si aggiungono film e videogames. A caratterizzare la cultura otaku è soprattutto l’inconfondibile grafica: personaggi dagli enormi occhi, colori brillanti, un’arte profondamente pop che ha varcato i confini dei comics per penetrare in maniera sottile molti aspetti della way of living giapponese.

Eppure l’opinione pubblica dell’Impero del Sol Levante possiede un’idea profondamente deformata degli otaku, considerati come una tribù metropolitana, spesso protagonista di inquietanti fatti di cronaca.

La subcultura otaku ha in ogni caso permeato profondamente l’estetica e l’arte contemporanea giapponesi, rendendo quanto mai visibile la ricchezza, la varietà e anche le profonde contraddizioni di un mondo metropolitano, quello della stessa stupefacente molteplicità percepibile tra le surreali figure di Shinjuku e Harajuku, i quartieri più celebri di Tokyo.

Un filo comune sembra legare questo mondo e quello dissacrante, onirico, famelico, a tratti nostalgico del celebre artista giapponese Takashi Murakami, nella cui opera sembrano essersi felicemente incontrate la tradizione giapponese e la creatività profondamente pop degli otaku.

La sua opera attinge a tutto questo e lo rielabora sulla base del concetto di superflat/superpiatto, una poetica agli antipodi della “giottesca” idea di prospettiva e che richiama l’estetica del celebre pittore Hokusai, uno dei padri della pittura orientale. Il patrimonio otaku è la chiave di lettura dell’arte di Murakami, i manga e gli anime ne rappresentano i pilastri inconfondibili: Doraemon, Miffy, Hello Kitty sono solo alcune delle più celebri icone del surreale mondo pop giapponese che l’artista ha voluto indagare. Fin qui nessuna novità: i cartoons sono stati tra i soggetti protagonisti dell’arte sin dai tempi di Roy Lichtenstein negli anni ’60.

Ciò che differenzia l’arte di Murakami dalla pop art di Warhol e dei suoi successori è il suo spesso criticato legame con il mercato: le sue collaborazioni con Louis Vuitton e Marc Jacobs hanno reso la sua arte onnipresente. Ma tutto questo non deve oscurarne la profondità.

Il caratteristico universo di Murakami ha infatti posto tristemente in risalto anche la piattezza emotiva del Giappone contemporaneo, la vacuità di un tempo distorto, in un paese che pare aver superato il trauma bellico, ma che, contemporaneamente, sembra essere divorato da una febbre consumistica senza limiti.

Le grandi fratture che corrodono l’Impero del Sol Levante sono più che mai evidenziate da quella che si delinea come una vera e propria “questione otaku”, quasi che questi ragazzi siano emblema e insieme metafora di un paese che ripiega tristemente su se stesso e sembra aver smesso di lottare. Murakami ha apertamente sfidato i pregiudizi esistenti sugli otaku, affermando che essi sono discriminati e alienati nella società giapponese contemporanea, tanto da essere costretti a creare nuovi “culti” nella loro disperata ricerca della salvezza. Una salvezza, peraltro, che li vede confinati nello spazio caratteristico ed esclusivo delle loro case o dei comic market, veri e propri eventi con la partecipazione di migliaia di persone, territori simbolici in cui essi rappresentano manifestamente la loro volontà di restare al margine.

Per Murakami la “otaku culture” è una via privilegiata, dunque, per la comprensione della società giapponese contemporanea.

L’artista ha così felicemente attinto a tale iperbolico e contraddittorio regno, arrivando a coniare il termine poku, combinando le parole pop e otaku: ha così fondato quella che viene definita poku culture, di cui un emblema è sicuramente Hiropon, l’inconfondibile ragazza in stile manga dai seni immensi che spruzzano latte (Marianna Lentini). Natale 1983. Il quartiere ispanico di Manhattan impestato di bija e mamajuana di St Nicholas Avenue. Un corpo figlio dei tropici, delle correnti eternamente estive del Venezuela e del Paraguay non potrà mai appartenere a pellicce di quei discendenti dell’orso e del lupo delle caverne anch’essi autoctoni di terre fredde e fondamentalmente artiche, mentre quella 124C 41+  come il mastodonte e il coelodonte è un animale tropicale che si è dovuto imbacuccare con parrucche da Yul Brinner nel 1959, inconsequenziale. E’ marrone come un caffè troppo pregiato per lo Starbucks della 145esima, e marrone è anche quello che indossa. Può affrontare il freddo ma palesando gusti molto svogliati. Da St Nicholas Avenue passò alla 145esima, scendendo come una Ungaretti all’incontrario scalino dopo scalino la nera scala di Giacobbe pericolosamente sdrucciolevole per il permafrost accumulatoci sopra dall’inverno dell’omonima fermata della metro arancione e blu. Verté verso Chambers Street e passò alla Linea 2 rossa scendendo alla 34esima. La 7ma e la 35esima. Entrò da Macy’s e si potè muovere meno sulle sue per il riscaldamento come il Simun che suona le canne dell’organo della chiesa delle santissime anime del Purgatorio di Ragusa, incocciando come Tim Burton nel Novembre 1982 nella vetrina panoramica di Toys Us sovrastata dalla metà del volto della giraffa con quegli occhi vacui metà Peter Lorre metà Marty Feldman che guardava l’andirivieni dal proprio Serengeti, a cui quella Pamela Grier stava aggiungendo la bottarella saffica di Africa nuda Africa violenta di Mario Gervasi. C’era tanto da vedere, una confusione i cui ricordi non tengono registrazione. Ma una cosa se la ricorda perfettamente. Diana senza cognome di Dungeons & Dragons TAS. Una maggiorata marcomanna, una tettona teruingia con succinti chignon di Pakicetus per bikini furkini, bronzea di pelle come un tronco d’acero, con le poppe più possenti un pesce palla potesse invidiare e alle quali un pangolino potesse abbeverarsi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con un alabarda lucentemente dorata come arma bianca. Il suo packaging era il dipinto di A tutta birra di Chuck Jones, o Il muro di Manfredo Manfredi, appositamente un gorgo che stava già srotolando un invisibile Ben Wah dalla fica di quella anonima Kim Cattrall. A occhi aperti immaginò le sue tettone e il suo culo mezzi nudi agitarsi mentre falciava goblins in un arena di gladiatrici nude e dal seno grosso. Era 16.52$. C’è li aveva, un Hamilton con un Lincoln con un Washington con un Kennedy con un Jefferson. Uscì con la giraffa che le piaceva stesse a guardare, se ne strozzasse con lei, per andare alla Zeppola’s Bakery sulla 7ma Avenue, chiudendosi in bagno per masturbarsi con il cucchiaino. È pazza lo sa. Ma è donna, i maschi non capiscono. Alla giocattoleria con lo sguardo periferico c’era un padre troppo vestito con uno sguardo da Basil Clarke con il figlio avvizzito come lui. Un Platone riverso nel suo gomitolo di catene dentro le grotte di Franchtchi che può solo vedere Afrodite nuda

 

 

 

 

 

 

 

 

Vedo i sogni silenziosi,

     accetto gli ultimi giorni

     e anche le origini e anche i ricordi,

     come una palpebra atrocemente alzata per forza

     sto guardando.

 

     E allora c'è questo suono:

     un rumore rosso di ossa,

     un incollarsi di carne

     e gambe, bionde come spighe, che si allacciano.

     Io ascolto in mezzo al fuoco di fila dei baci,

     ascolto, turbato tra respiri e singhiozzi.

 

     Sto guardando, ascoltando,

     con metà dell'anima in mare e metà dell'anima in terra

     e con le due metà guardo il mondo.

 

     E per quanto io chiuda gli occhi e mi copra interamente il cuore,

     vedo cadere un'acqua sorda,

     a goccioloni sordi.

     E' un uragano di gelatina,

     uno scroscio di sperma e meduse. Tette enormi, donne mezze nude, immerse in un harem di reggiseni e perizoma di pizzo, gioielli e profumi, con anche jeans croccanti come cortecce. Và poi sulla 35esima. Il bello di Manhattan: il battesimo eudicotiledone è talmente HOLLYWOOD che basta una zebra per avere due regni di Babbo Natale al prezzo di una sola strada. Questa volta solo lettere da frigorifero Frigdairec che alleviavano l’istintivo imbarazzo di ? Per quell’essere Nicole Kidman o Virginia Leith reduci dalle grinfie costruite da Leslie Tomkins e Walter Pluff. Ma è in cerca di guai, Inanna le contorceva con dita come Gotcha Wrench Nintendo mentre con cadenza da Cristina Hansen le sussurrava di trovarla. Già l’action figure Acclaimtm nella gerla nera era un campanello erogeno troppo tale perché non spaventasse chi inavvertitamente gliela tangeva con i suoi scatti da lince, prima tornava a casa meglio era, quella Mara Galoobtm da quasi 4$ le suscitò voglia di cadere sottoterra, di sparire da quei 14000 occhi che le diedero un mezzo infarto sui treni che da Manhattan portavano a casa di ?, Yonkers. ?, Mi$$ boombabOOboombab ne era nebulosamente certa, era una sua antenata. È nella merda, vorrebbe farsi una doccia ma deve rimanere lì, Landolfi sciolto in vene e nervi indaffarati nel pulsare scorrendo in con-fusione con la sua Cancroregina, vecchio Trevor Martin che respira i propri procarioti di una carenza d’igiene cimiteriale, ipocondriaca Santa Sincletica che sconta chissà quale peccato mortale. Quando con allucinazioni sfocate e roteanti salì di quota pregò non le arrivasse un encefalopatia spongiforme se giunta a quel punto che nessuno la salvasse dalla caduta. Che lotta quella di Blackarachnia (Loredana Alfieri) perché la sua maschera non la divori o destabilizzi! Il ragno botola nuragico scava un cunicolo nel terreno compatto, sia in piano che su piccoli terrapieni inclinati; il cunicolo, profondo negli adulti almeno fino a 15 cm, ha sezione circolare del diametro di 15-20 mm ed è foderato internamente con seta bianca. Lo sviluppo del cunicolo è normalmente lievemente inclinato nel primo tratto, per poi curvare bruscamente verso il basso (questo schema può risultare fortemente alterato dalla presenza di ostacoli sotterranei quali pietre); l’ingresso è chiuso da un opercolo di terra e tela, morbido e sottile, molto mimetico e simile ad una piccola radice nodosa affiorante. Questa specie non sembra camuffare l’opercolo con muschi vivi, anche se in un solo caso è stata osservata una tana con opercolo ricoperto da piccoli detriti vegetali; le tane di vari individui possono essere scavate anche a pochi centimetri le une dalle altre. La specie è spesso sintopica con altri ragni botola delle famiglie Ctenizidae (Cteniza sauvagesi) e Nemesiidae (Nemesia sp.), che spesso mostrano periodi di attività, target dimensionale e specifico di prede lievemente diversi, forse per ridurre la competizione trofica. A volte le tane si sviluppano sotto grosse pietre e in tal caso l’opercolo viene posizionato al confine tra il bordo di queste ultime e il terreno. Normalmente le tane vengono costruite in zone ombrose e umide, sotto cespugli, siepi e alberi, o comunque anche in terreni aperti dove però sono collocate nei pressi di grosse pietre, ceppi, vasi dei fiori.

Durante la notte gli individui in caccia si appostano sotto alla botola (che appare comunque solo lievemente sollevata, in maniera impercettibile) e attendono il passaggio delle prede, costituite da piccoli invertebrati tra i quali crostacei isopodi. Quando la preda giunge nei pressi della tana, se passa tangenzialmente all’opercolo viene catturata con un balzo fulmineo e trascinata all’interno grazie ad arti, palpi e cheliceri usati a mo’ di rastrello; in alcuni casi errori di valutazione (probabilmente della taglia della preda) portano dopo pochi istanti all’espulsione della vittima ancora viva.

I maschi adulti si rinvengono nei mesi di luglio, agosto e settembre, quando vagano alla ricerca delle compagne e possono essere rinvenuti su strade, nei giardini, sotto le pietre e anche all’interno di case rurali; durante il giorno normalmente cercano un riparo all’umido, costruendo una piccola tela cerulea, per poi spostarsi nelle ore notturne. In confronto a lei, il ragno botola nuragico femmina è un uro confrontato a un pudu, il pudu un cocchiere del diavolo tra quell’incrocio tra Ago filo & nodo di Claes Oldenburg e On clouds di Tomas Saraceno bloccato in modo che la rossa ira frustrata accumulata in ufficio a forza di un inutile dimenarsi si fosse per resa degradata in una nera arrendevolezza per lei, l’insaziabile dea gigante del sesso. Una kolossal come lei, 24 m d’acciaio cangiante nelle tinte della bacca di belladonna e della gaillardia non poteva accontentarsi né essere accontentata dal contenuto di un portafoglio, né i sacchi della Bank of America in viaggio sul grosso Toyota HiAce fuori. Dovevano darLe due cassaforti d’acciaio inox blindato più parete che contenitore, con un portellone così gonfio d’ingranaggi per le galoppa di meccanismi volti-con il timone in mano-a aprirne le viscere scaffalate da cui cadono come denti nella bocca di un povero bolzanino lingotti d’oro pesanti come biciclette che tutti assieme al cambio monetario, all’orefice raggiungono una cifra oltre ogni immaginazione. Raddoppiate, quelle cassaforti che la tettona meccanica si porta sottobraccio come una Cana Alberona che vuole affogarci nell’alcool come Marino Grazioli sanciscono che se già un robot gigante-un Kyojin Robotto 巨人ロボット-è più simbolicamente di una macchina, la nostra rischiava di perdersi nel labirinto della propria metaforica lussuria della sesta bolgia. […] Che William Elson, dopo aver finalmente messo a punto la sua invenzione, avesse deciso, d’accordo con Arthur Gough, di lanciare il suo prodotto con una grande gara fra una squadra di ciclisti, che ne sarebbero stati esclusivamente alimentati e un treno espresso, non è un avvenimento senza precedenti. Diverse volte in America, fin dagli ultimi anni del diciannovesimo secolo, delle quintuplette e delle sestuplette hanno battuto dei rapidi su un percorso di una o due miglia; ma quel che era assolutamente inedito era di affermare la superiorità del motore umano sui motori meccanici per le grandi distanze. La fiducia nella sua invenzione che il successo doveva in seguito ispirargli finì con avvicinare William Elson alle idee di Andrè Marcueil a proposito dell’illimitatezza delle forze umane. Ma, da uomo pratica qual’era, non volle giudicarle illimitate che grazie alla cooperazione del perpetualmotionfood. Quanto a sapere se Andrè Marcueil abbia o no preso parte alla corsa, benché Miss Elson fosse persuasa di averlo riconosciuto, preferiamo che sia il lettore stesso a giudicare. Per maggiore esattezza, noi ci serviremo del resoconto che della corsa, detta del perpetualmotionfood e delle 10mila miglia, fece uno dei componenti della quintupletta Theodore “Ted” Oxborrow, nel testo pubblicato dal New York Herald.

 

Accucciati orizzontalmente sulla quintupletta-un normale modello da corsa 1920, senza manubrio e con pneumatici di 15 millimetri, sviluppo 57 metri e 34-con la faccia più in basso del sellino e imbacuccati in maschere destinate a proteggerci dal vento e dalla polvere; le cinque paia di gambe collegate, a destra e a sinistra, da stantuffi di alluminio: ci mettemmo in movimento sull’interminabile pista disposta parallelamente alle diecimila miglia della ferrovia; ci mettemmo in movimento, preceduti da un automobile allenatrice a forma di proiettile, alla velocità provvisoria di 120 chilometri all'ora|La donna mascherata, i seni eretti, le dita delle mani e dei piedi rovesciate indietro e tremanti, e il cui riso, nel sonno, diventava un rantolo dolcissimo, giaceva di traverso sulla pelle d’orso………………..

La forma scarlatta, nuda, muscolosa e oscena dell’Indiano scattò verso quella creatura vestita, canuta e con una barba scimmiesca, che varcava la soglia senza comprendere quale confine stesse oltrepassando (Alfred Jarry). Ecco chi era Alfred Kinsey il liberatore scientifico della sessualità umana:

I Rapporti Kinsey sono due volumi intitolati Il comportamento sessuale dell'uomo e Il comportamento sessuale della donna, pubblicati rispettivamente nel 1948 e nel 1953 negli Stati Uniti da Alfred Charles Kinsey e dai suoi collaboratori. I due rapporti furono l'esito di una ricerca finanziata sin dal 1940 dalla Rockefeller Foundation.

 

Torniamo al famoso 10%. Evidentemente i Rapporti Kinsey non dicono che il 10% della popolazione italiana abbia tendenze omosessuali; né che il 10% della popolazione mondiale abbia tendenze omosessuali. Dimostrano però che il 10% della popolazione statunitense ha tendenze omosessuali? Non esattamente.

 

Nel primo rapporto, a pagina 636*, si legge: «il 10 per cento dei maschi sono più o meno esclusivamente omosessuali per almeno tre anni tra i 16 e i 55 anni»; tuttavia «il 4 per cento dei maschi sono esclusivamente omosessuali durante tutta la vita, dopo la pubertà». Esclusi dunque gli incidenti di percorso, abbiamo il 4% di popolazione con tendenze omosessuali prevalenti e stabili: ben diverso dal 10% propalato dalle associazioni omosessualiste. Ma ben diverso anche dalle cifre ottenute da tutte le altre ricerche sull'argomento condotte da decenni nel mondo occidentale, per le quali la percentuale di popolazione omosessuale (di volta in volta calcolata considerando il comportamento, le pulsioni o l'auto-identificazione come omosessuale) si aggira intorno all'1-1,5%.

 

Da dove arriva, dunque, il 4% di Kinsey?

Semplice: Kinsey ha manipolato il campione di individui intervistato per ottenere quei dati. Il celebre psicologo Abraham Maslow, saputo delle ricerche che Kinsey stava conducendo, volle incontrarlo per confrontarsi con lui. Una volta compreso il metodo d’indagine di Kinsey, Maslow mise in guardia l’entomologo dal “volunteer error”, ossia dalla non rappresentatività di un campione composto esclusivamente da volontari per una ricerca psicologica sulla sessualità. Kinsey decise di ignorare il suggerimento di Maslow e di proseguire nella raccolta delle storie sessuali di volontari. Oltre a questo, circa il 25 % dei soggetti maschi intervistati nella sua ricerca erano detenuti per crimini sessuali; l’unica scuola superiore presa in considerazione per la ricerca fu un istituto particolare nel quale circa il 50 % degli studenti avevano contatti omosessuali; tra i soggetti erano presenti anche un numero sproporzionato di “prostituti” maschi (almeno 200); tra gli omosessuali vennero contati anche soggetti che avevano avuto pensieri o contatti casuali, magari nella prima adolescenza; infine, nel calcolare la percentuale di omosessuali, Kinsey fece sparire – senza darne spiegazione - circa 1.000 soggetti.

