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Autore: Soe Mame    30/11/2024    0 recensioni
— Traduzione della storia omonima di PoppyFieldWrites. —

"Vuoi qualcosa da bere?" chiese lo sconosciuto, avvicinandosi al bar dietro di lui.
"Come faccio a sapere che non mi metterai qualcosa nel drink, micetto?"
"Husk." disse il demone.
"Prego?"
"Il mio nome. È Husk." disse il gatto,
Husk, mentre dava ancora le spalle ad Angel. "E sentiti libero di venire qui a guardarmi mentre ti faccio quel drink." Si voltò verso di lui con un accenno di sorriso sul volto. "Non mordo."
"Ma
io potrei." soffiò Angel, senza nemmeno rendersene conto.
Husk rise.

/ Un'altra Overlord!Husk AU. In cui Angel non ha mai incontrato il Signore Supremo del Casinò, così che, quando entra per sbaglio in una delle stanze private del casinò Lucky Bastard e incontra il più dolce e burbero dei baristi, non ha idea di con chi stia flirtando.

» Huskerdust / Background Staticmoth // Slow burn, richiami a La Bella e la Bestia, umorismo sessuale, coppia di criminali, Angel e Husk sono così innamorati da fare schifo e tutto lo staff del casinò già non ne può più
» TW: Dipendenze
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Angel Dust, Husk, Valentino, Vox
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Benvenutx alla versione italiana di Lucky Bastard, storia di PoppyFieldWrites dove la Overlord Husk!AU incontra La Bella e la Bestia e diventa un dolce a base di zucchero, con una spolverata di angst e decorazioni hurt/comfort - Nonché la mia fanfiction Huskerdust preferita!

Non avete idea di quanto mi gasi aver avuto il permesso di tradurla, postarla anche qui su EFP e farla conoscere ad altra gente ☆ - Ovviamente, se notate errori, ditemelo!

* Nelle note al primo capitolo, l'autrice riconosce che, molto probabilmente, Husk da Signore Supremo non fosse così dolce e gentile, ma che lei "sa scrivere solo fluff (con minuscoli accenni angst)". Da parte mia, l'atmosfera fiabesca è una delle cose che mi fa amare questa storia ☆
* Nella versione originale ci sono anche delle fanart realizzate dall'autrice stessa - Sia per accompagnare la storia sia per mostrare i design dei personaggi originali o determinati vestiti. Se vi possono interessare, seguite il link!
* Vi starete senz'altro chiedendo perché io non abbia tradotto il titolo/nome del casinò. La risposta è molto semplice. "Lucky bastard" è un'espressione che significa circa "Ma quanto cazzo sei fortunato!", quindi la sua traduzione più vicina sarebbe, ovviamente nella sua accezione positiva, Lo Sculato. *sipario*

 

Lucky Bastard
di PoppyFieldWrites
tradotta da Soe Mame


Il Barista

 

 

Angel aveva avuto una specie di bella giornata, fino a quel momento. Almeno rispetto a ieri o al giorno prima o a qualsiasi altro giorno di quella settimana di merda. Quel giorno aveva avuto solo uno dei servizi fotografici per il calendario "Le Troie Più Porche di Pentagram" e si divertiva sempre un sacco a farli. Il fotografo gli sceglieva sempre i vestiti più carini e i set più assurdi. Quell'anno il tema era western e cowgirl.

E, come bonus, Valentino era stato tutto il giorno fuori dallo studio. L'unico stronzo con cui aveva dovuto avere a che fare era stato Travis, a cui era stata affidata la supervisione degli scatti. Era un tizio strano e un pervertito del cazzo, ma almeno non era del tipo aggressivo fisicamente. Per Angel era già una fortuna.

Pensò che la sua fortuna si fosse esaurita per quel giorno quando entrò nel camerino dopo il servizio fotografico e trovò sul cellulare una chiamata persa da Val. Per fortuna si scoprì che aveva solo bisogno di qualcuno che lo accompagnasse al Lucky Bastard, uno dei più grandi casinò di Pentagram City. Portava spesso Angel a svariati eventi e posti quando aveva bisogno di un arm candy, quindi non fu nulla di insolito. Ma appena salì sulla limousine, Angel poté percepire che Val era di cattivo umore. Quella sarebbe dovuta essere "la sua serata con Vox", quindi intuì che probabilmente avevano litigato, magari per qualcosa di incredibilmente stupido e infantile come al solito.

