«Come fai a sapere come faccio di cognome?»
Ero distesa su un lettino, la stanza emanava un forte odore di disinfettante e stavo attendendo i risultati della radiografia. Axel fischiettava a tempo di musica senza prestarmi molta attenzione. Quella domanda sembrò destarlo dai suoi pensieri.
«Come?»
«In auto mi hai chiamato piccola Scott. Non mi ricordo di avertelo mai detto.»
«Be', sei la sorella di William Scott. È stato piuttosto facile informarmi su di te.» E mi squadrò dalla testa ai piedi per poi affermare con un certo tono divertito: «sei piuttosto bassa ma hai i suoi occhi.»
Dal modo in cui lo disse non doveva trattarsi di certo di un complimento. C'era una nota di disprezzo che non passò di certo inosservata. «Hai fatto ricerche su di me?»
La cosa mi lasciò piuttosto basita,
Axel invece fece un cenno con la testa come se non gli creasse alcun imbarazzo ammettere di aver agito da stalker.
«E come mai?»
La porta si aprì. «Nulla di rotto per fortuna, ma signorina Scott lei ha preso una brutta slogatura. Inoltre anche i risultati del sangue non sono buoni. Lo sa di essere anemica, giusto?»
Ci mancava solo essere rimproverata adesso. «Li prende gli integratori regolarmente?»
Come avevo anticipato già dal primissimo capitolo, non avevo una memoria particolarmente efficiente. «Si.» mentii mentre sentivo il bisogno di virare la conversazione altrove. I problemi di salute non si addicevano ad un'aspirante supereroina. «Per il polso quindi che cosa faccio?»
«Il dottore le dovrà prescrivere degli antinfiammatori. Inoltre le fasceremo la mano per impedire eccessivi movimenti. Domande?»
«Quanto durerà il gonfiore?»
«Almeno un paio di giorni. È stato un brutto trauma.»
Il suo sguardo corse da me al ragazzo seduto sullo sgabello accanto al letto, che si girava e rigirava sbadigliando in continuazione. Era evidente che non ce la facesse più e voleva soltanto tornarsene a casa. «Nel frattempo il suo ragazzo che ne dice di farsi curare le ferite? Guardi che bisogna metterle dei punti lì.» Ed indicò con un cenno le nocche spaccate ricoperte di sangue.
«Non è il mio ragazzo!» Mi affrettai a rispondere allora. L'infermiera sospirò. «Lo sapete vero che vi sto facendo un favore immenso non chiamando i vostri genitori?»
«Axel.» Lo spronai allora allarmata. Se i miei genitori fossero venuti a sapere di quanto accaduto stasera allora potevo dire addio alle mie amiche, ai pigiama party, a tutto. «Fatti medicare la ferita.»
Lo sentii sbuffare ma alla fine cedette più facilmente di quanto avessi creduto. «Seguimi pure.»
Lui si voltò un attimo, incerto se andare oppure restare. «Tanto mio fratello sarà qui a momenti...»
Ed era meglio se non ti trovava qui.
Dovette leggermi nel pensiero perché senza dire una parola seguì l'infermiera e sparì dalla stanza, lasciandomi sola in uno spazio piccolo e sormontato da tendine che creavano un separé con quelli che dovevano essere gli altri pazienti. Peccato che al momento mi trovassi da sola, a fischiettare un motivetto con le labbra e a guardare il bianco soffitto incrostato chiedendomi in che pasticci mi fossi appena cacciata. Che cosa diavolo avrei detto a William una volta arrivato?!
«Emily Juliet Scott!»
Parlando del diavolo...
Uno dei due aprì la porta cautamente e l'altro si lanciò dentro come una saetta, guardandosi attorno esasperando i movimenti mentre cercava qualcosa che sapevo non avrebbe mai trovato. «Dov'è?»
La calma non era uno dei tratti distintivi del mio gemello. Invece Derek avanzò senza dire una parola fino ad arrestarsi di fronte al letto. Il suo sguardo cadde immediatamente sulle mie braccia tenute conserte sul grembo.
«Dov'è chi?» Finsi di non capire mentre la mia attenzione volava dall'uno all'altro cercando di decifrarne i sentimenti. William andava avanti e indietro per la stanza, analizzando ogni impronta, controllando all'interno di ogni armadietto, abbassandosi addirittura per assicurarsi non ci fosse nessuno sotto al letto. Era fuori di sé.
Derek invece non mi aveva neanche guardato negli occhi e quando sollevò l'impacco di ghiaccio, scrutò con attenzione la ferita. Ebbi conferma che fosse parecchio in collera nel momento in cui vidi la vena sulla fronte ingrossarsi. Gli succedeva sempre quando era arrabbiato.
«Come ti viene in mente di scappartene così con un tipo che nemmeno conosciamo?» Era stato sempre Will a parlare.
«Non sono scappata...»
Che ne potevo sapere io che sarei stata rapita nella mia stessa casa, con una cinquantina di persone presenti mentre ero in uno stato di incoscienza? «Ah no? E come ci sei finita in ospedale?!»
«Be' io...» Avrei dovuto trovare una scusa e anche in fretta. Derek aveva appena alzato il suo sguardo e adesso finalmente quelle iridi smeraldine incrociavano le mie. Intanto ero sicura che per come Will stesse urlando, anche da fuori si sentisse tutto. Chissà se nel corridoio lui e Axel si erano incrociati di sfuggita...