 

Ma la frode scientifica non è l'unico aspetto problematico del lavoro di Kinsey. Kinsey ha raccolto la più grande raccolta di materiale pornografico al mondo («Seconda soltanto a quella conservata al Vaticano», come amava ripetere per sconvolgere i suoi interlocutori), che ancora adesso viene periodicamente mostrata al pubblico. Kinsey e i suoi collaboratori (con mogli ed amici) si prestavano personalmente, come attori, fotografi e registi, per incrementare questa collezione.

L'aspetto però più inquietante di questo personaggio riguarda gli esperimenti sessuali condotti su bambini.

 

Nel paragrafo intitolato L'orgasmo nei soggetti impuberi (pp. 105 – 112) del primo Rapporto Kinsey descrive i comportamenti di centinaia di bambini da quattro mesi a quattordici anni vittime di pedofili. In alcuni casi, Kinsey e i suoi osservarono (filmando, contando il numero di «orgasmi» e cronometrando gli intervalli tra un «orgasmo» e l'altro) gli abusi di bambini ad opera di pedofili: «In 5 casi di soggetti impuberi le osservazioni furono proseguite per periodi di mesi o di anni[...]» (p. 107); ci furono anche bambini sottoposti a queste torture per 24 ore di seguito: «Il massimo osservato fu di 26 parossismi in 24 ore, ed il rapporto indica che sarebbe stato possibile ottenere anche di più nello stesso periodo di tempo» (p. 110).

 

Nel secondo Rapporto esiste un paragrafo intitolato Contatti nell'età prepubere con maschi adulti, nel quale vengono descritti rapporti sessuali tra bambine e uomini adulti, ovviamente alla presenza di Kinsey e colleghi. Le osservazioni condotte inducono Kinsey a sostenere che

 

“Se la bambina non fosse condizionata dall’educazione, non è certo che approcci sessuali del genere di quelli determinatisi in questi episodi [contatti sessuali con maschi adulti], la turberebbero. E’ difficile capire per quale ragione una bambina, a meno che non sia condizionata dall’educazione, dovrebbe turbarsi quando le vengono toccati i genitali, oppure turbarsi vedendo i genitali di altre persone, o nell’avere contatti sessuali ancora più specifici. Quando i bambini vengono posti in guardia di continuo dai genitori e dagli insegnanti contro i contatti con gli adulti, e quando non ricevono alcuna spiegazione sulla natura esatta dei contatti proibiti, sono pronti a dare in manifestazioni isteriche non appena una qualsiasi persona adulta li avvicina, o si ferma a parlar loro per strada, o li carezza, o propone di fare qualcosa per loro, anche se quella persona può non avere alcuna intenzione sessuale. Alcuni tra i più esperti studiosi di problemi giovanili, sono addivenuti alla convinzione che le reazioni emotive dei genitori, dei poliziotti e di altri adulti i quali scoprono che il bambino ha avuto contatti, possono turbare il fanciullo più seriamente degli stessi contatti sessuali. L’isterismo in voga nei riguardi dei trasgressori sessuali può benissimo influire in grave misura sulla capacità dei fanciulli  ad adattarsi sessualmente alcuni anni dopo, nel matrimonio.

Vi sono, naturalmente, esempi di adulti che hanno inflitto lesioni fisiche a bambine con le quali avevano tentato contatti sessuali, e possediamo le biografie di alcuni maschi responsabili di tali lesioni. Ma i casi del genere sono la minoranza, e il pubblico dovrebbe imparare a distinguere i contatti di tale gravità da altri contatti con adulti che, con ogni probabilità, non possono fare alla bambina alcun male apprezzabile, purchè i genitori non si turbino. Il numero straordinariamente piccolo dei casi in cui la bambina riporta danni fisici è indicato dal fatto che fra 4.441 femmine delle quali conosciamo i dati, ci risulta un solo caso chiaro di lesioni inflitte ad una bimba, e pochissimi esempi di emorragie vaginali che, d’altronde, non determinarono alcun inconveniente apprezzabile” (pp. 159-160).

 

Questi sono i rapporti Kinsey, che tanto piacciono ai militanti omosessualisti. Nessuna interpretazione, tutto nero su bianco, pubblicato ed accessibile a chiunque.

Ora sarebbe il caso di saperne di più di Kinsey, e di questa ricerca.

 

Kinsey non era uno psicologo, nemmeno uno psichiatra: era un entomologo. Un "insettologo", insomma. Perché la Fondazione Rockefeller volle finanziare queste ricerche, la pubblicazione dei Rapporti ed aiutare Kinsey a fondare l'Indiana Institute for Sex Research non ci è dato sapere. Sappiamo però dai suoi collaboratori che Kinsey aveva un progetto, un «grande progetto»: fornire le basi scientifiche per una nuova moralità sessuale ed educare il mondo in base a questi nuovi principi (Roberto Marchesini). L’IBM 1360 è Leporello fedele; nei suoi transistor non c’è basso che canti Notte e giorno a faticar/e non voglio più servir; dagli altoparlanti chiama Ruth Gassman e Eberhard Mondry perché facciano sport ginnico e consequenzialmente le loro ghiandole endocrine producano dopamina, perchè poi facciano sesso. I loro corpi sono gli unici che il sesso tautologico e pubblicitario-profumatissimo oppio della civiltà nuovamente bizantina-ammetta: seni grossi e curve giunoniche ancorché slanciate per lei, squamati muscoli di torace e addome per lui, albero di Natale 🎄 (in)gloriosamente rovesciato il cui culmine non è il missilistico puntale del Canto 33esimo del Purgatorio ma quella brutta maschera di tafano del pene pulsante.

Quando è notte

Nelle stanze d'albergo

Rumori di letto

Sesso meccanico

Questa ginnastica

Chiamata amore

Innumerevoli stati d'assedio

Propongono ricette per la vita

Ma ho già l'astrologia babilonese

Nel medioevo rinascimentale

C'è chi cerca una liberazione

E c'è chi trova un'altra particella (Franco Battiato-Personal computer-Mondi lontanissimi)|Ho avuto molte donne in vita mia

E in ogni camera ho lasciato qualche mia energia

Quanti figli dell'amore ho sprecato io

Racchiusi in quattro mura

Ormai saranno spazzatura (Franco Battiato-Energia-Fetus). I due Happypotami Ciccio Cocco e Susi Dai copulano cronometro in mano l’aspettato ma bambini non ne usciranno. Adesso è tutta scellerata scelta contro leggi universali che imporrebbero l’obbligo unilaterale. Sesso per un umanità rimbalzata indietro alla scimmia cialtrona mentre contemporaneamente in un presente brevissimo scimmiotta gli sterili ritmi e esistenze delle macchine di un progresso il cui fallimento è proprio la nuova preistoria dei loro Yavanna & Illuvatar. Secondo l'autore sono tre i motivi per cui una civiltà può autodistruggersi: sete di nuove conquiste, inconscio disgusto di se stessa, esasperazione del progresso. Queste tre condizioni si trovano riunite nel mondo del capitano Morton, un mondo nel quale una paurosa "Eternità" detta legge e distrugge chiunque la ostacoli. Gli uomini di quel mondo sono ridotti alla vita delle formiche: respirano, si muovono, combattono, muoiono nel sottosuolo del pianeta perchè la superficie è in mano alle Macchine, prodotto di una società post-atomica, che si sono ribellate all'uomo e che non ne tollerano la presenza sotto il sole. Gli uomini temono anche il sole, perchè hanno disimparato a conoscerlo, e lo considerano nemico, come le Macchine (Patrizio Dalloro). Come ha potuto, all’inizio, il metallo senza vita forgiarsi nella prima macchina?”

“Da chi i robot avevano acquisito la capacità di sognare? E che senso o scopo aveva quella capacità?” Otto rimase a fissarla incantato… gli sembrava che quella statua fosse qualcosa di più della copia di un robot; qualcosa come la materializzazione di un’idea. Ma di quale idea si trattasse, non riusciva ad afferrarlo. Slanciata ed aggraziata, la statua giaceva dolcemente nel suo letto di polvere, ma emanava ancora una terribile sensazione di forza: un dio caduto, con la testa sollevata e il braccio teso… Uomo. E’ una parola di cui non conosciamo il significato.

- Forse era il nome della forma di vita che ci ha creati.

- Un organismo… un animale… Eppure ci hanno creati loro…

- Ecco perché non riusciamo a trovare l’anello di congiunzione tra noi e le macchine. Essi svilupparono le macchine e le adoperarono. Essi erano provvisti di intelligenza. Ed infine costruirono delle macchine dotate di intelligenza propria.

  • Dovevano cibarsi d’erba. Dovevano mangiare la carne di altri animali; dovevano essere delle creature molto deboli e fragili; dovevano essere sorti dal fango, è vero… Ma penso che ci fosse qualcosa di bello in loro… Perché sognavano… e anche se sono morti…(Robert Williams-Il ritorno dei robot-Destinazione universo traduzione di Sandro Pergameno). Mi$$ boombabOOboombab pilota il suo pinguino con le emorroidi di un capodoglio, l’Opima Culandrona di Leslie Durrell con una padronanza che la malattia renderebbe impossibile. Con metà cervello da Sotalia dedicata alla guida con l’altra può fantasticare. Un ipotesi d’identificazione empatica con cosa guida, reggendo in mano le grosse cloche con orbite per incorniciarne le mani unghiute più che mai, tuttavia fin troppo salde. Desiderava essere pulita come Cosette desiderava la favoleggiata toeletta di Mademoiselle Gillenormand, senza avvedersi che lo zeitgeist della nobiltà tra Angelo Onofrio Melchiorre Natale Giovanni Antonio  Principessa Angelina Contessa Louisa Fancesca Banana-Fanna Bo Besca III e Giovanni Ferretti era peu de douches, beaucoup de parfums. Strano a dirsi, tutto quel pensare allo schifo non la faceva più sentire malata. Su quella Nell si stava stretti come sulla [Otasukesande]; Mi$$ boombabOOboombab l’orchestratrice, la supplente in odore di Koaru (Francesca Rossiello) di Tonnan (Piero Leri), assisa sulla cuspide come Hinebot (Giampaolo Saccarola), Clot, il sangue emesso come il diavolo cornuto australiano da ferite inguaribili che diventa gomma forte come quella di Robert Patrick o di un Ditto angolo di 60° sinistro come la statuina di Giacometti Hikaru Oshino (Vittorio Battarra), Giraffewoman, gigantessa a lunga cottura () che a carico pieno si va a stagliare per 8 metri (non affatto un eccezione, constatato l’entourage di Mad Racer) cariatide che s’alterna ai telamoni nel parco dei guerrieri di Poggiardo nella fattispecie di Nana Mikazuki (Paola del Bosco). C’era l’hangar per i valorosi [Otasukeman Sai] e [Otasukeman Gaeru] e le uova dove gli Otasukeman vanno a bardarsi. Non era una doccia ma come in una ricognizione archeologica di Giocolino sulla piana di humus che un tempo fu Longarone quelle Betty Rubble, Biancaneve & Lulù Bartoplas Ledra & Seguo dopo Trent’anni avevano un bel pò di fango da sgrassarsi.

Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.

È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.

O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.

Che voli di rondini intorno!
che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Nè io... e che voli, che gridi,
mia limpida sera!

 

Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera
(Giovanni Pascoli-La mia sera-Canti di Castelvecchio)

Il tempo della mia infanzia è cenere figlia rimanente di un incendio

Alterata con cotanta violenza

Perché giammai ritorni

Adesso è per me il tempo del sudiciume

Della cattiveria

Dell’inferno di immonda gelatina di un costrutto anagrafico troppo recente

Ma la malaria e tripanosomiasi mi sfidano troppo duramente

E così mi rivolgo come Giona spiaggiato presso Ninive

Alla meflochina e beznidazolo

Di quella che tra chiarezze e ambiguità

Resta comunque la mia infanzia (O tempo da minha infância são as cinzas que sobraram de um incêndio

Alterado com tanta violência

Porque você nunca mais volta

Agora é a hora da sujeira para mim

Da maldade

Do inferno de geleia nojenta de uma construção de registro muito recente

Mas a malária e a tripanossomíase desafiam-me com demasiada severidade

E então eu me dirijo como Jonas encalhado perto de Nínive

Para mefloquina e beznidazol

Daquele entre clareza e ambigüidade

Ainda permanece minha infância)

Il gioco dei costumi. Colombina e Rosaura a Carnevale, Yvonne de Carlo e Beverley Owen a Halloween. Nel guscio rimase con le mani fatte a pugni con le unghie da tigre divoranti la carne dei suoi palmi perché non voleva masturbarsi. Per anni, da quand’era bambina, in casa sua i suoi occhi come nel museo della Szymborska (Ci sono piatti, ma non appetito

Fedi, ma non scambievole amore

da almeno trecento anni.

 

C’è il ventaglio – e i rossori?

C’è la spada – dov’è l’ira?

E il liuto, non un suono all’imbrunire.

 

In mancanza di eternità hanno ammassato

diecimila cose vecchie.

Un custode ammuffito dorme beato

con i baffi chini sulla vetrina Wislawa Szymborska-Nel museo-Ogni caso) si sono pasciuti di statuari corpi femminili, perfette dee che non da Igor Mitoraj ma da Gianluca Spinazzolo sono state scolpite, ai suoi occhi disillusi dalla maturità di quei cocomeri da orto di Alicia Mayer non c’è niente in loro della trascendenza dell’arte, per la quale la bellezza è uno specchio disingannato come Les monde des imaqes di Renè Magritte e quindi la bulimia di Botero e la corrosione di Giacometti, le belve urlanti di Ligabue e gli animaletti giocattolosi di Marotta sono vicendevolmente necessari per evitare quel macchinoso dispotismo a metà tra Henryk Baranowski e Hugh Falconer in base al quale-è qui che subentra il geometra autostradale-solo il compasso e il righello, il goniometro e l’iperbolografo hanno diritto a alloro e ultima parola in fatto di bellezza e sensualità. Dalla madre a eventuali sorellanze quelle femmine non le appaiono con culotette, gambe e labbra ma con cavalcavia e 4 corsie. Le altre? S’accaloravano sui suoi stessi pensieri? Non era una telepate. E solo confusamente e volandovi sopra come un curioso aquilone fotografico riuscirebbe là per là a capirli, a trovare sul fondo di quelle sfere di lacca cinese i cocci di cristallo catafratto non del sempre confuso e bugiardo avvenire ma del passato non meno ingannevole. E’ certa tuttavia che come la servitù non cresce troppo lontano dall’oligarchia che accondiscende, l’altolocata mesquitella riverita dal volgare chamiso, la galanteria dell’ombra che l’incienso riceve dalla cholla nello stesso deserto dell’Arizona, e forse quindi anche loro devono essersi sintonizzate su quegli stessi spettacoli, su quegli stessi balli che Ray Milland è costretto a esperire in nudità univoca. Si sentivano come poc’anzi lei sporche & malate? Ogni donna è un mistero, un pianeta il cui sbarco addosso obbliga a troppa intimità, a farvi sesso, e Mi$$ boombabOOboombab in quel momento non era lussuriosa. Il Chupa Chup Surprise schioccò il suo emisfero azzurro e giallo con il clangore svizzero della [End Machine] che impatta con-fondendosi con le altre 3 già unite mostrando Mi$$ boombabOOboombab con la guaina da telecomando rossa, bianca e blu della gomma gusto fragola, mentre la sua pelle conterranea di Neruda il caramellaio antimperialista (

  • Quando squillò la tromba, tutto fu

pronto sulla terra

e Geova spartì il mondo

fra Coca-Cola Inc., Anaconda,

 

Ford Motors, e altre entità:

la Compagnia della Frutta Inc.

si riservò la parte più succosa,

la costa centrale della mia terra,

la dolce cintura d'America.

