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Autore: kannuki    29/09/2009    1 recensioni
"Piaceresti a mio padre con quelle sembianze" lo prese in giro, osservando come si rimarginava la ferita.
"A voi donne non sta mai bene niente" mormorò infastidito "ho avuto uno scrupolo di coscienza con te."
"Ti strapperò un centimetro di pelle per volta, ti lascerò rigenerare e continuerò a farlo per l'eternità, sarai il mio giochino nel doposcuola!" lo afferrò per i capelli e lo voltò al contrario "Meglio della playstation" finì conficcandogli il coltello a serramanico nella nuca. Claire aprì il portabagagli e prese la benzina e l'accendino, cosparse il corpo di liquido e gli diede fuoco. Fu solamente quando vide la lama infilata nella nuca che reagì. La estrasse con uno scatto violento ustionandosi la mano. Sylar tornò in vita sentendo i nervi gridare impazziti dal dolore. Claire lo guardò pensando che "ops, è vero, a lui fa male."
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angela Petrelli, Claire Bennet, Mr. Bennet, Nuovo personaggio, Sylar
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'effetto farfalla'
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Mi scuso per la sparizione improvvisa della storia, ma mentre scrivevo, mi sono resa conto che non rispecchiava ciò che volevo raccontare e avevo ingabbiato i personaggi in parti costruite che andavano strette e che dovevano seguire un'unica direzione. La 'mia' Claire, del tutto out of character, è animata dalla vendetta, vanitosa, viziata ed insopportabile, Angela ha un ruolo determinante nello svolgimento della storia e nell'interazione fra i due personaggi - del tutto discutibili i consigli che da a Claire il più delle volte- e Sylar... beh, fa sempre venire i nervi a tutti, qualsiasi cosa faccia o dica. Poche scene della scorsa 'edizione' sono state utilizzate nel nuovo racconto, vi consiglio di rileggere da capo perchè anche i dialoghi all'interno sono cambiati. Buona lettura.



Oggi.


Un altro universo, su un'altra terra.



Le sembrava sempre di udire il ticchettio di un orologio quando era distratta o in procinto di addormentarsi. La pelle si accapponava ed immediatamente tutto il suo corpo era sveglio e reattivo, pronto a difendersi da una nuova aggressione. Attendeva quella frazione di secondo in cui Sylar l'avrebbe presa alle spalle e le avrebbe scoperto il cranio per rubarle il potere. Ma era già successo e non sarebbe avvenuto una seconda volta: lei era immortale, diversa da tutti gli altri. Gliel'aveva detto dopo aver rimesso a posto la calotta cranica e i suoi poteri l'avevano guarita istantaneamente. C'era qualcosa di orribile e osceno in quell'uomo che si approfittava del prossimo senza scrupolo alcuno. Claire lo odiava con tutta se stessa, avrebbe preferito avere un potere più utile. Ormai non sentiva più dolore, non c'era rimasto niente di umano in lei. Una stupida cheerleader che sgambettava durante le partite. Perchè suo padre non le aveva fatto praticare le arti marziali? L'avrebbe potuto rendere inoffensivo con poche mosse ben assestate. No, impossibile, pensò rabbrividendo e stringendosi su se stessa. L'avrebbe battuta ugualmente. Claire non dormiva. Era la terza o dodicesima notte di seguito, non ricordava bene. Non dormiva da quando quell'uomo le aveva causato più dolore di quanto credesse. Non si era mai sentita così indifesa e impotente di fronte una forza superiore alla sua. Era stato il modo in cui l'aveva fatto. Freddo, ma partecipe della sua disperazione. Come se ne godesse. Claire credeva che fosse esattamente così. Aveva sentito una lama immaginaria trafiggerle la fronte e li aveva visti cadere.

I suoi capelli.

Poi aveva visto il suo cranio.

Dall'interno.

Il sangue.

Mancava poco che svenisse dalla paura. Il dolore no, non lo sentiva. Sentiva solo il suo respiro sulle orecchie o sulla fronte mentre si chinava su di lei e cercava il punto perfetto, la sede del suo potere. Lavorava come un chirurgo. Distante e gelido... ma Claire lo sentiva inebriarsi della sua impotenza. Porco maniaco pervertito, pensava astiosa, sentendo ancora l'odore della pelle e dei vestiti che indossava quel giorno. Non l'avrebbe mai dimenticato. L'odore dell'appretto di una delle tante lavanderie della città, un dopobarba dal nome sconosciuto che avrebbe riconosciuto in una fabbrica di profumi, il tocco leggero delle dita quando le aveva risistemato 'la testa'.

