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Autore: mamma Kellina    08/10/2009    6 recensioni
Spesso si ritiene di essere giunti ad un punto in cui le proprie scelte di vita non cambieranno più. Magari però proprio allora accade qualcosa che porta a modificare anche le convinzioni più radicate. E’ proprio ciò che avviene a Chiara ed a Massimo nel corso di una tarda estate che sembrava trascorrere come al solito e che invece li porterà a conoscersi, spingendoli a rivedere molte delle loro passate certezze. Ancora una storia ambientata a Napoli, ma questa volta ai nostri giorni. Ritengo che la forma letteraria che ho scelto – quella cioè del diario – vi consentirà di seguire da vicino i miei protagonisti ed i molti personaggi di contorno. Accompagnarli nella loro consueta attività quotidianità, tra il lavoro e il tempo libero, quasi come se fossero due normalissimi vostri amici, forse riuscirà a renderveli più veri. Naturalmente non lo sono, anzi, ogni riferimento a persone e cose esistenti è puramente casuale…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 5 SETTEMBRE mercoledì

 

La mattina successiva il cattivo umore di Massimo era cresciuto ancora di più. Era da solo in casa   perché i genitori erano andati ad una visita cardiologia per il padre. Si era pure offerto di accompagnarli, ma poiché era solo un controllo di routine e c’era da fare una lunga anticamera, loro stessi gli avevano consigliato di non andare.

Stava gironzolando per casa da un bel po’ quando decise di andare a fare un giro in moto, benché il tempo promettesse pioggia.

La tirò fuori dal garage, la sua bella, vecchia moto Harley Davidson e, preso dalla nostalgia per i vecchi tempi,  decise di andare a fare una passeggiata nel quartiere dove avevano abitato prima di comprare quella villetta un po’ fuori città.

Fu una cosa simpatica rivedere le vecchie strade. Come in un pellegrinaggio nostalgico, si fermò sotto i balconi della loro vecchia casa. Era stata piccola per sei di loro e non era stato facile crescervi,  però adesso gli sembrava tutto bellissimo. Gli tornarono in mente tanti ricordi della giovinezza e dell’infanzia e così andò pure davanti alla scuola dove avevano insegnato i genitori prima di andare in pensione ed al liceo frequentato da lui stesso.

- “Si vede che sto invecchiando!” – si disse ridendo di sé e decise, considerato che l’ora di colazione era passata da un pezzo, di fermarsi alla tavola calda dove da ragazzo andava ad abbuffarsi nell’intervallo delle lezioni.

Stava tornando a riprendere la moto quando si sentì chiamare. Si voltò e vide una bella signora con  i capelli biondi. Rimase un attimo interdetto poi la riconobbe:

- Elena! – esclamò contento – Da quanto tempo!

- Già, sono passati quasi quindici anni – gli disse lei sorridendo – non mi avevi riconosciuta vero?

- No, a dire il vero ti ricordavo con i capelli lunghi e castani.

- Non lo sai che le signore invecchiando si fanno bionde?

- Invecchiando? Vuoi dire forse  che sono vecchio dato che, se ben mi ricordo, abbiamo circa la stessa età? – le fece con galanteria.

- No, tu eri un bel ragazzo e sei diventato un uomo magnifico. Sono io ad essere invecchiata.

- Non è vero affatto. Dimmi piuttosto, questa bella signorina è tua figlia? – le chiese indicando una bambina di circa otto anni che la donna portava per mano.

- Sì, lei è Viviana – gli rispose poi spiegò alla piccola – Questo signore è un vecchio amico della mamma.

La ragazzina però sembrava più interessata alle sue amichette rimaste più in là che non a Massimo e divincolandosi dalla mano della madre, si allontanò dicendo:

 - Vado da Raffaella e Giorgia.

- Scusala – la giustificò Elena.

- Ma certo. Piuttosto non pensavo tu avessi una figlia già così grande.