 

Ribattezzò le sue terre

come "Repubbliche Banane,"

e sopra i morti addormentati,

sopra gli eroi inquieti

che conquistarono la grandezza,

la libertà e le bandiere,

istituì l'opera buffa:

sguainò l'invidia, si accattivò

la dittatura delle mosche,

mosche Trujillo, mosche Tacho,

mosche Carias, mosche Martinez,

mosche Ubico, mosche umide

di sangue umile e di marmellata,

mosche ubriache che ronzano

sulle tombe popolari

mosche da circo, sagge mosche

esperte in tirannia Pablo Neruda-United Fruit Company-Canto General) era Liquirone caramellato mentre i suoi capelli-adesso sommersi da una cuffia globulare di lattice solamente rosa-erano terra di Dalmazia marezzata con onde d’Adriatico bluastre di lapislazzuli vesuviani. La #2 era inguainata di arancione, grigio e celeste, aveva una pelle pallida, da sindrome di Gilbert,  i capelli nascosti da quella bardatura da Judy Keirn erano tigri di mercurio e wustite. La #3 era inguainata di marrone, nero e azzurro, era una colata di diarrea combusta dal sole, i capelli nascosti da quella bardatura da Bubba Smith erano vello di balenottera spalmato di marmellata d’anice. Come le showgirl che erano nell’irrompere tra palme e dune, noci di cocco che le palme hanno strappato da sole dalle proprie barbe e uccelli variopinti messisi a volare via terrorizzati si resero indimenticabili e inderogabili. Erano arrivate da una zona costiera scoperta correndo tra le palme come Gordon Summer in Wrapped around your finger da Synchronicity con i seni extralarge che rimbalzavano frenetici come in un mix tra Let love be your energy di Robbie Williams da Sing when you’re winning e La regina del Celebrità degli 883 da Grazie mille, e ora sarebbe stato Festivalbar n° 37 con Mariah Carey, Patty Pravo & Irene Grandi. L’accoglienza generale comunque non fu Alessia Marcuzzi E queste pagliacce chi @@@@@ sono?! Con il microfono creduto in mano venne fatto il preshow propedeutico. Ma nessuna voleva perdere tempo guardando https://it.search.yahoo.com/?fr2=p:fprd,mkt:it e fecero cantare piuttosto i propri ferri. Come se la malattia non esistesse, da Mi$$ boombabOOboombab in giù la coreografia era perfetta. Combattere un pallone da basket alto quanto un essere umano e avvolto da una gravità una ventina di volte inferiore a quella che noi terrestri esperiamo da sempre da cui improvvisamente può spalancarsi un pugno o un calcio come lo [Spin Lancer ] in modalità [Magic Spin] e che aveva una lucentezza da Roboto che catarifrangeva i laser era più fastidioso di una nottata sbattente una puta di Morochata in un vecchio porcile il cui domattina era a) la puta puede tener embarazos no deseados y enfermedades venéreas b) tutti e due eravate state punti da una cimice assassina che oltre a farvi pulsare l’area succhiata come ve l’avessero schiacciata con una pressa da metallurgista e c) tra i sintomi della malattia di Chagas trasmessavi da quegli insetti c’è un mal di testa da Gabriel Macht in The Spirit di Frank Miller. La novella Lluvia Loxar mandava i suoi prensili tentacoli di sangue a arricciolarsi più veloci della luce sulle soldatesse come Cake la Gatta (Monica Bertolotti) contro i disintegratori di vecchiette rei in aggiunta d’aver offeso l’eroicità di Fionna l’Avventuriera (Perla Liberatori), mosaicizzandole con miceli rossi come crepe su un rubino strappandole i piedini inguainati di carrarmato per far fare loro autoscontro da Sbullonati contro i tronchi. Infine, altre segnavano atterraggi record al Superbowl avvicinandosi troppo a una giraffa imbizzarrita. La Muerte uscì intenzionata a imporre senso e logica a quell’Astor Elementary School con Mad Racer che la sbranò come un ragno con una farfalla nella ragnatela. Ciò che è morto da sempre non poteva essere ucciso; Muerte lo capì deludendosene troppo. I suoi capelli erano zanne di verdesca e orca in lotta improduttiva con la corazza di un sommergibile, l’aria che Mad Racer respirava doveva vedersela lei e i mostri che ha inventato l’uomo con filtri simili a tritacarne per flatulenze controllati oppressivamente da Zipperhead di Bio F*R*E*A*K*S, quell’assurda chimera d’artropodi che era la  Muerte rimaneva comunque buona solo da calpestare da parte di quei talloni di ferro di De Casseres. Là, quando un giovane prende in sposa una fanciulla, non giacciono insieme, ma ciascuno giace con un'immagine astutamente modellata dell'altro, fatta muovere e riscaldarsi da arti diaboliche, perché la vera carne non piacerà loro, sono così delicato nei loro sogni di lussuria (Clive Staples Lewis). R Daneel Olivaw insorse e combatté le bramose avanches di Gladia, Pigmalione contro Galatea ma a sessi frullati modello Il racconto dell’orco di Giovambattista Basile, fustigandola fin dentro la stanza dei bottoni adornati di tamponi inciprianti ebbri di polline di ranuncolo più che nello stile del robot dei miracoli di Santa Rita che di Robert Vaughn che accumula viscidume sessuale come Claudio Camaso in Giarrettiera Colt di Giovanni Gigliozzi per demolire l’utero di Julie Christie e donare a questa Terra infame Tiffany Potter piastrellata stile Sandra Brianza ai tempi di Superclassifica Show da Donald Cash, una mera umiliazione di quella femminilità votata all’isterilimento. All’improvviso sopraggiunse una Himmler precipitata negli esperimenti di Herbert Bohme solo per i suoi seni. Nadia Cassini di La dottoressa ci sta con il colonnello di Michele Tarantini con due palle di cannone sul petto. Gladiatrix aveva uno scudo antifrana da legionario di Scipione e non esitò a risuonarlo stile gong della Rank Organisation tagliando l’elastico delle mutandine di quella Grimilde dando anche a Muerte l’opportunità di disarcionare Mad Racer e galoppare come Felicia (Federica de Bortoli) per schizzare contro Giraffewoman i suoi Salon Treatment e cominciare a avvelenarla lentamente. Antiproiettile=anti-lama? Mentre Giraffewoman la lanciava via Muerte su questo non s’interrogava. A prescindere, Muerte provò a far cadere Giraffewoman come Peter Parker contro Aleksei Mikhailovich Sytsevich legandole le gambe con i suoi capelli, iniettandole piccole dosi di veleno da Cassiopea mediterranea nelle cosce tornite. Anche se con quella spaccata alla Leg Extension di Kyoko Hamaguchi a Muerte si giocò il cuoio capelluto nemmeno in Se sei vivo spara di Giulio Questi Mirella Panfili fosse stata appaiata a Miguel Serrano e privata di qualunque cappelliera per il cervello fino allo scardinamento del parietale l’ultima risata di quella Anne Ramsey di Dovevi essere morta di Wes Craven sgorgò dalla consapevolezza (che comincia a dare segni d’incertezza si sente crescer dentro l’amarezza) che Giraffewoman cominciava a bollire di veleno. Muerte seppur con uno pneumatico in meno passò poi a fronteggiare  Clot. Facile! Attaccandola con il sangue i suoi veleni, da Victor Noto di Horrors in Bowery Street di Jim Muro questi avrebbero risalito la corrente come salmoni corretti da Hattori Hanzo (Giorgio Favretto) con gli intestini esplodenti di Saw Trooper Commander (Sergio Troiano). Ma quella torta di sanguinaccio usata per farle chirurgia plastica alla faccia era un nodo gordiano che annaffiava sé stesso. Come un genovese alla banca di Via Fieschi quella poltiglia simile a una copia di vetro della Detecma di Tullio Regge la stava soffocando lentamente. Peggio (o meglio?) Essersene stata con la boccuccia simile a un ponte levatoio rotto implicava che lo stesse ingoiando. Lo fece faticosamente, come dovette faticare Mrs Fortune (Federica de Bortoli) per nascondersi nelle viscere la Gemma Vitale rubata con il resto della Banda delle Lische a Vitale Medici (Paolo Buglioni), meglio per lei che si trasformasse in un Quetzalcoatlus dal gozzo di gomma. Alla fine, quella Tomo Buson fletté non senza penosi crampi il diaframma e l’epiglottide per depositare nel rancido avvallamento dello stomaco, il depresso fondo concavo della bisaccia, da cui pende quella derelitta e tumefatta-come un mignolo in necrosi di Czesława Kwoka-l’appendice. Per un attimo, Muerte si pietrificò. Dentro di lei sentiva tutti i succhi gastrici le stessero evaporando in un oceano di pustole come un lingotto di natron su cui si versa una borraccia d’acqua. Peggio: i succhi gastrici le stavano diventando Brisk. Il suo umore cefalorachidiano le implose in una jacuzzi da fargli ballonzolare il cervello a un centimetro dal fondo del teschio come se avesse bevuto una Fanta troppo di corsa. Poi tutta la VHS venne mandata in rewind. La torta di sanguinaccio si drenò come un ascesso commestibile e il suo fluido annerito torna nella giugulare del maiale sgozzato, la 35 abbandona la fermata in Via delle Casaccie e passa davanti al Panificio Sansò nascondendosi in Via XX Settembre, la poltrona del Regge rimonta in sella al furgone e retromarcia all’hangar di Via Barolo, l’incarnazione umana della pertosse più sudata con un regalino troppo ambiguamente generoso da parte di Eliza (Malika Ayane) ringiovanisce acquistando una bellezza simile a quella di Taliesin (Manuel Meli) del Cirques des cartes con cui hanno una partnership ballerina come Feng (Tiziana Avarista), le ossa come telai d'aquilone perdono i minerali e riacquistano la carne e i tendini, la moglie torna dal marito, i mattoni di Auschwitz franano di nuovo nell’infelice utero della terra. Come in La ragazza lumaca di Junji Ito la Muerte si riempì il volto di rughe da scioglimento ceroso (aveva già di suo un volto anemico), la lingua le divenne di piombo aprendole quelle  mascelle da leonessa per esalarvi respiri da impiccata. Goccioline raminghe di sudore color acciaio impreziosivano quella copertina di In the court of the Crimson King alla stregua della collana di caramelle di diamante di una nobildonna. Vomitò un imponente e con la compattezza dell'acqua sospesa in assenza di gravità Caltiki color melanzana dopo un incidente stradale che l’abbandonò facendo sentire Muerte una cliente di un ristorante esotico delusa per un pasto risultatele indigesto, in quel momento furiosa per quanto appena disgustosamente espulso come dissenteria o-appunto-vomito ma troppo provata e infettata per farsi salire anche la bile, preferendo farsi ribollire i leucociti. Anche Clot aveva l’espressione e gli scotomi di una donatrice che ha appena riempito una sacca tutt’intera d’emoglobina Cos’è quella? Muerte riecheggiava come Hair Razor (Domitilla D’Amico) se Dark Danny (Carlo Reali) ne avesse fatto la sua consorte e braccio destro Il tuo sangue più gonfio di veleni dell’acquario di Cattolica nel 2002 completamente purificato dal mio midollo osseo potenziato a vaccini e antibiotici da leucemia controllata. nel mio sangue pure i globuli rossi possono armarsi all’improvviso e mangiarsi o sbudellare qualche bel virus o tossina. Cos’altro ti è rimasto? Muerte le si gettò contro con le sue armi bianche sguainate. Giraffewoman, con gli spasmi di un epilettica e il disorientamento di una mononucleotica per via del succo tentacolare della Chironex fleckeri 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La catturò mentre Clot si metteva a fare la Kotoe Hatsui. Dopo essersi liberata dalla giraffa rintronata Muerte dovette vedersela con un inopinata golem violacea. Era l’equivalente bahamense della Venere Gommosa con obbiettivi da Corona Jane (Cinzia Villari) di Le nuove avventure di NanoBoy, che Giraffewoman doveva ingoiare contro avvelenamenti e sopravvivenze da guerre batteriologiche, da punture di Brontoscorpio e morsi di Megalania. Nel buttarla giù intatta Giraffewoman si sentì sgradevolmente un Tanystropheus obbligato a ingoiare un Lepidaspis. Tentennando come un automa di Theo Jansen Giraffewoman s’adagiò con il sesso schiacciato come la ventosa di una lampreda sull’erba di Settembre Gli aborigeni d'Australia

Si stendono sulla terra

Con un rito di fertilità

Vi lasciano il loro sperma

The circle symbolizes Tai Chi which is formless and above duality

Here it is manifesting itself as the progenitor of the universe

It is divided into yin (the dark) and yang (the light)

Which signify the negative and positive poles

Pairs of opposites, passive and active, female and male

Moon and sun Franco Battiato-Il ballo del potere-Gommalacca guardando Clot febbricitante e sconsolata come la donna-giungla di Nuda dei Garybaldi (

Sei già spogliata, sei sul mio letto

Sei tutta, nuda

Dolce visione, dolce passione

Tu sei sempre, nuda

 

Maya Desnuda

 

Passan le ore, esce il sudore

Tu mi travolgi, nuda

Dolce passione, dolce visione

Tu sei sempre, nuda

 

Sì, nuda

Vieni su... su con me... sì, su!

Sempre più su!) ricambiandola millantandole di rimanere là, una balenottera spiaggiata orfana del mare e la cui tristezza è ambiguamente cotanta nostalgia o la depressione prescindente di una spiaggia ubriaca di pioggia e traumatizzata di bonaccia. E Muerte? Nuovamente una freccetta. Per reggere quelle teste del [Kikai Juu] Gerberos J 3 dal vomito a base di ammoniaca servivano 14 metri di [Supā Kōtetsu] ma in cuor suo quella Marchesa Yanus (Germana Dominici) cominciava a domandarsi se non fosse il robot gigante del nonno di Midori ridotto a brugole storte dalle macerie di una diga à la Vajont. Gli artigli ancora malvagiamente estroflessi assicuravano un buon puntellarsi sulla corteccia color cemento. Se Nina Cortex (Lorella De Luca) avesse spinto un pò più d’intelligenza in quel Zoran Živković di Koala Kong affinché non lanciasse macigni con la stolidità di una macchina per allenamento nel baseball! La schiena se l’era fatta a ponte ma il prurito che cercò di spellarsi via come un orsa in calore su quell’installazione di Anselm Keifer poteva solamente discendere da vertebre che cominciavano a spazientirsi per quel suo uso da Jessica Rabbit in Who Framed Roger Rabbit: Dip Flip! Della LJN Toys. Esame sbrigativo di quanto odiosa fosse adesso la sua diventata giornataccia. Capelli: a lei, Cobra Queen (Alessandra Korompay) consumatrice di shampoo extrammorbidenti passategli da Lobo (Oliviero Dinelli) e Longhorn (Mario Bombardieri) hanno fatto lo stesso taglio tattico di Freakazoid (Vittorio Guerrieri) quando se la fa con gli scimpanzé. Anche imitando Velvet Von Black (Rosario Dawson) non gliene ricresceranno d’identici immediatamente. Nonostante tutto, Muerte è una donna paziente, benissimo per voi comunque darle e sottoporla a un attesa costruttiva. I suoi veleni? Sembrava che sulla sua collezione ci fossero passati Stimpy (Luigi Ferraro) e Sven HØek (Sandro Pellegrini) (MY COLLECTION OF RARE! INCURABLE! DISEASES! VIOLATED!). Le lame erano tuttora pienamente funzionanti, ma questo la portò solo a sbuffare di frustrazione. Inoltre, la schiena le faceva male. Si sforzò di concentrarsi su quale potesse essere la linea argentata. Inaspettatamente ma a dire il vero assolutamente no la sua linea argentata era la scena delle pioggia di lance di L’ultimo samurai di Edward Zick: il volerla far pagare a Mi$$ boombabOOboombab. Quelle sue due lacchè probabilmente si stavano ancora medicando vicendevolmente. Adesso si sentiva Minnehaha con i suoi Sioux adocchianti una pista di stampate impronte di bisonti in marcia selvaggia. Nonostante l’acquolina scattata con l’automaticità di una sirena di una ambulanza o una Pantera, nonché la vicinanza e l’ingombrante facilità delle prede più da Notika che nel Gabon prima che quel despota avvinazzato di Ranako lo sfondasse a zannate come un gatto dorato africano addomesticato per vie troppo arzigogolate con l’eventuale padrone convinto d’essersi fatto un gattino domestico esoticamente africano và a caccia con i suoi autoctoni di elefanti preferì fare l’insetto stecco. L’Eva del Sogari imbrattata di rosso per omaggio al comunismo che Reggio Emilia è parossisticamente orgogliosissima d’avere tra una citosina e un uracile fin da Alberto Borciani con però suddetto colore reso in embolia da pioggia, guano, fumetto, fumo e smog dei (pochi) veicoli autorizzati a espettorare i loro Tornabuoni nelle e delle marmitte prima dell’уборка votata al ronzio e all’elettricità, rosso ammorbato da acromegalia che respira i violini di Lucio Fabbri da Il cielo d’Irlanda da I treni a vapore, purtroppo per l’emaciata ancorché più pimpante crocerossina che veglia su di lei saltuariamente diventano Aldo Tagliapietra da All’infuori del tempo da Felona e Sorona. Muerte con la neutralità di una casellante constatò che in lei c’era ancora aria sul brucamela del respiro. Finché la novella Olga Villi aveva l’altrettanto novella Tina Louise a farle da elettrone supervisionandola Muerte era come innanzi-comunque fuori dall’effettiva portata-a un cane da guardia. Una cagna da guardia che con zanne e artigli le aveva inflitto un umiliazione troppo radicale per riattaccare bottone con lei. Poteva aspettare e Lindsay Wagner le sarebbe uscita dall’OSI più forte di prima, però appunto permaneva & rimaneva l’efebica ancorché aquilina Wanda Ventham che di nuovo la tignosa Muerte non voleva averci da litigare. Focus proprio su quella Eileen Stevens che studiava l’ingigantimento cellulare di quella Allison Hayes, contenta però delle sue inumane proporzioni, senza circondarsi e ingabbiare dromedari e elefanti miniaturizzati Tutto bene? Non mangerò più caramelle giammai giammai giammai. La tua medicina vincerà tutti i veleni che mi ha iniettato? Millantava d’avere tutti quelli del mondo Il tuo sembrarmi non poi così moribonda è già rincuorante. Però se avessimo un ospedale da campo….E come ci entrerei? Rimpicciolendoti. Però aspetta….rimani grossa, i veleni scemeranno in uno spazio maggiore. Però se almeno potessi montarti una tenda attorno Muerte era una confezione di sciroppo d’acero Mrs Butterworth stracolma di bile verde glauconite. Entrambe sarebbero dovute essere tigri di carta, figurine di Diego (Pino Insegno) dall’album di figurine Panini de l'Era Glaciale, ma se un orologio rotto azzecca l’ora esatta almeno una volta, la reazione di Giraffewoman a un artigliata che lei Muerte poteva piantare nel busto di Clot sempre sottocchio poteva stavolta costarle la vita, una certezza che le ribolliva ammonimenti giù nelle viscere. E morire per la Morte umana era un timore di tutto un altro pianeta. Mi$$ boombabOOboombab nel frattempo si era barcamenata con la Himmler. Un calcio al mento. Uno agli zigomi. Farle fare Ajax (Luigi Ferraro) che s’impratichisce con la palla avvelenata riempiendosi da solo il becco di pallonate rimbalzate contro il frigo in cucina. Colpita da pugni che ammontavano a Spatula Woman (Alessia Amendola) colpita da Golden Gut. Fare un incrocio tra un pesce palla e Lamù (Jasmine Laurenti) quando deve aprire una saracinesca. Quell’essersi gonfiata tutta stile Miss Doublefinger (Cinzia Massironi)

  bubble yum bum, badum-bum badum

Bubble yum bum, badum-bum badum

 

 

Le permise di dare alla Himmler un KO molto atteso. Con lei però-cosa che già Panther Woman conosceva di suo-non si finiva mai davvero. Le prigioniere assurgevano adesso alla più completa priorità. Dopo la piatta storiella estiva (Rossella Farinotti su Parentesi tonde di Michele Lunella) le primedonne, le first ladies erano inerti come il dirigibile della pasticceria di Alessandro Paglia quando il laziale titolare imballa l’esercizio per andarsene al mare. Delle donne politiche con più impegni di Stripperella (Stripper by night. Superhero later at night) non riconobbero il miliardesimo erede di Frank Sinatra conciato come William Adams in Rock that body da The E*N*D (Energy Never Dies) chiamato Mad Racer che con pentole per piedi incedeva verso di loro nella cantina tutta ingessata di parquet economico. Quelle lo guardavano come maschere affisse su un manichino nonostante Mad Racer-non accortosi di com’è che stava venendo guardato-s’estraniasse pure lui a suo modo nei riti di placcaggio accompagnandole su per le scale con tocchi come sventagliate della sua corpulenta e blindata mano imbevuta d’acciaio. Mi$$ boombabOOboombab non ne assistette: come scopre Sindrome (Christian Iansante) Jack Jack ha tutti i poteri dei restanti Parr: Mi$$ boombabOOboombab può come lui switchare tra la plasticità di Elastigirl (Laura Morante) e la velocità di Flash (Furio Pergolani), accorrendo da un altra creazione di Brad Bird: il gigante di ferro (Massimo Corvo), o meglio la sua compagnia del sequel del romanzo di Ted Hughes tuttora intonso dalla 7° arte. La Himmler ovviamente poteva riassemblare un esercito intero mentre le accorreva via dandole quelle magnifiche spalle da pupa bionda di Werner il folle ma teneva troppo alla sua artiglieria pesante; inoltre aveva visto le sodali una in convalescenza la seconda appollaiata al suo capezzale di 280mila micrometri d’altezza. E Muerte? Sepolta da Giraffewoman. La profezia si era finalmente avverata. La Naomi, la monumentale Boincar con i lagunari colori della God Wing a uso della supermodella più plastica di Betty Spaghetti (Una Betty Spaghetti con un davanzale troppo grosso) era rimasta inviolata. Quelle sagome appartengono all’ Acrocanthosaurus, un gigantesco carnivoro dotato di una cresta dorsale, i cui esemplari adulti possono arrivare a pesare fino a tre tonnellate. Cinque acro fanno quindici tonnellate di muscoli, tendini, denti e fauci inarrestabili. I predatori giganti non si muovono quasi mai in più di quattro per volta (Robert Bakker-Fine di Maggio Un computer per le sorelle-Raptor Red).

