UN
VIAGGIO
Storia
di una vita passata camminando
‘Chi
sei tu?’ chiese la bambina al
suo riflesso nello specchio.
‘Chi sono io? Chi sarai tu, piuttosto. Perché mi
sei uguale e mi copi?’ ribatté
l’altra bambina nello specchio, mentre si muoveva come lei.
‘Sei tu che copi me, visto che sei nello specchio. Vattene
via’ concluse la
bambina, scuotendo la testa.
‘Come puoi sapere che sia io quella nello specchio, e non tu?
Vattene via tu, e
capisci chi sei prima di tornare da me.’
Allora
la bambina, sconfitta, se ne
andò e si mise in viaggio per conoscere se stessa. Una
mattina di Primavera
decise di dirigersi a Ovest, inseguendo il Sole per chiedere a lui:
visto che
dal suo carro infuocato vedeva tutto magari avrebbe conosciuto la
risposta.
I cavalli del carro del Sole, però, erano molto veloci. Ci
sarebbe voluto molto
tempo e un lungo viaggio per raggiungerli, così la bambina
si mise in marcia.
Viaggiò
per molti sentieri, alcuni
larghi, pianeggianti e coperti d’erba e di muschio e di
delicati fiori di
carta, altri pieni di sassi aguzzi che le ferivano i piedi, altri
ancora
sottili come la lama di un coltello e sospesi nel vuoto.
Incontrò molte
famiglie di timidi coniglietti di marzapane che la osservavano con
occhi scuri
e sospettosi prima di fuggire via, esuberanti uccellini colorati ed
effimeri
come farfalle che le facevano compagnia per i loro pochi giorni di
vita, strani
e misteriosi fiori scarlatti il cui profumo si attorcigliava
tenacemente alle
sue gambe per non farla proseguire.
Una
volta, mentre camminava
circondata di uccellini color arancio e oro, arrivò in una
vasta prateria con
l’erba lunga e verde, che dondolava al vento come le onde del
mare. La bambina
si fermò, piena di meraviglia: quell’infinita
distesa armonica e ondeggiante le
richiamava qualcosa, l’ombra di una sensazione che ancora non
conosceva e che
la riempiva di stupore e malinconia. Poi vide qualcosa che la
distrasse: un
banco di tonni stava nuotando freneticamente appena sopra gli steli
d’erba; le
passò accanto velocemente, e continuò per la sua
strada. La bambina si guardò
attorno, e vide molti altri tipi di pesci nuotare nella prateria:
delfini,
banchi di pescetti argentei e colorati e persino una flemmatica
tartaruga. Si
diresse verso un gruppetto di pesci pagliaccio che girovagavano
svogliatamente
tra i rametti di un solitario arbusto.
‘Ciao’
li salutò.
I pesci si girarono di scatto, tutti assieme.
‘Ciao. Chi sei?’ chiesero all’unisono.
‘Non lo so. Sto cercando il Sole appunto per scoprirlo.
Sapete qual è la via?’
I pesci risposero subito, tutti in coro: ‘Oltre la prateria
verso Ovest.’
La bambina si guardò attorno, smarrita: avrebbe sicuramente
perso la strada in
tutto quel verde così uguale.
‘Potreste accompagnarmi?’
I pesci scossero la testolina color papavero. ‘Noi non ci
muoviamo mai da qui.
Ma se hai fortuna passerà da qui la balena, lei ti
porterà.’
La bambina attese giocando coi pescetti per un po’,
finché una grande balena
arrivò nuotando pigramente e accettò di portarla
fino al confine ovest del Mare
d’Erba. Salutò i pesci pagliaccio e se ne
andò assieme alla balena e agli
uccellini, proseguendo nel suo viaggio a Ovest per trovare il Sole, se
stessa e
la lei dello specchio.
Arrivata, ringraziò la gentile balena e fece per
incamminarsi, ma sentì i suoi
piedi come bloccati. Erano i fiori scarlatti che l’avevano
seguita fin là: il
loro profumo dolce e appiccicoso le parlava di rimanere nella grande
prateria a
giocare coi pesci, di non proseguire verso terre sconosciute, di
dimenticare il
suo viaggio. La bambina, però, si liberò con uno
scossone e riprese a
camminare. Aveva uno scopo, non poteva perdere tempo in quel modo.
Così, nonostante tutto, andava avanti lo stesso e ormai era
un vento d’Estate
che le solleticava i capelli.