Si scoprì il battito accelerato e rizzò a sedere sul letto dalla paura. Guardò attorno a se, ma no, non c'era nessuno, non c'era nulla di cui aver paura. Non sarebbe tornato due volte.

Il giorno dopo aveva la febbre. Lei. Lei non poteva avere malattie, non si era mai ammalata in tutta la sua vita. Il suo corpo soffriva, ma era solo un malessere psicologico che doveva sfogare in qualche modo.

Era scossa da tremiti. Ma perchè ora, perchè dopo una settimana dall'accaduto? L'aveva metabolizzato a livello inconscio e quello era il risultato? Scivolò pesantemente nel salotto, facendo forza sulle gambe. Quello stato alterato le ricordava che era ancora umana e viva. Ne fu contenta per qualche minuto. Chiamò il nome della madre, prima di ricordare che era uscita a fare delle commissioni, suo fratello era a scuola. Udiva della voci provenire dalla porta. Suo padre di ritorno con qualcuno. Umano o mutante?

Per un momento pensò di metterlo al corrente della novità, ma un'inspiegabile ferocia la rivestì completamente adombrandola. Ce l'aveva con lui per tutte le bugie che le aveva sempre detto e non l'avrebbe perdonato tanto facilmente.

Udì lo scatto della serratura, il padre che chiamava la madre, un sibilo feroce e sarcastico di qualcuno con lui e una risposta secca al commento acido. Claire si infilò in cucina per bere un bicchiere d'acqua. Istintivamente mise a posto vestiti e capelli. Non le piaceva apparire in disordine e, anche se non l'avrebbe mai ammesso, non voleva far sfigurare suo padre. Lei era la sua orsetta Claire, la sua bambolina indistruttibile. Ma ho diciotto anni, pensò di punto in bianco, rendendosi conto che c'era qualcosa che non andava. Era da qualche notte che nel dormiveglia rimestava nell'inconscio in cerca di risposte. Di punto in bianco, non si sentiva più bene nella sua pelle, nei vestiti che aveva sempre indossato, nel ruolo che aveva ricoperto. Non era più la bambina di papà. Era una donna. Sebbene non ricadesse nei canoni imposti dalla società, lei era effettivamente una donna. Una donna speciale. Sentiva di aver saltato qualcosa, a differenza delle sue amiche che viaggiavano spedite verso il college, i ragazzi e le feste alcoliche. I ragazzi. Tasto dolente. Pochissime fiamme, qualche bacio, mai niente di serio o che potesse 'scalfirti l'anima' come cantavano nelle canzoni che ascoltava. Aveva avuto una cotta per Peter prima di sapere che erano imparentati geneticamente, poi nulla più. Claire dubitava seriamente che avrebbe mai avuto una vita normale, un marito e dei figli. Si sarebbe laureata, quello si, Noah avrebbe fatto fuoco e fiamme in caso contrario.

Sommersa dai pensieri, dimenticò gli ultimi avvenimenti, gli ospiti, il malessere e si immerse sempre di più in un'analisi che non lasciava penetrare il mondo nella sua mente. Da quando quella sensazione di essere diventata una donna? Da quando l'aveva toccata, pensò con la gola stretta e il bicchiere d'acqua che traballò appena. Un conto erano Peter, Nathan, i ragazzi a scuola... un'altra... Claire cercò di inghiottire ma non ci riuscì. D'improvviso un'ondata di rossore la travolse lasciandola sbigottita. Non l'aveva 'toccata' nel vero senso del termine, ma per un momento fin troppo lungo, l'aveva posseduta. Boccheggiando per quel pensiero, posò pesantemente il bicchiere sul tavolo e restò a fissare il vuoto. Si poteva dire che un contatto così forte con una persona non l'aveva mai avuto. Era violenza psicologica. Nel suo caso non poteva dirsi 'fisica' eppure... Claire sbatté gli occhi e portò le mani davanti alla bocca. Stava ripiegandosi su se stessa per il terrore. Cercò di mantenersi lucida e di staccare il pensiero dall'atto in sè.

