Non ci saranno giorni fissi per la pubblicazione, anche perché finora ho scritto soltanto il primo capitolo (nel quale compare anche la famosa lista dei personaggi, che potrete consultare quando vi sentirete in difficoltà). Spero di riuscire a scrivere due capitoli alla settimana, almeno nei primi tempi, e poi chissà, magari di aumentare in qualche occasione in futuro. Indicativamente, la mia ambizione sarebbe quella di completare la stesura e la pubblicazione entro dicembre, anche se non garantisco di riuscirci.
Siamo in un giallo classico, in cui il cadavere sparisce indicativamente a pagina due, quindi non dovrebbe esserci nulla che possa turbare i lettori. Però a pagina due non ci sarà ancora il cadavere. Non so ancora con esattezza in quale capitolo ci scapperà il morto. Però arriverà, attendete fiduciosi!
[MISS CRYSTAL INTRODUCE IL CASO]
Non credo nella predestinazione, ma ho la ferma convinzione che ci sia ben poco che possa allontanarci definitivamente dal percorso che le circostanze della nostra esistenza rendono più plausibile. Possiamo vivere questa situazione in due modi diversi: o piangendoci addosso o vivendo la nostra vita nella maniera migliore possibile. Esiste l'errata convinzione che sia il denaro a decidere della nostra felicità, ma ho visto fin troppi Lord bisbetici trascorrere il proprio tempo a inveire contro parenti scrocconi senza mai raggiungere la serenità, così come molte cameriere sottopagate venute dalle campagne che invece erano piene di sogni. Certo, sogni degni di ragazze senza istruzione alcuna, tendenzialmente puerili e insensati, ma pur sempre sogni da realizzare, per le quali queste erano disposte a impegnarsi.
Essendo nata in una famiglia che certo non era ricca, ma neanche troppo povera, il mio percorso fu indirizzato fin dall'infanzia verso una terra di mezzo. Dopo avere studiato dattilografia, iniziai a lavorare come segretaria, cambiando nel corso del tempo diversi datori di lavoro. Molti di questi erano uomini bisbetici, per i quali temevo fortemente il provvidenziale tè al cianuro, ma tutti sopravvissero, oppure morirono per cause naturali.
Avevo sempre provato una moderata soddisfazione per la mia esistenza: non ero infelice, anche se ero convinta che ci fosse qualcosa di più, che ancora non avevo sperimentato. Non ne faccio mistero, in molte circostanze mi ritrovavo a sperare proprio nell'arrivo del provvidenziale tè al cianuro e mi immaginavo a collaborare con Scotland Yard, o ancora meglio, a risolvere in completa autonomia il mistero dell'assassinio del ricchissimo Lord di turno.
Naturalmente un simile scenario sembrava non arrivare mai, tanto che avevo riposto le speranze in un cassetto, convinta che non ci fosse nulla da fare. Dopo la morte di uno dei miei principali - che aveva novantadue anni e si rifiutava di bere il tè, soprattutto quello delle cinque del pomeriggio - non riuscii a trovare un'analoga occupazione presso una dimora di campagna e fui costretta a intraprendere un'altra strada, accettando un posto di lavoro presso un'azienda che commerciava tessuti pregiati. Era un impiego stimolante, anche se purtroppo comportava l'essermi trasferita in una stanza ammobiliata, piuttosto che nell'inquietante villa del titolare - il quale, ne ero certa, possedeva davvero una casa di quel tipo.
La camera che affittai era situata presso la casa della signora Freebody. Sui cinquant'anni, aveva una cascata di riccioli grigi che sfuggivano al fermaglio con il quale li legava sulla nuca. Sua figlia, la signorina Maxine, aveva la metà dei suoi anni ed era in tutto e per tutto simile a lei, a parte per i capelli, che erano di un bel nero corvino. Oltre a noi, presso quella dimora vivevano altre due affittuarie, una vedova sulla sessantina che trascorreva la maggior parte del tempo nella propria stanza e una zitella sulla quarantina che lavorava come infermiera, con la quale non avevo nulla in comune, se non lo stato civile.
