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Autore: The Corpse Bride    03/10/2009    4 recensioni
-Bianca, per favore, smettila con questa storia. Non cederò mai. Devo ripetertelo? Sono il tuo professore; non sarò mai il tuo amante.
La ragazzina sbuffò. Sedici anni, capelli rosso fuoco freschi di cotonatura, un trucco nero pesantissimo sfumato dal giorno prima.
Aveva una scollatura così profonda, e una minigonna così corta, e degli stivali così alti, che non si poteva fare a meno di guardarla, a prescindere dagli istinti sessuali che poteva o non poteva provocare.
'Provocare': ecco cosa faceva.
Non chiedeva solo sesso. Chiedeva anche l'altrui disapprovazione. E chiedeva che le parlassero alle spalle, sicuramente. In fin dei conti, per come la vedeva Emanuele, quello che chiedeva era semplicemente attenzione.
-Professore, lei non può sapere per certo che non cederà mai. Chi lo sa cosa potrebbe passarle per la testa domani, o il mese prossimo, o l'anno prossimo?
-Lo so io, cosa mi passerà per la testa: la mia fidanzata, il mio lavoro, i compiti da correggere, le cene fuori coi miei amici. Il mio cane, al massimo. Ma non il sesso con te. Non mi induci in tentazione, Bianca, mettitelo in testa.
-Ma davvero? - lei sorrise malignamente, alzò un sopracciglio, accavallò le gambe e si stese bene sullo schienale; si comportava come una spogliarellista trentenne. - Allora perché ha usato il termine 'cedere'? È alle tentazioni che si 'cede', o sbaglio? Altrimenti avrebbe detto 'non mi piacerai mai'. È già più vicino al concetto del quale lei cercava di convincermi.-Bianca...
-O di convincere se stesso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 2
Questa volta erano state le sue stesse compagne di classe a venire a lamentarsi. Purtroppo, quell'anno l'avevano scelto come coordinatore della classe terza A, il che significava che qualunque lamentela di professori e alunni o tra professori e alunni avrebbe sempre e comunque dovuto passare attraverso di lui. Era un compito ingrato e non avrebbe perdonato facilmente i suoi colleghi per averlo incastrato a quel modo; solo perché era il più giovane e aveva la voce meno forte di tutti.
Ad ogni modo, tre ragazzine scandalizzate si erano presentate alla sua ora di ricevimento, mentre Bianca era confinata nell'ufficio della preside.
A quanto pare, stavolta si era fatta trovare con la mano di Crivellaro sotto la minigonna. E questo non aveva fatto una buona impressione alle sue vicine di banco.
-Non è possibile, prof! - protestò Giulia, una ragazza alta e seria, molto studiosa – Ogni volta bisogna interrompere perché c'è questa
non voglio essere volgare che fa la cretina coi ragazzi, o che si fa sgamare a fare non voglio essere volgare ai ragazzi, o che si fa fare non voglio essere volgare...
-E ogni giorno, prof – intervenne Valeria, una ragazza dark che, contrariamente alle aspettative, era tranquilla, seria e ligia alle regole – io non lo so. Un conto è essere strani, un altro conto è essere fuori. Quella là è fuori come una grondaia.
-E poi
basta con queste minigonne e scollature! - fece una terza, esasperata – Non capisco perché noi veniamo rimproverate se per caso mettiamo un pinocchietto, e lei invece può arrivare qui vestita come una... vabè, ci siamo capiti.
Emanuele annuì. Le proteste erano serie, e Bianca doveva piantarla. Certo; ci vedeva anche un sottile fondo d'invidia, perché Bianca era sempre al centro dell'attenzione e soprattutto di quella dei ragazzi, ma c'era qualcosa che quelle tre non avevano capito. Che anche lui era ben lontano dal capire, ma forse qualcosina l'aveva afferrato.