- Oh, lei è la seconda, ho anche un maschietto di tredici anni!

- Ti sei sposata presto a quanto pare.

- Sì  - gli rispose. Però  non ho finito l’università, ho lasciato prima. Comunque oggi lavoro in uno studio di commercialista e sono lo stesso contenta. E tu ci sei riuscito a prendere la laurea e a diventare qualcuno come volevi?

Lui sorrise.

– Sai, i sogni dei ragazzi sono sempre esagerati. Comunque anch’io sono contento. Ho un buon lavoro ed anche se sono costretto a girare tutta l’Italia, per il momento non mi pesa.

- Peserà a tua moglie, però.

Elena aveva fatto l’indifferente, ma in realtà le premeva sapere se Massimo si fosse sposato.

- Non ho moglie. Sono ancora “signorino”- le rispose infatti questi.

Quasi come se stesse parlando a se stessa e con gli occhi un po’ bassi,  lei allora affermò:

-  L’avevo capito che non l’avresti mai fatto. Sposarti, intendo.

- Di’ un po’, non ti sembra di esagerare? Avevo solo venti anni quando mi hai lasciato, vorrei vedere quale ragazzo è disposto a pensare al matrimonio a quell’età!

La donna  aggiunse come se fosse stata una cosa che avrebbe voluto  dirgli da tanto:

- Io ti avrei aspettato anche dieci anni se fosse stato necessario, ma tu non eri proprio fatto per un rapporto esclusivo, questo l’avevo capito. Non lo sai come sono stata male e quante volte sono stata tentata di richiamarti. Poi ho conosciuto Maurizio ed è stata una vera fortuna per me. Adesso sono felice, ho la mia casa, i miei figli, un uomo che mi adora. Forse non sarà affascinante come te…

- Per quale motivo me lo dici? Non crederai che dopo tutti questi anni mi aspettavo che tu stessi ancora a rimpiangermi? E poi non c’è proprio nulla da rimpiangere, non sono un tipo raccomandabile e non sei la sola a pensarlo – le disse facendo trasparire una leggera irritazione.

- Non volevo dire questo, scusami.

- Figurati cara, comunque ora devo andare perché ho un appuntamento. Mi ha fatto molto piacere rivederti – le strinse la mano, accomiatandosi.

Poco dopo, riprendendo il suo giretto per il quartiere, si ritrovò a guardarsi dentro scoprendo che il malumore gli era tornato dopo l’incontro con la sua ex. Era stato per ben quattro anni con Elena ed anche se si era trattato di un amore giovanile, le aveva voluto bene. C’era rimasto molto male quando la ragazza l’aveva piantato senza nessun motivo.  Non si era mai spiegato perché l’avesse fatto ed ora, dopo tanto tempo,  finalmente era venuto a saperlo. In fondo erano gli stessi motivi per cui adesso Chiara l’aveva lasciato. Le donne con lui o volevano solo spassarsela o lo scartavano perché non era matrimoniabile, nessuna che lo amasse per quello che era! Bel risultato!

Finì per tornare anche nel bar dove da ragazzo era solito trascorrere le serate, ma non fu una buona idea perché un senso di tristezza lo colse non appena ne ebbe varcato la soglia. Infatti, come se gli anni non  fossero mai passati,  qualcuno dei suoi vecchi amici di un tempo ancora bazzicava da quelle parti,  trascorrendo come allora i  pomeriggi tra una birra ed il biliardo.

- “Chissà se i fortunati non sono loro che non hanno mai avvertito  neanche l’esigenza di cambiare vita. Certo la mia inquietudine non è che mi abbia portato a molto” – si disse.

Dopo qualche chiacchiera se ne stette con la bottiglia di birra in mano a guardare la pioggia scrosciante cha oramai veniva giù, bloccandolo in quel bar.

Sembrava già inverno, niente faceva pensare all’estate appena trascorsa. Non avrebbe mai potuto dimenticare quell’estate, aveva il bel volto sorridente di una donna bruna e  come lei era stata dolce e calda. Ma ormai era perduta.