 

Ora, lo Gzonk Grande Grandiosamente

É da tutti risaputamente

Capace d’accumulare quanto c’è di più strano

E d’equilibrarlo sulla sommità del suo naso!

 

Le qualità dello Gzonk sono così splendide

Che non si possono contestare

E ora vediamo te cosa sai equilibrare

Sulla tua di proboscide! (Tony DiTerlizzi-G is from one Gzonk! Traduzione di Nicola Orengo)

Un gigante, una gigantessa in questo contesto, è talmente grande che basta a sé stesso. Specialmente se è di metallo. In 鉄人28 il [Tetsujin 28 GØ] è il 28esimo e riuscito robot gigante da combattimento venuto dopo prototipi fallimentari che i saranno nemici di Shotaro Kaneda. In サンダー大王 [Thunder Daiou] è il solo e unico guardiano di Atlantide, insostituibile nume per il continente dimenticato risorto dalle sabbie del Sahara per ricominciare a difendere l’intero genere umano da nuove minacce. Di gigantesse ce ne erano più di una. In

ゲッターロボ

Sia il classico Giappone con [Saotome Hakase] che l’America con Hoaks King sono dimostrativamente capaci di creare potentissimi robot guerrieri, il nipponico [Getter Robot] ancora più avanzato con il suo essere uno e trino. In 神魂合体ゴーダンナー!! Tutto il mondo vanta-nazione per nazione-robot da combattimento ognuno più che capace in solitaria di vincere a pirlì un [Gitai Juu]. Quello era lo stesso mondo della giapponese [Aoi Anna (Saruwatari Anna)], la britannica  [Ellis Valentine], le statunitensi Luna & Shadow, la cinese [Shukyou], la cosacca [Ekaterina], le ragazze della [Cosmo Base] di un pò tutte le nazioni. Una realtà che ciascuna parte conosce fin da subito. Ma anche se le 2 piloti erano nate cittadine del mondo, un minimo di costernazione era inevitabile. Non solo cittadine di una metropoli grande quanto la Terra, ma altresì abituate a Un mondo di maschere/dove sembra impossibile/riuscire a sconfiggere/tutto ciò che annienta l’uomo. Tutt’altro che un retaggio di chissà quale passato. E nella ragnatela del web-la cui zanzara dall’addome a botte è come sempre il nostro mondo-le maschere sono secondi volti, non più e non solo protesi studiate per la più disinvolta e pratica delle rimuovibilità. Anche fuori non ce ne si libera limpidamente come chi è rimasto a come si era prima crede si possa fare, avvinto complice di un oblio che Pirandello accoglierebbe a fischi e vaffanculo. Può sembrare arrivista, ma come non si può interrogare l’Altro su cos’è che ne copre il volto oppure no Con quale Miss Spiaggia ho a che fare? Ursula Mitchison al suo servizio signora! Ci rincontriamo. Riuscirai stavolta a non cadere dai bambù come un lottatore di sumo in bilico su una sedia? Non è il momento per giocherellare. Questa è la temibile Himmler? La metteremo di nuovo al fresco, quest’estate infinita non fa bene alle mangiatrici di ice cream di Inisero Cremaschi. E laggiù? Laggiù dove? ↘️  Mi$$ boombabOOboombab finalmente notò le sue partner ancora una che vegliava l’altra. Giraffewoman, nomen omen di un esacentenario di centimetri con il suo cuore a forma di virgola apparentemente monoporzione, un camper senza stanze veramente suddivise era diventato l’Aquafan per far sì che il sangue di ambo le circolazioni (StrizzaCool & Arca Beach) si diluisse la Panacea, il cristallo marziano di Un odissea marziana di Stanley Weimbaum di cui è innegabile il coraggio per aver pugnato contro un intera alchimia di veleni animali (la Muerte, prima di ridursi a uno scheletro di cartapesta di Halloween aveva millantato nella sua impresentabile carriera di aver spaziato nei suoi tatuaggi da Abel Tarrant dalle meduse agli scorpioni alle formiche di fuoco ai serpenti ai parenti del toporagno nemmeno). La medicina ha le sue reliquie imbarazzanti, ma dai tempi di Pasteur in poi si sa che i vaccini non possono essere buttati con la nonchalance di Papa Monzano nei succhi gastrici, bensì a colpi di siringa portati direttamente sul campo di battaglia dei nostri andirivieni emoglobinici. Questo è un caso però diverso da quelli del punzecchiatore borgognone. Questo vaccino agiva come l’aspirina. O il Tafamidis. Giraffewoman venne trasportata dal mecha di Mi$$ boombabOOboombab premurandosi di non piegarla stile John Arbuckle quando Garfield gli annoda le scarpe

 

 

 

 

In modo che non si formino trombosi. Come una popputa Carmi Cna àn (Angelo Maggi) Clot era stretta-come un bloccante di gommapiuma da piscina-alle acuminate colonne delle gambe di Giraffewoman più affranta che alienata nel proprio ipnagogico erotismo. Ottimo. Nessuno, in nessuna epoca, ha vagamente idea di quanto un epoca ventura possa diventare progressista. A differenza di Sodoma però Clot e Giraffewoman erano robustamente fedeli a vicenda, Renzo Tramaglino e Lucia Monella declinati in salsa Nana Coupeau e Satin del Nana di Emile Zola, ma appunto senza la dissolutezza da I segreti delle città più nude del mondo di Luciano Martino e invece tutta l’incrollabile purezza del capolavoro del Manzoni motivo per cui Charles Dickens imparò l’italiano. Ma Giraffewoman non ci passava per la porta alta tanto quanto era diventata. Doveva rimanere fuori, sorvegliata dalle sue compagne. Clot fu quella più semplice da curare. C’era un acquario da 432 litri di sangue della stessa Clot fatto prosperare con una soluzione nutritiva a base di midollo osseo sempre tratto da Clot per Clot stessa. Così si evitava s’ammalasse di talassemia. In fatto e fatti di sangue l’aria viziata è la più pura e profumata. Non potendo fare le amazzoni intente a gustarsi un Moa allo spiedo con Giraffewoman impanata sugli specchi solari di un Archimede datosi al pacifismo costei riposava ombreggiata su un fianco, con una barriera d’acciaio a fare da separee. Mi$$ boombabOOboombab le aveva già lasciate. Himmler era ancora a piede libero e Mad Racer era suo avversario. Gli avversari erano davvero una nazione, parimenti numerosi. La Mitchison si sentiva Actarus in Io Actarus la vera storia di un pilota di robot di Claudio Morici: una Bradamante pupattola manovrata da Kyotaka Matsumoto contro un nuovo nemico appena messole davanti come una Darlene degli Sbullonati sull’auto blu da smontare e rimontare all’infinito. Questa volta come Electra in un match contro Pupazz in Shadow Fighter il suo avversario era un drone, un gigantesco giocattolo dal movimento proprio come una pulce circense nel numero della carrozza o un Robot Charly agli ordini di un Gilles Villeneuve fuori campo. Era meglio così: la Mitchison era troppo armata, meno anneriva la sua fedina penale meglio era. Una Alda Teodorani che raccontava una femminea Dino Drago con un giocattolo in pugno di Air Action, la più bella delle Airovyus, le sexy Catchbacks di Tondemo Tetsu no Neko Shojo Airovyus, spaziali cacciatrici di tesori alieni legati al padre. Un convertiplano a reazione con le poppe risqué nell’avere lo stile combattimento di una spogliarellista che fa la biscia d’Esculapio con un alabarda-nunchaku bilama, ma i giocattoli non sono solo per bambini. Ricorda con gli stessi ricci capricci dell’intestino sotto il pettine passato sul lavoro buono del proctologo quell’astronave simile a una sfuggente stalattite di Antonio Gaudì con i disegnini di Jucika e Chiara di Notte che mostrano quanto grosse sono le proprie grazie sulle note del Jack Nitzsche di Cruising se, invece di Maleni Castro avesse musicato lui Pepi, Luci, Bum e le altre ragazze del mucchio di Pedro Almodovar. Una limousine astrale che mostra le proprie grazie mentre le tre sorelle-Air Action, Gea e Wet Rim-scendevano in un ossessiva ostentazione di meraviglia corporea. Che poi scendevano: ognuna usciva nella sua forma veicolare-Air Action il convertiplano, Gea il lanciamissili binato armato di trivelle, Wet Rim il catamarano-come i tappi di un intera cantina di bottiglie di spumante in conseguenza di un terremoto. Tutti sono bambini cresciuti, che ora hanno giocattoli più grandi e più perfezionati con cui giocare. Di solito, a un certo punto della nostra vita, ci troviamo a giocare con il giocattolo per eccellenza: un altro essere umano  (Terry Moore). Quando la madre di Linberg parte per la notte per frequentare i suoi studi biblici, il patrigno di Linberg viene lasciato a prendersi cura del ragazzo. Dove decide di portare per la notte il figlio minorenne? Uno strip club, ovviamente! L'ilarità nasce quando Linberg vede continuamente cose che nessun bambino della sua età dovrebbe mai vedere

 

In un piccolo spiazzo erboso fra due alti cespugli di erica mediterranea, due bambini, un ragazzetto e una bambina stavano giocando, con molta gravità e con l’attenzione concentrata di scienziati intenti a un lavoro di scoperta, a un rudimentale gioco sessuale Aldous Huxley. Essere Cappuccetto Rosso non è semplice. Non lo è in questa triste giungla urbana, nella quale-in un inversione cara alla Favola di Natale di Giovanni Guareschi (“A morte il risparmio!” urlò la Formica. “Peste e dannazione a chi ha inventato la Giornata del Risparmio, i salvadanai e la previdenza! Ho lavorato trent’anni come una negra economizzando il centesimo, mi sono fatta a costo di spaventosi sacrifici un gruzzoletto per la vecchiaia, ed ecco il magnifico risultato: le mie cinquantamila lire valgono oggi come settantacinque lire di prima della guerra!… E debbo andare io a elemosinare dalla Cicala la quale, adesso, fa soldi a palate perché avendo trascorso i suoi giorni guardando il panorama – ora tutti vengono da lei a farsi descrivere le albe rugiadose e i tramonti di fuoco e i placidi meriggi e le profumate notti del felice tempo che fu. Adesso chi ha in magazzino articoli di nostalgia fa quattrinoni!) È il lupo quello in pericolo, un lupetto rosso che va a portare una preda alla nonna, in un angolo di bosco ben recintato ben inserito tra Via Guglianese e Via San Piero in Vinicio, tra un mondo di ruderi e giocattoli ambigui e mostruosi. Lino Banfi alle prese con la Coppelia di Jun Ichikawa che commentano il degrado delle bambole moderne

La sua Colombina mandava baci mortali a raggi di 40° dalle lumache steroidate color topazio che ha come coronamento della sua bocca, reggiseno con frangette per farci l’elicottero-qui LETTERALMENTE-con shuriken taglienti, seni che nudi sparano laser a fascio unico o a raffica binaria, banconote taglienti (tutte del taglio più esoso) usate come shuriken, mutandine che diventano fionde che lanciano bombe stipate nell’ombelico, cosce con lame interne, spade dalla schiena che unendo le else diventano un tagliente palo da performance erotica. E tacchi a trapano da Seducella (Cinzia de Carolis) messasi a imitare Peepers (Claudio Moneta). Una piccola grande spogliarellista di plastica e metallo, indirizzante verso quella che sarebbe stata la sua vita. Strano quante volte quella situazione si era ripetuta autenticamente. Il drone era un autogrill Villoresi Ovest con un arsenale da Classe Giulio Cesare e un vizietto da Abel Tarrant inerente il lanciarle missili dall’esito di petardi contro un elefante e caccia con la mera funzionalità di intralciarne le decisioni. Il suo robot da guerra con quelli delle altre del suo reggimento era un orgoglioso OP (One Piece), cosa un pò vergognosa per la sua nazione, costretta nelle più gravi contingenze a chiedere a Yamato degli Origami o Fukuro, i cui corpi cangiano in base alle necessità. La sua nemica era una macchina pingue e franante, un enorme pistola senza calcio la Mitchison non aveva ancora accertato fosse cosa si rivelò essere poi, una Torre Beretta di Brescia fatta di giocattoli ricostruibili all’infinito. Con la spada in pugno e con l’istintività di una bambina capricciosa il resto del suo arsenale-compresi i trapani nei glutei e le motoseghe nelle braccia-ottenne una sudata vittoria. Adesso doveva pensare alle sue compagne. Atsumer. Tra le cose che faceva da ragazzina c’erano intense partite di Overwatch su Playstation 4. Ancora una volta quello che era era il postulato di Martin Lutero dell’inesistenza (e insussistenza) del libero arbitrio, assieme a quell'anime capace di formare ogni nuova futura Isabella Santacroce: il suo personaggio era Amelie Lacroix (Francesca Perilli), una tettona mezza nuda dal grilletto facile e dall’arsenale da Impey Barbicane, sempre in tandem con Orisa (Elisabetta Spinelli), una corpulenta bucentaura con il decolté più mastodontico quel Cerno Bill di Jeffrey Kaplan e quella risorsa per il vaccino contro la gonorrea di Alyssa Wong riuscissero a escogitare. Italo Svevo era nel giusto dicendo quant’è secolare la malattia nostra propria. Con le sue amiche c’era la volenterosa rotazione con Sana Hong (Martina Felli) il cui sequel era la cooperazione con la Atsumer. Il suo arsenale era limitato a cosa una Juliet Starling di Lollipop Chainsaw o una Emily Hartwood di Alone in the dark avrebbe raccattato in quei non-luoghi così volenterosamente desolanti: una motosega e un Ingram calibro 12, in cattiva compagnia di un lanciagranate M82 Barrett e di una semi automatica Gamo PT 85 con silenziatore e mirino laser, roba da Shelley Winters di Il silenzio dei prosciutti di Ezio Greggio molto appropriata per quei Raidar Command mandati da una Himmler evidentemente più potente di cosa avevano pensato. E’ dal 16esimo secolo che il Sud America è senza pace. Dopotutto una nullità, un deviato Abdolomino come Ernesto Che Guevara poteva trasformare Cuba e le sue isole in un Quarto Reich. Certo, le multinazionali della frutta ci mettevano volenterosamente il picciolo (Quando squillò la tromba, tutto fu

pronto sulla terra

e Geova spartì il mondo

fra Coca-Cola Inc., Anaconda,

Ford Motors, e altre entità:

la Compagnia della Frutta Inc.

si riservò la parte più succosa,

la costa centrale della mia terra,

la dolce cintura d'America.

