"Capitano Danko, a lei la parola."
Il Capitano Murdock Danko si alzò dalla sedia, i suoi movimenti calmi e misurati come sempre. La sua figura, alta e imponente, si stagliava di fronte alla lunga tavola dell'assemblea, un punto fermo in mezzo al mormorio dei generali e degli ufficiali. Danko sistemò le buste sigillate sul tavolo, ognuna contenente le informazioni sui membri che aveva selezionato per la missione.
"Lasciate che vi presenti i membri della squadra," iniziò Danko, la sua voce bassa ma autoritaria. "Ogni fascicolo che vedete davanti a voi è l'immagine della loro abilità. Ognuno di loro è stato scelto per una ragione precisa."
Sollevò il primo fascicolo e lo spinse verso il centro del tavolo, sotto lo sguardo degli alti ufficiali.
"Il Caporale Louis Powell," lesse, con un accento di orgoglio nel tono. La fotografia ritraeva un giovane di origini africane. Un sorriso largo gli solcava il viso. "Giovane, ma non per questo meno capace. È stato scelto per la sua agilità e la sua velocità, abilità che lo hanno reso una promessa tra le fila dell'esercito. Ma io voglio menzionare anche la sua ammirevole determinazione e dedizione alla missione."
Danko lasciò che il silenzio per un momento riempisse la stanza. I suoi occhi scorsero sugli ufficiali, per misurarne le reazioni.
"Proseguiamo con il Tenente Jack Krasser," continuò, sollevando il secondo fascicolo. La fotografia mostrava un uomo imponente dal volto sfigurato, ma ciò che incuteva più timore era il suo sguardo, gelido e imperturbabile. "Un uomo che non ha bisogno di presentazioni. Nato in Russia, ma la sua fedeltà è tutta per questo esercito. Un veterano della guerra, con cicatrici che raccontano storie a cui pochi crederebbero. Lo conosco sin dai tempi in cui entrambi eravamo soldati semplici. Non esiste uomo migliore per accompagnarmi in questa missione."
Gli ufficiali approvarono con muti cenni della testa, e Danko si spostò sul prossimo fascicolo.
"Il Sergente Zeke Becker," pronunciò Danko con solennità, lasciando che il nome risuonasse nella stanza. Nella fotografia, il giovane uomo appariva avvolto da un alone di mistero. Il volto era coperto da un balaclava che celava i lineamenti, rivelando solo un paio di occhi di un verde profondo. "Un uomo che parla poco, ma le cui azioni parlano per lui. Silenzioso, letale, e preciso. Ogni missione a lui assegnata si è conclusa con successo, sempre con un’efficienza impeccabile. Il suo punto di forza consiste nell'abilità con cui si muove, pensa e agisce."
Danko fece una pausa, i suoi occhi scivolando di nuovo sugli ufficiali, notando le espressioni di approvazione miste a diffidenza. La parte più difficile stava per arrivare.
"Adesso," disse, il tono che si fece più grave, "voglio presentarvi le mie scelte fuori dall'esercito. I fratelli Kurt."
Sul tavolo giacevano due fascicoli distinti, ciascuno con il nome di uno dei gemelli, Anton e Rustin. Danko guardò per un momento le loro immagini, osservando i due uomini dagli sguardi taglienti e i lineamenti duri. La stanza, che fino a quel momento era rimasta silenziosa e attenta, divenne improvvisamente più tesa.
"I fratelli Kurt," ripeté, con un accento di freddezza nella voce. "I migliori mercenari che il denaro possa comprare. Spietati, senza scrupoli, e con un'unica motivazione: il profitto. Non sono ben visti da molti di voi, ne sono consapevole," continuò, incontrando lo sguardo degli ufficiali più anziani, "ma riconosciamo tutti la loro abilità. Sono gli esperti assoluti quando si tratta di sopravvivere nelle zone contaminate, dove le orde di zombie non danno tregua. Non sono il tipo di uomini con cui ci si allea volentieri, ma se vogliamo avere una speranza di successo, è con loro che dovremo andare."