Con la signorina Freebody, invece, c'era una grande sintonia. Si occupava degli affari della madre e si allontanava raramente da casa, quindi adorava i miei racconti, con esclamazioni ai limiti dell'inverosimile: «Beata te, Vanina! A volte mi chiedo come sia entrare ogni mattina alle nove in una vera azienda, circondata da persone che lavorano davvero, invece di mettersi in tasca denaro derivante dall'avere tre stanze di troppo da affittare a donne noiose! Non parlo di te, ovviamente! Anzi, sei la prima inquilina veramente interessante che mia madre abbia portato qui!»
Naturalmente chiarii subito con Maxine Freebody che avevo ben altre ambizioni nella vita: «Non è proprio la cosa più allettante che possa succedere. Lo so, per chi non l'ha mai fatto può sembrare interessante, ma ho vissuto emozioni maggiori, in passato. Per esempio, il titolare, Lord Winterport, lo vedo soltanto quando si presenta in ufficio. O meglio, lo vedo quando passa nel corridoio davanti alla reception per dirigersi nel proprio ufficio. Posso entrarvi raramente, soltanto quando devo riferirgli qualche messaggio, oppure quando la sua segretaria personale, che ha seri problemi di reumatismi per i quali deve sottoporsi a frequenti sessioni di terapia, deve lasciare il lavoro anzitempo e mi ritrovo a doverla sostituire. Non ho idea di come sia la sontuosa dimora di Lord Winterport, sulla quale ogni tanto sento spettegolare le due donne che vengono a fare le pulizie. Chissà, magari a casa sua qualcuno pianifica di ucciderlo, e io non lo saprò mai!»
La signorina Freebody accennò a una risatina, ammiccando in maniera sbarazzina.
«A meno che non venga ucciso davvero!»
Scossi la testa.
«No, Maxine, ormai mi sono rassegnata: queste cose succedono solo nei libri, oppure al cinema. Quindi, a meno che io non sia frutto della penna di una zitella degli anni '20 del prossimo secolo e quindi un personaggio letterario a mia insaputa, non accadrà niente di tutto ciò.»
Su questo, non mi sbagliavo. Lord Winterport godeva di ottima salute. Tuttavia accadde un fatto destinato a cambiare il corso degli eventi: proprio nell'isolato in cui sorgeva la sede aziendale, e proprio al di sotto delle sue fondamenta, fu scoperta una bomba inesplosa che lì giaceva fin dai tempi della guerra. L'area fu evacuata e il titolare decise che, con un numero ristretto di collaboratori, avrebbe lavorato in quel periodo presso la propria dimora situata nelle campagne. Le condizioni di salute della sua segretaria personale erano peggiorate, nelle ultime settimane, pertanto decise di ingaggiarmi come sua sostituta. Non riuscivo a credere alla fortuna che avevo avuto! Naturalmente Maxine condivise il mio entusiasmo e una delle ragioni per cui sto realizzando questo manoscritto è dedicarlo alla signorina Freebody, cara amica che merita di scoprire, con tanto di dettagli, quello che successe nei giorni che seguirono.
Nonostante Lord Winterport guidasse un'automobile, aveva un autista al proprio servizio, il quale venne a prendermi e mi aiutò a caricare i miei bagagli su quel mezzo moderno che sprizzava tecnologia. Mi condusse, dopo un tragitto di circa quindici miglia, presso la casa che, invece, non aveva nulla di contemporaneo. Si trattava di un villone di foggia settecentesca, al quale era stato appioppato il nome di Sadness Garden. Aveva notevoli dimensioni e avrebbe potuto ospitare uno stuolo di parenti più o meno alla lontana.
Me lo immaginavo, Lord Winterport circondato di persone, alle quali rinfacciava di vivere alle sue spalle. Chissà, magari intendeva diseredare tutti e lasciare il suo intero patrimonio al maggiordomo... anche se, dovevo ammetterlo, mi sembrava davvero molto improbabile una simile teoria. Avevo tuttavia ragione a proposito dei parenti. Erano presenti, come suoi invitati, alcuni nullafacenti cronici che un giorno avrebbero ereditato quote del suo notevole patrimonio. Andrò quindi a elencare i presenti, fornendo di ciascuno una descrizione dettagliata.
LORD RICHARD WINTERPORT - un ricco imprenditore di circa settant'anni, che aveva fatto fortuna nell'epoca tra le due guerre mondiali grazie al commercio di tessuti.