Da quando l'aveva bloccata con il suo potere contro il muro e le aveva scoperchiato il cranio.

Strinse il bordo del tavolo senza accorgersene e chiuse gli occhi.

Ricordava il soffitto della stanza e il freddo del tavolino sotto di se.

Ricordava le sue parole e il respiro leggero che le accarezzava le pelle della fronte recisa. Ricordava il momento in cui l'aveva trovato e gliel'aveva portato via.

Non sentivo niente.. pensò strizzando gli occhi per ricacciare indietro le lacrime. Portandosi una mano alla bocca, Claire soffocò un conato di vomito. Poi un secondo, finché lo stomaco non chiese di essere liberato.

Rovesciò l'esigua colazione del lavandino della cucina, rendendosi conto che quel casino avrebbe dovuto pulirlo alla svelta prima che qualcuno fosse entrato. Asciugandosi gli occhi con una manica del maglioncino bianco che indossava, bevve un sorso d'acqua e lo sputò lottando contro la nausea che la sopraffaceva. Fece scorrere l'acqua, cacciando una quantità esagerata di detersivo per piatti e candeggina nel lavandino. Non era facile trovarsi faccia a faccia col proprio vomito e restare impassibile. Si bagnò le guance e solo quando sentì la voce di suo padre, i nervi si infransero nuovamente.

"Cosa è successo?" domandò quando la vide armeggiare con i detersivi e scoprì il volto arrossato.

"Non sto bene.." spiegò a mezza bocca "adesso pulisco tutto".

La voce uscì dura, non piagnucolosa come pensava. "Spero che i tuoi ospiti non abbiano sentito..."

Noah la scrutò da capo a piedi. Che non stava bene si vedeva, che aveva rimesso era palese. Aprì la finestra lasciando entrare aria fresca. Come poteva dirle che...

"Sono presentabile?" domandò aggiustando di nuovo i capelli e i vestiti, senza guardare in una direzione precisa.

"Stai uno splendore, Claire".

Una paura sorda le gelò il corpo. Non mosse un muscolo ma il collo se ne andò per conto suo. Prima ancora che la mente fosse preparata, Sylar entrò nel suo campo visivo e Claire sgranò gli occhi. Un terrore folle le impedì di parlare, vide se stessa e la scena da lontano, vide l'uomo che odiava che la guardava sorridendo sarcastico, appoggiato alla porta della cucina, vestito come suo padre. Uno di noi, uno di loro. Il suo nuovo partner. Era follia.

Di colpo tornò nel suo corpo 'speciale'. un corpo tremante, scosso dalla nausea. Se avesse avuto qualcosa nello stomaco, avrebbe rigettato di nuovo. Sulle sue scarpe ben lucidate. Su quei vestiti che non nascondevano il mostro.

"Sylar..." sussurrò con le lacrime agli occhi che minacciavano di rotolare giù per le guance. Restò a fissarlo senza parole, le labbra appena aperte, il cuore che minacciava l'infarto. Perchè era con suo padre? Chi aveva deciso qualcosa di tanto folle?! E perchè lui le permetteva di avvicinarsi? Perché non era un'illusione, si stava effettivamente avvicinando a lei. Li aveva raggiunti, la fissava negli occhi, oscurando la stanza. La guardava come si guarda un esperimento scientifico, come una preda appena cacciata, una donna appena conquistata. Quando si accorse che quel contatto visivo nascondeva qualcosa di insidioso provò a distogliere lo sguardo ma non ci riuscì. L'aveva legata a lui col suo potere. Un potere che prima non aveva, un potere trafugato da un corpo morente.

"Adoro quando sussurri il mio nome in quel modo" commentò alzando appena un angolo della bocca, sarcastico.

La presa si allentò, solo perchè lui lo permise. Per tutto il tempo, Claire era rimasta col fiato sospeso, il rantolo che le uscì dalla bocca ruppe il momento e boccheggiando si allontanò di qualche passo.

"Stalle sempre lontano!"