Un mormorio si levò tra gli ufficiali. Il colonnello Harding, il più anziano e rispettato tra i presenti, fu il primo a parlare, con un tono severo.
"Mercenari, Capitano?" sbottò. "Non possiamo affidarci a questi rifiuti. Sono solo in cerca di denaro. Non hanno alcuna lealtà, alcun codice. Non possiamo mettere la missione nelle mani di chi non ha niente da perdere, tranne il proprio guadagno."
Anche il generale Brown, seduto accanto a Harding, si fece sentire. "Abbiamo visto come agiscono i mercenari. La loro lealtà si compra facilmente. Cosa ci assicura che non abbandonino la squadra al primo segno di difficoltà? O peggio ancora, che non ci tradiscano? Non possiamo rischiare di mettere il destino dell’intera umanità nelle mani di uomini così... inaffidabili."
Il Capitano Danko mantenne la sua calma, ma una scintilla di determinazione brillò nei suoi occhi. Si sporse leggermente in avanti, mettendo le mani sul tavolo con un gesto che non lasciava spazio a dubbi.
"Ne sono consapevole, Colonnello, Generale. Comprendo la vostra preoccupazione. Ma non siamo qui a parlare di ideali. Siamo qui per fare in modo che questa missione abbia successo. Se dobbiamo attraversare la zona contaminata, dobbiamo essere pronti a prendere decisioni difficili. E queste due persone," fece un gesto verso i fascicoli dei fratelli Kurt, "sono le uniche in grado di garantire che ci arriviamo vivi. Non posso promettervi che non ci tradiranno, ma posso promettervi che senza di loro, la missione fallirà prima ancora di iniziare."
Il mormorio tra gli ufficiali aumentò, ma questa volta non ci furono altre obiezioni. Danko aveva fatto la sua scelta, e sebbene gli ufficiali non fossero felici di dover accettare quella realtà, sapevano che l'ultima parola sarebbe spettata al Capitano.
"Non è una scelta facile," continuò Danko, il suo sguardo fisso su ogni volto presente. "Ma è quella che ci offre la miglior probabilità di riuscita. A volte, signori," concluse con voce più bassa, "la guerra ci costringe a fare alleanze che non avremmo mai voluto. Ma se vogliamo sopravvivere, dobbiamo essere disposti a fare ciò che è necessario."
L’assemblea rimase in silenzio, ma la tensione era palpabile. Non c'era nessuna approvazione, ma nessuna opposizione apertamente dichiarata. La decisione era stata presa. Ora non restava che sperare che fosse quella giusta.
Il Capitano Danko proseguì, passando all’ultimo candidato, ma questa volta il suo sguardo tradiva qualcosa di diverso. Non si trattava di un’emozione evidente, ma di una determinazione più profonda. Con un movimento deciso, posò il suo fascicolo sul tavolo, al centro della lunga tavola di legno. Gli occhi degli ufficiali seguirono il gesto, ma il fascicolo che Danko aveva davanti a sé era diverso dagli altri. Non c’era una fotografia sulla copertina, né una descrizione che risaltasse tra le righe. Solo un nome.
"Shoshanna Hannes," disse. La sua voce era carica di un peso che nessuno dei presenti avrebbe potuto ignorare.
Gli ufficiali si scambiarono sguardi rapidi. Nessuno sembrava capire. Quel nome non aveva alcun peso per loro. Non era quello di un ufficiale, né di un soldato degno di nota.
"Shoshanna Hannes ricopre un incarico che molti di voi probabilmente conoscono...," proseguì Danko. “...ovvero quello di spazzino.”
I presenti si scambiarono sguardi silenziosi, tra il confuso e l'intrigato, anche se il colonnello Harding e il generale Brown sembravano più irritati dalla notizia. Danko lasciò che la parola "spazzino" risuonasse nella stanza per qualche secondo, come per farla sedimentare, prima di continuare.