Angel ricordava l'ultima volta che si erano saltati alla gola: solo la settimana prima, Vox aveva commesso l'errore di dire come se nulla fosse che l'arancione non era il colore di Val, e il pappone era finito con lo scagliargli contro una sedia urlando che qualsiasi colore fosse il suo colore. Non poté fare a meno di sorridere ripensando a quella stupida lite tra quei due.

"Qui qualcuno è di buonumore." commentò Val, guardandolo di sbieco attraverso gli occhiali a cuore. La testa di Angel scattò in allerta, lui cambiò subito espressione e rientrò nel suo ruolo abituale.

“Sono solo contento che stiamo uscendo.” sussurrò innocente, mentre l'auto parcheggiava davanti al casinò.

"Ne sono certo, Angelcakes." disse Val con la sua voce zuccherosamente dolce. Allungò una mano verso la portiera ma, prima di aprirla, si voltò di nuovo verso Angel. "Ma questa non è una notte di festa. Paparino è qui per affari, quindi non pensarci nemmeno a sbronzarti o andare in giro a combinare guai. Intesi, puttana?"

"Sì, Valentino." rispose a bassa voce.

"Bene. Ora alza il culo."

"Cosa ci facciamo qui?" chiese Angel con cautela, cercando di sembrare indifferente.

"Tu sei qui solo per essere bello." Val alzò la voce, avvertendolo di non fare più domande. "Io sto facendo visita al Signore Supremo del Casinò. Sua maestà ci ha ignorato abbastanza a lungo."

Angel si limitò ad annuire, anche se sapeva che era da un po' che Vox pianificava di convincere il Signore Supremo del Gioco d'Azzardo ad unirsi alle V. Aveva senso, dato che ottenere l'accesso ai suoi locali avrebbe portato loro grandi profitti. Era probabile che Val fosse lì per mandare a puttane il piano di Vox giusto per ripicca o per dimostrare che avrebbe potuto gestirlo da solo. In ogni caso, Angel non poté fare a meno di essere un po' emozionato. Non aveva mai incontrato o visto il Signore Supremo del Casinò o, come la maggior parte dei dannati lo chiamava, il Re delle Carte. Era noto per essere una persona molto riservata, secondo Vox, e le uniche cose che gli importavano erano l'alcool e le scommesse, secondo Val.

Il casinò era molto più bello di quanto Angel avesse immaginato. Molto di classe ed elegante, a differenza di quelli pacchiani e poracci in cui era andato qualche volta da vivo. Le pareti e i tappeti erano di un rosso scuro, attorno a loro c'erano complesse decorazioni dorate e dal soffitto pendevano imponenti lampadari di cristallo. Tutto lo staff indossava camicie button down con un gilet rosso e un papillon.

Angel stesso si sentì un po' in imbarazzo e fuori luogo, anche se per quella sera era finito con lo scegliere uno dei suoi vestiti più raffinati. Un abito da cocktail nero senza spalline, aderente, che arrivava a metà coscia e abbracciava il suo corpo alla perfezione, con i suoi stivali neri a completare il look. Ma ora, nel guardare gli altri ospiti, desiderò di aver indossato qualcosa di più lungo, magari una collana o degli orecchini di perle...

Angel aveva imparato molto tempo prima come smettere di ascoltare qualcuno, soprattutto Valentino. Si guardava intorno con occhi sgranati assorbendo quel luogo dentro di sé, mentre Val insultava una dei dipendenti del casinò perché aveva osato dire che il Re delle Carte fosse al momento troppo impegnato per riceverli.

"Mi assicurerò che qualcuno gli faccia sapere che lei è qui, signor Valentino." disse la dipendente, che sembrava star facendo del suo meglio per restare calma, ma il leggero tremito nella voce la tradì. Poveretta. "Mentre aspetta, Erik qui la accompagnerà ad un tavolo, se per lei va bene."

Il tizio di nome Erik si avvicinò a loro e annuì. Era un demone squalo grigio, più alto e robusto di Valentino. Angel notò che, a differenza degli altri dipendenti, indossava un completo nero. Probabilmente era un addetto alla sicurezza.

"Ma guarda un po'." Valentino sorrise. "Era così difficile? Facci strada, bellezza."

"Da questa parte, signor Valentino." lo squalo fece un sorriso affettato e porse il braccio al pappone. Fu una mossa ardita ma, con sorpresa di Angel, Val lo accettò.

"Ma dai, che gentiluomo che sei, cariño." lo stuzzicò Val. Nei suoi occhi c'era un luccichio che Angel avrebbe riconosciuto ad un miglio di distanza. Gli dispiacque per Erik. Sperò solo che lo squalo sapesse chi Valentino fosse.