Mi schiarii la voce. «Come sta l'altro ragazzo?»
«Di chi altro ragazzo stai parlando?» Era stato Derek a parlare, questa volta con un tono così basso da far venire i brividi. Non ricordavo di averlo mai visto così serio in vita mia. «Di quello che perdeva sangue...» evitando chiaramente di usare termini come stramazzato al suolo, picchiato a sangue e brutalmente tramortito anche se forse sarebbero stati i più appropriati per descriverlo.
«Emily, una ragazza è venuta da noi in lacrime dicendo che qualcuno ti stava facendo del male, e quando siamo corsi sopra a controllare non abbiamo trovato nessuno. Solo una finestra aperta e una chiazza di sangue sul tappeto. Hai idea di quanto ci siamo spaventati?»
Non aveva alzato la voce, non si era messo a strillare e non aveva fatto scenate ma onestamente l'avrei preferito mille volte a quella angosciosa serietà con cui ebbe la capacità di farmi sentire in colpa, anche se ero consapevole di essere l'unica vittima di quella storia.
William si portò le mani al viso e si gettò stremato su una sedia. Aveva il fiato corto, probabilmente dovevano essersi fatti i corridoi dell'ospedale di corsa. Anche Derek era molto sudato. «Adesso,» suonava già come una minaccia «puoi dirci cosa diavolo ti è successo?»
Gli raccontai per filo e per segno quanto accaduto; che ero entrata nella stanza di William, il mio intervento e poi il momento in cui... in realtà mentii affermando che presa dal panico, avevo implorato di essere portata in ospedale.
«E perché diavolo non hai aspettato me?» Will si era alzato nuovamente per urlarmi contro. Si fece più vicino ma quando provò a fronteggiarmi, Derek si frappose tra di noi. Per quanto fossi abituata a discuterci e a litigarci, adesso che mi sentivo messa all'angolo, provavo anche un certo timore ed ero più sensibile ai suoi toni alti. Derek dovette accorgersene perché perse la pazienza anche lui. «Calmati.»
«Calmati? Come faccio a calmarmi? Questa stupida è salita di sua spontanea volontà in macchina di un tipo che neanche conosce e che per poco non spaccava il viso ad un altro coglione. E poi io non conosco nessun cazzo di Axel. Chi lo ha invitato questo alla mia festa?»
Più dava sfogo al suo rancore più la sua bocca si riempiva di insulti, anche nei miei riguardi. Iniziai a tremare tutta e pensai con orrore che da un momento all'altro sarei scoppiata a piangere. Per di più mi stava accusando di cose che non avevo fatto, ma non potevo ritrattare proprio ora perché se avesse scoperto che gli avevo anche mentito... Sobbalzai sentendo questa volta Derek perdere le staffe. «Dacci un taglio. Così di certo non ci aiuti a capire che cosa è successo. Vai fuori e datti una calmata.»
Non era stata una richiesta ma un ordine e non seppi come riuscì a farsi ascoltare senza prima lottare. Quando restammo soli, Derek tornò a sedersi accanto a me. Il suo sguardo sembrò essersi addolcito ma voleva assolutamente tirarmi fuori la verità perché mi spinse a ripetergli quanto accaduto. «Emily, lo sai vero che Will si comporta così perché credeva ti fosse accaduto il peggio, si?»
«Non ha comunque il diritto di darmi della stupida.» Lui annuì e mi prese per mano. La sua presa era calda e confortante, inoltre con un dito iniziò ad accarezzarmi il palmo tracciando delle linee circolari che riuscirono in qualche modo a farmi ricacciare indietro le lacrime. Sapevo che cosa stava cercando di fare ed era maledettamente bravo in questo...
«Mi puoi giurare che quello che mi hai detto è la verità?»
Andai nel panico. I nostri sguardi si incrociarono e tutto ciò che potei intravedere in quelle pozze chiare era una sincera preoccupazione mista a volontà di prestarmi ascolto. Potevo fidarmi? «Io...»
Le sue dita smisero di solleticarmi la pelle. Abbassai lo sguardo, la sua mano era molto più grande della mia, quando combaciarono le mie dita sparirono sotto le sue ed un secondo dopo ricomparirono intrecciate.
Doveva trattarsi della persona più ammaliante che avessi mai conosciuto e anche adesso fissarlo in quelle iridi chiare senza perdere la concentrazione mi risultava difficile. Mi chiedevo come avrei fatto a ritrovare la voce adesso che non avevo il coraggio di fare nulla se non rimanere in quella posizione per sempre. Avevo paura che se il silenzio si fosse interrotto, allo stesso modo la magia si sarebbe infranta.
DRIING DRIIING.
Derek fu il primo a mollare la presa. Si tastò le tasche dei pantaloni, ripescando il cellulare che aveva scelto di squillare proprio adesso. Lo vidi pensarci su prima di rispondere. «Jasmine?»
Forse me l'ero solo immaginato ma credevo di aver visto un cuore accanto al nome della mia amica. E se quei due...?
Derek si accorse della mia espressione confusa, perché si schiarii la voce e chiese all'altro capo di attendere. «Vuole parlare con te.» Fece per passarmi il cellulare ma non appena si rese conto dove stesse correndo il mio sguardo, cambiò idea e si riportò il telefono all'orecchio. «Emily dice di essere un po' stanca al momento.»
