L’amica di nonna Francesca
Il
Gatto impiccato e il busto d’Alfieri, di tutti i Pedoni,
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto!)
il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti (e dove
sono finiti?)
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,
un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
gli oggetti con monito, salve,
ricordo, le noci di cocco,
Venezia
ritratta a muscaici, gli acquerelli un po’ smorti,
le stampe, i cofani, gli orti dipinti su anemoni arcaici
(com’è possibile?)
le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature,
i dagherrotipi: figure sognanti in perplessità,
il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
e immilla (ma che vuol dire?) nel
quarzo le buone cose di pessimo gusto,
il cucù dell’ore che canta, le sedie parate a Damasco
chermisi… rinasco, rinasco del mille ottocento
cinquanta!
I
mocciosetti alla sala quest’oggi
non possono accedere
che cauti (hanno tolto le fodere ai mobili: è giorno di gala)
ma quelli rompono in frotta. È giunta è
giunta ben fresca
la grande sorella Francesca con la compagna Lindotta.
Ha
diciassette anni la Nonna! Linda quasi lo stesso:
da poco hanno avuto il permesso di togliere un centimetro alla
gonna;
la gonna cortissima increspa la vista ai giovinetti carini:
da sopra ai lor cinturini emerge la
vita di Vespa (che ci fa lui lì?)
Entrambe
hanno uno scialle ad arance, fiori, animali, uccelli, ghirlande, ecc. ecc.,
divisi i capelli in due bande, scendenti a mezzo le
guance.
Son
giunte da Mantova con molta schifezza al Lago Maggiore,
infatti da dodici ore viaggiavano in diligenza.
Han fatto il profumo peggiore di tutta la classe. Che odore
passato terribile! Hanno lasciato la scuola con onore.
O Belgirate (ma cos’è?) tranquilla!
La sala ha un grande camino:
fra i ceppi di legno bruciacchia la faccia di Lupo Lucino.
Urlate, bambini! Le amiche – bambini, urlate
più forte! –
le amiche provano al pianoforte un fascio di musiche antiche:
motivi un pochetto fatti nel
droghismo fronzuto
di Arcangelo del Leuto e Alessandro
Scarlatti;
innamorati dispersi, gementi… il “core” e “l’augello”! (che pensavate, eh?)
Liquori
del Giordanello in dolci ubriachissimi
versi:
… caro mio ben credimi almen, senza di te languisce
il cor! Il tuo fedel sospira ognor,
cessa crudel tanto rigor!
Linda
canta (orrore!), Francesca suona (raccapriccio!).
Dolce e fiorita
si schiude alla breve romanza di mille promesse la vita.
O musica, lieve sussurro! E già
nell’animo ascoso
d’ognuna sorride lo sposo promesso: il Principe Azzurro (ah ma
che noia…),
lo sposo dei sogni sognati (e beh)… O margherite in collegio
sfogliate per sortilegio sui teneri versi del Prati!
Giungeva
zio Alberto, signore noioso di molto risguardo,
ligio al Death Note, all’Anime e
persino al suo Manga.
Giungeva
zio Andrea, ben degno fratello, molto dabbene,
ligio al Death Note sebbene amante di Fullmetal Alchemist.
“Baciate
la mano agli zii!” dicevano Rick e Rebecca (non sono
sposati è ovvio!),
alzando i volti a bistecca dei piccolini restii (e
sfido…).
“È questa l’amica ben fresca: madamigella Linda Goretto:
l’esserino più inetto, l’amica più
cara (ehm) a Francesca.”
“Ma
bene… ma bene… ma bene…”- diceva gesuitico e tardo
zio Alberto dal magno risguardo –“Ma bene… ma bene… ma bene…
Goretto?
Conobbi un Livio Goretto… Goretto… Goretto…
Sicuro!
Dormiva su un Letto! Sicuro… sicuro… sicuro…”
“Gradiscono
un po’ di marsala?” “Signora Sorella: anche no.”
E sulle poltrone di gala parlavano della Prejanò.
“…
quella befana non prese salamoia… - È pingue già per
l’Erlioli;
la Scala non ha più pioli… - Che pirla quel re… di Savoia!...
