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Autore: ElenaNJ    02/10/2009    1 recensioni
Trovare la propria strada fra dubbi, scelte difficili, invidie mai sopite, nuovi amori e rimpianti, con una guerra alle porte ed il destino della propria stella che incombe. Shun, June, Reda ed Albione durante gli avvenimenti che segneranno le loro vite. ShunxJune, NON YAOI, leggermente fuori continuity per le età dei protagonisti.
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Shun, Cepheus Daidalos, Chameleon June
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ora, la ferita è come un pugnale che mi trafigge il petto
Ma non mi permetterò di essere sconfitto
Se mi lascerò cadere, il domani non verrà
Affrontandolo, correrò ancora

La nebbia gravava immobile e densa sulla superficie dell’Oceano Indiano, ma la brezza mattutina ne increspava già il grigiore in un turbinio ondeggiante e sinuoso: presto sarebbe svanita e avrebbe lasciato il posto all’arsura del giorno.
Sull’Isola di Andromeda lo spettacolo si ripeteva puntuale ogni giorno: a poco a poco la foschia si diradava e l’alba fumava e sfolgorava come un coloratissimo fuoco d’artificio. Arancione, oro e verde brillavano sulla superficie del mare, colonne di nebbia salivano verso l’alto e si tingevano di rosso su un oceano che sembrava ardere di fuochi ultraterreni.
Il sole spuntò lento all'orizzonte e Shun sospirò.
Lo spettacolo dell’alba aveva sempre avuto il potere d’incantarlo, di toccare nel profondo la sua anima e placare il suo cuore quando era oppresso da dubbi, paure e rimorsi.
In momenti come quello, che per lui rappresentavano l’eternità, la vita che si rinnova all’infinito, anche un posto infernale come l’isola su cui era stato mandato a forza da bambino per addestrarsi al combattimento gli appariva come un angolo di paradiso.
Sei anni prima uno dei marinai della nave mercantile che lo aveva portato laggiù gli aveva assicurato che col passare del tempo si sarebbe abituato a certi spettacoli, che avrebbe smesso persino di badarci.
Ma non era successo e lui non desiderava che accadesse: ogni alba doveva continuare ad avere un fascino tutto suo, ogni giorno doveva portargli una nuova speranza, sempre più forte.
La speranza… il giorno della sua partenza aveva giurato al suo amato fratello maggiore che non l'avrebbe mai abbandonata, che l'avrebbe tenuta stretta al cuore anche nei momenti più duri e difficili.
Aveva promesso che un giorno sarebbe tornato a Nuova Luxor Cavaliere, che avrebbe atteso con fiducia il giorno in cui si sarebbero finalmente incontrati di nuovo, tanto forti che niente e nessuno avrebbe mai più potuto separarli.
Adesso quel momento era vicino: se tutto fosse andato per il meglio, quel giorno stesso avrebbe adempiuto la promessa e sarebbe stato finalmente libero, come i gabbiani che solcavano il cielo mattutino sopra di lui, come il vento che gli scompigliava i capelli.
Libero…
- Fratello mio - sussurrò al vento - Aspettami…
>Il cielo e il mare sparirono dietro un velo liquido al ricordo di un pullman in partenza nel cortile di una grande villa, sei anni prima.
Nella sua mente, il suo adorato fratellone era ancora un ragazzino di tredici anni, col volto abbronzato già indurito dalle avversità, le ginocchia e le nocche spellate dalle tante zuffe e due ardenti, magnetici occhi grigi che addolcivano il oro sguardo solo quando si posavano su di lui.
Chissà cosa ne era stato di lui, chissà se era cambiato… certo, sei anni erano molti e dovevano aver lasciato il segno.
- Stai di nuovo pensando a Ikki, vero?
La voce di June, sommessa e velata di commozione, risuonò improvvisa dietro di lui. La sua mano calda sulla spalla gli diede un lieve fremito.
- Sì – chinò il capo – Non passa giorno senza che pensi a lui, lo sai.
June non aggiunse nulla. Si sedette sulle rocce accanto a lui e fissò lo sguardo nascosto dalla maschera di Sacerdotessa oltre l’immenso orizzonte davanti a loro. Shun prese in mano un sasso e lo rigirò fra le dita.