Li seguì in silenzio. Ascoltare Val che flirtava con qualcuno era come fare un bagno in una vasca piena di cubetti di ghiaccio appuntiti, lo faceva rabbrividire nel peggior modo possibile. Ma, d'altro canto, almeno il signore supremo sembrava essersi dimenticato che là ci fosse anche Angel; cercò di rimanere più in silenzio possibile per non attirare alcuna attenzione su di sé. Forse questo lo rendeva una persona di merda, ma era sempre sollevato quando Val trovava un altro giocattolo, anche se solo per una notte. Forse avrebbe anche potuto cavarsela allontanandosi per un paio di minuti.

"Vaaal." cantilenò Angel, con voce sensuale. "Devo andare in bagn-"

"Non me ne frega, Angel, puoi pisciarti addosso o cercare un cazzo di bagno. Pensi di riuscirci?"

"Sì, Val, torno subito."

"È in fondo al corridoio, sulla destra." disse Erik. Angel gli sorrise e se ne andò più veloce che poté, senza sembrare troppo felice di scappare dal suo signore supremo.

Anche il cazzo di bagno era lussuoso. L'intero soffitto era un enorme, bellissimo dipinto con delle nuvole, Angel stava guardando in alto e lo ammirava mentre si lavava le mani. Neppure si accorse dell'arrivo di un'altra persona.

"Oh, merda. Angel Dust?"

Quella frase lo fece uscire dalla trance in cui si trovava e abbassò lo sguardo sulla persona appena entrata. Un demone dall'aspetto di iena con un completo a righe marrone scuro. Era grosso. E brutto. E guardava Angel come fosse l'ultimo pezzo di carne in una macelleria.

"Gggià." Angel sospirò e chiuse il rubinetto.

"Ho fatto un sogno erotico che iniziava esattamente così." abbaiò una risata fragorosa e orribile.

"Uno solo?" Angel sorrise con ritrosia, mentre si asciugava le mani con una salvietta di carta.

"Forse anche di più." si avvicinò, con un ghigno. "Sembra che stanotte sia la mia notte fortunata, eh? Che ne dici, tesoro, ti va di piegarti su questo lavandino per il buon vecchio me?"

"Invitante." Angel fece un passo indietro ma la sua schiena sbatté contro il marmo freddo. "Purtroppo stasera non sono in servizio, caro. Magari un'altra volta."

"Eddai! Non fare il prezioso, ti posso far divertire."

"Scusa, al momento non mi servono soldi, ma grazie, davvero."

Angel cercò di andarsene, ma la iena lo afferrò per un braccio.

"Chi ha parlato di soldi?! Stai dicendo che il mio cazzo non ti va bene abbastanza, troia?"

"Grandioso." borbottò Angel tra sé e sé. Proprio non ce la faceva ad avere una bella giornata. Una sola!

L'uomo gli afferrò la vita, Angel cercò di divincolarsi dalla sua presa, ma era davvero forte. E aveva pure un alito terribile, cazzo. Fantastico.

"Ti piacerà, puttana." disse e cercò di far scivolare la mano sotto il vestito di Angel, strappandone l'orlo con l'artiglio.

"Il mio vestito! Brutto-"

Angel colpì il demone dritto negli occhi con due delle mani libere e gli diede una ginocchiata nelle palle. La iena urlò di dolore. Angel quindi gli diede una gomitata in faccia, perché sì.

"Stronzo." spinse via il pervertito e corse alla porta, la spalancò e si precipitò lungo il corridoio. Purtroppo sentì che il pezzo di merda lo stava inseguendo.

Non era sicuro di da dove fosse arrivato, quindi iniziò ad andare ovunque le sue gambe lo portassero, solo per allontanarsi da quell'uomo. Arrivò in un corridoio vuoto con a malapena qualche luce accesa. Stava iniziando ad essere stanco, quindi decise in fretta di scegliere una porta a caso. Praticamente si buttò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle. Cercò di riprendere fiato mentre stava ancora stringendo la maniglia.

"Pervertito del cazzo." borbottò tra sé e sé. Ovviamente non era nulla di nuovo, porcate del genere gli succedevano sempre, quindi aveva imparato a difendersi molto tempo prima.

Però quel vestito gli piaceva sul serio.

Sentì qualcuno schiarirsi la gola, alle sue spalle. Sì voltò così in fretta che quasi gli venne un capogiro.