Quando
vide un bosco che cambiava
continuamente colore, da verde a rosa a giallo a blu e ancora e ancora,
si
fermò, incuriosita. Mentre le foglie viravano ad un rosa
acceso chiese
timidamente perché continuasse a cambiare colore e non
rimanesse verde come
tutti gli altri boschi.
‘Perché devo cambiare’ rispose il bosco,
diventando rosso carminio.
‘E perché devi cambiare?’ chiese di
nuovo la bambina, giocherellando con una
foglia ora blu ciano.
‘Perché chi non cambia non vive, e chi non vive
è morto, e visto che qui
intorno niente cambia devo cambiare io per non morire’
concluse il bosco,
mentre il blu sfociava in un bel verde smeraldo, punteggiato solo da
fiori
scarlatti che si erano affacciati curiosi per vedere cosa stesse
succedendo.
La bambina, turbata, decise di aspettare per qualche tempo nella
vallata, per
vedere se il bosco avesse davvero ragione e tutto il mondo fosse
destinato alla
morte.
In quel periodo vide molte cose: la pioggia cadere bagnando
l’erba e le
colline, il sole asciugarla con delicatezza come per le lacrime,
piccoli
insetti danzare sotto la luna e cadere neve di zucchero. Vide sbocciare
fiori
carnosi nel prato, la fate evanescenti che li abitavano e li curavano,
gli
uccellini nascere e morire e i coniglietti scavare buche e affezionarsi
a lei,
superando la diffidenza. Vide il cielo cambiare forma con le sue
nuvole, il
Sole che rincorreva la sua bella e sfuggente sposa e la sua luce
illuminare il
prato, che piano piano mutava di colore nella vita, coi fiori e gli
uccellini e
i coniglietti di marzapane, e le sembrò che, invece, il
mondo cambiasse. Poi
guardò il suo corpo, e si vide cambiata.
Così la ragazza si alzò sulle sue nuove gambe,
guardò il bosco e i fiori
scarlatti con i suoi nuovi occhi e disse loro, con voce nuova:
‘L’unico che non
cambia, qui, sei tu. Il mondo cambia, cresce, invecchia e muore. Solo
tu sei
morto nella tua vita, e non lo sai.’
Poi se ne andò.
Continuò
a camminare, oltre lo
specchio dell’inizio del suo viaggio, oltre il bosco che
cambiava colore, per
valli e fiumi e passi montani, con la pioggia o con il sole.
Inseguì il carro infuocato del Sole e l’altra lei
dello specchio per molto
tempo, guidata quando era in difficoltà dai dolci
coniglietti di marzapane che
avevano imparato a conoscerla e non la temevano più.
Di notte a farle compagnia c’erano anche le stelle; erano un
po’ petulanti e
chiacchierone, ma era comunque piacevole averle attorno, e sapevano
sempre la
strada. A volte scendevano da lei sotto forma di lucciole, per giocare,
e
illuminavano con la loro luce scherzosa e intermittente anche le notti
più buie
e inquietanti, facendola ridere, dimenticando la paura e i fiori
scarlatti che
cercavano di trattenerla sempre più spesso. Si divertivano a
disturbare i
coniglietti di marzapane, mandando loro sogni di scenari surreali e
vite
passate volando invece che scavando buche nella terra e facendoli
sussultare
nel sonno, ma in fondo volevano bene anche a loro. Erano esseri
gentili, senza
cattiveria alcuna. La sua preferita era la Stella Polare, timida e
silenziosa
rispetto alle sue esuberanti sorelle, ma estremamente affidabile: era
lei che
le indicava la direzione quando camminava anche la notte.
E, guidata dalla Stella Polare, una notte di inizio Autunno giunse al
mare.
Un’inspiegabile e insostenibile nostalgia la prese, assieme a
una paura atavica
e irrazionale e al ricordo vago di una sensazione simile di fronte a un
mare
d’erba. Sentì un peso sul cuore e si sedette
sospirando. Doveva andare oltre il
mare, ma come poteva fare? Non c’erano navi, né
ponti, e i coniglietti di
marzapane e gli uccellini certo non potevano aiutarla. Gli ambigui
fiori
scarlatti dal greve profumo l’avevano seguita strisciando per
tutto il tempo, e
ora la trattenevano più che mai; il loro odore la tentava,
con parole melliflue,
cercando di farla desistere per rimanere là, nonostante
tutti le dicessero di
andare e l’altra lei la aspettasse e qualcuno la stesse
chiamando al di là del
mare, perché era troppo difficile e lei si sentiva piena di
sconforto. Il
profumo dei fiori risaliva sempre più su, oltre le sue
gambe, verso il busto e
il collo, quando la luna iniziò a sorgere, lenta. La ragazza
alzò gli occhi e
vide il riflesso della luce sull’acqua come un nastro bianco,
un sentiero
tremante: era una via che portava dal Sole e dall’altra lei e
da chi la stava
chiamando; portava speranza.