"Ogni giorno, Shoshanna si occupa di ripulire le mura della città dalle carcasse degli zombie. Si addentra tra le orde che infestano i confini, recupera oggetti utili, e dà il colpo di grazia a quelli che ancora respirano. Un lavoro solitario, rischioso, fatto tra i cadaveri, dove il pericolo è costante e la morte può arrivare in qualsiasi momento. Ma lo fa, e lo fa senza paura."
Una smorfia di disapprovazione passò sul volto del Colonnello Harding, e il Generale Brown sbuffò, visibilmente infastidito. "Uno spazzino? Capitano, davvero? E per giunta una donna. Stiamo parlando solo di un'ombra tra i rifiuti della città, e ora pensate di inserirla in una missione di questa importanza?"
Danko sollevò la mano, interrompendo la protesta con la sua calma solita. "Shoshanna Hannes è unica. E, sebbene non sia un soldato, ha una caratteristica che nessun altro ha..."
Un brusio attraversò la stanza. Gli ufficiali si scambiarono degli sguardi increduli.
"Una caratteristica che nessun altro ha?" chiese il generale Brown, ironico. "Cosa potrebbe mai avere di così speciale uno spazzino che possa fare al caso nostro?"
Danko non sembrò colpito dalla provocazione. "Shoshanna è... diversa," disse, il suo tono più basso, ma fermo. "Lei è... affetta dal morbo."
Questa volta, la stanza esplose in un mormorio generale. Il Capitano Danko rimase impassibile mentre gli ufficiali si guardavano, alcuni con incredulità, altri con disagio evidente. Non si aspettava reazioni facili, e per un attimo permise al caos di esplodere.
“Avevo sentito parlare di una donna affetta dal morbo, una mezza zombie, che viveva nei bassifondi della città, ma pensavo fossero solo delle dicerie...”
“La mezza zombie di cui tutti parlano è questa donna?”
"Capitano, non possiamo portare una donna infetta nella nostra squadra!" sbottò Harding, la voce piena di rabbia. "Se quello che si dice è vero, è un rischio insostenibile! Che garanzie abbiamo che non diventi una di loro?"
"Nessuna Colonnello, ma la sua condizione la rende indispensabile quanto i fratelli Kurt," rispose Danko, imperturbabile come sempre. "Shoshanna è immune. Le infezioni, i morsi, tutto ciò che farebbe impazzire un uomo normale non la tocca. E se la missione fallisce, se non dovessimo farcela... lei sarà l’unica che potrà attraversare le orde, indisturbata, e consegnare il prototipo del vaccino al centro di ricerca."
Gli ufficiali rimasero in silenzio per un istante, ma il disprezzo era palpabile. Harding scosse la testa, quasi sconvolto. "Capitano, se dovesse trasformarsi nel bel mezzo di quella missione, cosa accadrà? La sua... natura è un tempo che gioca contro di noi."
"Sì," rispose Danko, "la sua condizione è un rischio. Ma senza di lei, non abbiamo speranze di attraversare quelle terre infestate. Nessun altro ha l’immunità che Shoshanna possiede. Abbiamo bisogno di lei."
Un lungo silenzio seguì, mentre gli ufficiali riflettevano su quelle parole. Danko sapeva che nessuno di loro avrebbe accettato facilmente la sua decisione. Ma la realtà era chiara: se c’era una possibilità di successo, Shoshanna era l’unica che poteva dare quella possibilità.
Il generale Brown parlò, ma la sua voce era più bassa, come se stesse accettando la realtà dei fatti, ma a malincuore. "Non è certo la soluzione che avremmo scelto, ma non possiamo ignorare quello che dice, Capitano. Se davvero non c’è altra scelta..."
Danko fece un cenno di assenso. Il suo volto era rigido, controllato, ma i suoi occhi brillavano di speranza "Shoshanna Hannes sarà parte della squadra. Non è un soldato, non è una combattente, ma è indispensabile per questa missione. E se tutto andrà male, solo lei potrà finire il lavoro."