"Non sai leggere?" disse una voce fonda che apparteneva ad uno sconosciuto seduto da solo ad un grande tavolo di legno. Era un demone gatto con sopracciglia grandi e folte, una delle quali ora prevedibilmente alzata; aveva ali rosse ripiegate con attenzione dietro di lui. Indossava una camicia button down bianca con le maniche arrotolate e bretelle nere. Angel immaginò fosse uno degli impiegati del casinò. Davanti a sé aveva una bottiglia di quello che sembrava bourbon ma nessun bicchiere in cui versarlo.

La stanza stessa era piccola ma di classe come il resto del casinò. Sembrava un salotto con divani, tavoli e un piccolo bar, magari era per i membri dello staff? Forse.

"Immagino che nemmeno parlare sia il tuo punto forte?" chiese di nuovo lo sconosciuto e diede un sorso alla bottiglia che aveva di fronte. Non sembrava arrabbiato, da quel che Angel poteva dire, forse solo stanco.

"No. Sì. Cioè, no?" Angel cercò di nascondere il suo imbarazzo incrociando entrambe le paia di mani davanti a sé e alzando il mento. "So parlare. E anche leggere, graziemille."

"Bravissimo. Sapevo che ne eri capace." disse il gatto, il divertimento chiaro nella sua voce. Anche se era un complimento finto e lui probabilmente pensava che fosse un idiota, Angel si sentì arrossire. La voce di quel bastardo era sexy da morire, okay?

"Eppure non sei riuscito a leggere il cartello privato sulla porta."

"Senti." sospirò Angel. "Stavo scappando da un pervertito che ha cercato di mettermi le mani nelle mutande senza permesso. Perdonami per non aver fatto caso ad uno stupidissimo cartello del cazzo su una porta!"

A quella frase l'altro demone aggrottò le sopracciglia; Angel mise due mani sui fianchi a sottolineare quanto serio fosse. E magari per avere un momento di ah! a questo non puoi ribattere, ho vinto io. E poi rimasero a fissarsi per quelli che al ragno sembrarono i venti secondi più lunghi della sua vita. Il gatto aveva un'espressione seria e non interruppe il contatto visivo, come se stesse cercando di leggere nella mente di Angel o qualcosa del genere.

Poi si alzò dalla sedia; se notò che Angel fece subito un passo indietro, non lo commentò.

"Vuoi qualcosa da bere?" chiese, avvicinandosi al bar dietro di lui. "Mentre aspetti che quel pezzo di merda sparisca."

A quel punto Angel si sentì rilassare un poco, sciolse le braccia e le abbassò inconsciamente. Quell'uomo non gli avrebbe fatto del male. Era l'abilità speciale che aveva sviluppato durante i suoi anni bloccato all'Inferno. Sapeva sempre fin dai primi momenti se qualcuno avrebbe cercato di fargli del male.

"Come faccio a sapere che non mi metterai qualcosa di brutto nel drink per potermi poi saltare addosso, micetto sporcaccione?"

"Husk." disse il demone.

"Prego?"

"Il mio nome. È Husk." disse il gatto, Husk, mentre ancora dava le spalle ad Angel. "E sentiti libero di venire qui a guardarmi mentre ti faccio quel drink." Si voltò verso di lui con un accenno di sorriso sul volto. "Non mordo."

"Ma io potrei." soffiò Angel, senza nemmeno rendersene conto.

Husk rise.

Aveva un'affascinante risata da papà che scaldò piacevolmente lo stomaco di Angel.

"Spero di no. Per stasera non pianificavo di fare l'antirabbica."

Fu la volta di Angel di ridacchiare. "Ti servirebbe molto di più, tesoro."

"Oh, ne sono sicuro." Husk sorrise quando Angel gli si avvicinò e lo guardò miscelare i drink. Era di una testa più basso del demone ragno. Sopra la testa i capelli scuri erano più o meno pettinati all'indietro, con alcune striature grigie.

"A proposito, io sono Angel." sorrise. "Ma probabilmente lo saprai già."

"Perché dovrei saperlo?"

"Perché sono una star, ovvio." Angel gli fece l'occhiolino.

"Lo sei?"

Angel ostentò un sussulto e si afferrò il petto con fare teatrale, come se Husk avesse detto il peggior insulto che avesse mai sentito.

"Il mio ego! Non è stato carino, signor Husk! Come potrò mai sopravvivere all'onta?!"

Husk aveva sul viso un sorriso compiaciuto che rese chiaro ad Angel il suo probabile star mentendo e sapere chi lui fosse.