«Come? Non è vero. Passamela!» Ero sicura che le ragazze fossero in pensiero per me. «Ehi!» Derek si allontanò cercando di sovrastare la sua voce con la mia. «Si, dice di essere ancora tanto traumatizzata...»
«Ma cosa stai dicendo?! Passamela subito. Derek!»
Tuttavia aveva già aperto la porta per lasciarmi sola, accertandosi prima però di farmi la linguaccia. Restai interdetta, chiedendomi che cosa gli fosse preso, ma non ebbi la possibilità di elaborare una risposta perché la stessa porta si spalancò di nuovo. Era William.
«Frequenta la nostra scuola questo Axel?» Alzai gli occhi al cielo. Evidentemente i consigli di Derek sul darsi una calmata non avevano funzionato perché era ancora lì, agitato al punto da non riuscire a restare fermo. «Che hai intenzione di fare?»
«Tu rispondimi.»
«Non se mi parli in questo modo.»
Prima mi ero fatta mettere i piedi in testa e già me ne pentivo, perché potevo capire la preoccupazione ma che quello scimmione mi facesse piangere a causa dei suoi modi non era affatto contemplabile. «Stai zitta e rispondimi.»
«Devo stare zitta o devo risponderti? Chiaramente il tuo cervello non è programmato per riflettere e poi parlare, sembra che gli venga di dire qualsiasi cosa gli passi per la mente ma questo non fa altro che farti sembrare un vero idiota. Ti consiglierei di abbassare il tono e di rivolgerti a me in un'altra maniera o dovrò spifferare tutto ai nostri genitori. Non dimenticarti che se non fosse stato per te in ospedale non ci sarei mai finita stasera...»
William mi guardò per un attimo a bocca aperta, poi iniziò a ridere - ma con un certo disprezzo - e poi incrociò le braccia al petto, cercando evidentemente di prendere tempo per trovare una contro risposta che tuttavia non arrivò. Gondolai felice.
«Tanto lo scoprirò e stai sicura che non gliela farò passare liscia.»
«Il mio eroe. Quasi quasi mi commuovo...» e invece sotto quello strato di ironia si nascondeva un certo timore. William parlava sul serio eppure non capivo perché la stava prendendo tanto sul personale.
Ero sua sorella ma questo non voleva dire nulla, non era mai stato il premuroso fratello che si preoccupava di me come adesso voleva far apparire.
C'era qualcosa di più e a parlare chiaro era la sua espressione vaga. Non sembrava neanche più fare caso a me. La porta si aprì di nuovo, facendo emergere Derek e con lui un dottore.
«Emily Scott?»
«Si, sono io.»
«Venga con me che le fasciamo la ferita.»
***
Il giorno dopo era sabato e avevo tutta la giornata da spendere come meglio credevo. Per l'occasione io e le ragazze ci eravamo organizzate per uscire insieme, Jasmine aveva proposto di fare shopping la mattina ma aveva anche programmato una sorpresa nel pomeriggio.
«Odio fare shopping...»
Stavamo girando in lungo e in largo tra i negozi di tutto il centro commerciale, Valentina che mi stava di fianco aveva espresso la sua opinione a bassa voce affinché le due ragazze che ci precedevano come capofile del gruppo non ci sentissero. Jasmine ed Ellen erano infatti l'opposto di Valentina; se solo avessero potuto, sarebbero restate un'intera giornata spendendo a valanghe i loro soldi per degli outfit da far girare la testa. Nonostante ciò avevano due gusti molto diversi, pertanto ci trascinavano in questo e quell'altro negozio e discutevano animosamente per scegliere la prossima tappa. «Ti dico che per quello che ho in programma dobbiamo entrare qui. Vieni!»
«Ma quello è un negozio che vende costumi da mare e io ne ho già abbastanza!»
Noi altre ci scambiammo un'occhiata. Io, Valentina, Rachel e Katie non ne potevamo più. «Io ho fame.» Ci rivelò la bionda alla mia sinistra e Rachel annuì. «Dovremmo dirglielo?»
«Perché non entrare in quel negozio di musica? Ho visto che ci sono degli sconti su dei vinili.»
«Non c'è tempo per questo. E va bene, allora ve lo dico anche se doveva trattarsi di una sorpresa. Derek mi ha invitata ad andare alla baia stasera perché organizzano un falò enorme. Ci sarà la musica, da bere e anche una band che suonerà dal vivo... Non credete che sia una figata?»
«Lo è.» Ammise Rachel con un pizzico di invidia. «Ma noi che c'entriamo?»
«Be' gli ho chiesto se potevo portare delle amiche e mi ha detto di si. Che ne dite?»
Gli occhi di Katie si illuminarono, Valentina invece si mostrò piuttosto indifferente e Rachel ed Ellen in risposta si girarono verso di me per un parere. «Che c'è?»
«Non dici sempre che con tuo fratello e i suoi amici non ti vuoi immischiare?» Era stata sempre Rachel a parlare. Mi conosceva fin troppo bene. «Be' si... E quindi?»
«Non so, non ti da fastidio se andiamo?» Chiese quindi Ellen. «Non posso mica vietarvelo. Io non credo che verrò però...»
«Oh andiamo, Emily.» Le ragazze mi accerchiarono, con i loro sguardi imploranti. Purtroppo erano il mio punto debole.
«Il fatto è che io e Will abbiamo litigato...» Le avevo raccontato tutto quello che era successo, anche perché mi avevano messo sotto processo.