“…
nel marzo avremo un manovale – alla Fenice, mi dicon
le sarte –
nuovissimo: la CatturaCarte; si
parla di un fiasco totale. –
“…
azzurre si mangiano o grigie? – E queste orecchiette! Che belle
polpette!
E queste tartine?... la gran novità di Parigi…
“…
Radetzki? Ma che!
L’armistizio… no, non si discute…
Quel
Re dalle molte valute è proprio un grande pirlizio! –
“È certo uno spirito insonne… - è brutto, orribile, lo so.
“È
bello? – Pirla ti ho detto di no… - Gli piacciono i
caffè delle donne…
“Francesca!”
– chinavansi piano in tono un po’ sibillino –
“Linda!
Scendete in giardino: andate a giuocare al volano!”
Allora
le amiche serene lasciavano con un beffo
inchino di molto sberleffo gli Zii molto dabbene.
Ohimè!
Ché giocando, un volano, troppo respinto all’assalto
(cos’è, una guerra?)
non più ridiscese dall’alto dei rami d’un ippocastano!
S’inchinano
sui balaustri le amiche e guardano il lago,
sognando di buttarvi l’amore presago dei loro bei sogni
trilustri.
“…
se tu vedessi che tirata mancina! – Quant’anni?
– Vent’otto. (Ma si scrive così?!?!?!
Che vergogna!)
-
Poeta? Sa a memoria la Commedia Divina!”
Non
vuole morire (direi!), non langue il giorno. Si
accende più ancora
di porpora, come un’aurora stigmatizzata di sangue
(affascinante…);
si spegne infine, ma lento (vuole proprio soffrire?). I monti
s’abbrunano in coro:
il Sole si sveste dell’oro (non guardate!), la Luna si veste
d’argento (scostumata…).
Romantica
Luna fra un nimbo leggero, che baci le chiome
dei pioppi arcata siccome un sopracciglio di bimbo,
il sogno di tutto un passato nelle tua curva s’accampa:
non sorta sei da una stampa del Novelliere Illustrato?
Vedesti
le case deserte di Parisina la bella
non forse? Non forse sei quella amata
dal giovane Werther?
“…
Mah!... Sogni di là da venire. – Il Lago s’è fatto più
denso
di stelle. – … tu pensi?... – Non
penso… - Ti piacerebbe morire?
“Ma sei dolce in un modo… - Pare che il cielo riveli più
stelle nell’acqua e più lustri.
Inchinati
sui balaustri: sognano così fra due cieli…
“Son
come sospesa: mi libro nell’alto!... – Potresti
cadere…
“Sei
sempre simpatica! – Non me ne importa!... Lui mi donò
quel libro,
ricordi?
che racconta siccome covato senza fortuna
un uovo fece nascere una: una che porta il mio nome.”
Linda!
Nome non fine, né dolce! Che come le sue essenze
ammazza le diligenze, gli scialli, le cinturine…
O
amica di Nonna, ecco l’aiuola rachitica per ove leggesti
i casi dell’eroina Linda mesti nella mitologia finnica.
Ti
fisso nell’albo con molta letizia, ov’è di tuo pugno
la data: vent’otto (sempre
sbagliato!) di Giugno del mille ottocento cinquanta.
Stai
come immersa in un pensiero; lo sguardo nel vuoto,
e l’indice verso il remoto, secondo il tuo atteggiamento più
austero.
Quel
giorno – stranezza! – vestivi un abito rosa
Per
farti –curiosissima cosa! – fotografare con la schifezza…
Ma te non rivedo nell’orafiore, o
amica di Nonna! Ove sei
o sola che – forse – potrei odiare, odiar per l’odore?
Salve a tutti! Questa è una delle prime ff
che scrivo, e la prima in assoluto che pubblico…. Se
vi piace, che ne dite di lasciare un piccolo commento? E
se non vi piace… che ne dite di farlo lo stesso? Così la prossima volta farò
meglio! Grazie, ciao a tutti!!!
(Comunque, quanto descritto nella
terzultima strofa è una leggenda finnica che ho trovato su wikipedia…)