Si alzò in piedi, si liberò dei fiori che
strisciarono via come serpenti messi
in fuga e disse addio agli uccellini e ai coniglietti di marzapane, che
non
potevano seguirla anche su quel sentiero. Voltandosi verso il mare e la
striscia di luce si mise nuovamente in cammino, da sola, piena di una
strana
paura, ma con una nuova risoluzione dentro di sé.
Inseguì la Luna camminando sul suo riflesso sul mare mentre
piccoli pesci
volanti le saltavano attorno, festosi, e qualche antica sirena la
osservava per
un po’ prima di tornare negli abissi.
Molto più tardi, in quella lunghissima notte,
sentì il vento soffiare forte e
il suo cuore fece un balzo, perché le aveva appena preso la
mano. Si voltò e
vide una figura trasparente, d’aria, che le sorrise e strinse
più forte la sua
mano.
‘Sarò tuo compagno di viaggio per un
po’, se vuoi’ le disse. La ragazza
annuì,
felice e confusa.
L’ultima parte del viaggio la trascorse così, non
più sola, mano nella mano con
il vento e senza avere freddo, nonostante fosse notte e Autunno e
camminassero
sul mare.
Quando arrivarono alla porta, però, lui sorrise triste e le
lasciò la mano.
‘Devi andare da sola’ le disse.
‘Perché?’
‘Non dovevi trovare il Sole e scoprire chi eri? Oltre questa
porta io non posso
andare, ma tu sì. Vai’ la incitò con un
ultimo sorriso.
La ragazza guardò il vento con profonda tristezza e
sentì di nuovo il freddo e
la solitudine come mai li aveva provati. Una lacrima cadde
nell’acqua e si
tramutò in ghiaccio, pieno del suo dolore, che
galleggiò via.
Solo quando il vento davanti a lei fu solo aria e il freddo fu troppo
per
rimanere ferma ad aspettarlo ancora, allora aprì la porta,
agli inizi
dell’Inverno.
La
porta dava su una stanza
circolare e piena di finestre, dove però non
c’erano né il Sole né la Luna, ma
solo un tavolo fatto di vetro; allora capì che non avrebbe
mai trovato il Sole,
e che in ogni caso non sarebbe servito a niente. Si avvicinò
al tavolo di vetro
e, specchiandosi, vide l’altra ragazza.
‘Hai trovato il Sole?’ le chiese l’altra
lei.
‘No’ le rispose.
‘Hai capito chi sei?’
‘No’ le rispose di nuovo.
‘E allora cosa hai fatto?’
‘Ho camminato, ho conosciuto, ho vissuto. Non ho capito chi
io sia, o perché
sia qui, ma sono comunque contenta del mio viaggio, e sono felice di
rivederti
dopo tanto tempo.’
La ragazza del riflesso le sorrise.
‘E allora torna da me, se hai terminato il viaggio e vuoi
riposare.’
La ragazza annuì, perché d’improvviso
si sentiva tanto stanca. Entrò nel
riflesso del tavolo e
si trovò nel Mondo al Contrario, in piedi sul soffitto.
Era da sola, senza l’altra lei, ma capiva.
Ora capiva, capiva tutto quello che mai aveva capito, quello che mai
aveva
saputo.
Si avvicinò a una delle finestre, la aprì e, con
un sospiro di sollievo e di
dolce malinconia e di viaggio terminato, si lasciò cadere
nel Cielo.
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And
Wiwo is back.
Dopo
più di un anno che non
aggiornavo, eccomi qui con una storia senza troppe pretese, un piccolo
gomitolo
di immagini e temi che mi stanno molto a cuore; se poi esista veramente
il
bandolo della matassa o se sia un groviglio inscindibile, questo non lo
so bene
neanche io: la lana dei sogni e dei viaggi a occhi aperti è
difficile da
lavorare e ancor più da ordinare. Un giorno spero di
riuscire a farne un
tessuto.
Grazie
per aver letto e spero di non
avervi annoiati.
Wiwo