«Tu e Will litigate sempre, che importa?»
Touché Katie. «Se non vengo è un grosso problema?»
Le altre fecero su e giù con la testa strappandomi un sorriso. «È sabato, abbiamo diciassette anni e meritiamo tutte di incontrare qualcuno e uscirci proprio come ha fatto Jasmine con Derek.» Quelle parole di Katie pronunciate senza nessun velo di malizia mi portarono subito a rivolgere la mia attenzione verso la bella bruna amante dello shopping. C'era giusto una cosa che volevo chiederle da un po'.
«È vero?»
Lei fece finta di non capire ma traspariva dai suoi occhi una certa agitazione. «Tu e Derek state insieme?»
«No!» Si affrettò a rispondere, lasciandosi andare poi ad una risata nervosa. «Siamo solo amici...»
«Amica di Derek Cooper?» Rachel aveva usato un tono piuttosto sarcastico. Lei era l'unica altra persona, oltre a me, a non amare tanto la compagnia di William. «È uno fuckboy quello lì.»
Annuii. Per quanto si trattasse comunque di una persona che avevo conosciuto quando ancora portavo i denti da latte, non potevo negare i suoi difetti. «Te lo dico perché la sua reputazione è risaputa...»
«Tranquille, ragazze. Io e Derek ci siamo avvicinati perché di solito facciamo le prove di cheerleading quando la squadra di football ha gli allenamenti, tutto qui. È un ragazzo gentile, vero Emily?»
Un cavaliere, certamente. Però con il debole per le donne. «Be' si...»
E Jasmine era talmente bella che sicuramente non era sfuggito allo sguardo di quel seduttore. Dicevo così perché lo avevo visto con i miei occhi. Ma anche se fosse vero, chi ero io per giudicare?
«Secondo me non dovresti frequentarlo.» Assentì Rachel e l'espressione di Jasmine mutò, facendosi ad un tratto più seria. «So badare a me stessa, grazie.»
Avevo capito che le cose tra le due non andavano molto bene nell'ultimo periodo e questo aveva a che vedere soprattutto con la quasi totale assenza di Jasmine. Quando le avevo raccontato di come si era comportata ieri, Rachel era andata su tutte le furie, ma mi aveva giurato di non fare nessuna scenata perché sapeva quanto detestassi i conflitti. Eppure anche mordendosi la lingua, non riusciva a mascherare il suo disappunto.
«Quindi... fatemi capire. Bisogna mettersi il costume?» Katie aveva un talento naturale nell'uscirsene sempre con qualcosa di estraneo alla faccenda. Tirai un sospiro di sollievo però, almeno era servito ad allentare la tensione. Fu Jasmine a risponderle. «Be' chiaramente sì. È una festa in spiaggia.»
«Ah...»
La bionda abbassò lo sguardo, d'un tratto le era passato l'entusiasmo. «In questo caso non credo che verrò.»
«Che cosa dici?» Valentina le diede una spallata. «Non è mica obbligatorio, giusto?» Chiese allora sempre rivolgendosi a Jasmine e questa scosse la testa. «Allora possiamo andare anche senza.»
«Ma non sembrerò una stupida?»
Valentina la rassicurò, così come anche tutte noi che conoscevamo bene i problemi che si faceva la nostra amica sul fisico. «Magari trovi qualcosa che ti piace...»
Quelle parole, seppur non rivolte a me, mi fecero riflettere. Praticamente quest'estate non ero andata neanche una volta al mare e non credevo che avessi nel mio armadio un costume che si adattasse alle mie nuove forme. Potevo fare come Katie e venire vestita normalmente oppure potevo azzardare qualcosa di diverso. Infondo non mi sarebbe dispiaciuto farmi una bella nuotata.
***
Le ragazze erano tutte lì, davanti a me, in pantaloncini. «Una festa in spiaggia. Wow.» Eravamo tutte un po' eccitate, dovevo ammetterlo, nonostante all'inizio mi ero mostrata scettica, si trattava comunque di un modo alternativo per divertirci. Non esistevano più solo i pigiama party, no?
«Non vedo l'ora di incontrare il mio principe azzurro stasera!» Valentina sospirò e alzò gli occhi al cielo mentre nel vialetto di casa riecheggiavano le nostre risate. Katie come al solito aprì l'argomento ragazzi. «Vi propongo una sfida.»
«E sarebbe?»
«Quest'anno tutte noi parteciperemo al ballo di fine anno.»
«Katie non di nuovo...» non ci eravamo affatto dimenticate il suo pianto dell'anno scorso per non aver avuto il ballo dei suoi sogni. Ci eravamo proposte di andare tutte insieme, senza bisogno di ragazzi ma lei si era rifiutata categoricamente e da allora non faceva altro che riempirci la testa su come secondo lei ci si doveva presentare ad un perfetto ballo di fine anno. «Ci dobbiamo andare con il ragazzo dei nostri sogni! Dico bene Valentina?»
La sua migliore amica che di solito le faceva da spalla in tutto si ritrovò questa volta a ribattere. «Deve essere proprio un ragazzo?»
«Perché ci vorresti andare con una ragazza?»
Calò un silenzio imbarazzante che subito Ellen tentò di coprire affermando: «e che cosa si vince in questa sfida?»
«Be' innanzitutto ci dovremmo presentare tutte con qualcuno e metteremmo ai voti chi secondo noi ha scelto il ragazzo migliore. Colei che avrà vinto potrà chiedere tutto quello che vuole...»