Lo colse un bruciante desiderio di Chiara, ma poi provò rabbia. Forse aveva ragione Sandra, forse stava così perché la desiderava ancora, non se ne era ancora saziato, era come se ad un affamato venisse tolto il cibo dal piatto. Doveva smetterla di pensare a lei, accidenti!

Anche se era fuori allenamento, decise di fare una partita a biliardo. Si stava congratulando con se stesso per essere ancora abbastanza in gamba al gioco quando gli squillò il cellulare. Era l’avvocato Doria, il capo dell’Ispettorato:

- Corona, – gli fece con la voce autoritaria – finalmente qualcuno che mi risponde! Sono tre ore che sto cercando di contattare Giacomo Rossi!

- Io però sono in ferie – gli rispose secco Massimo.

- Come in ferie? In questo periodo?

- È da marzo che non ne facevo e ritengo di avere anch’io diritto ad un po’ di riposo, non crede?

- Comunque ferie o non ferie, visto che non riesco a contattare il suo collega, deve attivarsi lei. Il Direttore Generale  ha deciso di tenere anche per l’Italia meridionale gli incontri di formazione per  presentare ai colleghi i risultati delle nostre esperienze ispettive di questi ultimi anni. Bisogna prepararli.

- E dobbiamo farlo noi?

- No, non del tutto. Si terranno a Napoli. Avvaletevi della collaborazione dello staff dei Formatori e della Direzione Amministrativa locale. Non sono nuovi a questo tipo di cose, sanno già come fare, ma  il tempo è poco perché dovete finire le visite in corso e preparare la relazione.

- D’accordo, ma non possiamo farlo la settimana prossima?

- Corona, e che cavolo! La data è stata fissata per il 20. Ce la vogliamo dare una mossa, cosa dice?

- Guardi che io non posso ritornare prima di lunedì.

Gli dispiaceva, ma non era il tipo da far prevaricare i suoi diritti.

- Va bene – acconsentì il capo conoscendolo bene -  ma perlomeno avvisi Napoli, così incominciate ad organizzarvi tra voi, poi ci risentiamo. Prenda un po’ di appunti per riferire all’Amministrazione.

Massimo si fece dare un po’ di carta ed una penna dal barista e sotto gli occhi incuriositi degli amici i quali lo vedevano quasi come un top manager, prese appunti. Al termine della telefonata però era molto interdetto, poi si decise a scaricare la cosa su Giacomo che era in servizio. Diamine, lui se l’era fatte le sue belle ferie in estate! Dopo molti tentativi riuscì a beccarlo sul cellulare, ma non c’era molto campo e riuscì solo ad allarmarlo senza ottenere molto di più.

Era inutile, gli toccava avvisare Raimondi, però sapeva che per lui rispondevano le tre ragazze e non gli andava di  sentire Chiara.

- “In ogni caso – si disse – la possibilità è di una su tre e poi, accidenti, non posso farmi condizionare da una cosa così stupida, devo avvisarli. Che figura ci faccio con il capo e con Giacomo?”

Così chiamò, ma come aveva paventato, dall’altro capo del filo gli rispose, secondo i dettami aziendali, proprio Chiara.

- Ciao, sono Massimo.

- “Massimo” – pensò la ragazza mentre il cuore le balzava nel petto, ma si controllò molto bene, forse addirittura troppo perché la sua voce risultò solo molto professionale quando gli disse:

- Ciao, in cosa posso esserti utile?

Il giovane ne fu deluso e tagliò corto:

- Passami il tuo capo, per favore.

- Resta in linea, prego, credo sia  occupato.

Mentre ascoltava la musichetta, lui pensò che mentre se ne stava a tormentarsi da giorni come un coglione, lei, tutta serafica, aveva ripreso la placida vita di sempre. Si sentì montare la collera e quando la udì di nuovo era davvero su tutte le furie.