La sua azienda era stata fondata insieme al suo socio Alfred Smith, il quale era tuttavia deceduto nel 1928, prima di potere godere dei frutti dei propri investimenti.
SIGNOR NORMAN E SIGNORA CHARLOTTE WINTERPORT - entrambi sui quarant'anni, rispettivamente il cugino di primo grado - nonostante la loro differenza di età - di Lord Richard e la sua signora.
Norman era un violinista, la consorte una pittrice, il che generava non pochi contrasti con il padrone di casa, sempre pronto a disprezzare gli artisti senza alcun interesse per gli affari.
Il signor Norman era un bell'uomo elegante con i capelli brizzolati, mentre la sua signora spesso indossava vecchi abiti pieni di schizzi di tempera, in quanto sempre impegnata nella pittura. Aveva capelli biondi ricci, che portava raccolti in maniera disordinata, oppure tenuti indietro con una fascia multicolore.
SIGNORA ALEXANDRA E SIGNOR DANIEL JOHNSTONE - la nipote di Lord Winterport, figlia secondogenita della defunta sotella minore di costui, era una bella ragazza di ventiquattro anni, con i capelli neri tagliati corti e due occhi azzurri come il ghiaccio, presente a Sadness Garden insieme al marito, con il quale si era unita in matrimonio da meno di un anno. Daniel aveva ventotto anni, aveva l'aria gioviale e folti capelli biondi, era stato per breve tempo impiegato presso l'azienda di Winterport e la sua conoscenza con Alexandra risaliva a quei tempi.
Le due donne delle pulizie che già ho menzionato sostenevano che si fosse trattato, per lui, di un matrimonio d'interesse, e che la signora Alexandra avesse mostrato in precedenza delle attenzioni nei confronti di un altro dipendente di Lord Winterport, tale Gabriel McKay.
SIGNORINA ALICE BYRON - figlia primogenita della sorella di Lord Winterport, una donna di trentadue anni dai capelli scuri tagliati pari all'altezza delle spalle e una frangia altrettanto tagliata pari, che le dava vagamente l'aria di una divinità egizia. Gli unici dettagli che la rendevano inadatta a ricoprire il ruolo di dea nordafricana erano la sua carnagione pallida e i suoi occhi azzurri che ricordavano quelli della sorella.
Non era sposata e trascorreva il proprio tempo dedicandosi alla lettura di libri sulle civiltà del mondo antico, in particolare sull'Egitto. Non disdegnava, tuttavia, gli Atzechi e gli Incas, delle quali era ugualmente esperta. Alcune cameriere sostenevano che il signor McKay, dopo essere stato rifiutato dalla sorella Alexandra, fosse attratto dalla signorina Alice, ma non vi erano indizi che lo suggerissero. La signorina Alice, tuttavia, era piuttosto riservata sulla propria vita privata e non vi sarebbe stato da sorprendersi se i suoi parenti più o meno stretti avessero ignorato qualche dettaglio.
SIGNORA GLORIA GREEN - una sorta di dama di compagnia della signorina Byron, verosimilmente stipendiata per stare al suo seguito, anche se la nipote di Winterport la presentava come amica. Aveva quarantasette anni, ma ne dimostrava di meno, ed era la vedova di un pilota della RAF. Vestiva elegantemente, quasi sempre con abiti neri, di ottima fattura.
Ospite insieme alla signorina Alice, Lord Winterport non sembrava affatto disturbato dalla sua presenza, nonostante spesso si lamentasse dei costi derivanti dall'ospitare quelli che definiva come scrocconi. Era quantomeno curioso che risparmiasse questa etichetta proprio alla signora Gloria, la quale non era legata a lui da alcun vincolo di parentela.
Questo è quanto, a proposito degli ospiti del Lord. La maggior parte di essi si trovavano presso Sadness Garden già da tempo, mentre era una novità l'arrivo del personale dell'azienda, la cui presenza era strettamente legata al disinnesco della bomba scoperta sotto la sede presso la quale lavoravano solitamente. Dal momento che io stessa ero una di loro, ritengo opportuno inserire anche me stessa nella lista dei presenti sul posto.
SIGNORINA VANINA CRYSTAL - sostituta della segretaria personale di Lord Winterport, lavorava da alcuni mesi come addetta alla reception e al centralino della ditta di tessuti.