"Ecco il suo drink, superstar." Husk gli porse il bicchiere. "Lo prenda come le mie più sentite scuse per averla offesa."

"Oh, grazie, signore!" Angel annuì e prese il drink.

Realizzò quanto fossero vicini solo quando diede un sorso al suo drink e notò come Husk stesse osservando minuziosamente la sua reazione. Cristo, quanto cazzo era carino!

"Merda! Quant'è buono!" Si sentì dire dopo averne bevuto un po'.

"Felice che ti piaccia." sorrise Husk, soddisfatto di sé, e si appoggiò al bancone dietro di loro.

"Oh! Tu qui fai il barista, vero? L'ho capito." Angel puntò il dito verso di lui.

"A volte." l'altro demone alzò le spalle e recuperò la sua bottiglia di bourbon.

"E altre volte?" Angel piegò la testa con curiosità, mentre continuava a sorseggiare il suo drink.

"Altre volte faccio da babysitter a twink che a quanto pare non sanno leggere un semplice cartello su una porta."

Ed Angel sputò elegantemente il drink dal naso. Dire che fosse mortificato era poco. Perché diavolo era così impacciato con un tizio random incontrato cinque minuti prima?!

Husk stava ancora sorridendo quando, senza dire una parola, gli diede dei fazzoletti e Angel si pulì velocemente mento e petto.

"Scusa per averti rovinato la festicciola privata, cowboy." disse poi Angel, indicando l'alcool in mano al demone gatto.

"Va bene così. Era più una festa di autocompatimento, comunque."

"Oh, io me intendo parecchio, fidati."

Husk gli rivolse un sorriso triste e poi entrambi diedero un lungo sorso ai loro drink nello stesso momento.

"E tu cosa ci fai qui? Al casinò, intendo. Una grande star come te." chiese Husk e Angel sentì il sorriso cadere per un istante.

"Il mio capo mi ha trascinato qui." rispose. "Vuole incontrare il tuo capo, in realtà."

"Il mio capo?" Husk aggrottò le sopracciglia.

"Il proprietario di questo posto? Il Signore Supremo del Gioco d'Azzardo."

"Ah, lui. Capisco. E posso assumere che il tuo capo sia..."

"Valentino, sì." Angel non lo lasciò neanche finire, voleva solo togliersi il pensiero il prima possibile. Quella era la parte peggiore di ogni conversazione con le persone appena conosciute.

"Caspita."

Non poté fare a meno di ridacchiare.

"Gggià." disse, calcando sulla g all'inizio. "Io l'anima l'ho venduta a quello là."

Sembrava che Husk fosse sinceramente dispiaciuto per lui, cosa che Angel odiò all'istante. Non aveva bisogno di pietà. Non se ne faceva un cazzo.

"Non osare guardarmi con quella faccia triste, Husky-poo; non ero io quello che fino ad ora stava bevendo tutto solo in una stanza vuota."

Husk non rispose subito, si limitò a sollevare le sopracciglia e a lanciargli un'occhiata di chi la sa lunga. Merda. Perché sembrava che potesse leggere Angel come un dannato libro? Ora si sentiva in imbarazzo, come un bambino beccato a fare qualcosa di brutto. Come osava quel barista random giudicarlo per-?

"Vuoi un altro drink?" La domanda di Husk lo scosse dai suoi pensieri. Abbassò di nuovo lo sguardo sul gatto, che lo stava osservando con il più dolce degli sguardi.

"Non ti compatisco, Angel." Husk allungò il braccio per prendere il bicchiere in mano al ragno e, quando le loro dita si sfiorarono, Angel trattenne il respiro. "È solo che non penso sia giusto. La situazione in cui ti trovi."

"Eh, cosa c'è di giusto all'Inferno?"

"Non posso darti torto, ragazzino." iniziò a preparargli il secondo drink e Angel stava cercando di non pensare a quanto le mani di Husk fossero minimo il doppio delle sue.

"Non finirai nei guai per avermi dato roba gratis, vero?" Angel si avvicinò guardandolo lavorare.

"Nah, il proprietario è tranquillo."

"Già mi piace!" dichiarò Angel, prendendo con piacere il drink che Husk gli porgeva.

"Mi assicurerò di farglielo sapere."

E ancora una volta rimasero lì, in piedi, a guardarsi negli occhi. Angel sapeva che si sarebbe fatto fantasie su quel tipo per minimo le successive due settimane o giù di lì. Era molto raro che si prendesse una cotta, ma ne riconosceva lo stesso la sensazione. Magari avrebbe potuto baciarlo? Succhiargli il cazzo, già che c'era. Probabilmente non l'avrebbe mai più rivisto, quindi perché non togliersi il pensiero? Ah, sì, che genio che era.