Il Capitano Murdock Danko si alzò dalla sedia, i suoi movimenti calmi e misurati come sempre. La sua figura, alta e imponente, si stagliava di fronte alla lunga tavola dell'assemblea, un punto fermo in mezzo al mormorio dei generali e degli ufficiali. Danko sistemò le buste sigillate sul tavolo, ognuna contenente le informazioni sui membri che aveva selezionato per la missione.
"Lasciate che vi presenti i membri della squadra," iniziò Danko, la sua voce bassa ma autoritaria. "Ogni fascicolo che vedete davanti a voi è l'immagine della loro abilità. Ognuno di loro è stato scelto per una ragione precisa."
Sollevò il primo fascicolo e lo spinse verso il centro del tavolo, sotto lo sguardo degli alti ufficiali.
"Il Caporale Louis Powell," lesse, con un accento di orgoglio nel tono. La fotografia ritraeva un giovane di origini africane. Un sorriso largo gli solcava il viso. "Giovane, ma non per questo meno capace. È stato scelto per la sua agilità e la sua velocità, abilità che lo hanno reso una promessa tra le fila dell'esercito. Ma io voglio menzionare anche la sua ammirevole determinazione e dedizione alla missione."
Danko lasciò che il silenzio per un momento riempisse la stanza. I suoi occhi scorsero sugli ufficiali, per misurarne le reazioni.
"Proseguiamo con il Tenente Jack Krasser," continuò, sollevando il secondo fascicolo. La fotografia mostrava un uomo imponente dal volto sfigurato, ma ciò che incuteva più timore era il suo sguardo, gelido e imperturbabile. "Un uomo che non ha bisogno di presentazioni. Nato in Russia, ma la sua fedeltà è tutta per questo esercito. Un veterano della guerra, con cicatrici che raccontano storie a cui pochi crederebbero. Lo conosco sin dai tempi in cui entrambi eravamo soldati semplici. Non esiste uomo migliore per accompagnarmi in questa missione."
Gli ufficiali approvarono con muti cenni della testa, e Danko si spostò sul prossimo fascicolo.
"Il Sergente Zeke Becker," pronunciò Danko con solennità, lasciando che il nome risuonasse nella stanza. Nella fotografia, il giovane uomo appariva avvolto da un alone di mistero. Il volto era coperto da un balaclava che celava i lineamenti, rivelando solo un paio di occhi di un verde profondo. "Un uomo che parla poco, ma le cui azioni parlano per lui. Silenzioso, letale, e preciso. Ogni missione a lui assegnata si è conclusa con successo, sempre con un’efficienza impeccabile. Il suo punto di forza consiste nell'abilità con cui si muove, pensa e agisce."
Danko fece una pausa, i suoi occhi scivolando di nuovo sugli ufficiali, notando le espressioni di approvazione miste a diffidenza. La parte più difficile stava per arrivare.
"Adesso," disse, il tono che si fece più grave, "voglio presentarvi le mie scelte fuori dall'esercito. I fratelli Kurt."
Sul tavolo giacevano due fascicoli distinti, ciascuno con il nome di uno dei gemelli, Anton e Rustin. Danko guardò per un momento le loro immagini, osservando i due uomini dagli sguardi taglienti e i lineamenti duri. La stanza, che fino a quel momento era rimasta silenziosa e attenta, divenne improvvisamente più tesa.
"I fratelli Kurt," ripeté, con un accento di freddezza nella voce. "I migliori mercenari che il denaro possa comprare. Spietati, senza scrupoli, e con un'unica motivazione: il profitto. Non sono ben visti da molti di voi, ne sono consapevole," continuò, incontrando lo sguardo degli ufficiali più anziani, "ma riconosciamo tutti la loro abilità. Sono gli esperti assoluti quando si tratta di sopravvivere nelle zone contaminate, dove le orde di zombie non danno tregua. Non sono il tipo di uomini con cui ci si allea volentieri, ma se vogliamo avere una speranza di successo, è con loro che dovremo andare."