Trent'anni, era una grande appassionata di misteri e si augurava di potere un giorno risolvere un caso di omicidio. Amava vestire con completi di tweed, oppure di tartan. Non era sposata e non intendeva sposarsi, in quanto più affascinata dall'investigazione che dall'idea di vivere una storia d'amore.
SIGNOR GABRIEL MCKAY - un uomo di trent'anni dall'aria piuttosto tormentata. Lavorava da un lustro nel reparto commerciale dell'azienda di Lord Winterport come addetto ai rapporti con i clienti e si narrava dei suoi trascorsi con la signora Alexandra.
Trascorreva poco tempo insieme agli ospiti, in quanto impegnato in questioni lavorative. Li raggiungeva all'ora del tè e spesso trascorreva il tardo pomeriggio giocando a bridge con Alexandra, il marito di lei e la signorina Alice. In alcune occasioni, la signora Alexandra non giocava e la quarta giocatrice era la signora Gloria.
Come già specificato, il personale di servizio spettegolava parecchio su di lui e sul fatto che fosse affascinato dalla signorina Alice, nonostante non vi fosse alcuna prova certa. La tensione esistente tra lui, il signor Daniel e la signora Alexandra suggeriva tuttavia che non avesse mai dimenticato quest'ultima.
SIGNOR ALBERT HARRIS - altro impiegato del reparto commerciale, che si occupava invece dei rapporti con i fornitori. Aveva cinquantacinque anni ed era stato assunto da Lord Winterport quasi vent'anni prima.
Diversamente dal signor Gabriel, non trascorreva il tempo libero insieme agli ospiti, a parte in occasione dell'ora del tè e della cena. Dopo avere consumato i pasti, si ritirava nella propria stanza per dedicarsi alle proprie letture o alla stesura di lettere.
Era presente inoltre un variegato personale di servizio, in cui svettavano tuttavia due specifici individui, la governante e il maggiordomo. Per questioni di praticità, presenterò quindi anche loro, in quanto ebbero nella vicenda un ruolo maggiore di quanto si addice solitamente ai loro colleghi.
SIGNORA KENT - la governante, una vedova sulla cinquantina, che dirigeva con maestria i lavori di una serie di cameriere dall'aria poco sveglia. Si vantava di essere la ragione per cui a Sadness Garden le cose funzionavano e bisognava riconoscere come non avesse tutti i torti. Era molto efficiente e c'era da temere che, se se ne fosse andata, la situazione sarebbe drasticamente peggiorata.
SIGNOR NOLAN - il maggiordomo, un uomo sui quarant'anni che chissà come aveva ottenuto quel posto di lavoro. Sembrava piuttosto maldestro, anche se molto volenteroso. Pettegolezzi nelle cucine correlavano la sua assunzione con il fatto che fosse imparentato con la precedente governante del Lord e che, di conseguenza, fosse stato fortemente raccomandato da costei, la quale era tenuta in grande considerazione da Winterport.
Nonostante fosse un membro del personale di servizio, non sfuggiva il modo in cui la vedova Green lo guardava, anche se quell'interesse non sembrava affatto ricambiato.
Questo è l'elenco completo delle persone coinvolte nella vicenda che andrò a narrare. Vi erano ovviamente alcune cameriere che interagivano con tutti noi, ma vista la loro irrilevanza non mi sono scomodata di inserirle come individui a sé stanti.
Citerò tuttavia quelle più influenti e meno insulse: la cameriera Jackson, la cameriera Sullivan e la cameriera Livingstone, citate in rigoroso ordine di età.
Credo che, a questo punto, sia opportuno procedere con i fatti. Per alcuni giorni tutto filò liscio. Non trascorrevo molto tempo con gli ospiti di Lord Winterport, in quanto impegnata a lavorare per il suddetto. Qualche volta, dopo l'ora del tè, passai tuttavia il tardo pomeriggio giocando a scacchi con la signora Green, quando questa non era impegnata nel bridge con le due sorelle Alice e Alexandra, con il marito di costei o con il signor Daniel. Non ero una grande appassionata, ma me la cavavo piuttosto bene alle prese con la scacchiera. Sapevo come muovermi e dentro di me maturava la convinzione che me la sarei cavata altrettanto egregiamente se avessi dovuto svolgere un'indagine a proposito di un crimine.