- Non mi risponde – gli disse lei – proviamo tra qualche momento. Vorresti dire a me nel frattempo?

- No, ho bisogno di parlare con lui, non certo con te. E poi cosa abbiamo più da dirci noi due? Preferisco sorbirmi un’insulsa musichetta piuttosto che perdere tempo in chiacchiere inutili. Mettimi in attesa, grazie.

La sua bella voce era tagliente come un filo di rasoio così Chiara non disse più nulla e gli passò la linea, posando il telefono proprio mentre rientravano le colleghe che erano andate a lavarsi le mani poiché  era quasi ora di uscita.

 Era tutta rossa in volto e nel  trovarla così Rossana le chiese:

- Ancora quel capogiro? Dovresti farti vedere, ragazza mia, non è normale.

Ma Federica aveva intuito qualcosa.

- Chi era al telefono? – le chiese.

- Corona – le rispose cercando di rientrare in sé dopo la cocente delusione subita.

- E che voleva?

- Non lo so, voleva parlare con il capo.

 

**

 

Federica decise di prendere anche lei la metropolitana per riuscire a sapere dall’amica che cosa fosse successo. In un primo momento Chiara si dimostrò molto riluttante a dirglielo, ma poi cedette alle sue insistenze e le raccontò della breve conversazione con Massimo.

- Che disgraziato! – fu il suo commento.

- No, non è colpa sua. Sono stata io a dirgli di lasciarmi perdere.

- E lo difendi pure! – esclamò l’altra.

- Lo amo. Forse riuscirò a smettere di farlo, ma oggi devo dire che lo amo da morire, potrebbe farmi qualsiasi cosa, non smetterei di amarlo! - confessò a voce bassa la ragazza.

Dal suo tono traspariva un’enorme passione che irritò l’altra.

- Allora potevi pensarci prima di fare l’eroina e rifiutarlo! - fu l’osservazione acida dell’amica.

- Lo so ed è per questo che da oggi in poi preferisco non toccare più l’argomento. Sono problemi miei e me li devo piangere io. Non è giusto stare a scocciare nessuno con i miei sentimenti  ed i miei sbagli.

Federica la guardò senza dire niente, la conosceva e la cosa peggiore che poteva fare adesso era chiudersi in se stessa.

-  Dai, scusami. - le disse - Non fare così, con me puoi parlare quanto vuoi, lo sai. Ti fa bene sfogarti un po’. Anzi, sai che facciamo? Stasera te ne vieni a cena da me, così stiamo un altro po’ insieme.

- No, ti ringrazio, ho promesso a Cristina di andare da lei e se non lo faccio si offende. Da te verrò un’altra volta anche perché voglio venire a trovare tua madre. Come sta?

Facendo finta di nulla, Chiara continuò la conversazione su un tono più generico fino a quando la collega non scese dal treno.

Rimasta sola, si diede subito a trovare una scusa per non andare neanche dalla sorella. Quella sera non aveva voglia di vedere nessuno, tra l’altro neanche si sentiva bene perché le stavano venendo le mestruazioni. Decise che questa era la scusa buona: non grave da far preoccupare ma nemmeno tanto banale. Appena arrivata a casa telefonò a Cristina e, come aveva pensato, lei non ebbe nulla da obiettare quando le raccontò che desiderava solo sdraiarsi sul letto con una bella borsa d’acqua calda sulla pancia. La sorella però le raccomandò di mangiare qualcosa.

Chiara non sapeva mancare le promesse e si sforzò di cucinare, ma riuscì a buttare giù solo qualche cucchiaio di pasta perché la frittata che si era preparata per secondo le fece venire subito voglia di vomitare.

Trascorse la serata a vedere in TV un vecchio film di fantascienza, il suo genere preferito,  per cui riuscì anche a passare qualche ora senza pensare alle sue pene. Quando se ne andò a dormire, non seppe far altro che augurarsi che l’indomani fosse una giornata tranquilla.

   
 
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