"Allora." si girò del tutto verso Husk, assicurandosi di gonfiare il petto e lanciargli il suo miglior sguardo provocante. "Come posso ringraziarti per questi drink fantastici, bellezza?"

"Hai qualcosa negli occhi?" Husk si avvicinò con un'espressione preoccupata.

"Ehm, no? Cosa?" Quella domanda destabilizzò Angel.

"Un attimo fa, stavi continuando a sbattere le palpebre."

Ma che cazzo?

"Ah, ahah, no, sto bene... Grazie, comunque." Rise, a disagio, cercando di tornare nel suo ruolo seducente.

"E che ne pensi del Casinò?"

"Eh?"

"Meno male che non ti ho fatto domande di astrofisica." Husk ridacchiò. "Il Casinò, carino. Ti piace?"

"Oh, mi, uhm... Mi piace." Doveva riprendersi da quello che era appena successo. Nel profondo sapeva di non essere proprio stato respinto, dato che Husk non aveva nemmeno colto i suoi segnali. E andava bene così! Davvero. Bruciava solo un po', semplicemente perché non era mai successo prima. Tutti volevano sempre portarselo a letto, quindi quando voleva effettivamente farsi qualcuno non doveva mai impegnarsi più di tanto. Ma se Husk voleva solo parlare, poteva fare anche quello. Certo.

"In tutta onestà, non sono abituato a posti eleganti come questo." ammise Angel. "Ma mi piace. È molto di classe. Oh! Il soffitto del bagno è stupendo! È la mia parte preferita!"

"Il soffitto del bagno?" Husk lo guardò con un'espressione sbigottita.

"Sì! È tutto un grande dipinto del cielo terrestre! Non ho mai visto niente del genere. Mi ero dimenticato quanto amassi guardare le nuvole, quand'ero vivo. Tutti quei bei colori. Quaggiù è solo rosso e grigio."

"Le, uhm... le amavo anch'io. Le nuvole." mormorò Husk.

"Vero? Quindi sì, quella è la mia parte preferita del Casinò, finora." Angel annuì, all'apparenza soddisfatto della sua risposta, poi aggiunse: "Oh, e anche il barista è molto bello."

"Ma non supera il soffitto del bagno, immagino?"

"Certo che no! Ma si aggiudica un meritatissimo secondo posto. È un po' burbero, ma è uno spettacolo per gli occhi."

"Ma davvero?" Husk rise di nuovo e Angel decise di volere quel suono come suoneria.

"Assolutamente. Una vera bomba sexy. Lo cavalcherei senza esitazioni."

Fu il turno di Husk di sputare il suo drink e Angel rise trionfante.

"Ah! Vittoria!" Alzò un pugno in aria. Quando il demone gatto tossì ancora, ebbe pietà di lui e gli diede forti pacche sulla schiena finché non si riprese.

"Su, su, micetto." invece di togliere la mano dalla sua schiena, iniziò ad accarezzarlo in cerchi rilassanti. "Non volevo farti strozzare."

"Bastardo." disse Husk, ma non c'era irritazione nella sua voce.

"Va bene, vecchietto, ci possiamo lavorare su quei riflessi faringei, non ti preoccupare." ridacchiò Angel e Husk sorrise a sua volta.

"Taci."

Con ancora una mano sulla sua schiena, Angel prese la bottiglia che il gatto stava tenendo e la mise vicino a loro sul bancone.

"È un po' noioso, però." Disse dopo un paio di secondi trascorsi in un silenzio confortevole. "Questo posto. Ma non dirlo al tuo capo."

"Noioso? Perché?" Husk alzò lo sguardo su di lui.

"I giochi non mi fanno impazzire e non avrei neanche niente da scommettere, quindi qui per me non c'è granché da fare. Servirebbero degli spettacoli o qualcosa del genere."

"Vuoi trasformare questo posto in uno strip club?"

"Husky, mi offende che tu possa anche solo suggerirlo!" Gli diede un pugno leggero sulla schiena. "Intendevo un cantante o una band! Magari qualche ballerino di burlesque, giusto per avere qualcosa di carino a distrarre gli idioti che si giocano il loro denaro."

"Uhm." Husk lo guardò con lo stupore negli occhi. "Interessante."

"Fidati! Sarebbe una svolta. Ah, già me lo vedo!"