Un giorno fui talmente avventata da menzionare la mia sensazione con la signora Gloria Green, la quale fu tuttavia ben più sfrontata di me nell'osservare: «Sono convinta che presto avrete quello che desiderate.»
Non compresi la sua soluzione.
«A cosa vi riferite?»
«A quello che abbiamo intorno, Miss Crystal» sentenziò Gloria. «Non vedete?»
Scossi la testa.
«No e, onestamente, non capisco che cosa dovrei vedere» replicai. «Siamo nella casa di un anziano Lord il quale, è vero, proferisce in continue lamentele a proposito di come i presenti trascorrono il loro tempo. Per esempio, oggi stesso si è lamentato del fatto che il signor Norman stesse "perdendo tempo suonando il violino, con il quale disturba la quiete pubblica", così come della bruttezza dell'ultimo quadro della signora Charlotte, ma non ha certo minacciato di diseredarli. Anche la signorina Alice e la signora Alexandra non rispettano i suoi rigidi dettami, eppure si comporta in maniera piuttosto diplomatica con loro. Certo, si lamenta di avere tutti qui presenti, ma non si può dire che abbia raggiunto un punto di non ritorno. Finché non verrà fuori il temibile discorso del testamento, non ci sarà nulla di cui preoccuparsi.»
«Per caso conoscere le sue disposizioni testamentarie?»
«Oh, no di certo. Sono la sua segretaria in azienda, non nella vita. Non mi occupo della sua corrispondenza privata e dei suoi affari che non siano inerenti questioni strettamente lavorative.»
«Meglio così» osservò la signora Gloria Green. «A volte è meglio non essere troppo coinvolti, quando si tratta di lavoro. Più lontana siete da Lord Winterport e più sarà elevata la propria probabilità di salvarvi.»
Obiettai: «Salvarmi da cosa?»
Gloria Green abbassò lo sguardo.
«È meglio non parlarne. Non preoccupatevi di quello che vi ho detto. Spero che la vostra considerazione sia corretta, che nulla suggerisca il delitto imminente. Perché, vedete, non sempre la vittima designata è quella che muore. Vi confesso che ho paura, che potrebbe accadere qualcosa di terribile.»
Non condividevo la sua indole catastrofista. Ero convinta che non vi fossero pericoli alle porte. Eppure, proprio l'indomani, io stessa iniziai ad avvertire la stessa sgradevole sensazione di cui mi aveva parlato la Green. Ritengo doveroso precisarlo, affinché non mi si tacci di incoerenza: è assolutamente vero che avrei desiderato dedicarmi alle indagini a proposito di un crimine, ma questo non significa che fossi una sadica assetata di sangue. Nell'indagine, il cadavere doveva esserci perché quella era la prassi. Poi, se fossimo stati in un libro, era destino che non dovesse più comparire dopo la pagina due, ma doveva per forza fare una fugace apparizione. Il primo fatto, comunque, non provocò alcun cadavere.
Nel primo pomeriggio mi recai in città per conto di Lord Winterport, accompagnata dall'autista, per spedire alcuni telegrammi prima della chiusura dell'ufficio postale. In seguito, mi dedicai ad altre commissioni che mi erano state affidate. Nonostante il Lord fosse stato generoso abbastanza da informarmi che alle diciassette potevo recarmi in una sala da tè a sue spese, decisi di declinare l'invito, affinché potessimo rientrare presso Sadness Garden prima che fosse sera inoltrata. C'era molta nebbia, quel tardo pomeriggio, ed era diventato buio ancora prima del solito. Nonostante non avessi nulla contro le automobili, non mi sentivo a mio agio, specie di sera, lungo quella strada sconnessa che conduceva verso la landa desolata in cui risiedeva Lord Winterport. Trovavo inquietante soprattutto il ponte pericolante che dovevamo attraversare e certo non mi consolarono le parole dell'autista, quando mi informò che c'erano seri pericoli di crollo e che alla fine del mese sarebbero stati eseguiti dei lavori che potessero metterlo in sicurezza. Di lì a fine mese mi auguravo che la faccenda della bomba potesse terminare e di potere tornare presso la casa della signora Freebody. Per quanto trovassi intrigante la vita a Sadness Garden, sapevo che si trattava soltanto di una situazione temporanea. Raggelai quando sentii il ponte oscillare, ma mi dissi che era soltanto suggestione. Infine, per fortuna, lo oltrepassammo e potemmo fare finalmente ritorno alla villa.
