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Autore: Padme92    20/11/2024    0 recensioni
Una brave fiaba su un coniglio avventuroso che parte alla ricerca della mitica Montagna Incantata e che durante il viaggio farà molti incontri. Racconto breve che scrissi anni fa per un concorso.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Montagna Incantata
 


 
Un coniglio molto avventuroso procedeva a balzi per il prato, lontano dalla sua casa, prima ancora del sorgere del sole. Aveva improvvisamente deciso di partire per un viaggio, e dirigersi alla famosa Montagna Incantata: si diceva infatti che là gli alberi non fossero fatti di legno, bensì di carote!
Durante il mattino, mentre saltellava nei pressi di una pozza d’acqua, notò un topolino intento a lavarsi il musino. Anche il nostro signor Coniglio decise allora di immergere un attimo le zampine nell’acqua fresca, prima di rimettersi in cammino. Mentre si avvicinava, il topolino esordì gioviale: “Buongiorno signor Coniglio. Come mai da queste parti?”
“Ho intrapreso un viaggio, proprio all’aurora di questo giorno. Voglio raggiungere la Montagna Incantata.” rispose cortese il coniglio.
“Oh, beato Lei!” commentò il topolino “Sa, anche a me piacerebbe andarmene un po’ a spasso. La signora Topolina stamattina ha un diavolo per la coda, e ho sentito dire che su quella montagna le pareti delle tane sono fatte di formaggio, in pratica la terra è un gruviera!”
“Ma dice davvero? Allora venga pure, signor Topolino!” lo invitò il coniglio con garbo, “In viaggio con me c’è sempre posto, mi fa piacere un po’ di compagnia.”
Il topo accettò di buon grado. I due presero così il sentiero sassoso che portava verso il bosco. Era risaputo infatti che la Montagna Incantata si trovasse oltre la prateria, al di là del bosco, e dall’altra parte del fiume. Quando arrivarono all’ingresso della folta macchia di alberi, un gufo stava dormendo al riparo del suo tronco-casa, ma un picchio iniziò a costruirsi pure lui una casa, proprio sullo stesso tronco. Il gufo quindi si svegliò improvvisamente e, molto innervosito, gli sbottò contro: “Signor Picchio! E’ mezzodì! Può fare un po’ di silenzio, per favore?”
Il coniglio e il topolino osservarono la scena, poi si rivolsero al gufo: “Signor Gufo! Le andrebbe di venire con noi fino alla Montagna Incantata?”
Gli sarebbe stato infatti assai utile qualcuno di  vedetta!
Il gufo valutò un attimo l’offerta e poi accettò: “Va bene, vengo. Ormai sono sveglio, tanto vale che mi vada a trovare un posto più tranquillo per riposare. Si dice in giro che su quella montagna i pini siano talmente alti da grattare il cielo!”
Così i tre viaggiatori si inoltrarono insieme nel fitto del bosco. Non passò molto tempo che fecero un nuovo incontro in quest’ambiente sinistro: un cerbiatto dal passo leggero stava fermo a scrutare curioso nella loro direzione già da un po’. Fu il gufo il primo ad accorgersene.
“Salve, signor Cervo. Quali nuove dall’interno?” domandò, cortese.
“Come sempre, signor Gufo, i cervi si danno battaglia per conquistare le femmine. Mi sento sempre fuori posto dinanzi a questi patetici spettacoli.”
“Capisco, signor Cervo! Che ne direbbe allora di unirsi al nostro viaggio verso la Montagna Incantata?” chiese dunque il gufo, incontrando lo sguardo di approvazione del coniglio.
“La Montagna Incantata? Davvero andate lì?” domandò il giovane cervo con interesse.
“Certamente. Si narra che da essa nasca un ruscello dai colori dell’arcobaleno, che non va mai in secca!”
“Sembra davvero splendido.” disse il cervo, “Mio nonno mi raccontava che lì non ci sono strade battute dagli umani, e ogni sentiero è ricoperto di miriadi di quadrifogli!”
Così, pieni di entusiasmo e di speranza, i quattro compagni marciarono con baldanza attraverso un’impervia pineta ricoperta di aghi di pino, dove ogni piccolo rumore riecheggiava sinistro nell’aria. Verso l’ora di cena il piccolo gruppo stravagante raggiunse finalmente l’uscita di quel labirinto, e, chi a saltelli, chi a piccoli voli, chi a passettini, si mossero tutti insieme verso la riva del fiume.
Il fiume era largo e pieno, ma un’oca selvatica lo solcava starnazzando e infilando ogni tanto il lungo collo nell’acqua, nel tentativo di pescare un pesciolino.
“Signora Oca!” gridò questa volta il topolino, per attirarne l’attenzione. Ma l’oca sembrò non sentire.
“Signora Oca!” urlarono allora in coro i quattro viandanti.
“Signori miei!” rispose l’oca, presa di sorpresa “Non occorre fare tanto chiasso, mi spaventate i pesci!”
Tra la compagnia qualcuno ridacchiò, mentre qualcun altro sbuffava.
“Dobbiamo guadare il fiume. Non avrebbe da consigliarci qualche punto in cui sia più facile?”
