Nel bosco di Kilde, al confine con il castello del re, tra gli animali era in corso un gran dibattito. A quel concilio era stata convocata ogni sorta di fauna diurna e notturna nel raggio di diverse leghe, e dalle bestie più grandi agli insetti più microscopici erano tutti in tregua per ascoltare il racconto dei grilli.
Quando ebbero finito, gli orsi furono i primi a protestare, sostenendo di essere stati svegliati dal letargo per una notizia infondata. A loro si unirono gli scoiattoli, stizziti per aver dovuto lasciare le proprie calde tane; e via via, altri presero a lamentarsi, causando un frastuono tale da sovrastare il frinire dei poveri grilli che, invano, tentavano di calmare la situazione.
Furono i lupi a farlo. Ululando, il capobranco Gra-Ulv si fece avanti. “Sciocchi, siamo nel pieno dell’autunno e non vi siete accorti del gelo innaturale che le nostre pelli non sono ancora pronte ad accogliere?”, domandò alla folla. “E che cosa mi dite dei cacciatori? Sono giorni che non se ne vedono in giro.”
In men che non si dica le voci si placarono e lui proseguì. “Questi insetti dell’estate hanno rischiato la vita per venire ad avvertirci, quindi darò loro una possibilità. Se quanto dicono corrisponde al vero, mi occuperò di riportarli a casa e, finché le zampe reggeranno la corsa, di diffondere la notizia in ogni dove. Ma se così non sarà…"
Il lupo socchiuse gli occhi e i grilli tremarono. La tregua era un fatto eccezionale in natura ed evocarla senza un motivo comportava gravi conseguenze.
“Gra-Ulv,” cinguettò Leppestif, un giovane pettirosso, “volerò io fino al castello. Il freddo è mio compagno e per gli umani sono un essere grazioso, non rischio nulla.”
Gra-Ulv annuì e Leppestif partì spedito verso la dimora del re degli uomini. Non ne aveva paura, anzi, trovava fosse accogliente quasi quanto le sue conifere. L’aveva già visitata un anno addietro, quale meta della sua prima migrazione, e ne ricordava con piacere soprattutto il villaggio, con i suoi abitanti allegri, le taverne rumorose, il mercato vivace e poi le feste, con musica e danze che richiamavano genti anche da paesi lontani.
Prossimo a uscire dagli alberi, il freddo si fece più intenso e un fremito lo convinse a concentrarsi sulla missione. Aguzzò quindi l’udito, ma tutt’intorno echeggiava solo uno strano silenzio. Furono i suoi occhi, quando le chiome degli alberi si dispersero, a lasciarlo stupefatto: di fronte a lui c’era tanto ghiaccio da poterci riempire la cima di una montagna.
Sorvolate le mura, Leppestif perlustrò il villaggio dove le strade, le case, persino il fuoco nei camini, erano congelati. E con essi tutti gli umani. Si diresse poi al castello, alla ricerca d’un falco o di un cane da caccia con cui parlare, ma persino loro erano bloccati nella morsa del freddo.
Decise allora di seguire l’istinto: doveva a ogni costo trovare la fonte del problema. Nonostante le piume iniziassero a intirizzirsi seguì il ghiaccio dov’era più abbondante, ed entrò nell’alta torre che gli umani chiamavano prigioni. Scoprì così che, oltre una porta socchiusa, qualcuno stava parlando. Affacciandosi, non poté fare altro che tapparsi il becco con le ali per lo sgomento: i grilli avevano ragione. La divina Ild, Herrer dell’estate, era inginocchiata sul pavimento, legata da catene magiche, e se ne stava con la testa bassa sotto una strana campana di vetro. Gli umani l’avevano catturata.
“Non sono un tipo paziente, Hemlock te l’avrà spiegato. Voglio sapere dove sono gli altri.”
La persona che aveva parlato, non ottenendo risposta, raggiunse l’angolo in cui era appostato un secondo individuo e bisbigliatogli qualcosa lasciò che si facesse avanti.
Costui, incappucciato da un pesante mantello grigio, usando una sorta di pietra sollevò Ild di fronte a sé. “Non essere sciocca. Non vorrai condannare degli innocenti a un’inutile sofferenza?!”
Ma Ild rimase immobile e il primo umano tornò alla carica sbattendo i pugni contro il vetro della campana. “Dannata insolente, se non rispondi io…”
“Vi prego, Vostra Maestà,” lo richiamò quello con la pietra, “ciò che ci serviva da lei lo abbiamo preso, non vale la pena perdere il controllo. Se non ci aiuterà con il resto di sua spontanea volontà, troverò io il modo. Fidatevi.”
Il re si ricompose e fece qualche passo verso la porta. “E sia, Hemlock. Hai fino alla fine dell’inverno perché è da lui che intendo cominciare. Ma trova subito una soluzione per scongelare la servitù. Sono stanco dei tuoi intrugli, voglio mangiare come si deve”, sbraitò dileguandosi.
Leppestif si scansò, in tempo per evitare che lo stivale del sovrano lo schiacciasse. L’uomo chiamato Hemlock, invece, dopo essersi inchinato, non lo seguì, e abbassata la pietra fece cadere Ild di nuovo a terra. Levato il cappuccio, il pettirosso poté notare che aveva gli occhi chiusi. “La tua tenacia ti fa onore ma, in fondo, tu e gli altri Herrer non siete altro che storielle per spaventare i bambini. Ci riprenderemo ciò che è nostro e governeremo Lure da soli, come è giusto che sia…”
Questa volta Ild parlò. “Io credo ancora nella promessa fatta dai vostri antenati e te ne faccio una a mia volta: sarà solo Lure a vincere”, e con il viso rivolto alla porta sorrise.
Leppestif si sentì pervadere da un calore benevolo e senza attendere oltre si precipitò fuori, volando veloce come mai aveva fatto: doveva avvertire Gra-Ulv e gli altri. Anche il lupo avrebbe dovuto trovare il modo di volare, il mondo intero era in pericolo e avevano solo fino alla fine dell’inverno per capire come salvarlo.