-Ragazze, voi avete ragione – incominciò con calma – ma cercate di guardare al di là della superficie. Certo, Bianca si prende sempre tutta l'attenzione; ma pensate che sia una bella cosa? Non credo che vorreste ricevere lo stesso tipo d'attenzione che riceve lei, no?
-Certo che no, io non sono una troia – esclamò Giulia di getto, poi borbottò: - Scusi. È solo che volevo chiarire che non sono invidiosa di lei, si figuri se mi piacerebbe che tutti mi considerassero un buco!
-Io penso non piaccia neanche a lei – intervenne Valeria, in un tentativo di essere conciliante – allora perché non la finisce di fare la stupida, visto che dà fastidio a tutti e non fa neanche un gran bene a se stessa?
-Prof, il fatto è che è imbarazzante averla in classe...
Non faticava a crederci. Ma ci teneva a precisare una cosa.
-Sì, però, ragazze, sbaglio o in presidenza ci sono finiti in due? C'era anche Mattia con lei quando li hanno trovati in atteggiamenti intimi.
-Ma Mattia fa così con tutte – sbottò Giulia – e almeno non si fa sgamare ogni volta, e poi lui è normale. Lei invece arriva qua vestita a quel modo perché deve sempre farsi vedere, e poi insomma, sembra quasi che lo faccia
apposta a farsi trovare.
Questo non l'aveva mai considerato. Annotare, si disse tra se e se.
-Prof, per favore, fate qualcosa, non si può andare avanti così – supplicò Valeria – io voglio soltanto fare lezione. Non mi interessa quello che Bianca fa o non fa, ma lo faccia fuori dall'aula, se proprio non vuole seguire! A qualcun altro seguire la lezione può interessare!
-Avete pienamente ragione – ammise – proveremo a farglielo capire.
-No, non dovete 'provare', 'provare' l'abbiamo già fatto tutti quanti – protestò Valeria – dovete proprio
farglielo capire, in via definitiva. Bisogna minacciarla di espellerla.
-Grazie del suggerimento, Valeria, ma siamo perfettamente in grado di gestire da soli i nostri provvedimenti disciplinari – le sorrise – non preoccupatevi. Smetterà. E se non smetterà, credo proprio che sarà allontanata dalla scuola, quindi state tranquille; la situazione migliorerà.
Le tre se ne andarono tra mormorii di insoddisfazione, molto poco tranquille; ne avevano d'altronde motivo. Lui stesso faticava a immaginare un universo dove Bianca se ne stava seduta composta sul banco con gli occhi fissi sulla lavagna; d'altronde, il fascino di un ribelle maledetto sta proprio nel suo essere ribelle e maledetto. Quando cambia, perde anche quel fascino, pensò.
Ci volle poco prima che Bianca si intrufolasse nell'aula professori, dopo essere stata rilasciata dalla preside.
-Prooof – esalò, alzando gli occhi al cielo – non la finiva più. Ha detto che se lo rifaccio mi sospende di nuovo e che se mi sospende di nuovo mi bocciano.
-Niente che non potessi immaginare, Bianca.
-Ma sì, ma sì, lo sapevo che me l'avrebbero detto – sospirò – anzi, mi sorprende che non mi abbiano ancora espulsa. È solo che, come immaginavo, i miei voti mi hanno salvato il culo anche stavolta.
-Non per fare la predica, Bianca... anzi sì, lasciami fare la predica, dato che stavolta ti sei comportata da bambina e lo sai. Sei intelligente, Bianca. Lo so io, lo sai tu, lo sa la preside, lo sanno tutti. Scrivi dei temi bellissimi, pieni di citazioni e riferimenti letterari e cinematografici. Mi vuoi spiegare perché fai finta di essere un'abitante delle bidonville?
-Preferisco pensare a una puttanella di Harlem, mi affascina di più l'ambientazione suburbana.
Emanuele si tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi. A Bianca non sfuggì la disperazione del gesto.
-Cosa c'è? Ho esagerato? Scusi, prof. Stavo solo scherzando.