L’oca rispose entusiasta che, sì, certamente poteva, e mentre li invitava a seguirli aggiunse: “Ma dite un po’, non starete mica andando alla Montagna Incantata?”
“Esattamente!” rispose il cerbiatto, mentre il gufo era già arrivato sull’altra sponda.
“Si dà il caso che ci sia diretta anch’io: ho sentito dire che, lassù, trote e alborelle piovono dal cielo quando è brutto tempo! Se vi fa piacere, potremmo proseguire insieme d’ora in avanti, non dovrebbe mancare molto.”
I quattro animali, innalzando gli occhi al cielo senza farsi vedere, accolsero l’oca tra di loro.
“Benissimo allora!” decretò il coniglio, sentendosi di diritto il leader del gruppo “Continuiamo con pazienza fino alla fine, amici miei. Ormai si sta facendo buio, ma se proseguiamo ancora, per l’alba saremo sicuramente arrivati.”
Con buona volontà, anche se un po’ stanchi, tutti ripresero la marcia incitandosi a vicenda. Ridevano, chiacchieravano, scherzavano con l’oca… ormai erano un gruppo affiatato e chiassoso che non poteva certo non attirare l’attenzione.
Tuttavia l’ultimo tratto di strada si rivelò ben presto non essere affatto breve.
Nei loro occhi la Montagna brillava come un incanto, e il loro cuore gioiva all’idea di scoprire tesori inenarrabili. Più andavano avanti, e più animali incontravano, e ognuno di loro che si mettesse in viaggio con la stessa meta finale in mente, scopriva che la fatica era dimezzata dal fatto che la compagnia era piacevole. Ogni nuovo elemento aveva un particolare incredibile da aggiungere alla descrizione della mitica Montagna Incantata. Nessuno riusciva a comprenderlo fino in fondo, ma tutti lo sentivano: più andavano avanti, e il più tardi possibile desideravano giungere a destinazione. L’ansia degli addii può rischiare di procrastinare il finale, al punto da rifiutarsi di riconoscerlo.
“Riesco a vedere la cima!” gridò ad un tratto l'oca, e iniziò a starnazzare dalla contentezza. Tutti gli altri animali levarono versi di eccitazione: la rana gracchiava saltellando follemente di qua e di là, il puledro nitriva scalpitando felice, la marmotta faceva udire fischi tali da trapanare i timpani, il coniglio zigava battendo lo zampino posteriore... Una baraonda variegata che saliva sempre più verso il cielo, trepidante d'attesa.
E fu così che i viandanti raggiunsero la cima della montagna che si stagliava loro davanti. Tuttavia essa non era ricoperta di alberi di carote, sentieri di quadrifogli, pini come grattacieli. Tutti si guardarono attorno speranzosi, ma non c'era un bel niente di tutto ciò: sul picco estremo del colle, tutto quel che rimaneva da vedere erano solo chilometri e chilometri di paesaggio in ogni direzione.
“Riesco quasi a vedere casa mia!” esclamò il gufo.
“Impossibile,” lo contraddisse il cerbiatto “Io non riconosco il bosco in cui sono nato.”
Nel giro di poco tempo nacquero un’enorme quantità di discussioni e commenti, che si sovrapponevano, e prendevano anche toni coloriti, fino a che il coniglio, il quale era rimasto in silenzio a guardare affascinato il panorama dietro e davanti a sé, con buonsenso prese la parola.
“Amici miei!” cominciò, reclamando implicitamente il silenzio. Tutti tacquero e si misero in ascolto, chi irritato, chi triste, chi stupito. Alcuni desideravano delle spiegazioni, altri cercavano una scusa per proseguire il viaggio: “Siamo nel posto sbagliato!” avevano detto. In ogni caso erano interessati a sapere cosa aveva da dire il coniglio, colui che aveva dato inizio a questa impresa leggendaria. E il coniglio parlò così:
“Amici miei, vecchi e nuovi compagni! Vedete bene che, forse, non siamo giunti ancora alla nostra tanto decantata montagna, ma io ho come la sensazione che un incantesimo si stia comunque spezzando. Non stiamo più guardando avanti: ci siamo voltati indietro. E nel farlo io ho sentito una grande nostalgia afferrarmi dentro. Perciò me ne torno a casa, dopotutto non c’è nulla qui che mi trattenga. Forse, però, è valsa la pena di fare tanta strada alla fine: ho trovato infatti molte cose da portare via con me, sebbene queste non si possano vedere con gli occhi.”
Poi, guardandoli uno ad uno, disse: “Penso capiate cosa intendo.”
Tutti gli animali lo guardavano, silenziosi e tristi, senza il coraggio di dire quello che temevano, ma erano sicuri di sentirsi dire. Sapevano infatti che il coniglio aveva ragione: la magia era nei loro cuori, non nella montagna. E forse la Montagna Incantata esisteva davvero, o forse no. Ma tutti, o quasi, almeno una volta nella vita, tentano un viaggio fino ad una montagna che incanta. E è questo quello che importa veramente: il viaggio. L'amicizia.
“Non c’è bisogno di dire addio.” disse loro il coniglio, comprensivo. “Un grazie basterà.” Poi fece per andarsene e, con coerenza, aggiunse solo: “Grazie di aver viaggiato con me.”
   
 
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