Trovai un certo subbuglio. La cameriera Sullivan insisteva con la governante che fosse opportuno chiamare un prete per un'estrema unzione, per poi essere messa a tacere dalla signora Kent: «Non dite sciocchezze! Perfino la Livingstone, che è la più giovane qua dentro, ha capito che tutto ciò che serviva era del bicarbonato per favorire la digestione! Vedrete che Lord Winterport si riprenderà presto!»
Guardai la governante con aria interrogativa, ipotizzando che mi sarebbe stata fatta una descrizione dettagliata dei fatti, ma venni ignorata come se neanche fossi esistita. La Kent era molto presa dai rimproveri nei confronti della Sullivan, tanto che mi rassegnai e andai a chiedere al maggiordomo se per caso avesse avuto modo di origliare qualcosa. Non parve molto imbarazzato, quando mi disse che, per puro caso, aveva sentito Winterport affermare di essere stato vittima di un tentativo di avvelenamento. Il cuore mi rimbalzò nel petto.
«Sul serio?»
«Così dice.»
«E voi, Nolan» chiesi, «Che idea vi siete fatto?»
«Sono un maggiordomo» rispose Nolan. «Il mio compito è aprire la porta e versare il caffè, non espormi su questioni che non mi competono.»
«Avete ragione» osservai, «Siete un uomo saggio. Per fare funzionare il mondo occorre che ciascuno faccia il proprio mestiere. Vi immaginate che degrado ci sarebbe, se all'ora del tè tutti si mettessero a dibattere di politica, sport e misteri dei Maya senza avere conoscenza alcuna su tali argomenti?»
Nolan si limitò ad annuire, per poi allontanarsi. Entrai in soggiorno e non trovai nulla di diverso dal solito, a parte la signora Gloria che anziché giocare a bridge, in disparte leggeva un libro intitolato "La vera storia del faraone Micerino", che probabilmente le era stato prestato dalla signorina Alice. Non vi era un particolare fermento, era plausibile che i presenti non fossero al corrente dei dettagli. Notai la presenza del signor Norman Winterport, il cugino violinista del Lord, che parlava con il signor McKay di uno spettacolo d'Opera. Quest'ultimo faceva occasionali cenni d'assenso, ma non sembrava molto preso da quel discorso. La signora Charlotte, che indossava un abito da lavoro con qualche schizzo di tempera, giocava a bridge insieme alle sorelle Byron e al marito di Alexandra.
Giunse anche il signor Harris, che puntò immediatamente la signora Green. Andò a sedersi accanto a lei e iniziarono a conversare. Li sentii menzionare la Sfinge e le piramidi. Harris avanzò l'ipotesi che tali monumenti fossero stati costruiti da una civiltà extraterrestre.
Gloria Green non era convinta da quella teoria: «Solo perché la nostra è una società in cui i nullafacenti sono la maggioranza, non significa che gli antichi Egizi fossero altrettanto scansafatiche. Magari a quei tempi c'erano architetti che studiavano e lavoravano a grandi progetti, invece di trascorrere il tempo a pensare al poker e al tè delle diciassette.»
Seguì un dibattito a proposito della vita su altri pianeti, che la signora Green non riteneva impossibile a prescindere, tuttavia osservava che non vi erano ragioni per cui creature provenienti dallo spazio dovessero edificare costruzioni monumentali in Egitto.
Era un discorso piuttosto interessante, al quale avrei preso parte, se non avessi avuto preoccupazioni maggiori e se, a causa del discorso stesso, non avessi dovuto metterle da parte. La signora Gloria era la sola con la quale potessi accennare al presunto tentativo di avvelenamento.
Fu necessaria una lunga attesa, nello specifico quando il signor Gabriel McKay domandò al signor Harris se volesse fumare un sigaro.
Costui accettò e si allontanò per prenderne uno, allora andai a prendere in gran fretta il suo posto e mi accomodai accanto a Gloria.
«Cosa leggete, signora Green?»
«Un libro della signorina Alexandra.»
«E lo trovate interessante?»
«Sì, anche se non tanto quanto osservare la natura umana. La osservate anche voi, Miss Crystal?»
