GEOMETRIA
Piast |
relle
rettangolari nere e ocra.
Un pugno nell’occhio. La cartina della Grecia antica stona.
Al mio fianco
capelli neri come un corvo. Il corvo si alza in volo perpendicolare
alla parete
e parallelo al pavimento descrivendo una parabola nell’aria
color ruggine.
Lo spaventapasseri è costruito su una
struttura a croce cristiana rovesciata con il legno dei banchi e il
fieno del
refettorio della grande scuola delle mucche. Scuola si scrive con una Q
spaccata violentemente a metà da un filo di piombo attaccato
a una mela di
bronzo. La mela è sferica come un’arancia e viola
come una prugna. L’arancia batte forte nel mio petto mentre
il mio sesso si
indurisce come un pezzo di ferro davanti allo schermo rettangolare del
computer. Non riesco a capire lo schema di linee ordinate e confuse che
descrivono i riccioli della mia professoressa di matematica. Bisogna
sempre
obbedire alle regole. Una frazione divide a metà la lavagna
liscia come un orso
di peluche. L’orso indossa una maglietta bianca
con sopra scritto “I am pretty” in bianco. Ci
sono dei fumetti per terra, aperti a caso. Le figure sono brutte, la
storia
anche. Le vignette sono irregolari. “Così
parlò Zaratustra”
è accanto a “Maghetto
pasticcio” sul
comodino rosso. La
vasca da bagno è un parallelepipedo
coperto di schiuma pesante. Non c’è spazio nemmeno
per quel quadro conico
dell’artista poco conosciuto. I pezzi del puzzle sono
irregolari e multiforme
ma uniti danno vita a una gigantesca vignetta di Topolino. Snoopy
scrive con
una macchina da cucito sul tetto della cuccia ma vuole un muffin con
gelatina
d’uva. Ho fame. Naruto in un angolo bacia Sakura mentre
Hinata piange li guarda
e piange accanto a Zangetsu. Il mio sesso si irrigidisce mentre lui si
spoglia.
Piango. Una banana verde
mi dice che non sono
adatto a ballare il tango. Un pugno in un occhio. L’elegante
aquila è misera e
meschina, se la prende solo con animali più piccoli. Questa
storia è così piena
di clichè. Megara dichiara guerra a Sparta ma perde
perché Leonida e Michael
Jakson hanno scoperto un sentiero per aggirare l’esercito e
attaccarli alle
spalle. C’è Alessandro? No, è morto.
Odio questo posto. Il mio cellulare si è
rotto e non posso chiamare nessuno. I miei pantaloni si sono strappati
quando
sono andato sulla luna a raccogliere il cavolfiore. Il fiero leone
è stato
attaccato da suo figlio e ha vinto, il leoncino è morto con
un coltello da
macellaio tra le scapole. Il sangue rosa
schizza sulle pareti rosa
diventando
trasparente come cristallo. Il mio cane ha ingravidato
un’altra cagnetta,
Esteban Trueba lo sopprime. Non mi piace la simmetria, ma è
sangue senza di
essa. Odio avere torto, odio aver ragione. Odio… Chiamiamola
“Pesca”. No, non
mi piace come nome. Devo andare in bagno ma una catena d’oro
e di merda mi
trattiene sul posto. Resto qui a cagare sangue fino a quando Pablo
Neruda e
Maria de Filippi non mi fanno vincere San Remo truccando il concorso.
Il palco
è ovale e io recito Shakespeare con un teschio di cartapesta
in mano e una
calzamaglia gialla
addosso. Il teschio è
sferico come l’albero tagliato accuratamente del mio
giardino. Tutti mi dicono
che sono bravo mentre un rapace mi mangia la torta al cioccolato
fondente che
ho al posto del fegato. Tutto questo per essersi alzato da una
poltrona. Una
poltrona di broccato finissimo e rosa dalle api. Le api sono brutte e
cattive,
vanno sterminate. Allora i cavatappi a spirale entrano in gioco usando
la carta
magia “anfora dell’avidità”.
La seconda carta che pescano è l’universo
attraverso il quale Barbie cammina con passo allegro e freddo. Ha una
coda di
ammiratori da tutto il mondo ma lei non ci fa caso. Cammina sui suoi
tacchi marroni
fatti di quercia magica. I druidi
sacrificano un agnello arancione
sull’altare
di latta per sentirsi più vicini agli dei. I draghi non
esistono. Cresci. Alza
gli occhi dal diario del “Chè” e guarda
la lavagna. Una frazione la divide a
metà. I banchi di lego e ferro sono fatti per durare. Un
pugno nell’occhio.
Piastrelle rettangolari nero e ocra.