-Ma no... - mormorò – non è per le scemenze che dici, di quelle metà le ascolto e metà le rimuovo seduta stante. È che... cazzo, sai dire 'ambientazione suburbana' senza cercare prima nel dizionario e poi ti fai trovare con Crivellaro che ti fa un dito durante l'ora di matematica. Ma
perché lo fai? Perché ci tieni così tanto a passare per cretina?
-Ma io non voglio passare per cretina, prof. Se volessi farlo, cercherei di dare tutte le risposte sbagliate nei compiti e alle interrogazioni farei scena muta, e di certo non direi 'ambientazione suburbana' davanti a un testimone. Io sono fatta così, leggo i libri ma faccio anche sesso. È così strano secondo lei?
Perché era riuscito a farsi dire da una ragazzina di sedici anni che era un bigotto anni sessanta che ammetteva soltanto che le donne fossero
o troie o intelligenti? Come riusciva a farsi incastrare ogni volta?
-No, non è strano, Bianca; anzi, è piuttosto normale. L'unica cosa strana è che tu a scuola faccia delle cose che dovresti fare rigorosamente in camera tua e rigorosamente in assenza di qualunque altra forma umana che non sia il tuo partner. Possibilmente, senza cambiare partner ogni giorno.
Lei si rabbuiò.
-Prof, lei pensa questo di me?
-Penso cosa? Che cambi... ma no, era per dire, dai. Non fare così. Ho detto 'ogni giorno' per dire 'spesso'. Non intendevo...
-Ma no, no, prof. Non è quello; se non siamo a 'ogni giorno', in effetti poco ci manca. Ma non vorrei che lei pensasse che contino qualcosa per me; a me piace solo lei. È solo che lei non mi vuole, e dovrò pur farlo con qualcuno.
-'Devi'? Perché, te l'ha ordinato il dottore?
-Prof, non si comporti come la preside e tutti gli altri – s'imbronciò Bianca; ed Emanuele si ritrovò a pensare 'no, no' e si stupì di dipendere dal giudizio di quella ragazzina, perché erano rimasti che era
lei a dipendere dal suo di giudizio – insomma, continuano tutti a sgridarmi. Mai che si facessero i cazzi loro, nel vero senso della parola. Mica stavo facendo casino, tutto si è svolto nel perfetto silenzio; se poi loro sono sempre lì a controllare cosa faccio io, non so che dirle, ma nessuno dei due ha emesso il minimo suono. Come possono dire che 'stavo disturbando la lezione'? Che guardino da un'altra parte, no?
-Bianca, non lo pensi nemmeno tu.
-Che palle.
Lei accavallò le gambe, posò il gomito sul tavolo e la testa sulla mano; fissò lo sguardo fuori dalla finestra, sulla strada trafficata dove in quel momento il tram stava ripartendo dalla fermata.
-Guarda che non puoi stare qui fino a fine giornata a guardare fuori dalla finestra. Devi tornare in classe assieme a Crivellaro.
-Ha paura che sospettino di lei? In effetti, non la metto mica tanto in una bella posizione a venire sempre qui, vero?
-Bingo.
-E per di più, questa è l'aula insegnanti. Rischiano di scoprirci. Beh, ha ragione, tornerò un'altra volta quando le acque si saranno calmate. Allora arrivederci, eh, prof? Grazie di avermi ascoltata. Si ricordi che la amo.
Si alzò e si diresse saltellando verso la porta. Poi all'improvviso, sull'uscio, si girò.
-Prof?
-Sì?
Bianca fece un sorriso buffo; gli occhi le brillavano come quelli di una bambina che confessava una marachella di cui andava enormemente fiera.
-Niente, niente. È solo che volevo che ci guardassimo prima che uscissi. Non riesco mai a salutarla per l'ultima volta.
Emanuele non seppe cosa rispondere. Abbassò lo sguardo sui compiti, scosse la testa, e fece un cenno di saluto.