- Chissà com’è l’Isola della Regina Nera? – sentì un groppo chiudergli la gola – Quel posto maledetto dove è andato per salvare me, per darmi una possibilità di sopravvivere… Chissà se anche laggiù ci sono albe così, se lui le può vederle… Sai June, a volte mi basta pensare che, dall’altra parte del mondo, anche Ikki stia guardando il cielo per sentirlo accanto, ma poi…
La sua voce si ruppe. Si passò una mano sugli occhi e June gli si avvicinò. Anche se non poteva vedere il suo volto, Shun sapeva di averla angosciata. Si riprometteva di non farlo più da sei anni, ormai, ma finiva sempre per sfogarsi con lei come in quella sera lontana in cui le aveva raccontato la sua storia tra i colpi di tosse per il fumo del falò e i brividi per il vento gelido delle scogliere.
L'adozione da parte del Duca Mitsumasa Kido, la scuola speciale in cui erano finiti lui, suo fratello e altri novantotto orfani, le prove estenuanti, i ricatti e le botte, lo smistamento nelle scuole d’addestramento segrete di tutto il mondo con la prospettiva di diventare Cavalieri o morire nel tentativo.
Lei si era infuriata, con Mitsumasa che aveva definito un essere disumano, con quelli che lo avevano appoggiato e si erano divertiti a privare di ogni dignità e dei loro più elementari diritti lui e i suoi compagni e persino con loro, che avevano subìto separazioni, angherie e prigionia senza mai ribellarsi per davvero.
Shun sorrise al ricordo di quella ragazzina tutta spigoli che sferrava pugni al cielo e calci ai tizzoni ardenti urlando che, se quel bastardo avesse cercato di obbligare lei a far qualcosa contro la sua volontà, gli avrebbe fatto ingoiare tutti i denti, anche a costo di farsi ammazzare.
Col tempo aveva capito che né lui né gli altri suoi compagni di sventura avevano mai avuto davvero quella possibilità, ma le sue opinioni sul Duca non erano cambiate, anzi: forse proprio questo e il fatto che sapesse dei suoi sensi di colpa per Ikki l'avevano convinta che il vecchio fosse davvero senza cuore. Non poteva darle torto: a volte lo pensava anche lui.
Nonostante fossero passati ormai sei anni, ricordava ancora il sogghigno di Mylock, l'attendente del Duca, mentre descriveva a Ikki l'Isola della Regina Nera. Ogni sillaba di quel discorso, ogni volta che ci ripensava, era come una pugnalata al cuore: "É un vero inferno! Un'isola del Pacifico posta proprio sotto l'Equatore. Tutto l'anno è percossa da un'inarrestabile pioggia infuocata, ma il clima, già di per sé insopportabile, è niente in confronto a colui che sarà il tuo maestro: è chiamato "il Cavaliere del Mistero", perché nessuno ha mai visto il suo volto, sempre coperto da una maschera! É il più crudele tra tutti i Maestri, dicono che sia peggio di un demonio! Nessuno è mai tornato vivo da lì... anzi, qualcuno è tornato, ma la sua personalità era completamente distorta.”
Una delle prime cose che Shun aveva fatto una volta giunto su Andromeda era stato proprio interrogare il suo Maestro e i compagni a proposito di quel luogo.
Purtroppo la flebile speranza che Mylock avesse esagerato per divertirsi a tormentarlo era stata spazzata via una volta per tutte dalle loro parole: tutti coloro che ne avevano sentito parlare gli avevano confermato che quella  terribile descrizione corrispondeva a verità.
Nel periodo trascorso ad Atene prima di partire col Maestro per completare l'addestramento, June stessa aveva sentito parlare di Death Queen, come la chiamavano al Santuario, come della “terra maledetta da Atena” e dell' "Inferno in terra".
Insegnando loro la storia della nascita delle armature e delle Guerre Sacre combattute in passato dai Cavalieri di Atena, il loro Maestro aveva contribuito a gettare un po' di luce sui motivi per cui quel luogo godesse di una fama così sinistra.
Ultime vestigia di una grande civiltà del passato inabissatasi fra i flutti durante la guerra tra Atena ed i Titani, Death Queen era il luogo in cui erano custodite, oltre alla misteriosa armatura sacra che Ikki avrebbe dovuto riportare a Nuova Luxor, anche le corazze nere create nell'epoca mitica da un alchimista ribelle alla dea.
Negli anni, l'Isola Nera era divenuta il luogo in cui si recavano tutti coloro che non riuscivano a  diventare Sacri Guerrieri ed i Cavalieri decaduti, coloro che, votatisi al male e rinnegati dal Santuario, diventavano Cavalieri Neri, i gemelli oscuri dei Sacri Guerrieri della dea.