«È una sfida un po' stramba. Katie siamo nel 2024, non credi che possiamo presentarci ad una festa da ballo anche senza accompagnatore?»
«Oh Rachel non essere noiosa. Se non vuoi partecipare dillo e basta ma ti avviso che così rischi di darla vinta a Jasmine, insomma non so se ve la siete bevuta la storia dell'amicizia stamattina ma io no. È palese che lei e Derek si stiano frequentando.»
«E quindi?»
«E quindi?! Stiamo parlando di Derek Cooper, uno dei ragazzi più belli e popolari della San Luis. Forse il secondo ragazzo più ambito della scuola, dopo tuo fratello William.»
«Mio fratello non è il ragazzo più ambito di tutta la scuola. Non è neanche il più bello!»
Le ragazze si voltarono tutte verso di me come se avessi detto una grande cazzata. «Derek per me è più carino in effetti. Ha degli occhi bellissimi.» Ammise Ellen ma Rachel e Katie scossero immediatamente la testa, affermando che i tratti di William erano più distintivi.
«So di ragazze che si sono tatuate i loro nomi...»
«Continuo a sostenere che Derek sia più carino e se Jasmine fosse qui mi darebbe ragione. William è solo più popolare perché è un mostro del football.»
Ero nauseata da questi discorsi e per di più in totale disaccordo. Urgeva un mio intervento. «Conosco qualcuno molto più bello sia di William che di Derek.»
Le ragazze si voltarono tutte verso di me, perfino Valentina mi lanciò un'occhiata nonostante a lei l'argomento non le suscitasse alcun interesse. «Ah si? E chi?»
Katie era molto scettica al riguardo.
«Si chiama Axel.»
Lo pensavo sul serio o avevo fatto il suo nome a caso? Improvvisamente mi comparve l'immagine di quel suo sorriso strafottente. «Aspetta, stai parlando del tipo che ti ha sequestrata?»
A loro avevo detto la verità perché mi fidavo abbastanza. «Diciamo che non mi ha proprio sequestrata... Voleva solo portarmi in ospedale.»
«Mentre eri priva di sensi a causa sua.» Rettificò Rachel facendomi subito ammutolire. «Hai detto che frequenta la nostra scuola?» La rossa alla mia destra invece non si era espressa in giudizi negativi. Forse era stata l'unica a trovarci qualcosa di attraente, mi aveva dato una pacca sulla spalla e mi aveva confessato di aver provato un po' di invidia. «Sembra pericoloso perciò ci piace.» Più o meno erano state queste le parole che aveva utilizzato.
«Secondo me dovresti chiedergli il numero.»
«Ellen ma che dici!» Rachel era allibita. «Che c'è di male? Se dice che è persino più bello di William e Derek...»
In effetti con i tatuaggi, il piercing alle labbra e quell'aria dannata poteva perfettamente rientrare nei gusti di Ellen. Ma non ero tanto sicura che rientrasse nei miei. Forse il suo nome mi era uscito senza rifletterci abbastanza.
Raggiungemmo il luogo dell'appuntamento dopo un quarto d'ora di macchina. Il sole era ancora alto nel cielo, sarebbe tramontato soltanto tra un'ora, avevamo tutto il tempo per farci un bagno insieme. «Noi prendiamo qualcosa da bere.»
Oggi faceva piuttosto caldo, per questo c'era così tanta gente e tra l'altro si contavano molti volti familiari che avrei potuto senz'altro incontrare tra i corridoi della San Luis senza problemi. Rachel ci fece segno di metterci la crema solare mentre un paio di ragazzi si avvicinarono. Erano molto più grandi di noi. «Vi va se vi offriamo qualcosa da bere?»
«Ci stanno già pensando le nostre amiche ma grazie comunque per il pensiero.» Fu immediata la risposta della mia migliore amica. Rachel era un po' la mamma del gruppo, aveva un'intolleranza verso il genere maschile che trovavamo piuttosto esilarante e in genere si preoccupava sempre per noi. Katie e Valentina tornarono con i nostri drink. «Stanno ancora allestendo il palco. Conoscete per caso la band che suonerà stasera?»
«Come si chiamano?»
Ellen era l'unica che se ne intendeva un po'. «Black Paradise o una roba del genere...» Ellen scosse la testa. «Non li ho mai sentiti nominare. Saranno degli artisti emergenti...»
Anche la rossa in passato aveva avuto una band ma poi c'erano stati dei problemi e la nostra amica aveva deciso di lasciare e adesso cercava di crearsi una carriera da solista, tuttavia non era facile. Qualche giorno fa ci aveva spiegato che aveva lasciato il suo numero ad un paio di agenti musicali ma nessuno aveva richiamato. «Sono curiosa di sentire com'è la loro musica. Sigaretta?»
Scossi la testa e mi alzai perché credevo di aver scorto due fossette piuttosto familiari. Quando ne ebbi la conferma sventolai la mano affinché mi notasse. «Hoon!»
Indossava una divisa da lavoro e stava servendo delle persone a qualche tavolo più avanti quando alzando lo sguardo mi avvistò. «Emily.»
«Il labbro si è sgonfiato, vedo. Sono contenta.»
«La tua mano invece è fasciata. Cosa ti è successo?»
«Nulla di che, sono scivolata.» Cercai subito di cambiare argomento. «Lavori qui?»
«Si da quest'estate però sono sicuro di non averti mai visto prima.»