"Sicuro di essere una pornostar?" domandò Husk, alzando un sopracciglio.

"Oh, sono la miglior pornostar che tu possa conoscere, baby."

"Tu sei l'unica pornostar che conosco. Avete tutte questo senso degli affari?"

Angel fece per rispondere, quando il suo cellulare squillò e gli si gelò il sangue. Cazzo. Si era completamente dimenticato di Val. Allungò una mano nella lanuggine sul petto per tirare fuori il cellulare e, come previsto, la chiamata era del suo signore supremo.

"Merda. È Val. Scusa, devo-" giocherellò con il telefono, finché non si decise a rispondere.

"Dove CAZZO sei, brutta troia succhiacazzi??!" la voce di Valentino urlò nella stanza silenziosa; era in vivavoce. Grandioso. "Riporta qui quel tuo culo sfondato o ti faccio a pezzi in mezzo a questo merdaio!"

"Sì, Val." finalmente Angel riuscì a rimettere il silenzioso, così che Husk non sentisse il resto degli insulti che il pappone gli stava vomitando addosso. "Arrivo subito. Sì. Scusa. Sì."

Sentì il viso bruciare come se stesse andando a fuoco. Era umiliato e pieno di vergogna; dava le spalle ad Husk quando mise giù il cellulare e fece un respiro tremante, non voleva neppure guardarlo dopo tutto quello.

Sentì una mano prendere una delle sue e stringerla. Si voltò verso Husk, che sembrava preoccupato e arrabbiato.

"Mi spiace tu abbia dovuto sentirlo, Husky."

"Angel."

"Devo andare."

Angel fece un respiro profondo per riprendersi, si passò una mano tra i capelli. Strinse la zampa di Husk un'ultima volta prima di lasciarla e andare verso la porta. Non voleva voltarsi perché era già abbastanza doloroso così, ma lui non era forse un maledetto masochista?

"È stato davvero un piacere conoscerti, Husk." si voltò con un sorriso amaro. "Non lo dico spesso, ma spero ci rivedremo."

"Lo spero anch'io, ragazzino." Husk annuì con un sorriso pieno di malinconia e dolore.

"Giurin giurello?" Angel alzò il mignolo. L'altro demone ridacchiò ma alzò il mignolo a sua volta.

"Giurin giurello."

Il dito di Angel era comicamente piccolo avvolto attorno a quello di Husk.

"Bene." uscì dalla porta. "Ciao, bellezza."

Si richiuse la porta alle spalle e stavolta non si voltò.

 


 

Val stava praticamente fumando dalla rabbia per quando Angel ritrovò la strada per la sala principale. Attorno a loro vorticava parecchio fumo rosso fuoco, perché il pappone faceva tiri alla sua sigaretta ad un ritmo così veloce che una persona normale avrebbe di certo già avuto un infarto. Altri dannati lo stavano guardando con disapprovazione, ma nessuno osò dire una parola. Angel non vide Erik. Qualsiasi fosse il motivo dietro la sua assenza, era probabile fosse ciò che aveva fatto magicamente realizzare a Val che Angel era sparito per più di venti minuti.

"Dimmi, amorcito, dove cazzo sei stato?!" gridò appena vide Angel, cosa che, in realtà, avvenne solo quando lui gli fu davanti, dato che la vista della falena era terribile.

"Scusa, Val. Sono stato trattenuto da un pervertito. Mi ha aggredito in bagno."

Sapeva fin troppo bene che dargli spiegazioni non serviva a niente. Era sempre una domanda retorica, nulla più.

"Ti ha pagato, almeno?"

"No. Sono scappato prima che-"

Il suono dello schiaffo che si prese in pieno viso risuonò per tutta la sala principale del Casinò. Le orecchie fischiarono e si sentì perdere l'equilibrio per un momento, ma si rifiutò di cadere a terra. Era un punching ball professionista, dopotutto, e sapeva che Valentino se la sarebbe solo gustata, la sua sofferenza.

"Angel, baby, sei terribilmente irritante, lo sai, vero?" Val gli afferrò il braccio e lo strattonò verso di sé. Sospirò, soffiando fumo in faccia ad Angel, mentre guardava il segno rosso che il palmo gli aveva lasciato sulla guancia. "Mh, che orrore."

Angel non rispose, si limitò a fissarsi i piedi.

"Signor Valentino?" una voce gentile arrivò dalla loro sinistra. Apparteneva ad una dannata minuta, vestita con l'uniforme dello staff del Casinò. Aveva la pelliccia marrone e capelli mossi biondi che le arrivavano alle spalle, tirati indietro da un fiocco bianco sulla nuca. Aveva orecchie e corna da capra.

