5 SETTEMBRE
mercoledì
La
mattina successiva il cattivo umore di
Massimo era cresciuto ancora di più. Era da solo in casa perché
i genitori erano andati ad una visita
cardiologia per il padre. Si era pure offerto di accompagnarli, ma
poiché era
solo un controllo di routine e c’era da fare una lunga
anticamera, loro stessi
gli avevano consigliato di non andare.
Stava
gironzolando per casa da un bel
po’ quando decise di andare a fare un giro in moto,
benché il tempo promettesse
pioggia.
La
tirò fuori dal garage, la sua bella,
vecchia moto Harley Davidson e, preso dalla nostalgia per i vecchi
tempi, decise di
andare a fare una passeggiata nel
quartiere dove avevano abitato prima di comprare quella villetta un
po’ fuori
città.
Fu
una cosa simpatica rivedere le
vecchie strade. Come in un pellegrinaggio nostalgico, si
fermò sotto i balconi
della loro vecchia casa. Era stata piccola per sei di loro e non era
stato
facile crescervi, però
adesso gli
sembrava tutto bellissimo. Gli tornarono in mente tanti ricordi della
giovinezza e dell’infanzia e così andò
pure davanti alla scuola dove avevano
insegnato i genitori prima di andare in pensione ed al liceo
frequentato da lui
stesso.
-
“Si vede che sto invecchiando!” – si
disse ridendo di sé e decise, considerato che
l’ora di colazione era passata da
un pezzo, di fermarsi alla tavola calda dove da ragazzo andava ad
abbuffarsi
nell’intervallo delle lezioni.
Stava
tornando a riprendere la moto
quando si sentì chiamare. Si voltò e vide una
bella signora con i
capelli biondi. Rimase un attimo interdetto
poi la riconobbe:
-
Elena! – esclamò contento – Da quanto
tempo!
-
Già, sono passati quasi quindici anni
– gli disse lei sorridendo – non mi avevi
riconosciuta vero?
-
No, a dire il vero ti ricordavo con i
capelli lunghi e castani.
-
Non lo sai che le signore
invecchiando si fanno bionde?
-
Invecchiando? Vuoi dire forse che
sono vecchio dato che, se ben mi ricordo,
abbiamo circa la stessa età? – le fece con
galanteria.
-
No, tu eri un bel ragazzo e sei
diventato un uomo magnifico. Sono io ad essere invecchiata.
-
Non è vero affatto. Dimmi piuttosto,
questa bella signorina è tua figlia? – le chiese
indicando una bambina di circa
otto anni che la donna portava per mano.
-
Sì, lei è Viviana – gli rispose poi
spiegò
alla piccola – Questo signore è un vecchio amico
della mamma.
La
ragazzina però sembrava più
interessata alle sue amichette rimaste più in là
che non a Massimo e divincolandosi
dalla mano della madre, si allontanò dicendo:
- Vado da Raffaella e
Giorgia.
-
Scusala – la giustificò Elena.
-
Ma certo. Piuttosto non pensavo tu
avessi una figlia già così grande.
-
Oh, lei è la seconda, ho anche un
maschietto di tredici anni!
-
Ti sei sposata presto a quanto pare.
-
Sì
- gli rispose. Però
non ho finito
l’università, ho lasciato prima. Comunque oggi
lavoro in uno studio di
commercialista e sono lo stesso contenta. E tu ci sei riuscito a
prendere la
laurea e a diventare qualcuno come volevi?
Lui
sorrise.
–
Sai, i sogni dei ragazzi sono sempre
esagerati. Comunque anch’io sono contento. Ho un buon lavoro
ed anche se sono
costretto a girare tutta l’Italia, per il momento non mi pesa.
-
Peserà a tua moglie, però.
Elena
aveva fatto l’indifferente, ma in
realtà le premeva sapere se Massimo si fosse sposato.
-
Non ho moglie. Sono ancora
“signorino”- le rispose infatti questi.
Quasi
come se stesse parlando a se
stessa e con gli occhi un po’ bassi,
lei
allora affermò:
-
L’avevo capito che non l’avresti mai
fatto. Sposarti, intendo.
-
Di’ un po’, non ti sembra di
esagerare? Avevo solo venti anni quando mi hai lasciato, vorrei vedere
quale
ragazzo è disposto a pensare al matrimonio a
quell’età!
La
donna aggiunse come
se fosse stata una cosa che
avrebbe voluto dirgli
da tanto:
-
Io ti avrei aspettato anche dieci
anni se fosse stato necessario, ma tu non eri proprio fatto per un
rapporto
esclusivo, questo l’avevo capito. Non lo sai come sono stata
male e quante
volte sono stata tentata di richiamarti. Poi ho conosciuto Maurizio ed
è stata
una vera fortuna per me. Adesso sono felice, ho la mia casa, i miei
figli, un
uomo che mi adora. Forse non sarà affascinante come
te…
-
Per quale motivo me lo dici? Non
crederai che dopo tutti questi anni mi aspettavo che tu stessi ancora a
rimpiangermi? E poi non c’è proprio nulla da
rimpiangere, non sono un tipo
raccomandabile e non sei la sola a pensarlo – le disse
facendo trasparire una
leggera irritazione.