«È la mia prima volta infatti.»
Percepivo lo sguardo delle ragazze addosso, sapevo che quei risolini appartenevano a loro anche se non mi potevo voltare per accertarmene. «Ehi Hoon il tuo turno non è ancora terminato. Torna a lavoro.» La voce era giunta aldilà del bancone ed era di un uomo di mezz'età dai modi burberi. «È meglio se vado adesso.» Fece per voltarsi poi sembrò cambiare idea e restò titubante a grattarsi il capo. «P-per caso resti per il concerto?» Annuii. Ero qui per quello. «Fantastico perché insomma... Finisco il turno tra qualche ora magari ci possiamo beccare dopo...?»
Era così adorabile nel modo in cui arrossiva. «Si, ci vediamo dopo.» E ci allontanammo entrambi, lui per ritornare a lavoro e io per tornare dalle mie amiche che appena mi avvicinai presero a schiamazzare come delle oche. Per fortuna Hoon era troppo indaffarato per accorgersi del loro comportamento imbarazzante.
«E questo qui chi è?»
«Io lo conosco. È Ji Hoon, uno dei compagni di classe di mio fratello. Frequentano lo stesso club di Dungeons & Dragons, sono dei veri e propri nerd.» Era stata Katie a parlare e non lo aveva fatto con l'entusiasmo delle altre. Qualcosa mi diceva che sotto sotto disapprovava. «Tuo fratello hai detto? Ma non è più piccolo?»
«Si.»
La cosa non mi sorprese più di tanto. «Non è per offendere nessuno ma Emily può trovare di meglio.»
«Katie!» Rachel non ne faceva passare una ma questa volta ero dalla sua parte. «Non è una bella cosa da dire. E poi è solo un ragazzo con cui ho parlato una volta. Volevo solo accettarmi che stesse bene...» Dovevo ancora capirci qualcosa su quella situazione ma a vederlo adesso, aveva un volto sereno e persino i muscoli per difendersi. La maglietta aderente che indossava infatti non lasciava più alcun dubbio. A questo punto non credevo più si fosse trattato di un episodio di bullismo.
«Ragazze siete arrivate!»
Jasmine ci corse incontro radiosa. «Diamine sei bellissima!» Concordammo in coro e in effetti per essere semplicemente un falò in spiaggia si era adornata bene. «È l'effetto boyfriend.» Ci sussurrò Katie a bassa voce andando a rimarcare l'idea secondo cui la mia amica e Derek stessero insieme. Quest'ultimo era al fianco di Will, indossava una camicia bianca sbottonata che era in perfetto abbinamento con il vestito color perla di Jasmine.
«A chi va di fare il bagno?» Chiesi allora, visto che c'eravamo tutti.
Valentina e Katie rifiutarono, non essendosi portate il costume. Jasmine disse che ci avrebbe raggiunto dopo perché doveva fare compagnia ad Ashley mentre con tutti gli altri raggiungemmo il molo.
«Piccola Scott.» Una voce attirò la mia attenzione mentre mi sfilavo via i pantaloncini. Ero un po' a disagio a spogliarmi davanti a tutti. «Che vuoi?» Due braccia mi avvolsero improvvisamente la vita. «Ti ricordi ancora come ci si tuffa, si?»
Il contatto con il terreno sotto ai miei piedi sparì e senza particolari sforzi finii tra le braccia di quell'animale selvaggio. «Derek!» Strillai. «Mettimi giù.» Potevo sentire il calore della sua pelle a contatto con il mio, pertanto mi feci rossa in viso. Non era mai accaduto fino ad ora che un ragazzo mi prendesse tra le braccia, tra l'altro mentre eravamo entrambi in costume «Ultimo avvertimento: mettimi giù!»
«E va bene, se proprio lo desideri...»
SPLASH!
L'acqua fredda mi avvolse all'istante, fu come ricevere una secchiata di acqua gelida, con l'unica differenza forse che nel secchio ci ero finita io e quando riemersi lo feci tossendo perché non c'era stato nessun preavviso. «Tutto bene, Emily?» La voce preoccupata di Rachel mi giunse dal ponte e quando alzai lo sguardo mi resi che erano tutti in piedi a fissarmi, un po' divertiti e un po' preoccupati. Anzi, se dovevo essere specifica l'apprensione era stampata solo sulle facce delle mie amiche.
«Giuro che me la pagherai Cooper.»
«Sto tremando dalla paura.» E mimò il gesto, ignaro però della presenza di Will alle sue spalle. «Adesso tocca a te.» L'attimo dopo anche lui finì in acqua, spinto dal suo migliore amico. Derek riemerse come una divinità marina, con i capelli spostati all'indietro con maestria e le gocciole d'acqua che gli solleticavano la pelle rendendo la scena simile a quella di un film, dove tutto veniva riprodotto a rallentatore.
Nulla a che vedere con il modo in cui ero emersa io.
William fece un tuffo a bomba che ci prese al volo e poco dopo seguirono le ragazze, una ad una finché non fummo tutti in acqua a goderci un bel bagno.
«Si è sentita proprio la tua mancanza Emily.» Mi disse la rossa emergendo da dietro per abbracciarmi. «Vi ricordate quando giocavamo a fare le sirene?»
«Non siamo troppo cresciute per quello?»
«Facciamo una gara.» Proposi allora. «Chi arriva ultimo offre da bere a tutti.»