 

Ribattezzò le sue terre

come "Repubbliche Banane,"

e sopra i morti addormentati,

sopra gli eroi inquieti

che conquistarono la grandezza,

la libertà e le bandiere,

istituì l'opera buffa:

sguainò l'invidia, si accattivò

la dittatura delle mosche,

mosche Trujillo, mosche Tacho,

mosche Carias, mosche Martinez,

mosche Ubico, mosche umide

di sangue umile e di marmellata,

mosche ubriache che ronzano

sulle tombe popolari

mosche da circo, sagge mosche

esperte in tirannia Pablo Neruda-United Fruit Company-Canto General) ma il diavolo chi tenterebbe e rovinerebbe se l’uomo non fosse nato corrotto, una fragola con metà semi avariati?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Atsumer era una dei Megaraptor delle foreste che un tempo inverdivano quell’Antartico che oggi è ostaggio degli ottusi ghiacci dove innumerevoli navi sono affondate, meravigliosamente erotica con quella canna nera che uccideva a sputi e il gomitolo di rosso di Sidone che si confondeva tra le foglie scarabocchiate. La vista che oscuramente aspettavamo, fu la vista che gli altri ebbero di noi (Italo Calvino-La spirale-Le cosmicomiche). Quando il muso a unghia di mignolo di uno dei Raidar Command faceva capolino tra quelle felci impossibili da disegnare per i frattali delle loro infiorescenze Atsumer sparava un colpo della sua Gamo PT 85 con silenziatore e mirino laser, uno sparo che sembrava un cucchiaino contro una padella dal quale però succedeva un esplosione così forte da far rimpiangere le proprie orecchie, preambolo di un momento di confusione turchese come il cielo e arancio come la terra in cui burrasche di pallottole riducevano a polvere di avventurina la vegetazione da copertina degli album dei Leoni, Atsumer salvata dal tronco di quegli alberi che sembrano grattacieli in grado-quelli di quell’isola-d’incassare una mole di proiettili da Boss (Oreste Baldini) che ridurrebbero a un rivenditore Foppa Pedretti pure il Parco del Gran Paradiso, tra i quali saltabecca con capriole sexy. Sono i missili che la fanno sudare come sotto una doccia. Il suo è un modello Pesce Arciere, una balista che come Pandaro attacca da lontano eludendo di continuo i suoi bersagli. Certo, quella motosega in suo possesso si prestava autenticamente a mattanze a distanza ravvicinatissima più degne di un Aiace, ma il suo era un modello Jane Doe, un manichino generico a tutta randa. La motosega dopotutto è un utensile comunissimo, non c’è emporio di bricolage che non ne possieda, e a prezzi che gareggiano in convenienza. Poi le armi da fuoco……….bel paese è l’America: dopo essere stati da Stanley’sc a rifocillarsi per quei lavori da mastro falegname di cui il vostro Halloween/Giorno del Ringraziamento/Natale ha bisogno per esistere al primo Alditm in cui fare terribili collezioni di armi da fuoco, dinamite e un bel bazooka se si raggiungono i 100 bollini. Sempre per la legittima difesa del branco inchiostrata dal Secondo Emendamento, ma con pochissimi pellerossa a farsi Unabomber (sbagliando, checchè si voglia fare gli Alan Douglas) e nessuna guerra con gli inglesi contro chi da Anchorage a Guadalajara si dovrebbe correre agli armamenti? I nostalgici del Far West rimpiangono altresì gli sceriffi che non esistono più da troppo tempo e avrebbero troppe ingiustizie da dissipare, le città e i quartieri suburbani pullulano di criminali con la brutalità di un centauro e la fortuna di un ottomano, le cui prede sono set Playmobilc  da 240$ che un uomo neanche all’apice della possanza potrebbe demolire in solitaria a suon di pugni, complice uno degli intonaci più poroso e croccante la storia della domotica ricordi. Europa odia i marines non possono sparare? Gli italiani hanno come progenitori quei troiani che avevano spade in mano contro i rutuli, i francesi moderni discendono dagli italiani venuti dal Lazio i troiani conquistarono e depredarono che a loro volta conquistarono, depredarono e portarono via con loro dai galli con spade in mano, gli spagnoli conquistarono l’America del Sud con spade e fucili in mano, i giapponesi conquistarono la Cina facendone una repubblica delle banane con il nomignolo di Manciuria. Nessun contributo americano. Anche lo scudo con cui avanzava come il collo di una giraffa sotto un temporale era una lente a contatto da celerino accompagnata dalla mulinante motosega come un uomo di chiesa che sparge incenso pregando circondandosi da robe che esplodono imperterrita ma stressata, facendosi gli occhi di pesante rubino come un drago abitatore delle lande vulcaniche, sempre più disorientata la pilota e accortasi con un risvegliato ritardo di essere nuda contro attacchi dall’alto. La Mitchison le aveva sparpagliate sulle isole! Le veniva l’inerme voltastomaco di un piccolo marsupiale lontano da quella tasca di carne dove gli Hansel e Gretel della famiglia dei metateri non conoscevano nè paura, né sofferenza né tribolazioni. Infatti i suoi occhi cercavano il cielo quand’anche se di poco si liberava. Sciami di caccia classe Black Cloud stavano venendo a supportare i mezzi terrestri. Atsumer si nascose sotto un Raidar Command ancora sano, mentre lo stormo di nuvole nere apriva le viscere e faceva paintball con tantissimo arancione. Stavano usando l’Agente Orange, in una guerra di veleni troppo pazza per essere vinta con ancora qualcosa che potesse essere vinta.  Hela era la dea  della morte norrena, ma questa Hela non ce la faceva a accettare di morire. Inoltre, quella polvere color interno di popcorn era fulmicotone e pirite, che diventava incendio e esplosione con anche semplici scintille. Il rottame che Atsumer rovesciò a terra aveva il look scolorito e vissuto del mondo dopo una pioggia acida. Né lei nè le nemiche alla guida potevano uscire, e quell’inferno fiammeggiante e arrossato come il bubbone di una zanzara dava a Hela una claustrofobica sindrome di Meniere. Era un camposanto d’acciaio che suda sé stesso tra lingue di fuoco, piante talmente inacidite da sembrare sculture di Giacometti e Gizmo di leinsteriana memoria color carota che non le offriva più niente. Atsumer non si reggeva in piedi. L’acqua di mare non era proprio un toccasana per l’acciaio, ma la spiaggia e il mare erano ancora puri, checché ne pensasse Albert Camus, convinto che l’incontaminatezza della natura esisterà solo nel deserto spaccato e ucciso dalla sete (Miliardi di uomini si addensano su angusti lembi di terra in mezzo ai mari che ricoprono due terzi del globo. I nostri continenti sono delle isole assediate da tempeste e uragani, corrose dalle piogge che i venti carichi di umidità scaricano sulle nostre contrade sulle quali regniamo fuggevolmente. Così noi cresciamo e ci moltiplichiamo su dei territori che un poco alla volta si riducono e s’impoveriscono. Domani vi saranno troppi uomini in un mondo troppo piccolo e la libertà non sarà più possibile che sui mari o nel deserto […..]Il fuoco del cielo piomba a picco e porta al rosso le pietre, che poi la notte gelida diaccerà senza transizione alcuna. Un poco alla volta, per effetto di tali terribili e rapide forzature, la pietra scoppia e si riduce in sabbia, che domani il vento, ritornando alla carica, lancerà contro tutto ciò che ancora resista all’orizzonte Albert Camus). L’Atsumer è un modello mitologico, non è un anfibio come Colapesce o Poseidone, più come Zeus fattosi toro per sedurre in Europa l’uzzolo di torera tralasciato dalla placidità dei sensi senza sentimenti dell’essere principessa o Urashima Taro a cui Watatumi un solo sgarbo fece, quello di raccomandargli di non riaprire lo scrigno del tempo vissuto lontano negli abissi, perché il tempo è il solo nemico che non verrà mai sconfitto. Atsumer non era un modello che impensierisse per l’età già accumulata, né Hela si sentiva come Oskar Matzerath che vive come un fotogramma stoppato finchè una morte che non aspetterà mai la vita non gli obbligherà a schiacciare il pulsante ▶️ del telecomando, ma quando il film sarà già finito, però si sentiva molto provata e bisognosa di sedersi ginocchia al petto in un angolo. Non aveva forza per fare nessuna scelta.

 

Appare evidente che noi ci troviamo proprio nella situazione di chi ricorre per forza ad un prestito e conseguentemente si rassegna a sottostare alle richieste di chi gli fornisce il denaro di cui ha bisogno. Egli potrà, sì, resistere, potrà contrattare, potrà cercare di avere le condizioni meno pesanti possibili, ma non v'è dubbio che in definitiva debba sottostare (Giovanni Adonnino)|L’America delle isole del Sud è il dinosauro marino che quando Jacksonville e Tampa saranno chiuse nella loro dissipata attrattiva, quando il porto di Manhattan saprà meno di salsedine sorgerà dall’Atlantico in cui le spugne e i coralli avranno cambiato in scorie i loro manti prima così luminosi e umidi di vitalità cellulare (Al gelo dell’inverno i tessuti della spugna si stracciano, ma le cellule più nuove rimangono lì e riprendono a dividersi, ripetono la stessa spugna in Primavera Italo Calvino-Morte-T0) e distruggerà, distruggerà i palloni di Superman, Paperino e Snoopy, gli alberi di Natale di eburneo alluminio, la parata di Alice, il Bianconiglio e le Carte della Regina di Cuori a Disneyland, tutti i Big Mac, tutte le bottiglie di Coca Cola, tutti gli special della NBC con Elvis Presley che canta If every day was like Christmas (No, Johnny, noi siamo impossibili. Lui è com'era dieci milioni di anni fa. Non è cambiato. Siamo noi e la terra a essere cambiati, a essere diventati impossibili. Noi!). La mamma/moglie trofeo d’America, SuperMegaMilf, la Helen Parr/Elastigirl (Giovanna Rapattoni) mixata a Tiffany Lords di Rival Schools e creatura multipla à la Nascita del superuomo di Theodor Sturgeon è altruista dove l’altruismo è il nuovo cannone del generale Resoplez. Le donne di Merida sono cagne da guardia, dobermann in calore che inneggiano al matar toda Los hijos de puta americanos, figuriamoci les mujeres. SuperMegaMilf s’aggira per quelle baracche subissate d’occhiatacce non per il testone da cosplayer di Gravitina (Cristina Noci) di Brain Queen, Amalia Fleischer l’emblema dell’America materna ma contemporaneamente lavoratrice (cosa senza alcun valore per le puttane guerriere della repubblica domenicana; è già stato detto cosa vogliono e che mostro sono, At Woodstock last summer

Everybody asked

If there was a brand new nation

And they asked about Toronto

 

 

 

 

They said that's gonna be

The brand new nation

But those nation had a lot of mud

Those nations had a lot of water

What about America, if America's dead

Will a big cloud crawl across America?

 

What did we live for? Is America, is America? Are we America? Are we the universe? Are we the universe? Then who's the liar Kim Fowley-Is America dead?-The day the Earth stood still) si avvicinò a un bambino che piangeva sguainando zanne da babbuino. Senza un perché lo raccolse e lasciò che esaurisse la sua furia triste e bestiale su una delle spalle. La madre (?) La confrontò con una durezza da Joshua Waldermeyer. La Fleischer era più alta di lei quel tanto che bastava da poterla usare come saltabecco, stile Coil Man (Vittorio Stagni) per gli altri Impossibili, ciononostante la straniera, la Lucia Mannucci di Lettere dal Sud America nella peggiore delle versioni, Iron Maiden dell’omonima band glielo riconsegnò tremando come una foglia e retrocedendo. Brain Queen la guardò come una Lydia Deetz (Laura Lenghi) spaventata dalle prime cose viste a Assurdopoli. Poi guardò la belva molto, troppo materna. Le entrò nella mente, con la gentilezza di un melanoceto maschio che s’accoppia con la femmina. Camminò attraverso l’intera storia dell’America centrale e meridionale, tra poesie di Neruda e Hikmet, romanzi di Martinez e Merle, i corti di Juan Padron e Quino, appesantendosi il cuore senza trovare una soluzione. Chi era colpevole? Castro e Che Guevara non le piacevano; né si capacitava che se ne fossero fatti eroi nazionali. Però di nuovo c’era lo s-frutta-mento avutosi in passato dalle multinazionali, le loro collusioni con regimi d’effettiva e effettuata immondizia politica. E il Piano Marshall? E la Liberazione fatta dagli Alleati? Quando l’America era bambina

Era un giocattolo di paese

Dove la vita era una scommessa (Edoardo de Angelis-Una storia americana-Le allodole di Shakespeare)|Bye bye les héros que j'aimais

L'entracte est terminé

Bye bye rendez-vous à jamais

Mes chocolats glacés, glacés

J'allais rue des Solitaires

À l'école de mon quartier

À 5 heures j'étais sorti

Mon père venait me chercher

On voyait Gary Cooper

Qui défendait l'opprimé

C'était vraiment bien l'enfance

Mais c'est la dernière séquence

Et le rideau sur l'écran est tombé (Eddy Mitchell-La dernière seance-La dernière Séance)|Secondo lui è stato un eccesso di fantasia a ucci¬ dere gli usa, Topolino e Ma¬ rilyn Monroe. Sono state le brillanti tecnologie indirizza¬ te verso impieghi banali - le macchine fotografiche a svi¬ luppo istantaneo, per esem¬ pio - o le imprese spaziali scenografiche ma vacue, che avrebbero fatto miglior figura rimanendo nelle pagine della fantascienza. Secondo lui, molti degli ultimi presidenti sono arrivati alla Casa Bianca dritti da Disneyland. Paco legge i fumetti di Batman, ma pensa di essere freddamente

 

realista (J G Ballard)|per SuperMegaMilf, la Helen Parr/Elastigirl (Giovanna Rapattoni) mixata a Tiffany Lords di Rival Schools e creatura multipla à la Nascita del superuomo di Theodor Sturgeon che adesso di sé stessa credeva essere vieppiù la mamma di Dexter il piccolo scienziato,  Lunatica e non molto perspicace come la figlia, crede che il figlio sia un neonato, che il laboratorio segreto sia in realtà l'antica Atlantide e crede ancora nell'esistenza del Molise (https://nonciclopedia.org/wiki/Il_laboratorio_di_Dexter) sola in mezzo al panorama stereoscopico di tutta America: i canyon, le foreste d’aceri, i grattacieli come rebbi di un pettine, lo Houston Space Center sempre incipriato del tonfo di fumo degli Shuttle e dei Saturn in partenza. Con la sua superiorità mentale-dovuta e dovuta solamente al suo cervello di più cervelli-s’esasperava a decifrare perché tutto quello non andasse bene. Come in un dipinto di Koichi Tateishi nello spaziare dei suoi occhi da comizio di ragni vede Cherokee e Seminole più di quanti le venga/no di contare i cui cuscini podalici fanno da pestello nel Camminamento delle Lacrime, nell’orizzonte nullo del deserto americano, con la pietra al posto della sabbia, gli uomini sudari di bucce d’arancia, le squaw tutte bellissime, ma stanche e rassegnate, da Nudo seduto di Modigliani, i bianchi che li obbligano a marciare senza neanche escogitare differenze con il loro bestiame sceso dalle navi con loro con volti da morto, tale è l’aumento di stoicismo in essi. Però (circum)navigando quell’enorme goccia d’acciaio smerigliatissimo che è il panorama dell’Arkansas vede le stesse tribù in guerra, fosse di essa anche solo il palo del Maggio degli avvoltoi sui bottini: piangi piangi, che ti compero una lunga spada blu di plastica, un frigorifero
Bosch in miniatura, un salvadanaio di terracotta, un quaderno
con tredici righe, un’azione della Montecatini:

piangi piangi, che ti compero
una piccola maschera antigas, un flacone di sciroppo ricostituente,
un robot, un catechismo con illustrazioni a colori, una carta geografica
con bandiere vittoriose:

piangi piangi, che ti compero un grosso capidoglio
di gomma piuma, un albero di Natale, un pirata con una gamba
di legno, un coltello a serramanico, una bella scheggia di una bella
bomba a mano:

piangi piangi, che ti compero tanti francobolli
dell’Algeria francese, tanti succhi di frutta, tante teste di legno,
tante teste di moro, tante teste di morto
(Edoardo Sanguineti-Piangi piangi-Triperuno)|La notte di Natale è ormai imminente; si scatena l'ora degli affetti coatti, dei propositi irriti, delle inani speranze, delle macchinate fughe. Ehi, ascolta lo sferrare delle coniugate e sgravate femmine per le cucine, le tacchinesse che gloglottano tra tacchini all'uva, infamia di dolcetti, orrore di pullulanti champagne-sciampagna, méthode, come quello di Cartesio, méthode per inventare estasi portatili. Tu, madre, prepari bodini, sordidi bodini, usava il bollito con il perverso gaudio del sangiovese e la bella, policroma mostarda di Cremona? In onore del Significato del Mondo stasera ci si prepara una abominevole rissa di cibi e bevande; e qualcuno ucciderà qualcuno, per via che il rumore rende solenne checchessia, no? (Giorgio Manganelli). Non è per gli occhi cocciuti; chiunque vedrebbe i cadaveri simili a trucioli di matita. I non-ancora-morti-abbastanza sui quali i guerrieri con ancora qualche tacca delle batterie arano gli scalpi come andassero a tartufi. Le pettorute squaw dalle gesta erotiche scritte da Franco Battiato anche senza chiamarsi Pelle-Di-Luna sulle quali i guerrieri erti contro il sole stroboscopico da Marabù di Via Vico s’improvvisano fruttivendoli che quadrangolano i loro cocomeri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

O ancora meglio bovari che controllano le mammelle delle loro giumente. Albero (s.m.). Pianta di forma allungata di cui la natura ci ha provveduti nella sua generosità, perché potessimo servircene come strumento di pena (Ambrose Bierce). Anche tutta intera SuperMegaMilf in quella Selva Oscura, quella Mirkwood non sarebbe stata in grado di muoversi un millimetro. Di giorno, un silenzio gigantesco, funebre, che incute terrore ai più audaci, regna sovrano: di notte invece, è un frastuono orribile di urla, di ruggiti, di sibili e di fischi, che gela il sangue.

Dite al bengalese di porre piede nelle Sunderbunds ed egli si rifiuterà; promettetegli cento, duecento, cinquecento rupie, e mai smuoverete la incrollabile sua decisione.

Dite al molango che vive nelle Sunderbunds, sfidando il cholera e la peste, le febbri ed il veleno di quell’aria appestata, di entrare in quelle jungle ed al pari del bengalese si rifiuterà. Il bengalese ed il molango non hanno torto; inoltrarsi in quelle jungle, è andare incontro alla morte.

Infatti è là, fra quegli ammassi di spine e di bambù, fra quei pantani e quelle acque gialle, che si celano le tigri spiando il passaggio dei canotti e persino dei navigli, per scagliarsi sul ponte e strappare il barcaiuolo od il marinaio che ardisce mostrarsi; è là che nuotano e spiano la preda orridi e giganteschi coccodrilli, sempre avidi di carne umana, è là che vaga il formidabile rinoceronte a cui tutto fa ombra e lo irrita alla pazzia; ed è là che vivono e muoiono le numerose varietà dei serpenti indiani, fra i quali il rubdira mandali il cui morso fa sudar sangue ed il pitone che stritola fra le sue spire un bue; ed è là infine che talvolta si cela il thug indiano, aspettando ansiosamente l’arrivo d’un uomo qualsiasi per strangolarlo ed offrire la spenta vita alla sua terribile divinità!

Nondimeno la sera del 16 maggio del 1855, un fuoco gigantesco ardeva nelle Sunderbunds meridionali, e precisamente a un tre o quattrocento passi dalle tre bocche del Mangal, fangoso fiume che staccasi dal Gange e che scaricasi nel golfo del Bengala.