Per impedire che la situazione degenerasse, in passato Atena aveva inviato un potente Cavaliere in quel luogo, colui la cui armatura, finora mai indossata da altri, vi era tuttora custodita. Il tempo aveva cancellato il ricordo e il nome di quell'uomo e il Maestro non gli aveva saputo dire a quale costellazione appartenesse l'armatura per cui suo fratello avrebbe dovuto lottare.
Quello che sapeva con certezza era che nessuno, dalla morte di quel Sacro Guerriero, era mai riuscito a conquistarne le vestigia e che colui che ora si trovava là in qualità di Maestro e Signore dell'Isola, così come i suoi predecessori, era un uomo confinato in quel luogo dal Grande Sacerdote come punizione per un qualche gravissimo crimine.
Da decenni, infatti, l'Isola della Regina Nera era diventata una specie di prigione del Santuario, il posto dove il rappresentante in terra della dea Atena inviava coloro che, macchiatisi di un grave crimine, erano ritenuti indegni della clemenza della dea dopo averli privati del nome, di qualunque rango avessero in precedenza e persino del volto, che veniva celato dietro una maschera dalle fattezze mostruose. Si diceva che solo una vera redenzione e il perdono della dea potessero spezzare quel sigillo e sancire la riammissione dell'esiliato in seno al Grande Tempio ma, da quel poco che si sapeva, nessuno di coloro che aveva subito quella sorte era mai vissuto abbastanza a lungo o aveva mantenuto un animo abbastanza puro perché ciò si verificasse. Anzi, come aveva detto Mylock, le loro personalità si erano distorte e abbrutite, ogni barlume di bontà era scomparso dai loro animi.
Quello di essere destinati a tentare la sorte per l'armatura dell'Isola Nera era lo spauracchio di tutti gli aspiranti Cavalieri, e si mormorava che perfino coloro che erano già assurti al rango di Sacro Guerriero rabbrividissero alla possibilità di essere inviati lì, anche per un breve lasso di tempo.
In realtà erano decenni che il Santuario non mandava più nessuno laggiù, limitandosi a rare convocazioni del misterioso Signore dell'Isola; anche per questo, le informazioni sulla situazione in quel luogo infernale erano frammentarie e nebulose.
Sei anni... Shun non poteva toglierselo dalla mente: Ikki era là da ormai sei lunghissimi anni.
- Lo ha fatto perché sapeva che in quel luogo infernale non avrei avuto una sola possibilità di sopravvivere - sospirò - Ha passato tutta la vita a proteggermi e ora sta addirittura vivendo il mio destino, sta affrontando le sofferenze che sarebbero dovute toccare a me. Se solo quella volta non fossi stato così vigliacco, adesso ci sarei io al suo posto, e sarebbe stato infinitamente più giusto!
- Non è stata colpa tua, Shun – la voce di June aveva uno strano tono, a metà fra l’angoscia e il rimprovero – Lo ha deciso lui! L'ha fatto per amore, e sono certa che non vorrebbe vederti in questo stato!
Non le rispose e non scoppiò a piangere, ma sapeva che il suo sorriso non l'avrebbe ingannata nemmeno per un istante.
- Perché devi sempre soffrire così per gli altri, Shun?
A quella sua domanda non c’era risposta e, se c'era, Shun non l'aveva ancora trovata, nonostante se la fosse posta infinite volte. June aveva ragione, a un livello razionale se ne rendeva perfettamente conto: lui non era colpevole delle scelte di Ikki... ma come poteva non angosciarsi per lui dopo che era partito per quell’inferno pur di salvarlo?
Per tutta la vita non aveva fatto che proteggerlo, sacrificarsi per lui, e lui cosa aveva fatto per ricambiare?
Sono ancora in tempo, per ricambiare?
A quel pensiero sentì il cuore sanguinargli… Lo avrebbe ritrovato oppure…
No… lui è vivo, ne sono certo! Ikki è forte e lo rivedrò… dopo che sarò diventato un Cavaliere di Atena, il Sacro Guerriero della costellazione di Andromeda!
Asciugò le lacrime che ancora tremolavano sulle sue ciglia, si alzò e volse le spalle all’oceano e al sole ormai sorto.
Davanti a lui, il picco che dominava l’anfiteatro naturale in cui tra poco si sarebbe decisa la sua sorte svettava fiero come sempre.
- E così, June, oggi è il gran giorno.
Lei rabbrividì.
- Già - si alzò e si torse le mani – Oggi affronterai Reda per il possesso dell’Armatura Sacra e, se vincerai, il Rituale del Sacrificio di Andromeda. Ma... sei sicuro di volerlo davvero?