Le parole di suo padre la costrinsero ad uscire dallo stato alterato in cui cercava sempre di ricacciarla. Gli piaceva averla in suo potere. Non per sfregio, vendetta o altro. Era solo divertimento. Ora si sentiva nuda ed esposta. Le piaceva e non le piaceva. E' gravissimo, pensò cercando di distogliere la mente dal pensiero. Lui poteva leggerla? Poteva farlo?!

Sylar non lo udì neppure. Cercava d'individuare il punto in cui aveva inciso la fronte della ragazza. "Si è rimarginata perfettamente" mormorò alzando una mano e toccando la pelle tesa della giovane "come se non fosse mai successo"

"Non toccarla!" Noah gli afferrò il braccio e lo scansò di alcuni centimetri "non le devi mai parlare. Non rivolgerti a lei in quel modo e... "

"Non toccarmi..." sussurrò la ragazza guardandolo fisso, ignorando la voce del padre.

L'uomo la fissò con una strana espressione sul volto. Abbassò il braccio "non hai saputo difenderti" mormorò prendendo il coltello pulito dal ceppo e passandoselo sul palmo della mano. In sangue spillò leggero per alcuni secondi, dopodiché la pelle tornò integra. "Un potere del genere non poteva andare sprecato". Il suo odio era palpabile. Sylar non si era mai sentito disprezzato così tanto da una persona. Le sue vittime non avevano mai contavano niente. Quella ragazza era viva perchè a lui non serviva. Perchè aveva un potere straordinario. La sua fame accecante non gli permetteva di fare altrimenti. Era palese che se avesse potuto gli avrebbe strappato gli occhi. Ad un tratto la cosa risultò interessante. Cosa poteva causargli un danno serio e cosa no? Voltò la testa e il resto del corpo guardando la giovane che sedeva ancora sconvolta e fissava il vuoto.

"Fino a dove puoi arrivare?" le domandò ignorando l'occhiataccia del suo partner " il danno più serio che ti sei inflitta, quanto ci ha messo a guarire?"

Claire alzò lo sguardo suo malgrado. "Cosa vuoi da me?"

"Voglio che mi insegni come funziona il tuo potere" affermò andandole vicino. "Voglio sapere fin dove si può arrivare"

"Gettati da un ponte. Se ti rialzi..." cominciò ricordando i suoi vecchi nastri "o aspetta che passi il treno... cerca di dissanguarti con un coltello..."

"Queste sono tutte stronzate!" sbottò inchinandosi a guardarla. Claire reagì scostandosi di qualche centimetro. L'odore personale di quell'uomo la faceva tremare.

"Puoi sopravvivere senza un arto?"

"Mi tagliai un dito, una volta..." sussurrò evitando di guardarlo "Non ho mai..."

"Punto debole?"

"Non te lo dirò mai!"

"Gray, lasciala in pace!"

La voce del padre la riportò con i piedi per terra. L'uomo lo guardò appena concentrato com'era a fare esperimenti su di lei.

"Claire, va in camera tua e restaci" insistette guardando la figlia che fissava il suo nemico. Non gli piaceva che fossero così vicini e discorressero di come lasciarci le penne nei modi più astrusi.

La giovane si alzò di corsa, ben contenta di quell'ordine ma nel passare sfiorò l'uomo con una mano e restò sbigottita dal sentirsi risucchiare dentro un corpo che non le era proprio.

Allo stesso tempo, Sylar percepì i sentimenti che si agitavano nella ragazza e ammutolì. Non lo diede a vedere, ne commentò nulla di quello che aveva visto in lei. Quello sarebbe stato un discorso a parte di fare una volta soli.

- - -

"Perchè lavori con quell'uomo?!"

Noah cercava di calmarla, ma sua figlia era in preda ad una crisi isterica con tutti i crismi "non voglio vederlo, non portarlo mai più qui!" urlò ancora divincolandosi dalla stretta del padre.

"Fidati, tesoro. E' tutto sotto controllo.."

"Non è sotto controllo! Dovrebbe stare marcendo in qualche prigione, non seduto nel nostro salotto a sfogliare riviste!" continuò alzando bene la voce in modo che la sentisse.

L'uomo la guardò dritta negli occhi, ma era difficile calmarla "tua nonna sa quello che fa, devi fidarti orsetta, non permetterei mai che ti facesse del male"

"Voglio andare via di qui".