Quel chiarore, che spiccava vivamente sul fondo oscuro del cielo, con effetto fantastico, illuminava una vasta e solida capanna di bambù, ai piedi della quale dormiva, avvolto in un gran dootèe di chites stampato un indiano d’atletica statura, le cui membra sviluppatissime e muscolose, dinotavano una forza non comune ed un’agilità di quadrumane (Emilio Salgari). Quella era una foresta di betulle, Foresta imbalsamata di Max Ernst, ma ugualmente quegli alberi le impedivano il movimento anche più piccolo, come Tom Ficcanaso & Gionni Galassia ingabbiati da quegli spermatozoi verdastri e nasoni nel loro crossover

Adesso erano gli alberi gli oggetti di piagnucolare. Fiabe ambientaliste…….La campagna in cui vivevo da bambino era indecorosamente in rovina già prima che io avessi dieci anni, in giorni nei quali le automobili erano oggetti rari (io non ne avevo mai vista una) e gli uomini stavano ancora costruendo le ferrovie suburbane (J R R Tolkien). Una mente così vasta è troppo smaliziata e troppo più brava a sognare dei semplici dormiglioni. Avevamo fatto una quantità di ricerche e avevamo scoperto che nella tradizione inglese le fate sono molto più complesse e oscure di quanto non appaiano normalmente nei libri per bambini (Brian Froud). Se quella foresta era abitata da fate, erano i raccapriccianti Zante della 14esima puntata di The outer limits. Quei giganti di corteccia pur dotati di volto ma ben lungi dal modularlo in smorfie fossero d’amicizia come d’ostilità erano gli stessi di Invasion of the star creatures di Bruno Vesota, migliorati da Bill Sturgeon come migliorò l’alieno macrocefalo di Lee Greenway. Quelle piante, quelle fate, quel Piccolo Popolo era ostile, selvaggio, predatore come la genia delle libellule, delle cimici assassine, dei cocchieri del diavolo, delle mosche assassine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lei, tutte quante fosse, non era voluta. Non era gradita. Le fronde le stavano cadendo addosso, con lei/loro penosamente-ma saggiamente-impedite: potevano finire arrostite con quegli [Dorei Juu] Barara, e incendiare come un sigaro Minnesota Fatsc tutto il Minnesota; Henry Sibley non gliel’avrebbe mai perdonato! Il Minnesota tutto si congelò. Paul Bunyan con Babe al seguito tornava dall’Ontario con la scure in spalla e un gran bel pezzo di tronco di pino ogni tonante passo un fischio di canzone. SuperMegaMilf ne vide il mezzobusto da Edward Murrow tra gli sputi verdi delle betulle con il gigante che, indispettito da quel cancello, mulinò la sua Francisca come un Inuyasha (Massimiliano Alto) grande come Jinenji (Saverio D’Indrio) la sua Tessaiga prendendo con sé fino all’ultimo tronco affinché SuperMegaMilf non ne risultasse schiacciata, buttandoli tutti alla sua destra come l’interinale di una piscina sistemerebbe dei tubi galleggianti di gommapiuma Qual’è il vostro nome splendide fanciulle? Quei 7 tuoni consecutivi erano Paul Bunyan che le parlava. Dal di fuori, era perdonabile il qui pro quo che SuperMegaMilf fosse una comitiva, non un singolo personaggio. Nessuna permalosità, piuttosto queste circostanze facevano sentire SuperMegaMilf come la creatura proboscidata, alata e octomane che Tim Burton non potè inserire in Taron e la pentola magica di Ted Berman SuperMegaMilf, siamo una, ma anche tante Come il demone Legione del Vangelo pensò Per la barba di Rip Van Winkle altri 7 tuoni, sebbene più ovattati rispetto a prima: Paul Bunyan ragionava a mezza voce Come un albero che è anche tutte le sue foglie. Se è così, suppongo a ragione d’aver azzeccato Nemmeno io/noi alle volte ci conosciamo senza fraintenderci. Ahahahahahahahahah comunque grazie Mongo per la cosa degli alberi Leaping from tree to tree as they float down

The mighty rivers of British Columbia

The giant redwood, the larch, the fir, the mighty Scots pine!

The lowfty flowering cherry, the plucky little aspen

The limping Roo tree of Nigeria

The towering Wattle of Aldershot

The maidenhead weeping water plant

The naughty Leicestershire flashing oak

The flatulent Elm of West Ruislip

The Quercus Maximus Bamber Gascoigni

The Epigillus, the Barter Hughius Greenus

With my best buddy by my side

We'd sing, sing, sing

I'm a lumberjack, and I'm okay

I sleep all night and I work all day

He's a lumberjack, and he's okay

He sleeps all night and he works all day

I cut down trees, I eat my lunch

I go to the lavatory Il suo vocione da Lauro Gazzolo, Olinto Cristina, Amilcare Pettinelli, Giuseppe Mazzanti, Cesare Polacco, Calogero Zambuto sulle note di Mauro Paoluzzi e Lucio Fabbri fu un altro momento nel quale i sorrisi di SuperMegaMilf s’aprirono come ali d’aquila (Non devi temere i terrori della notte

né freccia che vola di giorno,

mille cadranno al tuo fianco,

ma nulla ti colpirà.

 

E ti rialzerà, ti solleverà su ali d'aquila,

ti reggerà sulla brezza dell'alba,

ti farà brillar come il sole,

così nelle sue mani vivrai Servizio del canto del Santuario di San Francesco d'Assisi in Terni-Su ali d’aquila-Sacro non solo). l’America aveva già segnato 2 punti per Serpeverde…….o Tassorosso, perché serviva la neutralità dello storico. L’allegro gigante con la casacca a colorata scacchiera con i cromatici simboli di Stadacona con quel gigantesco alter-ego bovino e con gli irrealistici colori del Tyrone degli Zonzoli (Alessio de Filippis) di Mister Ed ritagliava Henry Matisse della scure un corridoio anche per quella torma di femminili Titus, Cleo, Iggy, Whoosh & Oboes, là dietro a lui come gli anatroccoli di Konrad Lorentz. Un bestione così iperbolico [Welcome to Averyland! (Ovvero: questa storia è vera, me l'ha raccontata un texano) Michele Fadda] si stava comunque stancando con quella coda di tronchi abbattuti apposta. SuperMegaMilf non se ne accorse, ma Paul aveva nascosto nello humus 4 semi per ogni albero. I boscaioli, i taglialegna, i fabbricatori di tavole da tetti, gli operai di segheria erano gli iloti dell’impero del legname; l’Internazionale proletaria mise in testa a Paul Bunyan l’idea della democrazia industriale; gli organizzatori radicali dicevano che le foreste avrebbero dovuto appartenere a tutto il popolo, dicevano che Paul Bunyan avrebbe dovuto essere pagato in denaro contante anziché con pezzi di carta della Compagnia, avrebbe dovuto avere un posto decente ove potersi asciugare i vestiti, impregnati del sudore di una giornata di lavoro a zero gradi e con la neve, una giornata lavorativa di otto ore, dormitori puliti, cibo sano; quando Paul Bunyan tornò dall’Europa, dove aveva combattuto per accaparrare l’Europa alla democrazia dei Quattro Grandi, aderì all’organizzazione sindacale dei boscaioli per contribuire a accaparrare il versante pacifico ai lavoratori. I sindacalisti dell’Internazionale erano rossi (John dos Passos).  Un uomo poteva arrivare al record di 2417 tronchi. Paul Bunyan, colossale tanto quanto il legname che raccoglieva, arrivava ai 4834 tronchi. Ma come i sensei di Sampei Mihira (Oreste Baldini) quegli uomini nel villaggio domani chiamato Dryden trattavano gli alberi come un dono di cui era saggio non abusare. Lì la straniera multipla conobbe Waskahona, destituito ma saldo nella sapienza capotribù Chippewa convertito da Frate Calvario che con l’altro uomo dava testimonianza di quanto quei boscaioli non fossero cieche termiti. Che poi termiti………termiti, castori, pesciolini d’argento: animali insaziabili che smentiscono l’insaziabilità umana. Rosseau, Goldsmith, Wordsworth, Coleridge, Dryden, Southey & Shelley; tutti costoro hanno creato il tipo, hanno posto sugli altari il Buon Selvaggio, la creatura serenamente ignorante sopravvissuta all’Età dell’Oro. Ora il Buon Selvaggio è il paladino delle tabaccherie, che offre placidamente una manciata di sigari mentre i bambini gli girano attorno come corvi attorno a uno spaventapasseri (Shirley Witt-Ascoltate le sue molte voci-Scritti e racconti degli indiani americani)|Appartenendo il mondo agli scemi, anche la gnosi, anche la sapienza segreta deve essere a portata di scemo (e possibilmente fuori dalla portata degli scienziati e dei laureati in filosofia). Naturalmente, per essere a portata di scemo, la gnosi o la sapienza deve smettere di essere gnosi o sapienza e trasformarsi in new age: puntualmente una delle cose più irritanti del film è che a un marine bastino tre mesi per apprendere razionalmente ed emotivamente un’intera forma di vita e un’intera filosofia perfettamente armonica con quella forma di vita: “vai anche tu alla coop e compra anche tu questo libro a tre euro sul buddhismo: sarai buddhista in quattro giorni”, il che, connesso al fatto che per salvare un mondo ci vuole un bianco, dimostra esaustivamente per chi lavora Cameron, e cosa voglia insegnare a grandi e piccini. Ma attenzione: gli scienziati loro no, loro non possono, sono troppo pieni: la trasfusione non funziona. Sigourney Weaver è un’attrice professionista, ha mestiere, scuola, esperienza: non va bene. Il marine, metti il marine, il riscatto, i semplici, gli umiliati, sì. E così Cameron chiude perfettamente il cerchio: ci raccontiamo che la volgarità dello stadio finale dell’occidente, l’ultimo uomo che ammicca, è la stessa cosa del buon selvaggio, spacciamo il prodotto finale dell’imbarbarimento generato dal dominio della tecnica per un’evangelica, virginale povertà in ispirito (Jacopo Nacci)|Razionalmente sappiamo che quasi nulla di ciò che vediamo è vero (come nei cartoni animati), ma altre zone assai più profonde ed importanti del nostro cervello (quelle che ci per inciso ci tengono in vita facendoci rapidamente reagire all’ambiente) non vanno tanto per il sottile e credono a ciò che vedono. E’ per questo che guardando Avatar (soprattutto in 3D) abbiamo l’intensa sensazione che tutto sia reale. Lo stato dell’arte della cinematografia ha raggiunto un livello in grado di ingannare parti profonde ed importanti del nostro cervello.

La domanda allora è: Come verrà utilizzato tale magico potere dagli architetti dei nostri sogni futuri ad occhi aperti?

La trama stessa di Avatar ci fornisce qualche indizio a riguardo.

Lo schema della storia è banale e prevedibile in ogni aspetto. C’è chi si è mostrato infastidito da ciò, ma la mia opinione è che se vuoi una bella storia è meglio leggere un buon libro anziché andare a vedere il film con i migliori effetti speciali mai realizzati. In effetti, volendo esagerare potremmo dire che una buona storia rischierebbe di distrarti dagli effetti speciali. In Avatar la storia è “trasparente” – nel senso di quasi invisibile – e tutta l’attenzione si può concentrare sulle atmosfere del film.

Il leitmotiv della storia è che terrestri (d’ora in avanti chiamati “i cattivi”) per impadronirsi delle risorse di un pianeta sterminano senza tanti problemi gli indigeni (d’ora in avanti chiamati “i buoni”). Ovviamente alla fine “i buoni” vincono, con l’aiuto dell’umano illuminato di turno e della biosfera amica, con tanta punizione e bua per “i cattivi” (mi scuso con chi non avendo visto il film adesso ritenesse che gli abbia rovinato la sorpresa del finale).

E’ ovviamente una metafora, per nulla velata, di quanto la società di cui noi stessi siamo parte ha fatto in passato (con gli indiani d’America) e continua a fare tutt’ora (con gli iracheni, gli afgani e prossimamente gli iraniani).

Ovviamente il 100% del pubblico si identifica con le povere vittime.

Ovviamente?

Un momento, perché mai questo dovrebbe essere così ovvio?

La società occidentale è fatta di democrazie – così si narra -  ed in una democrazia che sia tale si sa che i governi fanno ciò per cui gli elettori hanno dato loro i voti. Ma al di fuori di Avatar, nella nostra realtà reale, noi occidentali abbiamo recentemente invaso militarmente alcune nazioni, bombardandole ed uccidendo collateralmente persone nell’ordine dei milioni (1.300.000 solo che in Iraq, secondo alcune stime).

Questi morti hanno il difetto (o il pregio, a seconda dei punti di vista) di non essere visibili, nell’istante del loro decesso spettacolare, sullo schermo in 3D come gli indigeni di Avatar. Ma il fatto che siano poco visibili non li rende meno morti, anzi! (il famoso detto “chi non muore si rivede” suggerisce che prima dell’invenzione di cinema e televisione la morte in effetti abbassasse alquanto la visibilità di una persona)

I politici che hanno ordinato (o semplicemente avallato, in alcuni paesi d’Europa) questa carneficina sono quelli votati da noi. Dai cittadini occidentali. Cioè la gran maggioranza del pubblico che va a vedere Avatar. E che guardando il film curiosamente non si identifica con i personaggi che fanno ciò che nel mondo reale compiono anche loro – tramite la delega democratica alla propria classe politica. Uccidere persone in paesi lontani. No. Si identificano con le vittime.

Qualcosa apparentemente stona in questo quadretto.

Vi è una palese dissonanza cognitiva.

Ci si identifica con i “buoni” quando si guarda il film, mentre si fa parte del gruppo dei “cattivi” nel mondo reale, sebbene questo ruolo sia interpretato soprappensiero. D’altra parte anche in Avatar alcuni dei “cattivi” procedevano nel loro genocidio soprappensiero. Non sembravano accorgersi bene di ciò che stessero facendo.

Molte persone, leggendo queste righe, opineranno che essi non fanno parte del gruppo dei “cattivi”. Poiché esse sono contrarie alle guerre in Iraq ed Afghanistan. Sono contrarie allo sfruttamento lavorativo di bambini nelle fabbriche delle multinazionali nel terzo mondo (praticamente una riduzione in schiavitù). Sono contrarie a tutte queste brutte cose.

Ma… sono contrarie in che senso?

Forse nel senso che si smette sul serio di votare per i politici che fanno od avallano queste cose deprecabili, e si da la caccia coi forconi, i barili di pece e piume (antiche rustiche tecniche di linciaggio) ai politici che tradiscono le proprie pacifiste promesse elettorali in tal senso?

E soprattutto si è contrari nel senso che si rinuncia effettivamente a godere di tutti i benefici che derivano dal fatto di fare parte dei “cattivi”? Il benessere materiale occidentale sussiste unicamente poiché noi sottraiamo al resto del mondo immense quantità di materie prime beneficiando inoltre del lavoro sottopagato di miliardi di persone. E’ questo furto di risorse unito al moderno “schiavismo dislocato” che paga il nostro benessere.

Mi guardo intorno e non vedo molte persone effettivamente rinunciare a questi vantaggi.

In effetti, non ne ho mai vista neppure una.

Alcuni eventualmente scelgono uno o due vantaggi minori a cui rinunciare, così da potersi raccontare la menzogna di essere più virtuosi degli altri.

Alcuni rinunciano a mangiare da McDonald.

Altri a bere Coca Cola.

Bravi.

Accipicchia, voi sì che siete “buoni”!

Stronzate.

Nessuno, nessuno, nessuno è disposto a rinunciare ai benefici che derivano dal fare parte dei “cattivi”, ma tutti vogliono ugualmente credere in cuor loro di fare parte dei “buoni”.

E’ facile e comodo rinunciare a mangiare cheesburger che comunque non piacciono. Mica scemi! Nessuno rinuncia a ciò che davvero desidera. L’importante è convincersi di far parte dei “buoni” con il minimo dei costi.

Fare parte dei “buoni” è infatti un bene di conforto particolarmente raffinato.

Un gadget mica da poco!

Ci vuole dopotutto un bel po’ di stomaco (oppure palle, scegliete voi) per godersi il benessere sapendosi un “cattivo”. Normalmente, sentire di fare parte dei “cattivi” rovinerebbe buona parte del piacere che deriva dall’essere nati fra la minoranza benestante del mondo. Chi confida in una vita dopo la morte ha anche il problema che a far parte dei “cattivi” poi tipicamente ci si cucca la dannazione eterna anziché una più gradevole beatitudine imperitura in Paradiso.

Questo spiega come mai nella opulenta società occidentale siano necessarie speciali liturgie pagane atte a sgravare le nostre coscienze dal sospetto di non essere poi così “buoni” come ci piace credere di essere.

La gamma di queste liturgie è ampia e ce n’è per tutti i gusti.

C’è chi si prende a cuore il destino degli animali da pelliccia e per sentirsi buono va davanti al teatro dell’opera ad insultare le vecchiette col visone. Anche le comuni giacche di pelle sono fatte con pelle di animali d’allevamento uccisi (rammentiamo che i visoni sono mammiferi d’allevamento esattamente come i buoi che morendo ci fanno omaggio delle giacche di pelle, borsette, portafogli, cinture e scarpe di vero cuoio). Ma chissà perché questi virtuosi vanno sempre ad insultare le vecchiette e mai invece le bande di motociclisti che oltre alla giacca di pelle, hanno di pelle animale anche i pantaloni, e quindi secondo tal logica meriterebbero di venire insultati doppiamente.

Si potrebbero fare decine di esempi, ma questo ci porterebbe fuori tema.

Il fulcro della liturgia consiste in un rituale ove la persona che vuole convincersi di fare parte dei “buoni” soffra per uno o più mali del mondo. Si può scegliere di soffrire per le vittime di una guerra, per i bambini che muoiono di fame, per gli affetti da una malattia di propria scelta, per un animale minacciato di estinzione o per un popolo affetto da genocidio.

Ma la domanda indiscreta è: quanto soffre in verità questa gente così virtuosa?

Credo fossero Fruttero & Lucentini ad avere in passato cercato di quantificare la sofferenza di chi si dia pena per i mali del mondo.

Innanzitutto, per i mali del mondo non si soffre molto mentre si dorme. L’ inconscio non ci pensa neppure a soffrire, preferisce sognare. Poi, quando sei sul lavoro è difficile che uno abbia tempo di soffrire per i mali del mondo. Se davvero uno sta lavorando, è facile che abbia altre preoccupazioni. Poi, tre volte al giorno si mangia. Difficile soffrire a pranzo o a cena. Pensare a chi muore di fame a tavola potrebbe fare passare l’appetito. Ecco un altro paio di ore in cui non si soffre. Poi c’è la televisione. Bisogna guardarla almeno qualche ora al giorno, non fosse altro che per poterla disapprovare. Qui al massimo si soffre per la scarsa qualità dei programmi, ed anche la qualità della propria sofferenza ne risente. Ogni tanto poi nella vita si parlerà anche con qualcuno, no? Familiari, amici, ecc. Difficile concentrarsi sui mali del mondo mentre discuti di altre cose. Infine, anche quando uno concentra la propria attenzione su una tragedia che merita tutta la nostra sofferenza, non è che si riesca sempre a soffrire. Al cuore non si comanda. Alcune volte ti ritrovi a fronteggiare sconsolato la tua stessa arida insensibilità. Altre volte riesci finalmente a soffrire un po’, ma poi la mente si adatta, subentra un normale fenomeno di tolleranza al dolore, e tanti saluti alla sofferenza. Arresti il cronometro e scopri che hai sofferto per 3 minuti.

Insomma, alla resa dei conti viene fuori che una persona virtuosa, prontissima a soffrire per uno o più orrori che avvengono nel mondo, per essi in realtà non soffre effettivamente per più di un paio di giorni pieni all’anno. E’ un po’ pochino per millantare una superiore statura morale rispetto alle persone “indifferenti”, “egoiste” e “senza cuore”.

La sofferenza per i mali del mondo è quindi intrinsecamente un’esperienza virtuale, che esiste più in quanto rappresentazione che come realtà.