«Ci sto.»
***
«Che cosa vi porto?»
Alzai lo sguardo e incrociai due occhi a mandorla. «Una bibita gassata... Con tanto zucchero.» Ero sfinita. Hoon se ne accorse immediatamente, mi fissò le mani, poi le labbra e infine aggrottò le sopracciglia. «Emily, le tue labbra sono viola...»
Intanto Will e Derek ci avevano appena raggiunti. Sentii mio fratello prendere posto accanto a me, ancora che se la rideva perché sapeva di averci battuto tutti. Era stata una pessima idea la mia quella di coinvolgere anche quei due. «Ti porto qualcosa con cui scaldarti.»
«Come sta il tuo polso?» Mi chiese Derek e io mentii dicendo che stava bene. Inoltre non mi andava di parlare con lui, visto e considerato che non aveva fatto altro che prendermi in giro per il mio ultimo posto.
Hoon tornò in men che non si dica, aveva portato una copertina e una bevanda effervescente per ripristinare le energie. «Se hai bisogno d'altro chiamami, ok?»
Sentivo lo sguardo di quei due addosso. Annuii a disagio. «Conosci mia sorella?»
Hoon sembrò solo allora accorgersi che davanti a lui c'era il suo più grande idolo. «C-come?» E in cuor mio pregai che Will si comportasse bene. «Vi conoscete?»
Will ripeté la domanda indicando prima me e poi lui. «Credi che conosca solo te e Derek come individui di sesso maschile?»
«La piccola Scott oggi si sente battagliera. Non c'è bisogno di mettersi sulla difensiva.» Odiavo quando si intrometteva solo per il gusto di stuzzicarmi. «Come ti chiami?» Continuò Will, dall'aria più severa. Ero sicura che si comportasse così a causa della discussione che avevamo avuto ieri. «Hoon.»
Hoon evitò il contatto visivo e infondo lo capivo, doveva sentirsi parecchio a disagio, del resto aveva gli occhi di tutti puntati addosso. «Che cosa hai combinato lì?»
«Will, basta così.»
«Sono caduto.»
«Sul pugno di qualcuno?» L'ironia usata per porre quella domanda non mi piacque affatto. Hoon stava svolgendo il suo lavoro e i toni di Will non erano adatti, in più era palese che sotto sotto stesse cercando di vendicarsi. «Lascialo stare, Will. Non vedi che sta lavorando?» Per un una volta mi trovavo d'accordo con Derek che congedò velocemente il ragazzo scusandosi al posto del mio gemello. Eppure non mi diede neanche la possibilità di complimentarmi con lui che era già pronto ad attaccarmi. «La piccola Scott ha uno spasimante.»
Mi strinsi nella copertina che mi era stata gentilmente portata e mugugnai qualcosa come «chiudi la bocca o ti ammazzo.»
William dal suo canto affermò che ciò era impossibile. Secondo lui nessun ragazzo sano di mente poteva interessarsi a me. «Ah no?» La cosa mi mandò fuori di testa. «E come mai?»
«Uno: sei insopportabile.» Disse senza neanche far vedere di doverci riflettere su. «Due: sei sciatta, imbranata e nullafacente.»
Restai a bocca aperta. Erano le stesse parole che usava nostra madre quando mi rimproverava perché non mettevo in ordine la stanza. «Tre: le tue puzzette sembrano quelle di un uomo.»
Gli lanciai la prima cosa che mi ritrovai davanti, un posacenere, ma Will aveva i riflessi di un giocatore di football perciò lo prese a volo senza particolari difficoltà. Derek intanto era scoppiato a ridere e le ragazze si guardavano chiedendosi allarmate che cosa fare. Non era il primo litigio a cui assistevano. «Non ho mai sentito tua sorella scorreggiare.»
«Davvero? Ha un talento naturale, le fa anche mentre dorme.»
Appena mi accorsi che quella battuta aveva generato un'ilarità collettiva, mi alzai di scatto dalla sedia. «Emily, dove vai?»
Lo detestavo dal profondo del cuore e della sua presenza ne avevo già abbastanza. «Dai sorellina sto scherzando...»
«Emily torna qui.»
Ignorai le loro proteste e mi diressi verso il bagno. Le ragazze fecero per alzarsi ma quando ero in collera sapevo essere piuttosto spaventosa, perciò tornarono redarguite ai loro posti.
La toilette era piuttosto piccola, una sorta di capanna in legno che si divideva in due parti. Entrai nel bagno delle ragazze nel momento in cui da una delle porte emerse una ragazza bionda, dagli occhi blu cobalto e un viso piuttosto familiare. Sgranammo entrambe gli occhi e poi contemporaneamente sollevammo un dito l'una verso l'altra.
«Tu!»
La sconosciuta di cui ricordavo chiaramente il viso avanzò verso di me. «Menomale che stai bene... Axel non mi ha voluto dire nulla.»
Mio fratello non doveva assolutamente vederla. Fu quello il mio primo pensiero. «Che ci fai tu qua?»
«Sono qui per vedere Axel.» Lo disse come se la risposta fosse piuttosto ovvia mentre a me veniva da sbottare: «Axel è qui?!»
«Si esibisce con la sua band tra qualche ora ma dalla tua espressione deduco che tu non ne sappia nulla...»