Un mormorio si levò tra gli ufficiali. Il colonnello Harding, il più anziano e rispettato tra i presenti, fu il primo a parlare, con un tono severo.
"Mercenari, Capitano?" sbottò. "Non possiamo affidarci a questi rifiuti. Sono solo in cerca di denaro. Non hanno alcuna lealtà, alcun codice. Non possiamo mettere la missione nelle mani di chi non ha niente da perdere, tranne il proprio guadagno."
Anche il generale Brown, seduto accanto a Harding, si fece sentire. "Abbiamo visto come agiscono i mercenari. La loro lealtà si compra facilmente. Cosa ci assicura che non abbandonino la squadra al primo segno di difficoltà? O peggio ancora, che non ci tradiscano? Non possiamo rischiare di mettere il destino dell’intera umanità nelle mani di uomini così... inaffidabili."
Il Capitano Danko mantenne la sua calma, ma una scintilla di determinazione brillò nei suoi occhi. Si sporse leggermente in avanti, mettendo le mani sul tavolo con un gesto che non lasciava spazio a dubbi.
"Ne sono consapevole, Colonnello, Generale. Comprendo la vostra preoccupazione. Ma non siamo qui a parlare di ideali. Siamo qui per fare in modo che questa missione abbia successo. Se dobbiamo attraversare la zona contaminata, dobbiamo essere pronti a prendere decisioni difficili. E queste due persone," fece un gesto verso i fascicoli dei fratelli Kurt, "sono le uniche in grado di garantire che ci arriviamo vivi. Non posso promettervi che non ci tradiranno, ma posso promettervi che senza di loro, la missione fallirà prima ancora di iniziare."
Il mormorio tra gli ufficiali aumentò, ma questa volta non ci furono altre obiezioni. Danko aveva fatto la sua scelta, e sebbene gli ufficiali non fossero felici di dover accettare quella realtà, sapevano che l'ultima parola sarebbe spettata al Capitano.
"Non è una scelta facile," continuò Danko, il suo sguardo fisso su ogni volto presente. "Ma è quella che ci offre la miglior probabilità di riuscita. A volte, signori," concluse con voce più bassa, "la guerra ci costringe a fare alleanze che non avremmo mai voluto. Ma se vogliamo sopravvivere, dobbiamo essere disposti a fare ciò che è necessario."
L’assemblea rimase in silenzio, ma la tensione era palpabile. Non c'era nessuna approvazione, ma nessuna opposizione apertamente dichiarata. La decisione era stata presa. Ora non restava che sperare che fosse quella giusta.
Il Capitano Danko proseguì, passando all’ultimo candidato, ma questa volta il suo sguardo tradiva qualcosa di diverso. Non si trattava di un’emozione evidente, ma di una determinazione più profonda. Con un movimento deciso, posò il suo fascicolo sul tavolo, al centro della lunga tavola di legno. Gli occhi degli ufficiali seguirono il gesto, ma il fascicolo che Danko aveva davanti a sé era diverso dagli altri. Non c’era una fotografia sulla copertina, né una descrizione che risaltasse tra le righe. Solo un nome.
"Shoshanna Hannes," disse. La sua voce era carica di un peso che nessuno dei presenti avrebbe potuto ignorare.
Gli ufficiali si scambiarono sguardi rapidi. Nessuno sembrava capire. Quel nome non aveva alcun peso per loro. Non era quello di un ufficiale, né di un soldato degno di nota.
"Shoshanna Hannes ricopre un incarico che molti di voi probabilmente conoscono...," proseguì Danko. “...ovvero quello di spazzino.”
I presenti si scambiarono sguardi silenziosi, tra il confuso e l'intrigato, anche se il colonnello Harding e il generale Brown sembravano più irritati dalla notizia. Danko lasciò che la parola "spazzino" risuonasse nella stanza per qualche secondo, come per farla sedimentare, prima di continuare.