"Vuoi stare con tua madre? Ho provveduto ad alloggiare lei e tuo fratello in un posto sicuro.."

"La ragazza sgranò gli occhi "ed io? Non hai pensato a me?!" urlò indicandosi "hai lasciato che..."

"Claire, Claire! Cerca di stare calma..."

"Se non sono il benvenuto posso sempre togliere il disturbo" sibilò Sylar apparendo sulla porta dello studio di Noah.

"Ti avevo detto di rimanere dove eri!" esclamò l'uomo dell'impresa mettendosi davanti alla figlia "fai come ti dico o te ne torni nella cella detentiva del settore cinque!"

Sylar gli scoccò un'occhiata divertita e per nulla preoccupata. Poi inclinò la testa e guardò Claire. "Puoi stare tranquilla, splendore. Non c'è assolutamente nulla di te che mi interessi, a parte il tuo potere. E quello me lo sono preso".

"Bastardo psicopatico.."

Noah trattenne a forza la ragazza "Ok, state tutti molto calmi! Gray, torna..."

"Ma si, ma si" borbottò lasciandoli alle loro beghe, contento d'aver provocato un pò di scompiglio.

Claire respirò a fondo per calmarsi, ma quando lo intravide osservarla con la sua solita faccia da schiaffi, la rabbia tornò prepotente. "Non posso restare in casa se c'è lui!" esclamò afferrando giacca e borsetta "me ne vado da Peter!"

"Non andrai da nessuna parte, Claire! Peter non è in città.."

"Allora da Nathan o dalla nonna..."

Noah si chinò su di lei e la abbracciò, ma la ragazza restò rigida. "Non è possibile. Tuo padre è in piene elezioni e tua nonna... beh, da lei è sempre meglio rimanere lontano" concluse con voce funerea. "Mi dispiace orsetta, ma sarai costretta a vederlo di tanto in tanto".

"Piuttosto mi sparo un colpo a.." Noah alzò un dito con sguardo ammonitore.

"Hai ragione" borbottò tappandosi la bocca, sicura che li stesse ancora ascoltando "però... ho bisogno di uscire da questo inferno..."

Il padre le mise in mano le chiavi della macchina "va da qualche tua amica. Vai al cinema. Cerca di non pensarci troppo. Non lo vedrai più"

Quando Claire attraversò il salotto con lo sguardo fisso alla porta, Sylar la salutò con un cenno della mano "buona serata orsetta!" ridacchiò rimediandosi una parolaccia sferzante a mezza bocca.

"Non sei carina con me!" esclamò quando sbatté la porta alle sue spalle.

- - -

"Tu vuoi fare cosa?!"

"Hai capito benissimo!"

Claire guardò Angela con le braccia incrociate. Era il ritratto della decisione. "O me o lui!"

"Tesoro, non posso convincere tuo padre a rinchiuderti nel settore cinque..." sussurrò sfiorando la fronte con una mano e rimettendo a posto una ciocchetta di capelli "non acconsentirà mai"

"Almeno lì mi sentirei protetta!" sbottò posando le mani sulla scrivania della donna "nonna ti prego... mi sento male solo a vederlo... osa pure fare lo spiritoso!"

"Lo so, è estenuante nel suo sarcasmo" Angela strinse le labbra in una linea sottilissima "vedrò cosa posso fare. Ma credimi, tesoro, è del tutto innocuo adesso."

"Le ultime due volte lo credevamo morto" le ricordò agguantando lo zainetto e mettendolo in spalla. "Ha sette vite come i gatti e non perde il vizio."

La donna annuì congiungendo le dita delle mani fra loro e portandole alla bocca. "Parlerò con Noah. Aspetta la mia telefonata".

Il cuore batteva a dirotto mentre usciva dalla stanza della nonna e camminava con lo sguardo fisso nel corridoio lungo e spoglio dell'Impresa. Era a folli, ma non poteva restare a casa con LUI che faceva avanti e indietro. Angela l'aveva avvertita: non avrebbe avuto un momento di privacy, non avrebbe potuto fare su e giù a suo piacimento. Sarebbe uscita la mattina per andare a scuola e sarebbe tornata dritta lì il pomeriggio. Niente cinema con le amiche ne feste il sabato sera.