«C'è anche mio fratello.» Le rivelai e per quanto la situazione non le appariva chiara come lo era invece per me, sospettava che questo fosse un problema solo dal modo in cui mi ero messa le mani tra i capelli. «Will gli da la caccia.» Tuttavia non si mostrò stupita. «Lo sapevo. Gli avevo detto di non immischiarsi con voi Scott.» Lo disse come se ci conoscesse bene. «Ma lui è convinto che la vendetta servi a qualcosa...»
«Vendetta?»
Aveva un che di strambo quella ragazza, forse erano le assurde circostanze in cui ci eravamo incrociate o forse era il suo discorso ambiguo. «Non far finta di non sapere.»
«Sapere cosa?»
La sconosciuta mi analizzò e pertanto ricambiai, squadrandola da capo a piedi e chiedendomi come una ragazza che aveva tanto l'aria di essere la classica persona della porta accanto: un viso pulito e dolce, conoscesse Axel, un ragazzo che se presentavi a tuo padre rischiavi di fargli venire un infarto. «La tua famiglia gli ha rovinato la vita. Davvero non ne sai niente?»
Il primo istinto fu quello di mettermi sulla difensiva da quelle calunnie pesanti, eppure il suo tono non era affatto accusatorio. Sembrava semplicemente che stesse affermando qualcosa che tutti sapevano ad eccezione mia.
«Non capisco di cosa tu stia parlando.»
«Non è mia responsabilità schiarirti le idee...» e fece per andare via ma io fui più rapida e la trattenni. «Mio fratello non può vederti qui.»
«Allora mandalo via.»
«Fidati, mi piacerebbe moltissimo.»
Lei aveva tutto il diritto di guardarmi in quel modo; non conoscevo neanche il suo nome eppure eccomi che mi mostravo pretenziosa. «Come ti chiami?»
«Perché vuoi saperlo?»
«Così posso vendere la tua identità su eBay.» L'ironia era un tratto distintivo della famiglia Scott. «Voglio solo sapere con chi sto parlando.»
«Charlotte Emelié Joenne Maryjane Evans. Tutti però mi chiamano Charlie.»
Persino il nome era bizzarro. Se non mi avesse guardata come se fossi una sua nemica giurata, probabilmente avrei cercato di farci amicizia. «Io sono Emily invece.»
«Lo so, sei la sorella di William Scott.»
Questa frase l'avevo sentita troppo spesso nell'ultimo periodo. Stava iniziando a provocarmi dei tic all'occhio. «Mio fratello non sa ancora che faccia abbia questo Axel...»
«Ci credo, lo conosce come Alexander Miller. Non ti dice nulla il suo nome?»
Poteva darsi che l'avessi sentito da qualche parte ma ora come ora non mi si accendeva nessuna lampadina. «Ma da quale pianeta vieni?»
«Kripton.»
Non dovevano piacerle molto le mie battute e come biasimarla. «È per colpa di tuo fratello se Axel è stato arrestato in passato.»
Scoprire che colui che aveva una faccia da criminale lo era per davvero non mi turbò tanto come ascoltare con le mie orecchie che William aveva un ruolo in quella storia. «Puoi per favore essere più chiara?»
Charlie incrociò le braccia al petto e restò in silenzio per quelli che mi sembrarono minuti. Era evidente che stesse decidendo se sputare il rospo o andare. «Axel è finito in un brutto giro qualche anno fa...» Gli occhi le si inumidirono; segno inequivocabile che per lei era ancora difficile parlarne. «Ha fatto delle stupidaggini non lo metto in dubbio ma William... Lo ha pugnalato alle spalle.»
«Mio fratello è tante cose ma di base è leale con le persone a cui vuole bene.»
Charlie scosse la testa. «Tuo fratello e Alexander non erano amici. Will era un suo cliente...»
La notizia mi lasciò talmente basita che dubitai all'istante della veridicità di quelle parole. Se c'era una cosa che uno sportivo doveva salvaguardare era la sua reputazione: William aveva un pessimo carattere ma non faceva mai nulla per oltrepassare la linea e questo perché il football per lui era tutto. Anche quando beveva una bottiglia di birra in più, si assicurava che qualcun altro guidasse al suo posto. Per non parlare del fatto che nostro padre era un procuratore distrettuale... Non c'erano atti criminali che sfuggivano ai suoi occhi. Eravamo una famiglia troppo pulita; quelle frasi di Charlie non avevano senso.
«Non ti credo.»
Lei alzò le spalle. «Prova a chiedere a lui allora. Io credo a quello che mi dice Axel.»
Quindi qual era il motivo per cui si erano presentati a casa nostra? Improvvisamente mi tornarono alla mente le parole utilizzate dal ragazzo che gli si era gettato addosso durante l'aggressione del giorno prima. «Axel spaccia ancora?»
Il suo sguardo si rabbuiò. Charlie non mi rispose subito ma credendo che lo avessi preso per un sì, si affrettò a giustificarsi. «Non è facile uscire dal giro quando hai delle persone che ti minacciano...»
Alludeva ad un qualcosa di più grande. «Il suo sogno è quello di esibirsi su un palco con tante persone. Vuoi o non vuoi credere a quello che ti ho detto non è importante. Ma Axel ieri si è preso cura di te, nonostante sapesse di avere di fronte la sorella della persona che gli ha rovinato la vita... Potresti provare a ricambiare il favore?»
Continuavo ad avere i miei dubbi ma quando una ragazza mi faceva gli occhi dolci così, non potevo resistere.
«Che cosa vuoi che faccia?»