Un gruppo di persone si ritrovano rinchiusi in una stanza nel buio più totale senza ricordarsi niente. Chi sono? Perchè sono li? Chi è il responsabile di tutto questo? Cosa si nasconderà dietro questa stanza nera?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Era completamente buio tutto intorno a me. Non ricordavo niente.
Insieme ai miei gemiti se ne aggiungevano altri.
- Chi siete? – domandai timoroso mentre i lamenti
continuavano.
- Io non lo so, non mi ricordo niente. – rispose una voce
superando quelle incessanti lagne.
Il buio totale di quel luogo mi urtava in modo particolare, inoltre
quelle incessanti lamentele di persone sconosciute mi infastidirono
ulteriormente.
- Basta! – tuonò una voce dietro di me e tutto
intorno si calmò. I lamenti ripresero per poco, poi si
interruppero definitivamente.
- Chi di voi ricorda qualcosa? – chiese ancora
un’altra voce.
Ci fu un dissenso generale, nessuno ricordava né il nome,
né la provenienza, proprio niente.
Non potevamo nemmeno riconoscerci nel volto, il luogo (probabilmente
una stanza) in cui ci trovavamo era completamente avvolto nel buio
più totale.
- Quante persone siamo? – domandai.
- Come facciamo a saperlo? non vediamo niente! – disse un
altro dinanzi a me.
- Ho avuto un’idea. – propose una voce alla mia
destra – Contiamo. –
- Cioè? Non capisco…- chiese colui che era
dinanzi a me.
- Mi spiego meglio. Adesso io comincio col dire il numero uno,
un’altra persona continuerà dopo di me e
così via finché non avremmo raggiunto il numero
di persone. –
Tutti compresero la geniale soluzione di quella voce con qualche
complimento e cominciò il conteggio, rispettando i tempi e
non creando confusione. Così rispettivamente: il numero 1 a
colui che aveva proposto il piano, il numero 2 e 3 alle donne del
gruppo, il 4 toccò a me, il 5 e il 9 erano due bambini, il 6
colui che placò le lamentele, il 7 capitò al
vecchio del gruppo ed infine il numero 8 toccò alla persona
che parlò per primo dopo di me. In totale eravamo 9
individui che dovevano convivere con questa inaspettata situazione.
- Bene! Ora che sappiamo quanti siamo propongo, per
praticità, che il nostro nome rimarrà il nostro
numero. -
- Giusto – aggiunse il numero 8, seguito da altre voci
accordi.
Alcuni colpi sulla parete della stanza interruppero la conversazione e
numero 1 chiese: - Che sta succedendo? –
-Ci deve essere un’uscita – rispose un
po’ innervosito numero 6 – cavolo ci deve essere!-
Numero 6 fu preso dal panico, voleva a tutti i costi uscire da
lì, battendo colpi violenti sui muri.
Insistette numero 6 con tale forza da impaurire i due bambini;
allorché intervenne numero 7, il vecchio, pronunciando: - la
calma è la virtù dei forti.-
Numero 6 continuò a colpire senza sosta nel tentativo di
risolvere quella angosciosa situazione, finché una porta si
aprì e la luce abbagliò tutti.
Non riuscivo a vedere niente, sentivo solamente la voce di numero 6 che
cercava di difendersi, cessando subito dopo che
quell’individuo chiuse la porta.
- Numero 6, numero 6 – ripeté numero 1.
- È stato portato via. – conclusi io.
- Che diavolo succede qui? – domandò una voce
femminile, era il numero 3.
Stavamo cominciando a perdere la pazienza, a non sopportare questa
situazione, allora cercai di tranquillizzarli: - Calma! Calma!
Riflettiamo su ciò che ha detto numero 7, ha ragione, la
calma è la virtù dei forti, quindi dobbiamo
mantenere la tranquillità o faremo la fine di numero 6.
Dobbiamo rimanere uniti e superare insieme questi momenti.-
Tutti si calmarono dalle mie parole rassicuranti, e cercammo di
collaborare.
- Qualcuno è riuscito a vedere da dove veniva la porta?
– chiesi.
- Io non sono riuscito a vedere niente quella luce ha abbagliato tutti,
probabilmente è molto tempo che siamo rinchiusi qua al buio
- rispose numero 1.
Mi sentii toccare, poi strattonare i vestiti infine una voce di bambino
parlò: - Io sono riuscito a vedere la porta. –
Dalla voce pareva un bambino di 10 anni, era numero 9.
- Sapresti riconoscere, al buio, dove si trova? – gli chiesi
io.
La risposta fu affermativa e prendendomi la mano andò nella
direzione della porta.
- Dovrebbe essere più o meno qui. – aggiunse
numero 9.
- Ottimo lavoro. – si congratulò numero 1 dalla
parte opposta della stanza.
- Ma non sento nessuna maniglia, e adesso? – domandai.
- Aspetta ti do una mano. – mi aiutò numero 1.
Con calma tastammo tutta la parete fino a che non trovammo la maniglia.
– Eccola! – esclamò numero 1 –
ma non si apre- aggiunse sconsolato.
- Me lo immaginavo – disse numero 8.
- Qualcuno ha un piano? – chiese numero 3, una delle donne.
- Potremo aspettare che ritornino e appena aprono lo assaliamo.
– propose numero 8.
- Non funzionerebbe. – tagliai corto.
- Allora qualcuno ha un’altra idea? –
domandò numero 1.
- In genere c'è un momento per tuffarsi, ma bisogna
aspettare che si riempia la piscina se non ci si vuole immergere in un
pediluvio – pronunciò numero 7.
- Che vuoi dire numero 7? – domandò numero 1.
Numero 7 si limitò a pronunciare un’altra
citazione: - Ci vuole saggezza per comprendere la saggezza. La musica
non è nulla se il pubblico è sordo.-
- Ma vaffanculo! – rispose netto numero 2.
- Calmiamoci. Ormai è chiaro che numero 7 parla solo con
degli aforismi e quindi va compreso ragionandoci. – proposi
io.
- Io ho capito cosa vuol farci capire. Il momento per tuffarsi,
cioè del nostro piano c’è ma bisogna
aspettare il momento giusto, cioè quando la piscina si
riempirà se non vogliamo immergerci in un pediluvio e quindi
il nostro piano in fumo. – spiegò numero 1.
- Si concordo, direi di aspettare il momento giusto. – disse
numero 8.
Così aspettammo per varie ore il momento giusto che sembrava
non arrivare più.
Ci posizionammo in questo ordine: io e numero 1 ai lati della porta,
numero 8 davanti mentre i restanti del gruppo dietro nel caso ci
volesse un rinforzo.
Il tempo scorreva, senza che nessuno aprisse quella porta. Il buio, il
silenzio, davano a quei momenti pura angoscia e pressione.
Eravamo tutti molto attenti allo spostamento della maniglia, ma
quell’individuo non né voleva sapere di arrivare,
come se sapesse.
Ero in tensione da parecchio tempo e quindi decisi di rilassarmi, ma
appena distesi i nervi la maniglia si mosse cogliendomi impreparato.
La porta si spalancò e un bagliore accecò tutti.
Nonostante il dolore agli occhi riuscii a dire: - ORA! –
Tutti assalimmo l’individuo: - Aiuto! –
Gridò l’uomo e subito arrivarono in soccorso altri
compagni.
Subito dopo si attivò un allarme, i miei occhi si stavano
riabilitando e riuscii a intravedere un’uniforme verde, da
soldato.
Quello fu l’ultimo ricordo visivo perché un
soldato mi immobilizzò e mi colpì facendomi
perdere i sensi.