Quella domanda mi spiazzava e non ero certa di potere provvedere a una risposta sensata. Però non mi feci spaventare e affermai: «Mi limito a osservare i fatti, senza formulare teorie sulla psiche. I fatti dicono che Lord Winterport sostiene di essere stato vittima di un tentato avvelenamento, ma non vedo alcuna preoccupazione, se non quella di Sullivan, una ragazza di campagna che non sa niente di veleni.»
La signora Green accennò un vago sorriso, o almeno mi parve di vederglielo accennare.
«L'avevo detto che sarebbe accaduto qualcosa.»
«Quindi» osservai, «Il tentativo di avvelenamento è accaduto davvero.»
La signora Green puntualizzò: «È quello che Lord Winterport ha affermato. Sostiene che nel suo tè ci fosse qualcosa. Tuttavia non è possibile dimostrarlo. È andato in cucina, affermando che il tè era guasto, ha chiesto alla cameriera Jackson di buttare giù per il lavello il contenuto della tazza e di lavarla. Mi chiederete come faccia a saperlo... Ebbene, le voci corrono, specialmente quella di Jackson. Ha riferito tutto alla governante parlando con un tono da comizio. Lo sapete come sono fatte queste campagnole che non hanno mai avuto un'adeguata educazione. Si fanno sentire, a meno che, ovviamente, non debbano andare a rintanarsi dentro qualche sgabuzzino insieme allo stalliere.»
A Sadness Garden non vi erano né mucche né cavalli, pertanto non era necessaria la presenza di uno stalliere, ma non smentii Gloria Green. Del resto, in assenza di stallieri, andavano bene anche i giardinieri. Non vi era comunque alcuna ragione per cui fossimo noi a doverci occupare di quello che faceva il personale di servizio nel tempo libero, specie in un simile momento, quindi mi affrettai a tornare al discorso principale.
«Credete che Lord Winterport abbia solo finto che il suo tè fosse stato avvelenato?»
«Credo che non sempre qualcuno abbia motivo di uccidere il Lord» replicò la signora Gloria. «Vedete, tutti i suoi ospiti hanno più da perderci che da guadagnarci, per il momento. Nessuno sembra trovarsi in una situazione di assoluta ristrettezza economica. Non dubito che qualcuno di loro potrebbe pensare di sbarazzarsene per l'eredità, ma non mi sembra una situazione nella quale correre questo rischio sia necessario. Certo, sarebbe molto diverso se, dopo i fatti odierni, Winterport iniziasse a sbandierare ai quattro venti l'intenzione di cacciare o diseredare i suoi parenti. Per questa ragione sono dubbiosa: non mi sembra molto plausibile che, nella sala da pranzo, al cospetto di tutti i presenti, qualcuno gli abbia messo del veleno nella tazza. Sarebbe stato troppo pericoloso. Tuttavia, perché fingere? In questo modo potrebbe istigare qualcuno che si vede in pericolo a procedere con un vero avvelenamento, al quale magari non aveva neanche pensato. Meglio non risvegliare il cane che dorme. Eppure, è esattamente quello che sta facendo Lord Winterport, se è come ho ipotizzato.»
Le considerazioni di Gloria Green erano piuttosto interessanti, dovevo ammetterlo, e mi dispiaceva non averci pensato. Forse, non essendo stata presente al momento dei fatti, mi mancava qualche elemento fondamentale. Mi dissi che non dovevo dubitare delle mie capacità, che sarei stata in grado di risolvere un mistero, se si fosse presentata la necessità.
Per il momento potevo solo attendere. Non mi sarei mai azzardata a trattare l'argomento "tentato avvelenamento" con Lord Winterport, l'indomani, a meno che non introducesse l'argomento. Quello, tuttavia, era un pensiero rivolto a un futuro che, per quanto imminente, era di fatto ancora molto lontano. Il Lord aveva intenzione di spiazzarci tutti. Mandò a riferire il messaggio che noi dipendenti dell'azienda, quella sera, invece di cenare in cucina, avremmo dovuto unirci a lui e ai suoi parenti. Pareva che il bicarbonato avesse funzionato e non accusasse più i disturbi che gli erano stati procurati dalla sorsata di tè che aveva bevuto quel pomeriggio alle diciassette in punto, o che almeno si fossero molto affievoliti. Non vedevo l'ora di scoprire cosa avesse in mente.