Per sentirsi schizofrenicamente “buoni” quando in realtà inconsciamente sospettiamo di fare parte dei “cattivi”, dobbiamo sottoporci a rituali di sofferenza virtuale.

Il che ci riporta al tema che qui ci interessa.

La moderna cinematografia, della quale Avatar è l’esempio paradigmatico, assolve a questa moderna esigenza liturgica in modo perfetto e scientifico.

Quando guardiamo Avatar siamo “liberi” di identificarci con le vittime dei massacri che nel mondo reale si compiono a nostro vantaggio. Soffriamo (virtualmente) quando i simpatici alieni blu vengono massacrati. Virtualmente lottiamo assieme ad essi contro i “cattivi” (che poi in effetti saremmo noi) ed infine trionfalmente gioiamo per la vittoria dei “buoni” con i quali ci siamo identificati (che nel mondo reale sono le nostre vittime).

Questa liturgia catartica ci inferisce una potente esperienza illusoria che giustizia sia stata fatta. Si tratta di un’esperienza onirica. Ma la nostra mente funziona in modo onirico quasi per un terzo della nostra vita! Dormire e sognare sono attività indispensabili alla nostre mente per elaborare i nostri modelli della realtà. Quando guardiamo Avatar, ci sottoponiamo ad un’esperienza onirica programmata dal regista e condivisa da tutti gli altri spettatori. Un sogno ad occhi aperti, pur tuttavia un sogno. Un’esperienza onirica di cui abbiamo bisogno per compensare la nostra consapevolezza di partecipare ad un mondo ingiusto. In questo sogno ad occhi aperti programmato, noi siamo le nostre vittime ed in quanto tali lottiamo ed infine perveniamo alla meritata rivincita. Una rivincita delle nostre vittime che beninteso esiste solo nei nostri cervelli. Ma che è sufficiente a farci sentire più buoni.

E’ la nuova tendenza del cinema di Hollywood. Fateci caso. Sono sempre di più i film ove si rappresentino gli orrori della società in cui viviamo, puntualmente risolti con un riscatto finale che nella realtà dei fatti non ci sarà mai.

Matrix, V for Vendetta, the Bourne Trilogy, the Shooter, Children of Men, i film di Michael Moore, tutti questi ">film e moltissimi altri ci fanno vivere l’esperienza onirica di una ribellione o rivoluzione contro un sistema ingiusto che riconosciamo in quanto tale, e che a parole ci piace eventualmente condannare, per sentirci virtuosi. Qualche ingenuo argomenterà che tali film sono nobili poiché “denunciano le brutture del nostro sistema ” e “risvegliano le coscienze” e tante altre belle parole.

Sarà.

Io di coscienze risvegliate in giro non ne vedo poi molte.

E soprattutto non vedo alcuna differenza nei comportamenti concreti di tutte queste persone con la coscienza “risvegliata”.

Come mai i milioni di spettatori entusiasti di Avatar, all’uscita del cinema non si riversano rabbiosi in massa nelle piazze davanti agli edifici dei governi che essi hanno eletto e che nel mondo reale sono o i diretti responsabili o gli indiretti sostenitori di stermini analoghi in Iraq ed Afghanistan ed altrove?

La risposta è semplice. Perché questi moderni film “di denuncia” e “politically correct” forse risveglieranno anche le coscienze, ma il loro effetto principale è quello di fornire l’esperienza onirica di un atto di giustizia che nella realtà manca. Un’esperienza catartica molto soddisfacente. Rispetto al passato, un indubbio progresso. Nei tempi andati l’unica via per sedare il malcontento popolare era il famigerato processo ai capri espiatori. L’essere umano dopotutto si accontenta di poco, gli basta l’illusione che giustizia sia fatta. Occasionalmente, capita che si debba ricorrere ancor oggi a questa antica pratica. Ma spesso, il processo della catarsi cinematografica è più che sufficiente. Il capro espiatorio è interamente virtuale. E’ il “cattivo” del film. Per assicurarsi che nessuno si identifichi con lui, in Avatar il capo dei “cattivi” è un personaggio al limite del grottesco, scolpito con l’accetta, che chiamare fumettistico è dir poco. Non è il frutto di un cattivo sceneggiatore. E’ una scelta voluta ed intelligente.

Questi film di denuncia, “politically correct”, risvegliano sì le coscienze, ma lo fanno sedandole nel contempo a suon di catarsi gratificanti ottenute con lieti fine immaginari. E risvegliare le coscienze a tal modo – progressivo e con sedazione contestuale – è molto utile, perché l’effetto è il disinnesco del potenziale dirompente che hanno le coscienze non ancora risvegliate. Le rivoluzioni tipicamente scoppiano quando una massa critica di coscienze ingenue si svegliano tutte insieme. Facendo bruciare lentamente la polvere da sparo di una bomba, l’ordigno non scoppia. Sfrigola finché non termina il combustibile. Alla fine ti ritrovi con milioni di persone svegliate, eppur tranquille. Meglio di così non si può. Una volte sveglie, non c’è più il rischio che si risveglino.

Probabilmente chi scrive e produce questi film a queste cose non ci pensa neppure. E’ pensabile che il sistema si sia auto-organizzato così. Il pubblico ha bisogno di esperienze oniriche ove il suo senso di giustizia, a disagio in questo mondo non certo ideale, venga appagato, così che non rompa le palle nella vita di tutti i giorni. Ed è quindi prontissimo a pagare per questi sogni. E Hollywood non se lo fa certo ripetere due volte (Roberto Quaglia)|SuperMegaMilf conobbe quei canadesi come una versione migliorata da Richard Hansen dell’Indian Village della vogherese Cowboyland, vincendo altresì il secondo round contro quella Hailey Smith (Antonella Baldini) che voleva mostrargli chissà cosa. L’Historia si può veramente deffinire vna guerra illustre contro il Tempo, perchè togliendoli di mano gl’anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia, come Gance in J’accuse, come ha fatto e si dovrebbe fare: lasciare che quelle venti partite di Risiko! Giocate da 40 persone diverse raccontassero indipendentemente tutte le 28800 mosse che hanno avuto. Quel doposbornia di una guerra pellerossa era avvenuto 200 anni prima del Cammino delle Lacrime, dell’ultima carica del generale Custer, di Wounded Knee. Da Waskahona imparò dell’attività legnaiola dei Chippewa e come avessero insegnato ai canadesi moderni la transumanza dei tronchi mediante i flutti del Winnipeg. Ora rimaneva il XX° e il XXI° secolo.

 

 

 

And she bangs , she bangs

Oh baby

When she moves, she moves

I go crazy

'Cause she looks like a flower but she stings

Like a bee

Like every girl in history

She bangs, she bangs Ricky Martin-She bangs-Sound loaded|Mammà se la dette a gambe levate, poverina

Scompare la tua paga ogni mese, in paese già la chiamano fatina

Di lei hanno stima in una cantina di moda

C'è un palo e mezza nuda vi si snoda, fanno la coda per questo Michele Salvemini-Nel paese dei balordi-Verità supposte|Aveva cominciato alle prime ore del mattino e non aveva mai smesso, e le strade di New Zoork erano ormai così allagate che per un istante, affacciandomi alla finestra e vincendo le vertigini mi sembrò di vedere un topo che faceva il surf sulla suola di una vecchia scarpa. Ma forse mi sbagliavo (Matthew Wolf-La pioggia anticlienti-Pugni pupe e patate). Di città animali ce ne sono molte. Il problema di “produrre” non c’è più, […] i “prodotti da consumare” si spostano automaticamente lungo i canali di una specie di rete sotterranea di super-posta pneumatica, interrogata automaticamente da tastiere portatili comunicanti via radio con i calcolatori dei super-magazzini di raccolta. […] Così siamo diventati tutti artisti artigiani, provvisti di super-strumenti per fare da soli quello che ci pare, e siamo anche artisti-nomadi […] perché possediamo questa super-possibilità di comunicare che ci permette sempre di sapere tutto (di tutto e di tutti) e ci permette di far sapere (a tutti) tutto di noi [….] La decentralizzazione esplosiva della distribuzione dei consumi ha polverizzato le città, le ha eliminate dalla faccia della Terra: sono state mangiate dalla giungla, dagli alberi fromager del deserto (Ettore Sottsass). Nella Città Giardino non c'è smog, non ci sono motori, il vento e il sole forniscono tutta l'energia; ma quel mite e ordinato mondo pastorale è ben presto dimenticato da Halloway. In lui, e nei pochi altri superstiti che vivono tra i bui grattacieli e le rugginose carcasse di automobili, nasce un sogno grandioso, delirante: ridare la luce, il traffico, il rumore, la violenza, la vita, a quel drago addormentato che è la metropoli Mario Galli|Negli anni 70, così indietro nel passato che le fiabe cominciano con There Will be a time, Ci sarà una volta, si gemeva per bazzecole già presenti in civiltà ancora più antiche ma gemendo appunto per l’eterno presente in cui un occhio dei posteri riconoscerebbe del bambinesco. Sei come un bambino che siede davanti a una porta aperta e piange perché la porta è chiusa poiché non riesci a vedere che la porta è aperta (Boris Artzybasheff). Quei trogloditi così boriosamente smaliziati rispetto a ogni altro trancio di quella carta igienica ingranata di pelle di murena e lacrime di rettile australiano che è il XX° secolo, centenarius horribilis SuperMegaMilf mastica e poi sputa dentro di sé, dentro la sua mente un ragazzino da romanzo di Jeff Kinney che fronteggia la compagna più agognata della scuola a cui ha dato un biglietto di San Valentino in cui paragonava l’infatuazione per lei all’ossessione di Achab per Moby Dick, dopo che l’impreparata maestrina ha creduto la parte ingiuriosa del suddetto appartenesse all’aver paragonato qualcuno a un odontoceto pesante dalle 2 tonnellate in sù erano bambini spaventati, ma le cui fobie non hanno la stessa dignità (paura del buio? Parlatene con Susan Abramson. Paura dei clown? Parlatene con il sergente Wilson). Per paura d’essere in troppi la pochezza è diventata dolorosa come un amputazione, Da anni ci sentiamo dire che la nostra società è una grande malata, che il nostro mondo ha bisogno di cure urgenti e radicali. E così pensano anche i medici, le infermiere, i poliziotti che fanno il loro ingrato dovere in questo romanzo, ambientato in un futuro non troppo lontano, fra crescente degradazione urbana, crescente terrorismo, crescente affollamento, e sempre più disperata mancanza di energia. Ma ecco che da una serie di casi clinici e criminali, in apparenza isolati e casuali, comincia a emergere un vago disegno, una più vasta e coerente macchinazione. Ci sono singolari coincidenze, strane sparizioni di documenti, complicità ad alto livello. Una congiura? Ma di chi? Contro chi? Nessuno sospetta che si sta preparando una fantastica operazione chirurgica. Nessuno immagina chi abbia in mano il bisturi definitivo (Laura Serra), per paura dell’inquinamento ci siamo (e s’erano) asfissiati rarefacendo ogni m3 d’aria dataci da respirare, per paura dello squilibrio tra sessi SuperMegaMilf vedeva attorno a sé lo sleale impastrocchiamento dei maschi ovunque l’America dall’ombelico in giù gliene facesse vedere. In questo momento SuperMegaMilf sta immaginando un mondo dove i bovini hanno compresso i loro viscidi nasi neri contro lo stesso monolito nella cronologia dei primati. Omero ed Esiodo hanno attribuito agli dei tutto ciò che per gli uomini è onta e biasimo: e rubare e fare adulterio e ingannarsi a vicenda.

  • [...] I mortali si immaginano che gli dei sian nati
    e che abbian vesti, voce e figura come loro.
    Ma se i bovi e i cavalli e i leoni avessero le mani,
    o potessero disegnare con le mani, e far opere come quelle degli uomini,
    simili ai cavalli il cavallo raffigurerebbe gli dei,
    e simili ai bovi il bove, e farebbero loro dei corpi
    come quelli che ha ciascuno di loro
    (Senofane)|I bovini hanno fondato una civiltà sul latte e sulle mammelle come i ragni fonderebbero una civiltà sulla pappa viscosa per ragnatele e le api sul miele e sui fiori. Una topolina mucca di campagna arriva alla Manhattan dei bovini lavorando come fruttivendola, lavoro durato finché un ricco uomo toro d’affari non nota qualcosa di scollegato dalla frutta che vende, ma nel futuro importantissimo per la vita da nababba che andrà a fare: le sue curve e seni enormi. Tettone e curvilinee cosce-assieme al culo e alle labbra da gru-che gareggiano con i cocomeri e le zucche delle sue bancarelle e la tengono fresca e coperta come degli airbag. Il nostro prese con sé la Pollyanna bovina facendola sedere con una qualche Sabina Guzzanti ancora più larga e gonfia di petto

Ascendendola (o discendendola, Ogni soluzione genera nuovi problemi) diventando piena di $, la donna-mucca più copulata della città, con i suoi seni grossi come cocomeri fa sesso in società

 

 

 

 

 

 

 

 

 

C'è una ripugnante bestialità nell'uomo [...] ma quando è allo stato puro la vedi dall'alto della tua vita spirituale e la disprezzi, e sia che tu cada o resista, rimani quello di prima; ma quando questa stessa animalità si dissimula sotto una copertura pseudo-estetica, poetica, e prende considerazione, allora, divinizzando l'animalità, ti perdi in essa, e non distingui più il bene dal male. Allora è terribile (Lev Tolstoj)| SuperMegaMilf non ha parti animali dentro di sé, dentro e fuori, le persone che ne fanno una, ma è Atalanta le cui frecce sfondano e sturano i pozzi dai colori ottusi degli occhi degli animali. In mancanza di eternità hanno ammassato

diecimila cose vecchie.

Un custode ammuffito dorme beato

con i baffi chini sulla vetrina.

 

Metalli, creta, una piuma d’uccello

trionfano in silenzio nel tempo.

Ride solo la spilla d’una egiziana ridarella.

 

La corona è durata più della testa.

La mano ha perso contro il guanto.

La scarpa destra ha sconfitto il piede (WISŁAWA SZYMBORSKA). Clinton Merriam ha raccolto e fatto una catacomba di animali martirizzati. La Regina dei Cervelli, da bambina una prima di diventare molte-e-una-sola, come Amleto per cimiteri interrogava nel marmoreo intestino del museo dei musei l’elefante che s’è eternato con la proboscide provvidenzialmente abbassata e lo sguardo abbassato sullo gnu che è diventato casuale compagno di brucata del bagolaro del giorno, il leone dai muscoli da locomotiva delle savane del Kenya i cui occhi dominano tra un istmo della sua criniera e l’altro con le fauci spalancate alla stregua delle ali di un uccello in corsa per il decollo, il gorilla seduto come interrogante aruspice di Corinto il cui volto-nel mondo animale quello più smaccatamente predisposto per scrutare attraverso le sue cornee-sembra lo scolpito nel legno volto di Acmone tramutato in quadrumane (e il mito non è così sbagliato), il pinguino sul ghiacciolo di cemento con il becco depresso come il pene di un imbuto, il serpente a sonagli spiralizzato nel finto deserto dove la polvere color olio fa la sabbia ruvida e viscerale. Quel museo non esisteva se non nel visore per realtà aumentata sui suoi occhi e i musei del futuro divergevano troppo da quelli che un nostro lettore accettabilmente può vivere e capire, il gioco di sguardi è un interminabile asindeto dove una SMM adulta guarda una SMM bambina cogliendola, agguatandola mentre guarda in un visore (perciò guardando senza davvero stare usando i suoi occhi cose che non sono davvero cose) animali guardandoli negli occhi e guardandoli attraverso i loro occhi, perdendosi in un labirinto d’occhi che guardano cosa? Altri occhi | Pèndula fra le cosce, la mammella profonda | un otre gonfio pare, pieno di succhi aulenti. | Ne cola inesauribile, da tempi evanescenti, | un pio materno latte che tutto il mondo inonda (Albert Samain). Le mucche. Prima che Marnie McBride (Perla Liberatori) dovesse dire addio ai suoi giocattoli chiacchieroni e magicamente guerrieri dopo la lotta contro Roberto Montoya Toledo (Loris Loddi) SMM leggeva libri ancora senza un parlamento di repliche di Molly Hagan, Ken Campbell, Rick Lawless, Peter McKenzie e Robert Goldthwaith a grandezza di Molly Hagan, Ken Campbell, Rick Lawless, Peter McKenzie e Robert Goldthwaith a fare l’effetto dei dipinti di Giacomo Balla ma con una petulanza da Luigi Russolo. E tra questi libri c’è Memorie di una mucca di Bernardo Atxaga. Ancora quel curvarsi da sentinella della fortezza Bastiani chiamata a rispondere a Isaia quanto rimanesse della notte dentro gli occhi della mucca, dell’animale, Artabano che dialoga con l’uccellino che viaggia tra le dune con lui appollaiato su una delle bozze del cammello in entrambi i casi aspettando che la notte diventasse qualcosa. Salomone aveva un anello con cui poteva capire il linguaggio degli animali. La scoperta di un adulterio ai suoi danni glielo fece gettare infuriato, senza mai venir ritrovato dopo. Consequenzialmente, l’umanità ha perso un inestimabile telefono con il mondo dei non umani, dei pre umani, anche dei post umani. Se può alleviare la gaffe di un re biblico per il resto ineccepibile pinnacolo di saggezza, SMM come Umberto Saba risolveva con uno sguardo quasi a raggi X dentro i pozzi dell’anima di una delle giumente geneticamente modificate fatte bucentaure con DNA di salice che danno il proprio latte con lo stesso altruismo di un cane di Pavlov che dà la propria saliva, capacissima d’andare al mercato a venderne le bottiglie piene mentre la sua carne è chiodino che ascende il tronco di un fico costaricano, offrendo bistecche prezzemolate e latte indistinguibile da uno di provenienza vertebrata senza più dover infierire su questi nostri compagni di viaggio nell’evoluzione della Terra. Qui l’animalismo di SMM si trovava dribblato in contropiede: il Balaban di poco prima è diventato un Pallino troppo umano per non far sentire SMM al cospetto di occhi bianchi, coronati dei colori più disparati e con solo la pupilla più centrale a annerirlo da essere umano, un essere umano salvo qualche dettaglio sbarellato che la rispecchia troppo direttamente. Riannoda i fili dei suoi ragionamenti di nuovo alla Manhattan di mucche che adesso la vede popolata più a modo da esseri umani, negli anni 30 della Grande Depressione. I nonni di quel Luke Triton in moltitudine moventi in branco per la 242esima cominciarono dalle praterie, i genitori vinsero i pellerossa e oggi sui loro Douglas Skyraders AD4 fanno parate sulla sua curatissima testa da Janice Quatlane, i figli gioiscono di una vita critica e perigliosa, guerra e crisi economica sono il loro lupo cattivo, oltre a quelli in agguato nei vicoli malfamati. C’è ancora un Sole incarcerato tra sbarre di nubi ma SMM è più che mai guardinga e intimorita dal quartiere del Bronx, da sempre la pecora nera di quella controparte non costruita da Otto Hunte…ma dopotutto Metropolis di Fritz Lang è il nonno onorabilissimo delle malsane e catacombali metropoli cyberpunk