"Mi chiamo Daisy." disse con un sorriso cortese. "È un piacere conoscere lei e il suo compagno, signore. Il mio capo mi ha mandata per farle sapere che la incontrerà a breve in una delle nostre sale da gioco VIP."

"Ah, è un'eternità che aspettiamo, signorina." disse Valentino con un sorriso tirato, senza lasciar andare l'avambraccio di Angel.

"Le mie scuse ad entrambi. Vi ci accompagno subito." assicurò loro, i suoi occhi rossi incontrarono quelli di Angel.

"Vai avanti."

La sala da gioco VIP aveva un'atmosfera più intima del resto del Casinò; era illuminata debolmente, gettando ombre soffuse lungo le pareti di eleganti pannelli in legno scuro. C'erano molte meno decorazioni d'oro superflue lì, creando un contrasto con la parata di sfarzo che era l'esterno. Aveva un'aria più seria. Angel immaginò fosse per far sentire importanti gli ospiti che venivano invitati lì, per creare quella sofisticata atmosfera di stocazzo. Per farli sentire come se stessero facendo visita un vecchio amico. Astuto.

Al centro della sala stava un tavolo, la superficie luccicava sotto il bagliore tenue dei lampadari al di sopra. Un bel rivestimento di velluto copriva il piano di gioco del tavolo. Quello era il punto d'interesse della sala. Le sedie attorno al tavolo erano a loro volta rivestite di velluto rosso scuro. Angel lasciò vagare la mente, chiedendosi quali tipi di partite ad alta posta si fossero svolte lì.

Nella stanza c'erano già tre impiegati del Casinò, tutti in completo da addetti alla sicurezza. Un demone cane e due squali, uno dei quali Angel riconobbe come Erik. Anche lui aveva il segno di una mano sul viso che faceva pendant con quello di Angel. Il poveretto aveva probabilmente respinto le avances di Valentino. Il ragno gli sorrise con compassione.

"Accomodatevi." Daisy indicò il tavolo. "Vi raggiungerà a breve."

Con quello la demone capra lasciò la sala.

Angel poté vedere quanto Val, mentre si sedeva, fosse compiaciuto. La sala VIP aveva fatto il suo lavoro, dopotutto. Farlo sentire importante.

Valentino gli sorrise e si batté una mano sulla coscia, indicando ad Angel di sederglisi sulle gambe. Così, invece di urlare, Angel si morse l'interno della guancia e si sedette.

Erano passati dieci minuti, quando la porta da cui erano entrati si aprì di nuovo. Per un momento Angel fu abbagliato dalla luce che proveniva da fuori. Accanto a Daisy stava il Re delle Carte in persona, il Signore Supremo del Casinò.

"Perdonate l'attesa, signori." disse una voce fonda spaventosamente familiare.

"Era ora, Husker." rise Valentino. "Stavo cominciando a pensare mi stessi evitando."

E lì stava Husk. Il vecchio barista burbero che Angel aveva appena conosciuto. Se non che ora indossava un elegante gessato nero, un papillon dorato al collo, la pelliccia sulla testa era pettinata con cura, e aveva un'espressione seria. Le ali rosse sembravano imponenti e minacciose.

Angel sentì i suoi pensieri sfociare nel caos puro mentre un gelido brivido di panico gli strisciava lungo la schiena. Il petto si strinse, dimenticò come si respirava. La mente ripercorse in fretta gli eventi di quella notte. L'uomo dolce e stanco che aveva appena conosciuto era un signore supremo. Uno molto potente. L'uomo per cui si era preso una cotta devastante dopo soli venti minuti di chiacchierata. L'uomo che gli aveva promesso con un cazzo di giurin giurello che si sarebbero rivisti! Il mondo attorno a lui iniziò ad offuscarsi. Il cuore gli batteva nel petto come un cazzo di martello pneumatico. Si sentì invadere da paura e panico. Si sentì tradito.

"Da quanto tempo, amigo." lo salutò Val, quando si avvicinò al tavolo.

"Non abbastanza, Tino." replicò Husk.

Gli occhi di Husk incontrarono quelli di Angel per un momento e il mondo si fermò. Le urla di panico nella testa di Angel si spensero, tutto divenne silenzioso.

Oh, Angel era incazzato.

 

 

.

 

 

Nota:

Se il capitolo vi è piaciuto, spargete amore e lasciate un kudo anche alla storia originale!

  
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