Nota dell'Autore: dedico questa
storiella, questa favoletta, ecco, in
primis a me stesso. Poichè ne sono fiero, ed essa
è molto importante per me. Ed in secondo luogo, la dedico a
Chameleon_.
A lei e lei sola, perché è da certi nostri discorsi che è nata. Quantomeno l'idea principale.
Sic Stabat
A lei e lei sola, perché è da certi nostri discorsi che è nata. Quantomeno l'idea principale.
Sic Stabat
E in un giorno fresco di Primavera, ciò che mai sarebbe dovuto accadere successe.
Su un treno, senza scali per l'Inferno, il Dolore incontrò la Bellezza, e se ne innamorò.
Con il vento che le agitava i mossi capelli d'oro, le labbra distese in un sorriso innocente, la pelle candida come la neve ed il corpo dall'elegante perfezione d'un angelo, lei sedeva accanto al finestrino, vestita di fiori e d'aurora, di prati e d'acqua cristallina, gli occhi assorti in chissà quali pensieri.
Il Dolore la vide, le si sedette accanto, non osò sfiorarla, non osò parlarle, non osò guardarla. Si concesse, però, la voluttà di desiderarla, e si odiò, oh, certo che si odiò.
E si vergognò immensamente dei suoi capelli castani amorfi ed unti, del suo maglione nero sdrucito e sporco di sangue, dei suoi polsi scarni e delle profonde occhiaie, che conferivano ai suoi grandi occhi marroni un'espressione sempre mesta, si vergognò della sua aria lugubre, del suo fetore di morto, del suo essere così inadatto e, pensò, così sgradevole che temeva di turbare quella figura così vicina, eppure così lontana. Si torturò le mani, si morse le labbra, ogni tanto lanciava uno sguardo veloce, e si scoprì a emettere mugolii patetici, nella vana speranza che lei lo notasse, che gli rivolgesse la parola, che capisse che ci fosse qualcun altro, seduto vicino.
Passarono nello scompartimento, a braccetto, il Disprezzo e l'Invidia, che gli sussurrarono: -
-Dite davvero?
Dopo poco, vide passare una matrona, una signora imponente, elegante, che pareva certamente una donna raffinata, dell'alta società, una che sapeva il fatto suo. Ammantata con un abito rosso, lungo fino ai piedi, con gioielli scintillanti ed un visone attorno al grosso collo, si fermò e gli disse:
Il Dolore, sorpreso da quell'affermazione, domandò:
Mentre teneva la testa abbassata, vicino a lui venne l'Insicurezza, una ragazzina tremante, con gli occhi blu che saettavano da una parte all'altra, che indossava un vestito fatto solamente da un lenzuolo lacerato sul corpicino nudo. Ella lo prese per mano e lo trascinò fuori dallo scompartimento, vicino al finestrino del corridoio, e gli disse: -La Su-su-superbia ha de-de-de-detto che gu-guarda-da-davi la Be-bellezza, è v-v-ero?-
-Sì...-
-Non lo so...
La bambina era stata presa per le orecchie da un uomo adulto, in giacca e cravatta e con una ventiquattr'ore grigia stretta in una mano, i capelli grigi spettinati e gli occhiali ovali che pendevano leggermente a destra sul naso.
Nel dire quelle parole aveva mostrato il suo orologio dai mille quadranti, ognuno diverso dall'altro per grandezza, forma, colore, numeri indicati, con le lancette che si muovevano come impazzite talvolta in senso orario, talvolta in senso antiorario, al ragazzo, che abbozzò un posticcio sorriso gentile. Mentre il Dolore si apprestava a tornare seduto al suo posto, l'uomo gettò uno sguardo all'interno e disse:
-Attento? A cosa dovrei stare attento?- rispose il giovane. -Alla Bellezza. si sa che morirà giovane. Ti consiglio di muoverti, o perderai la tua occasione.-
A quel punto il Dolore cominciò ad interrogarsi sul serio. E' mai possibile che una cosa che a lui era sembrata così innocente, come la sua compagna di scompartimento, la Bellezza, fosse in realtà così tremenda, insopportabile e volubile? Non se ne faceva una ragione, non riusciva a capacitarsene.
Non si era ancora seduto quando la Filosofia passò lì vicino, e gli posò una mano sulla spalla. -Perchè mi tocchi la spalla, vecchio?- fece il ragazzo, sorpreso che l'anziano, canuto e mendicante, con il viso sfatto dal tempo, l'avesse toccato. -Sono triste per te, giovanotto.-
-Ma perchè sei triste per me? Non sono malato, non sto per morire.- disse il Dolore, ma la Filosofia rispose: -Mi rattristo poichè tu sei filosofo.-
-Cosa intendi dire?- chiese. -Sono triste perchè tu, come me, la vedi, così assorta, così intenta a cogitare e persa in chissà quali pensieri. Tu, che sei filosofo, e ti interroghi, indaghi te stesso ed il reale che ti circonda per scoprire l'archè delle cose, Pensi, e nella tuainnocenza ed ingenuità, che è tipica del filosofo, credi che anche gli altri lo facciano poichè a te viene naturale. Ma la Bellezza, ah, la Bellezza! Completamento del sapere, complementare estetico della conoscenza, ella no, non Pensa. Ella si rimira nello specchio, e come potrai tu, essere pensante, essere amato da cotale donzella? Tu cerchi, pensi, indaghi. Ma il tuo pensare non ti porta che sofferenze, e quella fanciulla non può amare colui che soffre.-
-Ma tu...- riprese il dolore, interrompendo il vecchio. -... come lo sai? Voglio dire, perchè affermi tutto questo? Ne hai forse esperienza?- ed allora il vecchio rispose: -Ne ho studiato, ne ho speculato, ne ho argomentato, ne ho discusso.- e prima che il Dolore potesse aggiungere qualcos'altro, l'anziano se ne era già andato zoppicando verso il suo scompartimento.