"Basta che resti lontano da me" aveva commentato alle sue parole "non mi interessa sacrificare la mia libertà se posso evitarlo".

La donna aveva capito che una tale decisione in una ragazza di diciotto anni era dovuta ad una richiesta d'aiuto gridata, sebbene non l'avesse fatto propriamente fatto. Ogni volta che ricordava quell'avvenimento, gli occhi le diventavano lucidi e poco ci mancava che si mettesse a piangere.

Fece un lungo ed esaustivo discorso a Noah esponendo le ragioni di Claire. A malincuore e con molto fastidio, l'uomo acconsentì alla scellerata richiesta della figlia.

Claire muoveva ritmicamente il piede mentre ascoltava la musica nel lettore mp3 che aveva ficcato nelle orecchie. Leggeva un libro sdraiata sulla schiena e si chiedeva perché diamine non abbassassero un pò le luci la dentro. Indossò un paio di occhiali da sole e riprese la lettura. Noah l'aveva fatta alloggiare nella cella detentiva più lontana di tutti per assicurarsi che non subisse inutili fastidi. Il Burattinaio per poco non aveva avuto un infarto, quando l'aveva vista marciare risoluta verso il nuovo alloggio.

"Ti hanno preso, Barbie?"

La ragazza gli aveva scoccato un'occhiata silenziosa e cattiva e aveva taciuto. Riconosceva anche il fratello pazzoide della sua madre biologica e le sue fiammelle azzurre. Un povero idiota, aveva stabilito sentendo che razza di discorsi aveva incamerato con il Burattinaio.

Infastidita da un brusio continuo, Claire strappò una cuffietta e guardò verso l'uomo panciuto che la chiamava "se continui a chiamarmi Barbie, ti faccio ingoiare la brandina su cui dormi!" l'aveva minacciato abbassando il libro "cosa vuoi?"

Gli uomini si guardarono l'un l'altro, titubanti. "Perchè sei qui?"

"Sono in vacanza, non fateci l'abitudine" borbottò tornando ad alzare il libro, voltò la pagina in tempo per sentirsi chiamare per la seconda volta.

"E' per colpa sua, vero?"

Claire guardò il suo - purtroppo - zio biologico e non fece un fiato.

"Abbiamo sentito che lavora con tuo padre"

"Allora?" domandò sentendo le labbra chiudersi ermeticamente. Sapevano qualcosa che lei non sapeva?

"Dovrebbe starci lui qua dentro, non tu" le fecero notare entrambi. Claire li guardò sempre tacendo. Girò un'altra pagina e alzò la musica per non ascoltarli ancora. Non avevano tutti i torti, ma a quanto pareva, avevano stabilito che un pazzo serial killer era più utile fuori che rinchiuso in una cella puzzolente sotto effetto dei narcotici. Seccata, gettò da un lato il libro e si mise a sedere. Tolse gli occhiali da sole e strofinò la faccia con forza. Li riaprì su una figura oscurata dalla luce. Ci mise un pò per metterla a fuoco, ma quando lo vide, impallidì e sentì il corpo farsi pesante "che fai qui?" sussurrò vedendolo trattenere a mezz'aria un uomo dall'aria assurda.

"Divido la spazzatura" sibilò sarcastico scaraventando il tipo in una cella e chiudendola ermeticamente. "TU cosa pensi di fare?"

I due compagni di prigionia seguirono lo scambio di battute. Claire non si era mossa e aveva ancora dipinta sul volto la sorpresa.

Sylar la fissò facendo una smorfia ironica "pensi che stare qua dentro sia la soluzione?" alzò un angolo della bocca divertito "tuo padre te le da tutte vinte..."

"Lascia stare mio padre!"

"Ti ha coccolata troppo e non sai stare in piedi con le tue gambe" la sferzò notando come le si arrossava il volto per la rabbia "smidollata!"

Claire balzò in piedi e colpì il vetro temperato con violenza "te la farò pagare molto cara, bastardo!"

"Esci di lì, se hai il fegato di farlo" la sfidò avvicinandoci di un passo "ti aspetto a braccia aperte" ridacchiò mandandole il sangue al cervello.

- - -

"Sono contenta di vedere che sei rinsavita."