Sapeva perfettamente che Bianca era rimasta lì sull'uscio per un minuto o due, in attesa di una risposta, ma, anche se si sentiva quei due occhi enormi puntati esattamente sulla fronte, non alzò mai lo sguardo dai fogli.

A ricreazione, vi fu una riunione di professori inviperiti teoricamente atta a frenare gli impulsi inarrestabili della Ferreri in terza A, ma che poi nella pratica si trasformò soltanto in uno sfogo collettivo di un manipolo di insegnanti sottopagati che non avevano alcuna intenzione di fare anche gli assistenti sociali.
-Ormai è ingestibile – esordì Sara, la collega di francese, scuotendo la testa – credo sia il caso di verificare se abbia dei genitori in casa a controllarla.
-Per averli, ce li ha – intervenne Rossella, di matematica e fisica – ma non capisco se non se ne accorgano, non vogliano accorgersene, o se ne infischino del tutto.
-Ha sicuramente un problema – esclamò Mariolina, di filosofia – è chiaro come il sole. È un comportamento troppo estremo. Secondo me...
-No, Mariolina, non è niente di tutto questo – sibilò sprezzante Monica, che insegnava tedesco – è soltanto il prodotto della sua generazione. Sono precoci, pensano di essere grandi ma non lo sono, cercano di dimostrarlo con questi metodi che vedono alla televisione. Non è altro che il frutto di una cattiva educazione.
-Ci ha provato anche con me – Giulio, di educazione fisica, cercò di dirlo con un sorriso – veniva a educazione fisica più svestita che vestita...
Lì Emanuele pensò 'ti piacerebbe', dato che Giulio era famoso tra le studentesse per aver più volte allungato le mani e fatto commenti; ma si trattenne dal dirlo in quella sede.
-Viene più svestita che vestita dappertutto – osservò Sonia, insegnante di arte – è intelligente. Ha una mente pronta, sa interiorizzare e sviscerare la materia, sarebbe il sogno di qualunque docente. La adorerei, se non fosse per questo.
-Forse anche un po' per questo – intervenne Antonella, che insegnava inglese e con ogni evidenza amava Bianca – è un po' la Modigliani dei nostri tempi.
-Se fosse un genio e sapesse dipingere, forse lo sarebbe – tagliò corto il vecchio Leandro di scienze – ma io vedo solo una stupidella che si comporta in un modo che sarebbe indecente anche fuori da un istituto scolastico. I genitori sono stati informati? Com'è possibile che non intervengano?
-Emanuele, tu cosa ne dici? - lo incitò Antonella con un sorriso – Non hai ancora parlato. Cosa pensi che dovremmo fare?
-Io dico che non ne ho idea – buttò lì. In fondo, era la pura e semplice verità. - Davvero; parlarci non funziona, minacciarla non funziona; espellerla significherebbe soltanto scaricare il barile e ammettere la sconfitta.
-La psicologa della scuola? - suggerì Sara – Perché non tentiamo?
-Già fatto – sospirò Rossella – già tentato. L'ho vista dopo averci parlato; non poteva ovviamente dirmi niente, ma era visibilmente colpita.
-Chissà cosa deve averle raccontato – borbottò Monica – non voglio neanche immaginare cosa fa fuori da qui, se già quando è qui arriva a certi livelli.
-Ma se arriva a certi livelli – insisteva la pacata Mariolina – dobbiamo chiederci cosa la spinge ad arrivare fin o lì. È nostro compito di insegnanti...
-No, non è nostro compito, è compito dei genitori – sbottò Leandro, con la poca voce che gli rimaneva – e allora, adesso cos'è, che noi insegnanti dobbiamo insegnare, e tenere a bada, e capire, e consolare... ma insomma, ci pagano per mettergli in testa delle nozioni, non per insegnargli l'educazione! Quello lo devono fare i genitori!
-E devono anche capirlo loro stessi, dato che sono abbastanza grandi – aggiunse Monica.