 

   

 

 

 

                               

            

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli sguardi dopotutto sono da scippatori in branco d’ineccepibile preparazione. SMM s’è scelta una mise da diva supersexy, [….] è così alla fine Friederike si era ritrovata con le tette grosse, ma asimmetriche, e zero partner a letto (Gaby Hauptmann)|puntualizzando possedente una ricchezza da spennare come i ben più truci maori facevano schienale per 12 persone dei moa. Non è disarmata (Smith & Wesson 32) ma non vuole grane con gli sbirri come non vuole davvero fare la mantide religiosa contro quegli scarafaggi davvero non affamati, perlomeno non di quella fame. Ha parcheggiato la sua Plymouth Cambridge prima che cominciasse quella non delimitata zona a traffico limitato

Per non farsi dare della zoccola di lusso oltretutto con quelle nuance al cioccolato che rimandano all’appartenenza a quel ghetto che con cotali circostanze etniche in ballo davvero non gli perdonerebbe un lusso simile per 70% dei suoi abitanti che si sono fortunosamente rosicchiati dalla vita un Carnielli Vittoria del modello che le ronza non necessariamente a passo d’uomo attorno e per assaporare lo scorcio cittadino della sua infanzia. Il Seton Falls Park dove giocava, la gelateria della 225esima, i quartieri senza architetti celebri a cui annodare in spago rosso ma casa per lei oggi casa per tanti. È una detective il cui ufficio è sfarzosamente nientepopodimeno che a una più che decina di piani in ascensore nell’Empire State Building, oggidì coinvolta in un pasticciaccio brutto in cui il sindaco ha visto un antipasto di morte e la sua segretaria schiattata lo è per davvero. A differenza di un Louis Alvarez che possiede già una solidissima pista-80.000 specie animali e vegetali scomparse per sempre-e non si deve mettere a giocare a Ka●Bala SMM attacca la sua indagine da dov’è pieno d’insoddisfatti verso le politiche di 😶. Il Bronx è l’anarchia, ma lo conosce troppo bene per dubitare non vi sia un autorità effettiva. Prova prima alla scuola di Mace Avenue, dove una sosia della sua vecchia insegnante, una sciamana imborghesita tra cattedre e lavagne color foglia d’autunno prima d’arrossirsi con le mani sempre giunte come le ante del baule di un galeone pirata quando permette che s’aprino rigurgitante testimonianze grandi e piccole d’insofferenza dettagliata, motivata ma almeno da SMM (e un pò-a volume più basso comunque-dalla maestra) non giustificata. La colpisce come lo scoprire l’allungamento della mappa della metro d’un altra stazione la prole di un poliziotto del distaccamento di Morris Park Avenue. Fregandosene dell’accoglienza autistica una detective con quella gimmick da malafemmina avrebbe avuto in una centrale di polizia è là che SMM andò dopo. Come una lettrice dentro un romanzo che lei, tra quei serpentelli di parole, abbandona momentaneamente il rovello di sapere chi è colpevole e lavora sulla mietitura d’opinioni sulla nuova frontiera americana, la metropoli dentellata di grattacieli. La storia americana più antica l’ha vista spettatrice di essa, infrangendo il fioretto d’estraneità per interpretare quella Jessica Rabbit a caccia d’indizi. Non afferra lei per prima il perché di questa volontà d’immedesimazione. Cosa le sarebbe costato essere coerente e fare Calamity Jane? E deve continuare? Da lì in poi potrebbe sfrecciare ali sulla schiena tra i grattacieli come Hawkgirl, o mantenersi al pianterreno alla stessa velocità sulla sua Catillac nei panni di Catwoman, o pencolare a suon di ragnatele come Spiderwoman……ma tanto dagli anni 60 in poi la storia finisce, perlomeno quella con delle novità. Ma anche no; sforza sè stessa di studiare la storia della Guerra Fredda. In Assalto alla Terra e Tarantola vive buona parte dell’immaginario fantaorrorifico di quell’epoca: esperimenti proibiti, paure ataviche, radiazioni atomiche, mostri giganti, zone desertiche, piccoli centri urbani in pericolo, eroi comuni. I fumetti dell’epoca si adeguano anch’essi sfornando pletore di creature oversize che incombevano sul tranquillo consorzio civile. I primi album targati Marvel erano completamente impregnati di riferimenti a quel particolare, ingenuo ma altrettanto irripetibile universo fantastico (Alessandro Nocera)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per l’alterego che SMM s’era scelta, Christine Raleight/Fifinella, essere una donna con un Jetpack sulla schiena-che vi entra e vi esce come il pungiglione di una vespa-non è facile, Nessun uomo è così antifemminista come una donna realmente femminile (Frank O’ Connor). Quegli anni erano il preambolo alla sanguinosa guerra dei vent’anni alla fine del quale tutto è una truce e notturna distopia senza eroismo, il mondo in cui loro, queste donne, vivono. Mettiamo ordine nei concetti, questa Breve storia di (quasi) tutto non si scriverà certo infilandosi una manina della General Mills su per la vagina per saltellare come Randy Marsh cancerogeno sulla tastiera di una qualche telescrivente ma come si poteva essere attente? Nelle strade cominciavano a cuocere i popcorn delle mitragliatrici, delle sorta di novelli pachidermi da Woyaya che sparavano come Alphataurus mostrando che non si erano messe contro una semplice Familia ma contro delle eredi della Revolução Cubana e os golpistas de Che Guevara. Erano Beatrice Severn secret agent girl they gave you a mission and take away your bra nella ragnatela di quella vedova nera resa ruspante, maledetta e vampira lesbica da Carlo Jacono di Marta Fernandez Miranda de Batista, messasi una & plurima [Conbattler V] a proteggere quelle cubane da non farsi sfidando le leonesse capobranco, i cui soffi tra zanna e zanna avevano la furibonda dignità di una Gilda Soso da rispettare facendosi un tot di fatti propri. Eppure mentre si spingevano sempre più sotto quegli edifici sempre più come lombrichi andava montando come vaccino una fiducia verso le straniere che ne fanno una. Mi piacciono le donne, le donne, le donne, le more, le bionde

Le grasse, le tonde

Le top-model con due bombe

Le donne, le donne

Le more, le bionde

Le grasse, le tonde

Mi piacciono le donne

Amo le donne di ogni colore, razza lingua e classe sociale

Non mi piacciono quelle snob, sto mentendo mi piacciono uguale

Vorrei uscire con una marocchina

Algerina, tunisina, slovena

Egiziana, rumena, americana

Portoricana, una marziana

In vacanza con una romana a Londra

Eri castana e ritorni bionda (Fabri Fibra-Mi piacciono le donne-Controcultura)|essere femmine doveva essere una forza cosmica. SMM non scommetteva su come potevano essere fatte le donne d’altri pianeti (ciò che venne dalle stelle fu sorprendente per come non appartenne a nessuna caratteristica ornitologica e antropologica, checchè un seno non esiste solo per poppare latte) ma le donne della Terra, le figlie di Pirra avevano tutte una vagina tagliata in fabbrica, Janet Leigh accoltellata su quanti schermi un museo può usare per istoriare il proprio muro più lungo (e quindi bisogna a monte studiare e progettare l’edificio e la lunghezza di pareti che può permettersi di raggiungere) in 24h Psycho di Douglas Gordon, tette che-con quell’arrovellarsi del Marcello Mastroianni di Oggi domani dopodomani di Goffredo Parise-erano sferiche come cubico è il bismuto, cilindrico il tubo e conico l’aculeo, potere mestruale che bagna con un sangue almeno ai minimi termini tutta la cellulosa di tutti gli assorbenti. E la stessa Matassa pulsante e gli stessi fulmini misandrici con cui Zeus punì le rane alle quali un bastone non bastava come re. Cominciò tutto con indizi neppure Frol Krasnaja avrebbe inanellato in un disegno sensato. Accadde perché l’evoluzione umana per un insondabile trappola siberiana di Dio saltò in avanti nello sconosciuto? (Si dice che il mostro che si nasconde nel seno stesso dell'umanità sia un "mutante", dotato di poteri telepatici superiori, un rappresentante della nuova specie umana, che si annuncia, qua e là, con creature così nuove e diverse, rispetto a quelle da cui proviene, come l'Uomo di Cromagnon lo era rispetto al bestiale e ottuso Uomo Neanderthaliano…), o fu un apocalisse la cui miccia incendiò con il mondo che esplose a onere di una singola persona o di una cricca circoscritta? La storia non lo dirà mai. Ma nella logica più povera è lampante una cosa accadde con l’altra e essendo l’altra. Prima alla Luna si allineò Lelapo, pianeta della stazza abbastanza sovrapponibile a quella della figlia di Iperione, una sorpresa per geologi e astronomi……mentre le potenze terrestri approvavano l’antidoto contro le atomiche definitivo: la guerra asteroidale. Louis Alvarez ha sempre detto che l’asteroide che estinse i dinosauri era esplosivamente molto superiore alla premiata coppia Fat Man e Little Boy, messaggio che i signori della guerra, i Leonida con in mano la spada di Marte e Damiso, Narmer con in mano il khopesh di Montu, Alarico I con in mano il martello di Thor hanno travisato con Lanciamoci sassi in testa come fanno i Dominatori della Terra secondo Sokka. La Luna con quella sua faccia da Jonathan Ohnn era troppo museale, Lelapo senza storia come il manifesto della poesia futurista di Filippo Tommaso Marinetti era beatamente sacrificabile. Dopotutto la sua  facciona color vecchio dente otturato aveva entusiasmato in diminuendo giorno dopo giorno, glorificando Robert Heinlein e il suo Whatever amazes for 9 days, at the 10th is everyday business, inoltre accontentando i denuclearizzalisti. I primi asteroidi picconati a suon di [Double Missile] dalla razza umana strappando peli dal povero cane che protesse Zeus caddero dove c’è sempre guerra, con sconvolgimenti che quasi imposero una conclusione troppo grande. Tutto era caos e questo caos divenne il rifiuto di questa lapidazione al mondo. Non solo. Lelapo era stato spolpato come a detta della Principessa Incubo (Angiolina Quinterno) la Terra di OOO era stata sottoposta allo stesso dalla Guerra dei Funghi a opera di missili neanche nucleari, ma Alfred Nobel con la dinamite, un milionesimo di volte più debole e fievole della bomba atomica riuscì a fare il suo ragguardevole numero d’aggiunte al camposanto. I meteoriti sono Nestlèc Wonder Ball della natura con una simile organizzazione: stagnola per pelle, palla cava di cioccolata, un piccolo giocattolo la scaramanzia della AHCA ha fatto sostituire con adesivi e caramelle, svettando con una scatolina di carta in una caccia a tesoro a matrioska. In queste minacce interplanetarie, questi iceberg per novelli Edward Smith delle stelle si trovano rocce ininfluenti, materiali radioattivi, minerali anche strutturati in meravigliosi cristalli e mucillagine dalla quale Chandra Wickramasinghe ritiene sia nata e si sia evoluta tutta la vita. È necessario momentaneamente focalizzarsi su questa mucillagine.

LA PIOGGIA DI GIARDINI

Nessuno seppe come una creaturina come quella ebbe facilità a varcare il vecchio, multiforme studio/ufficio/scenografia sul quale ora un paio di mani più basse e ipoteticamente più deboli del suo legno spingevano in avanti aprendo il luogo e ricolorandolo di luce da vecchie e deboli lampadine in escandescenze con ciascun loro dito simile a uno zolfanello sbilenco che cercavano l’interruttore elettrico proprio di quel posto. La personcina si muoveva come un bradipo, negli occhi simili a trombette dall’interno scoppiato di vernici dalle cangiature aulenti era innegabilmente palpabile un cocktail di panico, senso di colpa, timore implorante e irrefrenabile curiosità, un archeologo scivolante nel sepolcro di un faraone tra le sabbie d’Egitto o uno come lui scivolante nel sepolcro di un tlatoque sotto l’ombra delle palme sudamericane non sarebbe stato meno con i piedi di piombo. Eppure lì non c’era nulla d’ostile; scaffali e scaffali di libri con severe rilegature basate su buoi macellati e conciati, delle ellissi di eburneo fil di ferro al cui centro c’è un grappolo di rosse, concentratissime palline cadute sul pavimento e che in teoria dovrebbero essere il modellino di un atomo di carbonio, un siluro di metallo annerito lungo come un pennarello retto su un piedistallo a due gambe vicino a una reliquia molto meno ossidata e senile, un sommergibile dalla schiena azzurra e dalla pancia nera egualmente su un piedistallo binario, un modellino di missile montuoso come un albero di Natale, con alettoni e una gru color carota attaccata a quella che ne era la rampa di lancio su una scrivania attaccata a un muro con un poster pieno d’immagini senza dichiarato filo logico, una seconda scrivania di legno molto più espanso e duro, ombreggiata da una lavagna con equazioni e algoritmi scarabocchiati moltissimo tempo prima e verso la fine blandamente toccate da un cancellino dalle crine talmente imbevute di calcina da non aver più alcuna utilità a cancellare. A un angolo della scrivania c’erano trappole per topi dalla plancia di un rosso quasi elettronico con in bilico sui meccanismi una coppia di palline da ping pong. Chiunque fosse là a esplorare sentiva il diavolo alle calcagna, ma guardò quello che aveva attorno con molta pazienza, quasi dimenticandosi dell’impaurita emergenza che era stata il suo stato d’animo fino a quell’istante. Trovò qualcosa che a differenza del resto non solo per un ragazzino aveva uno iota d’attrattività maggiore di quei fragili giocattoli per adulti a cui nemmeno loro era permesso giocare ma che, con il senno di poi, era anche fattibile un ragazzino portasse via senza che diventasse una coda tra le gambe: un gioco da tavolo dal packaging non più smagliante come doveva esserlo stato un tempo ma nemmeno abbruttito dalla polvere e da ragnatele di aracnidi che sapevano accontentarsi. Aveva i bordi rossi tempestati di stelle e orbite anulari bianche e stelle comete da presepio e missili azzurri. Il grande disegno giganteggiante a altezza omino si srotolava e imbullonava sui bordi rossi tempestati di stelle e orbite anulari bianche e stelle comete da presepio e missili azzurri alla stregua di un affresco di Andrea Pozzo un astronauta dalla pelle ramata come una vecchia da 4 dalla tuta bianca e dal casco azzurro sotto l’ascella destra con tutto il corpo proiettato come l’ombra di un pinguino su un iceberg da molto vicino alla sua destra un immenso scorcio della galassia d’Andromeda con le stelle dal bagliore metallico, come polvere grattata via dalla carlinga di un auto nuova, su cui un pianeta simile a una spaccamascella rosata dalla crosta gusto fragola rubava quasi troppo spazio, con una tripletta di lucenti missili dalla lama di prua rossa e gli alettoni gialli puntati verso suddetta spaccamascella rosata causa crosta gusto fragola. Era uno scatolone bello panciuto, da Risiko! Ma appunto poteva sotto un cappotto poteva diventare invisibile, il cui battesimo era Reaching for the skies, scritto in diagonale in paroline fiammeggianti del giallo della benzina e del rosso del carbon fossile. Non ci fu in alcun pensiero a portarla via e a sincerarsi con una mano sinistra che non cadesse via niente. Uscì ripetendo i gesti dell’inizio, scappando con troppe cose in quella testa ma con una freddezza nei gesti e nelle decisioni nemmeno molti adulti avevano abitualmente. Andò nascondendosi in un edificio con un opercolo a altezza marciapiede senza porte, trovando nella penombra una scala a chiocciola i cui giri di scalini portavano a una soffitta che sembrava la discarica di parti scadute e/o rifiutate di una parata di carri del Carnevale di Viareggio. Fuori il sereno sotto cui c’era stata quella fuga era improvvisamente mutato in un temporale di cui sentì le prime gocce di pioggia sull’oblò e i primi riverberi sonori di tuoni lontani. Il pavimento era fatto di traversine legnose rese scricchiolanti dall’umidità, dalle termiti e dall’abbandono prolungato di un bugigattolo a cui l’accesso si era rivelato comunque troppo immediato. C’erano delle coperte abbastanza adatte per coprire e coibentare. Reaching for the skies venne messo in modo che chi l’aveva portato via lo guardasse come si guarderebbe dabbasso una pista della pianura di Nazca. Per avere luce costante venne presa una lampada a escandescenza. Finalmente a Reaching for the skies venne tolto il coperchio-davvero a prova di scivolamento-mostrando un enorme e bombata lastra di latta e ghisa, nera e glitterata di stelle di metallo e vari oggetti astronomici con colori fatti con una bomboletta spray connessi gli uni con gli altri da lucenti piste di metallo lasciato del suo grigio naturale con a svettarvi sopra delle piccole viti. Da una parte c’era una specie di gettone da cavallo a dondolo. Davanti a c’era quello che doveva essere il simulacro di un cruscotto d’astronave, con tutti i suoi comandi ancora inesplorati. Si capiva si differenziasse dal resto per i colori rossi e bianchi di una pompa di benzina Sinclairtm e il vario arsenale di levette gialle e parimenti gialli pulsanti, pampini contornanti un piccolo schermo a cationi sul quale forse apparivano immagini/scritte. Venne sollevato dalla scatola, un oggetto misteriosamente più pesante di quello che era stato percepito mentre si cercava dove scomparire dal resto del mondo, là fuori inflitto da una pioggia e da un vento pluviale in quel momento diventato più violento, vedendo l’orbettino di una presa di corrente apparire come per magia. Venne fatto un gioco da elettricisti per adattarlo alla prima presa elettrica trovata. Tutto quello stava schiacciando un manualetto d’istruzioni, un Bignami d’astronomia, una coppia di piccole astronavi da avvitare, un robot dai piedi magnetici. Tutto venne preparato, ma solo una di quelle piccole astronavi venne avvinghiata al proprio fallico supporto scanalato. Adesso-Vangelo di quel manualetto scritto da Ernst Stuhlinger e illustrato da Roger Palourde-doveva solo dare il primo affondo di levetta gialla a sinistra.    

 

 

 

   
 
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