In un angolo segreto dell'anima
c'è un café, chiuso a chiave da troppo tempo.
Dentro ci sono delle anziane sciantose,
con indosso abiti di seta strappati,
fili consunti di perle e cappelli con piume in rovina,
occhi pieni di memorie che vorrebbero dimenticare.
Vagano, docili e stanche, tra un palco divelto e sedie rovesciate,
eppure ancora capaci di intonare una chanson française,
se una voce gentile sussurrasse loro un testo d'amore.
Rinnegano adulatori impazienti e furbi incantatori
che prendono a pugni la porta d'ingresso,
ostentando illusioni nel taschino del frac.
Agognano fiori ed elogi sinceri
da parte di chi ancora comprende il loro talento e la loro fragilità.
Sognano di una galenteria antica, un braccio porto con grazia,
non una pretesa di entrare, ma un invito paziente a uscire,
una alla volta, senza fretta, senza paure,
per lasciarsi alle spalle echi di risate vuote e sguaiate,
fantasmi di inganni e calici impolverati colmi di chimere.
Solo così torneranno a intonare insieme un unico canto
e danzeranno nel cerchio di una nuova luce,
per colui che avrà saputo riconoscerle senza domarle,
sfiorarle senza ferirle e amarle senza temerle.