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Autore: antigone7    23/09/2009    4 recensioni
Ci sono incontri che, per quanto casuali e assurdi, un po’ la vita te la cambiano.
Zoe è una ragazza tutto sommato pragmatica: non crede nel Fato, nel Destino, nella Predestinazione, e tutto il resto. Pensa che le cose che le succedono siano perlopiù volute da lei, ma che la restante parte ce la metta la casualità pura e semplice. Nessuna volontà divina.
Per questo, quando una mattina sul treno incontra Giacomo, ragazzo spigliato nonché cantante di un gruppo poco famoso, Zoe decide che è troppo complicato, che... no, non è interessata a lui. Ma c’è una cosa che non ha calcolato: le sue scelte possono non coincidere con quelle delle altre persone e, in questo caso, chi l’avrà vinta?
Una storia che parla d’amicizia, d’affetto, d’amore, ma anche di errori, di silenzi e di scelte sbagliate. Perché a volte bisogna sbattere ripetutamente contro un muro, prima di capire da che parte andare.
"E la verità è che sono stata una codarda."
"Ma non avevi tutti i torti. Non sappiamo come potrebbe andare. Siamo diversi."
"L'unica vera differenza che vedo ora tra me e te è che tu almeno sei riuscito ad accettare di essere innamorato di me."
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prologo (o ZOE 1)



Sono sempre, costantemente, in ritardo, e non è che sia una bella cosa. Perché un conto è essere in ritardo a un appuntamento con una tua cara amica, che al massimo – santa donna – ti guarda comprensiva quando arrivi, ché ti conosce e aveva preventivato di aspettarti quei dieci minuti buoni, un conto è sbagliare a calcolare i tempi quando devi prendere un treno.
A me capitano spesso entrambe le situazioni sopraelencate.
Nello specifico, questa mattina di inizio febbraio sto correndo per prendere un maledetto treno e – diciamocelo – non è che io sia una centometrista: sono abbastanza bassa, e pigra in maniera spropositata, quindi poco propensa all’attività fisica; oltretutto in questo esatto momento mi sto portando appresso un non-comodissimo-trolley mezzo pieno.
Corro su per le scale del sottopassaggio col trolley che mi sbatte simpaticamente sulla gamba e salgo sul treno proprio un attimo prima che si chiudano le porte e riparta in perfetto orario, cosa che accade sempre quando avresti bisogno che fosse un po’ in ritardo e che non succede mai in tutti gli altri casi esistenti.
Sorrido debolmente a una signora di mezza età che mi guarda piuttosto preoccupata mentre ansimo appoggiata al muro, fiato piano un “Stia tranquilla, se non corro non sono contenta” che la fa ridacchiare di gusto, e mi incammino per il corridoio mezzo pieno della seconda classe alla ricerca di un qualche buco per me e la mia valigia.
Mi guardo intorno e lo trovo sulla sinistra a metà vagone circa. A questo punto, soddisfatta di me per aver compiuto l’impresa anche stavolta, mi accingo ad alzare il mio trolley arancione acceso per riporlo sul portavaligie alla mia destra prima di sedermi e godermi il viaggio in tranquillità.
In effetti, come ho già detto, sono abbastanza bassa, e di solito alzare il bagaglio sopra la mia testa mi è difficile. Non impossibile però.
Forza Zò, puoi farcela!
Contando che credo proprio di aver già scontato la mia parte di figure di merda e affini per stamattina e di poter permettermi un calo di attenzione, faccio ciò che devo, sollevando quel mezzo quintale di vestiti e libri.
Errore di valutazione.
Mi accorgo tardi che ho perso leggermente l’equilibrio e indietreggio di un passetto presagendo già la catastrofe e i successivi anni della mia giovinezza spesi in carcere con l’accusa di omicidio colposo e porto d’armi (leggasi: trolley) non autorizzato.
Merda merda merda merda!
Sto per uccidere qualcuno, me lo sento. Percepisco, e sono due secondi netti, una persona che si alza dietro di me appena in tempo per impedirmi di cadere e spingere con facilità l’oggetto contundente sul ripiano soprastante mentre io, da vera principessa, esclamo un accorato “Cazzo!” a mezza voce senza mettere il filtro cervello-voce – sempre che il primo ci sia davvero, da qualche parte sotto tutti questi capelli.
Solo adesso mi rendo conto che, sì, ho appena scampato il pericolo per un pelo, tutto perché mi ha salvato l’intervento semi-divino (definirlo provvidenziale sarebbe poco) di qualcuno che sposta ora la sua santa mano – con la quale mi ha impedito di cadere con la mia grazia da ippopotamo – dalla mia schiena. Mormoro una sottospecie di ringraziamento alla persona alle mie spalle, ancora prima di avere il coraggio di girarmi e guardarla in faccia.









Ta-daaah! Eccomi nuovamente qua a rompervi! ;)
Non ho molto tempo, quindi, con vostro grande gaudio, stavolta sarò breve e magari la prossima volta darò qualche spiegazione in più.
Questa sarà una long-fic, avviso subito. Non so quanto potrà durare perchè non l'ho finita - ho scritto solo i primi capitoli - ma non ho intenzione di scrivere l'Iliade, don't worry.
Altra specificazione: è diversa dalla mia precedente storia. Il primo capitolo, per ragioni stilistiche, è scritto in prima persona presente, ma già dal prossima ci sarà un narratore neutro, esterno. Giusto perchè non crediate che mi sto ripetendo! :)
Volevo anche ringraziare di cuore tutti quelli che hanno recensito la mia prima storia e in particolare l'ultimo capitolo, visto che non sono riuscita a ringraziarvi personalmente. (Ah, grazie mille a ninasakura, se stai leggendo, per avermi fatto notare l'errore nel conteggio del gruppo... ehm... e sì che non andavo male in matematica!)

Per concludere: fatemi sapere cosa ne pensate, anche se questo è solo uno sputo di capitolo e non vi ha fatto capire nulla della continuazione o della trama. Please. Merci. (Oggi mi sento poliglotta ;P)

A presto....
  
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