Angela sorrise mentre Claire si cambiava gli abiti e tornava ad essere la solita cheerleader di diciotto anni ad un passo dal diploma "non mi piaceva saperti lì dentro". La strinse in un piccolo abbraccio che le fece socchiudere le palpebre, ma dentro aveva una febbre di vendetta che bruciava come un fuoco perenne. "Dov'è papà?"

"Lo troverai a casa, questa sera"

"Troverò qualcun altro, oltre a lui?" domandò gettandole un'occhiata di traverso.

Angela la fissò dubbiosa "ho visto il video della telecamera di sorveglianza" annunciò aspettandosi una reazione. Claire restò immobile. La donna si appoggiò alla scrivania e sospirò dopo aver incrociato elegantemente le braccia "cosa ti ha detto?"

"Mi ha sfidato."

La donna annuì in silenzio "non mi aspettavo niente di meglio di lui."

"Lo faccio per me" disse con i muscoli tesi "non posso sacrificare la mia salute mentale per quel folle bastardo". Chiuse con un gesto brusco la zip della borsa in cui aveva riposto i vestiti sporchi e la mise in spalla "torno a casa a piedi, non mi serve il taxi".

Una volta in strada, infilò le cuffiette e gli occhiali da sole e camminò con lo sguardo basso. Doveva fare due cose: toglierlo di mezzo e farsi cancellare la memoria dall'haitiano. Mezz'ora dopo aver preso quella decisione, si ritrovò a canticchiare con lo spirito più leggero.

Claire infilò le chiavi nella porta di casa senza curarsi se ci fosse qualcuno. Cantava ancora a squarciagola, muovendo la testa al ritmo, gli occhi chiusi. Conosceva la casa a menadito, sapeva benissimo cosa sarebbe andata a colpire. Alzò le braccia e intonò l'ultima di Nelly Furtado quando se li ritrovò di fronte. Suo padre era visibilmente sollevato di vederla 'a piede libero' e il suo compare cercava di strozzare un risolino divertito. "C'è poco da ridere" commentò strappandosi le cuffiette dalle orecchie con aria imbarazzata. Si allungò ad abbracciare il padre e gli scoccò un'occhiataccia al contempo. A parte starsene seduto nel suo salotto, anzi!, stravaccato nel suo salotto, appoggiato al suo cuscino preferito.... si permetteva pure di prenderla in giro? Si scambiarono una lunga occhiata di sfida e poco ci mancò che gli ringhiasse contro.

"Buoni tutti e due". Noah alzò un dito verso di loro "non tollererò scenate ne dispetti".

Mordendosi un dito per non commentare, Sylar tornò a sfogliare il suo fascicolo, allungò una gamba e la colpì allo stinco.

"Stronzo" sibilò la ragazza "tu ed io dobbiamo fare un discorsetto..."

"Quando vuoi, splendore" ridacchiò alzando uno sguardo da schiaffi su di lei "smidollata."

Claire dovette trattenersi dal colpirlo con un soprammobile mentre il padre li osservava. "Sta attento alle spalle, Gabriel" ruggì rendendosi contro che Noah la stava trattenendo per la vita. "Ti sei mai chiesto dov'è il tuo punto debole o ti sei preoccupato solo di accumulare poteri?!" Con immensa soddisfazione Claire lo vide incupirsi e perdere tutta l'ilarità. "Non lo sapevi, eh?"

"Claire, basta!" Noah la trascinò lontano dal suo nemico ma non riuscì a interrompere il contatto visivo che avevano stabilito. Bruciava l'aria fra loro.

"Sei impazzita? Non devi dirgli nulla!" sussurrò prendendola per le spalle.

"Me la pagherà, giuro su dio che lo rispedisco al mittente in una scatola di scarpe!" sibilò rimettendosi a posto capelli e vestiti. "Lasciami"

Noah la lasciò all'istante. Era cambiato qualcosa in lei; bruciava di vendetta come non l'aveva mai vista prima "non fare sciocchezze, è molto più forte di te"

"Ma io so qualcosa che lui non sa" commentò gettando occhiate al salotto. Da quella posizione non poteva vederlo.

"Cosa pensi di fare? Di tendergli una trappola, dopo tutte le volte..."