-Ha solo sedici anni – tentò Antonella, conciliante – è ancora piccola, è per metà bambina.
-Mi sembra che si ritenga abbastanza grande da avere una vita sessuale addirittura
scandalosa.
Emanuele dovette trattenersi dall'insinuare qualcosa che conteneva al suo interno parole come 'invidia', 'in bianco' e 'repressione'.
-Forse è proprio perché è piccola, che la vive in modo così immaturo – suggerì Sonia, lanciando a Monica uno dei suoi sguardi penetranti.
-Questa faccenda va sottoposta alla preside – ragionò Sara – noi non possiamo fare molto, oltre che sgridarla, metterle note e spedirla in presidenza. Se ne deve occupare qualcuno con dei poteri.
-Ma 'occuparsene' in che modo? - si accalorò Mariolina – Perché i provvedimenti disciplinari dovrebbero insegnare, far crescere, aiutare. Il metodo meramente punitivo mi è sempre sembrato controproducente.
-Ma la comprensione e la giustificazione a oltranza mi sembrano altrettanto controproducenti – sottolineò Monica con vigore – quella ragazza, più viene giustificata, e più va oltre.
-Ma punirla servirà solo a indispettirla...
-Ai miei tempi, mio padre le avrebbe mollato due begli schiaffoni sul muso e fine del discorso! C'era la guerra, c'era la fame, c'era tutto quello che volete, ma le ragazze erano già delle
signore! Non erano delle piccole... non fatemi essere volgare.
C'erano pareri di tutti i tipi. Sara era una fervente cattolica ma era troppo politicamente corretta per dire cosa realmente pensasse; Rossella, inflessibile ma anche incorrruttibile, si esprimeva sempre in direzione neutrale, Sonia voleva bene a Bianca senza volerlo ammettere, mentre Emanuele faceva fatica a formulare un'opinione. Giulio non era nemmeno da considerare. Monica, tutta rigidità e regole e correttezza, era una di quelle che davano agli alunni dei deficienti per poi dire che 'deficiente' era voce del verbo
deficere, che significava 'mancanza', e che quindi non li aveva insultati, scherziamo, non si sarebbe mai permessa.
Leandro era un altro di quella risma, ma lui aveva settant'anni e Monica aveva da poco superato la trentina, come quasi tutti gli altri. Antonella aveva più o meno l'età di Leandro ma era fatta di tutta un'altra pasta; comprensiva, colta, umana. Mariolina, intorno ai cinquanta, stava a metà tra le due fazioni d'età, ma lei aveva una laurea in psicologia e una in filosofia: chiaramente non poteva far altro che interessarsi al caso di Bianca, considerandola però appunto più un 'caso' che una ragazza la quale, effettivamente, oltre ad avere un problema chiaramente lo costituiva, anche, un problema.
-Io penso che la preside possa fare ben poco, davanti a questo caso. È un essere umano come noi.
-Sì, ma Giovanna ha un modo di fare davanti al quale anche Bianca fatica a fare storie – replicò Rossella, che era vicepreside – ha una calma nei modi, un'imperturbabilità...
-E un'
eleganza – rincarò Leandro – una cosa che quella ragazzina là, guardate, proprio... dovrebbe imparare più di qualcosina da Giovanna.
-Ci parla ogni volta – osservò Sara – ogni volta la spediamo là, ed ogni volta la preside esce dall'ufficio sospirando. Dobbiamo parlare con i genitori.
-Ma se ogni volta che le diciamo di chiamarli, lei non lo fa mai – si stizzì Monica – non mi sorprenderei se fosse lei a firmare le note sul libretto.
-D'altronde, non possiamo di certo introdurci in casa sua – affermò allegramente Rossella, tentando di stemperare – bisognerà chiamare a casa. Alla prossima ci facciamo semplicemente dare il numero dalla segreteria.
-Ma cerchiamo comunque di non farne una tragedia – insistette Mariolina – dobbiamo aiutarla, integrarla;
non renderla un paria.