Shun la fissò senza dire una parola. June serrò i pugni
- Te l'ho già detto: sei troppo gentile per diventare un Cavaliere, troppo sensibile! Moriresti piuttosto di uccidere qualcuno… Non sei adatto a fare il guerriero, Shun! Anche se oggi vincessi, anche se superassi il rituale e conquistassi l’armatura, ti aspetterebbe una vita fatta di lotte senza fine, e io... ho paura per te!
La voce le si ruppe, le sue spalle sussultarono. Nonostante la maschera e i tentativi disperati di controllarsi, Shun capì che stava piangendo. Le si avvicinò, le posò entranbe le mani sulle spalle. All'improvviso, come sempre gli capitava in quei frangenti, tutti i suoi guai e le sue angosce gli sembrarono lontani, insignificanti, e la sola cosa che contava era far tornare il sorriso su quelle labbra che non aveva mai visto, che non avrebbe mai visto.
- June, lo so che mi vuoi proteggere. L'hai sempre fatto in questi sei anni e te ne sono grato, però… io sono un uomo, ormai, e ho una promessa da rispettare. Ho lottato contro me stesso troppo a lungo, ho sopportato l’inferno pur di mantenerla, e ora non posso tirarmi indietro. Hai ragione, morirei piuttosto di far del male a qualcuno, ma a cosa sarebbe servito tutto quel che ho passato, se rinunciassi proprio ora? Tutti questi anni di duri allenamenti, le ferite, le lacrime, l’affetto e l’incoraggiamento che tu e il Maestro Albione avete saputo darmi guidandomi con tanto affetto? A cosa?
- Forse hai ragione, ma…
- Certo che ho ragione – i suoi capelli erano soffici come sempre, lisci come seta dorata sotto la sua mano – Vedrai che ce la farò, June. Non aver paura per me. Quello che verrà dopo saprò accettarlo, con dignità, fino in fondo. Ormai non incolpo più nessuno della mia sorte e ho deciso di seguirla, qualunque essa sia. Sono grande ormai, devo andare per la mia strada senza rimpianti e senza paura, come Ikki, come il Maestro Albione, come te…
June rise.
- Me? Oh, Shun! Ti sembro forse coraggiosa?
- Secondo me ci vuole un coraggio infinito per scegliere di indossare quella maschera e rinunciare per sempre a una vita normale per votarsi alla giustizia come hai fatto tu.
- Oppure bisogna non aver mai avuto una vita davvero normale...
- Vuoi parlarne?
- Non mi va… per adesso no, scusami. So solo che sei l’amico più caro che ho, e che se ti perdessi…
Shun sospirò. In sei anni non era mai riuscito a farsi svelare il motivo che aveva spinto June a indossare la maschera di Sacerdotessa di Atena, a buttarsi alle spalle il passato e a rinunciare alla sua femminilità per un destino di lotte con tanta decisione.
Avrebbe voluto poterla aiutare, ma non voleva forzarla a confidarsi con lui… D’altronde, tutti hanno dentro di sé qualcosa di cui non vogliono parlare…, e forse per June quello era un argomento delicato.
- Non succederà. Non mi perderai mai, lo giuro sulle Stelle che ci proteggono. Non piangere per me.
La strinse così forte da sentire il cuore sussultarle nel petto con violenza.
Com’è dolce, questo tepore…
Chiuse gli occhi, affondò il naso nei suoi capelli e ne aspirò il profumo familiare. Le sue mani sulla schiena gli procurarono un lieve brivido. Sono un bugiardo.
Un'esistenza tranquilla e pacifica, fatta di piccoli gesti come quello, qualcuno da amare e a cui dedicare la vita: era questo che voleva davvero, non certo diventare una leggenda vivente. Le aveva appena detto che avrebbe guardato al futuro senza rimpianti. Non sapeva se ci sarebbe riuscito.

Aprì gli occhi. Come avrebbe potuto sopravvivere alle prove terribili che costellavano i destini dei Cavalieri di Atena? Il picco davanti a lui non rispose, ma il suono del vento fra le rupi suonò come una risata beffarda.

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Disclaimer: fanfic basata sul mondo ed i personaggi di "Saint Seiya", creato da e (c) Masami Kurumada.
Tutti i diritti per questi personaggi sono (c) Masami Kurumada, Toei Animation e probabilmente un mucchio di altra gente.
Il loro utilizzo in questa storia non implica appoggio, approvazione o permesso da parte loro.
Siccome questa storia è stata pensata e scritta da una fan per altri fan, prego di non plagiarla, di citarmi come autrice in caso di pubblicazione altrove e di non ridistribuirla a pagamento. Grazie!
   
 
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