"Ogni giorno, Shoshanna si occupa di ripulire le mura della città dalle carcasse degli zombie. Si addentra tra le orde che infestano i confini, recupera oggetti utili, e dà il colpo di grazia a quelli che ancora respirano. Un lavoro solitario, rischioso, fatto tra i cadaveri, dove il pericolo è costante e la morte può arrivare in qualsiasi momento. Ma lo fa, e lo fa senza paura."
Una smorfia di disapprovazione passò sul volto del Colonnello Harding, e il Generale Brown sbuffò, visibilmente infastidito. "Uno spazzino? Capitano, davvero? E per giunta una donna. Stiamo parlando solo di un'ombra tra i rifiuti della città, e ora pensate di inserirla in una missione di questa importanza?"
Danko sollevò la mano, interrompendo la protesta con la sua calma solita. "Shoshanna Hannes è unica. E, sebbene non sia un soldato, ha una caratteristica che nessun altro ha..."
Un brusio attraversò la stanza. Gli ufficiali si scambiarono degli sguardi increduli.
"Una caratteristica che nessun altro ha?" chiese il generale Brown, ironico. "Cosa potrebbe mai avere di così speciale uno spazzino che possa fare al caso nostro?"
Danko non sembrò colpito dalla provocazione. "Shoshanna è... diversa," disse, il suo tono più basso, ma fermo. "Lei è... affetta dal morbo."
Questa volta, la stanza esplose in un mormorio generale. Il Capitano Danko rimase impassibile mentre gli ufficiali si guardavano, alcuni con incredulità, altri con disagio evidente. Non si aspettava reazioni facili, e per un attimo permise al caos di esplodere.
“Avevo sentito parlare di una donna affetta dal morbo, una mezza zombie, che viveva nei bassifondi della città, ma pensavo fossero solo delle dicerie...”
“La mezza zombie di cui tutti parlano è questa donna?”
"Capitano, non possiamo portare una donna infetta nella nostra squadra!" sbottò Harding, la voce piena di rabbia. "Se quello che si dice è vero, è un rischio insostenibile! Che garanzie abbiamo che non diventi una di loro?"
"Nessuna Colonnello, ma la sua condizione la rende indispensabile quanto i fratelli Kurt," rispose Danko, imperturbabile come sempre. "Shoshanna è immune. Le infezioni, i morsi, tutto ciò che farebbe impazzire un uomo normale non la tocca. E se la missione fallisce, se non dovessimo farcela... lei sarà l’unica che potrà attraversare le orde, indisturbata, e consegnare il prototipo del vaccino al centro di ricerca."
Gli ufficiali rimasero in silenzio per un istante, ma il disprezzo era palpabile. Harding scosse la testa, quasi sconvolto. "Capitano, se dovesse trasformarsi nel bel mezzo di quella missione, cosa accadrà? La sua... natura è un tempo che gioca contro di noi."
"Sì," rispose Danko, "la sua condizione è un rischio. Ma senza di lei, non abbiamo speranze di attraversare quelle terre infestate. Nessun altro ha l’immunità che Shoshanna possiede. Abbiamo bisogno di lei."
Un lungo silenzio seguì, mentre gli ufficiali riflettevano su quelle parole. Danko sapeva che nessuno di loro avrebbe accettato facilmente la sua decisione. Ma la realtà era chiara: se c’era una possibilità di successo, Shoshanna era l’unica che poteva dare quella possibilità.
Il generale Brown parlò, ma la sua voce era più bassa, come se stesse accettando la realtà dei fatti, ma a malincuore. "Non è certo la soluzione che avremmo scelto, ma non possiamo ignorare quello che dice, Capitano. Se davvero non c’è altra scelta..."
Danko fece un cenno di assenso. Il suo volto era rigido, controllato, ma i suoi occhi brillavano di speranza "Shoshanna Hannes sarà parte della squadra. Non è un soldato, non è una combattente, ma è indispensabile per questa missione. E se tutto andrà male, solo lei potrà finire il lavoro."