"Mi inventerò qualcosa!" sbottò sforzandosi di tenere bassa la voce "non può restare impunito dopo quello che mi ha fatto". Respirò a fondo per calmarsi. fosse stato per lei gli avrebbe cavato gli occhi con le unghie. "Papà, ho bisogno di un favore. Devi chiamare l'haitiano quando avrò finito. Dovrai farmi cancellare la memoria su Sylar."

L'uomo annuì senza emettere alcun suono. "Pensavo lo chiedessi prima."

Claire sospirò profondamente chiedendosi il perché della decisione "lo pensavo anche io... "

Sylar si appoggiò al muro alzando un labbro a quelle parole. Sarebbe stato uno scontro divertente. Visto che era così intenzionata a fargliela pagare, le avrebbe fornito tutte le occasioni che desiderava.


Angela si svegliò di colpo, rimestando nella memoria il sogno appena fatto. Era una premonizione che non aveva senso. Era pressoché impossibile che succedesse una cosa del genere. Tremò all'idea e scosse il capo. I suoi sogni si erano sempre avverati, ma se poteva impedire la prima parte, non avrebbe avuto modo di interferire con la seconda. Se era scritto, non poteva essere cambiato. Si cambiò la sottoveste, infilò un completo di lana leggera e uno spolverino e si truccò come ogni giorno. Noah le aveva telefonato a sera prima per un incontro urgente. Immaginava l'oggetto del discorso. La limousine la portò fino al parco, scese dall'auto e si recò a piedi presso la panchina. L'uomo seduto le dava le spalle e leggeva un quotidiano. Quando la vide sedersi, chiuse il giornale ma non la guardò. "Sono molto preoccupato per Claire."

"Le ha causato altri problemi?"

"Brucia di vendetta e vuole fare qualcosa di sconsiderato."

Angela strinse le labbra e il foulard intorno al collo "è seriamente intenzionata a fargliela pagare, quindi."

"Ho paura che finisca per farsi del male."

Un piccolo flashback della premonizione notturna, le disse che non sarebbe successo nulla di tutto quello. La donna lo guardò infastidita, reprimendo l'impulso di raccontare la verità. "Non essere sciocco. Non riuscirà neppure ad avvicinarlo."

"Vuole che l'haitiano le cancelli la memoria."

"Non deve!" Le parole le uscirono troppo in fretta dalla bocca. "Deve vivere ricordando quello che ha passato. Non può semplicemente cancellare il ricordo perchè non le piace. La rende più forte, più determinata, affrontare i problemi di ogni giorno dopo quello che ha passato le sembrerà una sciocchezza."

"Hai mai provato a negare qualcosa a Claire?"

Angela lo guardò "ho negato molte cose ai miei figli. Hanno pestato i piedi e urlato ma non mi sono lasciata piegare. E' un gioco di potere. Sei troppo permissivo, Noah."

L'uomo dell'Impresa tacque evitando commenti sarcastici.

La donna sospirò alla fresca brezza novembrina "sai perché è uscita dal settore cinque? Ti ha spiegato cosa l'ha spinta a tornare a casa?"

"No."

Posando un braccio sulla panchina, Angela si voltò a guardarlo negli occhi "l'ha sfidata. Ho visto il video della sicurezza. Le ha dato della smidollata di fronte a tutti, l'ha umiliata" continuò leggendo sorpresa sul volto dell'uomo "tua figlia ha bisogno di un braccio di ferro con quell'uomo. Devi lasciarla fare senza interferire. Non può farle del male e quello che voleva se l'è già preso" finì alzandosi in piedi e stringendo i lacci del cappottino "ho fatto un sogno stanotte..."

Noah la seguì con lo sguardo, vide i suoi occhi persi nel vuoto e la ascoltò attentamente. "Claire si troverà presto nei guai e avrà bisogno di Gabriel per uscirne."

"Stai scherzando?"

Angela lo gelò con un'occhiata "sono molto più simili di quanto tu creda. Di quando lei creda. E lui non immagina neppure cosa lo aspetta."

"Cosa dovrei fare, lasciare mia figlia in balia di un folle psicopatico?"

La donna lo fissò "vuoi che Claire cresca e ti dia dei nipotini? O preferisci saperla in un laboratorio di analisi immobilizzata mentre fanno esperimenti su di lei?"


  
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