-Il problema è che ci si rende già da sola – si sbilanciò Sara, sistemando alcuni compiti nella ventiquattrore – i suoi compagni non sembrano averla in grande simpatia.
-Questo dovrebbe farvi pensare che probabilmente si sente molto sola.
-Ma – Monica iniziava ad alterarsi – ci si è messa
da sola in questa condizione.
-O forse no – intervenne Antonella, con la sua voce gentile e il suo tono calmo – forse qualcuno l'ha messa nelle condizioni di comportarsi in questo modo.
-Esatto, Antonella. È proprio quello che sostengo anch'io. Non possiamo essere semplicemente dei 'docenti', cari colleghi; non siamo in un'università, siamo in un liceo, e per giunta privato. Abbiamo cento alunni in tutto e non siamo in grado di occuparci neanche di questi? E i genitori perché li avrebbero affidati a noi anziché a una più fredda struttura pubblica?
-Ma questa rimane una scuola, Mariolina. Mi ascolti bene. Una volta, se non avevi voglia di andare a scuola, ti mandavano nei campi, o a casa a cucire. Ha sedici anni; se non ha più voglia di venire qui, può anche farne a meno.
-Ma questi non sono discorsi da fare, Leandro, mi scusi – Emanuele non poté più trattenersi – hanno sedici anni; hanno dei genitori che li spingono in questa direzione, ed è giustissimo che li incoraggino a finire quantomeno il liceo. Siamo noi che dobbiamo far sì che la scuola sia un luogo di serenità e di incontro, oltre che di insegnamento; una sedicenne non può certo fare ragionamenti simili, nel duemilaenove! Per quanto si comportino come dei piccoli adulti immaturi, la realtà è che sono sempre più dei bambini. A sedici anni, adesso come adesso, le responsabilità non esistono; indipendentemente da quanto succedeva quando li aveva lei, sedici anni.
Forse non avrebbe dovuto dargli contro così apertamente, e l'occhiataccia che gli arrivò dal vecchio collega glielo confermò. Mariolina gli mise una mano sul braccio, ma lo sostenne:
-Sono d'accordo con Emanuele – asserì. - Ormai la figura dell'insegnante è diventata un misto tra quella del docente e quella dello psicologo, e francamente parlando io sono contenta che sia così; non sarei felice di svolgere il mio lavoro semplicemente entrando qui, ripetendo le pagine di un manuale e poi salutando tutti, ognuno per la sua strada e ognuno con la sua vita. Abbiamo a che fare con delle piccole persone, non possiamo dimenticarcene.
-Però – osservò Sara – se vogliamo trattarli come delle persone, dobbiamo essere a volte anche severi. Una persona che, nel mondo, si comporta come fa lei, riceve dei duri colpi dalla società circostante. Se sia giusto o no che li riceva non sta a noi deciderlo, ma è certo che li riceverà. In un certo senso bisogna essere severi per proteggerla.
-
You're got to be cruel to be kind, dicono in Inghilterra – intervenne pacatamente Antonella, con il suo sorriso pacifico che risolveva qualsiasi questione – ci toccherà insegnarle anche l'educazione, Leandro.
Antonella aveva sempre dei modi così cortesi che, anche se stava lanciando una frecciatina, uno la riceveva sempre senza battere ciglio. Nessuno era in grado di replicare a quella donna. Nemmeno lo scorbutico Leandro.
Il suo intervento, come sempre accadeva, chiuse il discorso e anche quella ricreazione finì.

A cena, quella sera, Camilla continuava a guardarlo come se cercasse una risposta. Tra una forchettata di pastasciutta e l'altra, Emanuele decise di vuotare il sacco.
-Bianca – spiegò semplicemente, e Camilla si limitò ad annuire. Si limitava ad annuire perché non sapeva dell'amore spassionato che Bianca proclamava nei suoi confronti.
-Cos'ha combinato stavolta?