A quel punto il Dolore era confuso. Si sedette finalmente sul suo sedile, riflettendo. Si disse, era davvero così irraggiungibile quella donna? E lui, che era caduto così in preda al desiderio, era davvero impossibilitato a raggiungerla? Con la testa fremente, si accoccolò sulla poltrona, lanciò un ultimo, timidi sguardo alla Bellezza che, impassibile, si rimirava ancora nello specchio del vetro, e si addormentò.
Fu il fischio del treno ed il conducente che urlava -CAPOLINEA!!!- a svegliarlo. Si riscosse velocemente, e notò che la "sua" Bellezza aveva già lasciato il treno. Si affrettò a prendere il suo borsone liso e consunto, e scese giù dal mezzo anch'egli. Non appena fu sceso ed uscito dalla stazione dell'Inferno, vide tutti gli altri passeggeri che si incamminavano verso il traghetto dove un burbero Caronte controllava ed obliterava i biglietti. cercò rapidamente il suo nella tasca, e si diresse verso l'Acheronte, quando si sentì chiamare timidamente: -Ehi, tu, scusa...- si girò, e restò attonito. La Bellezza lo si stava dirigendo verso di lui. Restò fermi, con le gambe che gli tremolavano, incapace di rispondere nè tantomeno di emettere qualsivoglia suono intelligibile dalle labbra. Lei gli camminò leggiadra vicino, poi lo guardò negli occhi, sorrise e disse, con voce limpida e distesa: -... ho sentito tutto quello che hanno detto su di me, sul treno... e ho notato che, nonstante tutto, sei rimasto nel mio scompartimento. -Ti volevo... ringraziare per quello che hai fatto.- il suo sorriso si fece ancora più bonario, e gli occhi le si illuminarono (oh! come pareva splendida!) -Grazie...-
Detto questo, la Bellezza prese dolcemente il viso del Dolore e ne baciò teneramente la fronte. -Grazie.- concluse lei, si girò e se ne andò.
Il ragazzo era rimasto intontito, estasiato, colpito e lusingato da quel gesto. Ma non di sse nulla, e si rammaricò di non aver detto nulla alla Bellezza, ora che lei gli aveva finalmente rivolto la parola. si soffermò ad osservarne ancora le spalle candide, i movimenti aggraziati. Forse, pensò, non l'avrebbe più rivista . a quel punto, però, sentì un tocco caldo sul suo braccio, e vide accanto a sé Silenzio, che l'aveva toccato. L'altro ragazzo non disse nulla, ma si limitò ad annuire, ed a posargli una mano sulla spalla. Allora il Dolore capì qual'era la cosa giusta fare, ed esclamò: -Grazie, Silenzio, grazie!- e corse via, all'inseguimento della fanciulla.
Incespicò affannosamente, e col fiatone raggiunse la Bellezza che sostava di fronte ad un'automobile.
-Bellezza, io... Io...- iniziò ansante il Dolore -... io ti...-
-Scusa.- lo interruppe bruscamente l'altra. -Avevo solo sbagliato treno.-
-Dove ti porto, ragazza?- fece il tassista, biascicante.
-Al Paradiso.-
E la Bellezza salì sulla macchina, che partì a tutta velocità, lasciando il ragazzo attonito, deluso, sconfitto, sulla riva di un fiume d'anime e di morti. Sic stabat, con solo un biglietto per un traghetto che gli avrebbe per sempre impedito d'incontrare ancora la sua amata, vestita di fiori e d'aurora, di prati e d'acqua cristallina, il Dolore.
Oh! Ho scritto fine? L'ho davvero fatto? Che sciocco, mi sono sbagliato! La storia non finisce così! Come potrebbe? Ecco, ora riprendo.
E il dolore, con lo sguardo tristo, si allontanò dalla stazione, e si recò, lento, con la disfatta nel cuore, a timbrare il proprio biglietto per attraversare l'acheronte ed arrivare alla sua meta ultima, l'Inferno. Dopo essere giunto alla sua cabina, l'aprì e vi trovò una donna, dai lineamenti duri, che sava fumando una sigaretta.
Quando il Dolore entrò nella stanza e si fu fatto largo nella nuvola di fumo, la fumatrice si presentò:
-Durerà molto, il viaggio?-
-Molto, forse addirittura troppo.-
-Va bene.-
-Io sono l'Insoddisfazione, ragazzo.-