-Guarda... - sbuffò, scosse la testa – mi imbarazza perfino dirtelo. Si è fatta fare un dito in aula dal ragazzino più stupido e puttaniere della classe. Con la Mantovani, poi...
-Quella di matematica e fisica?
-Proprio quella giusta. La più fissata con il silenzio e l'attenzione e le regole.
-Anche la Lombardi però non scherza, vero?
-Monica? No, quella è una rompicoglioni petulante e basta. E anche abbastanza stupida. Rossella, invece, è intelligente, ma dubito che tolleri un atteggiamento del genere. Ha mantenuto la calma in nostra presenza, ma siamo tutti un po' turbati dal modo di fare di quella ragazzina.
-Forse anche lei è turbata da qualcosa, chissà?
-Appunto: chi lo sa? Sai, forse è solo figlia della sua generazione. Esagerata, forse, forse concentra su di sé tutta la perversione di cui i ragazzini di oggi sono testimoni... ma forse è soltanto la dimostrazione che quelli nati prima di loro hanno sbagliato tutto.
-E a loro, ovviamente, dà fastidio vederselo sbattere in faccia.
-Già. Chi non si sente in colpa, pensa che ha un problema. Chi ci si sente, invece, pensa che
sia un problema.
-E tu? Tu che ne pensi?
-Un misto tra i due.
Camilla sorrise in modo strano, assottigliò gli occhi.
-La via di mezzo è per i mediocri. E non è una risposta. Cosa pensi che la spinga a fare certe cose?
Emanuele abbassò gli occhi sul piatto. Diede la prima risposta che gli veniva in mente.
-I sedici anni – disse – e tutto quello che quell'età si porta dietro.
-Mh. Non sono d'accordo. Ma ne riparleremo, ok, amore? Adesso mangia tranquillo e poi concentriamoci su noi due.
-Amore, se non gli porto quei compiti domani mi squartano e mi danno in pasto ai dobermann della casa a fianco...
-Poi ti aiuto io a correggerli. Lo sai che sono più brava di te.
-Sì... tu sei intelligente. E hai delle idee chiare. E in generale sei molto più forte e capace di me.
Camilla sorrise e gli fece una carezza sulla guancia.
-No, sai... - proseguì Emanuele – a volte qualcuno o qualcosa mi ricorda che dovremmo ritenerci fortunati ad avere qualcuno a fianco. Qualcuno che ci piace... non qualcuno che ci ama; qualcuno che ci
piace.
Lei non gli lasciò finire la pastasciutta. Gli si sedette a cavalcioni e un paio d'ore dopo correggevano i compiti assieme, alla debole luce verde di una lampadina comprata assieme all'Ikea tanto tempo prima.
Quella notte si addormentò come un bambino, perché la felicità gli era dilagata dentro come una macchia d'acqua che gli rilassava le spalle, il viso, lo stomaco. Come fosse stata acqua la assorbì e la mattina dopo fece il viaggio in treno col un dolce sorriso sul volto, il sorriso di chi in qualche modo aveva conosciuto l'amore.

(Nda: ok, questa storia sta abbastanza prendendo il via. Mi piace molto scriverla e sono contenta che sia piaciuta anche a qualcun altro, aw X3 grazie per i commenti dolcissimi di Dance of Death e Diletta, troppo carine ^-^; colgo l'occasione per ringraziare Pnin che mi aveva recensito un altro racconto e per informarla che il mio cervello è grande come un acino d'uva e per lo più inutilizzato *qua ci sta faccina che annuisce* e che ci sono autori moooolto più fighi di me in giro, anche in EFP... sono lusingata dai complimenti ma sono immeritatisssssimi .//.''.
E con ciò vi saluto; torno alla stesura del 4° capitolo :) come sempre, fatemi sapere com'era, che ho bisogno di tastare il polso dell'opinione pubblica è_é è un pezzo che non scrivo nulla di originale... ;_;
Buon fine a tutti ^o^!

The Corpse Bride/Arianna)

  
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