-
Non volevo dire questo, scusami.
-
Figurati cara, comunque ora devo
andare perché ho un appuntamento. Mi ha fatto molto piacere
rivederti – le
strinse la mano, accomiatandosi.
Poco
dopo, riprendendo il suo giretto
per il quartiere, si ritrovò a guardarsi dentro scoprendo
che il malumore gli
era tornato dopo l’incontro con la sua ex. Era stato per ben
quattro anni con
Elena ed anche se si era trattato di un amore giovanile, le aveva
voluto bene. C’era
rimasto molto male quando la ragazza l’aveva piantato senza
nessun motivo. Non
si era mai spiegato perché l’avesse fatto
ed ora, dopo tanto tempo, finalmente
era
venuto a saperlo. In fondo erano gli stessi motivi per cui adesso
Chiara l’aveva
lasciato. Le donne con lui o volevano solo spassarsela o lo scartavano
perché
non era matrimoniabile, nessuna che lo amasse per quello che era! Bel
risultato!
Finì
per tornare anche nel bar dove da
ragazzo era solito trascorrere le serate, ma non fu una buona idea
perché un
senso di tristezza lo colse non appena ne ebbe varcato la soglia.
Infatti, come
se gli anni non fossero
mai
passati, qualcuno
dei suoi vecchi amici
di un tempo ancora bazzicava da quelle parti,
trascorrendo come allora i
pomeriggi tra una birra ed il biliardo.
-
“Chissà se i fortunati non sono loro che
non hanno mai avvertito neanche
l’esigenza
di cambiare vita. Certo la mia inquietudine non è che mi
abbia portato a molto”
– si disse.
Dopo
qualche chiacchiera se ne stette
con la bottiglia di birra in mano a guardare la pioggia scrosciante cha
oramai
veniva giù, bloccandolo in quel bar.
Sembrava
già inverno, niente faceva
pensare all’estate appena trascorsa. Non avrebbe mai potuto
dimenticare
quell’estate, aveva il bel volto sorridente di una donna
bruna e come lei
era stata dolce e calda. Ma ormai era
perduta.
Lo
colse un bruciante desiderio di
Chiara, ma poi provò rabbia. Forse aveva ragione Sandra,
forse stava così
perché la desiderava ancora, non se ne era ancora saziato,
era come se ad un
affamato venisse tolto il cibo dal piatto. Doveva smetterla di pensare
a lei,
accidenti!
Anche
se era fuori allenamento, decise
di fare una partita a biliardo. Si stava congratulando con se stesso
per essere
ancora abbastanza in gamba al gioco quando gli squillò il
cellulare. Era
l’avvocato Doria, il capo dell’Ispettorato:
-
Corona, – gli fece con la voce
autoritaria – finalmente qualcuno che mi risponde! Sono tre
ore che sto
cercando di contattare Giacomo Rossi!
-
Io però sono in ferie – gli rispose
secco Massimo.
-
Come in ferie? In questo periodo?
-
È da marzo che non ne facevo e
ritengo di avere anch’io diritto ad un po’ di
riposo, non crede?
-
Comunque ferie o non ferie, visto che
non riesco a contattare il suo collega, deve attivarsi lei. Il
Direttore
Generale ha deciso
di tenere anche per
l’Italia meridionale gli incontri di formazione per presentare ai colleghi i
risultati delle
nostre esperienze ispettive di questi ultimi anni. Bisogna prepararli.
-
E dobbiamo farlo noi?
-
No, non del tutto. Si terranno a
Napoli. Avvaletevi della collaborazione dello staff dei Formatori e
della
Direzione Amministrativa locale. Non sono nuovi a questo tipo di cose,
sanno
già come fare, ma il
tempo è poco perché
dovete finire le visite in corso e preparare la relazione.
-
D’accordo, ma non possiamo farlo la
settimana prossima?
-
Corona, e che cavolo! La data è stata
fissata per il 20. Ce la vogliamo dare una mossa, cosa dice?
-
Guardi che io non posso ritornare
prima di lunedì.
Gli
dispiaceva, ma non era il tipo da
far prevaricare i suoi diritti.
-
Va bene – acconsentì il capo
conoscendolo bene - ma
perlomeno avvisi
Napoli, così incominciate ad organizzarvi tra voi, poi ci
risentiamo. Prenda un
po’ di appunti per riferire all’Amministrazione.
Massimo
si fece dare un po’ di carta ed
una penna dal barista e sotto gli occhi incuriositi degli amici i quali
lo vedevano
quasi come un top manager, prese appunti. Al termine della telefonata
però era
molto interdetto, poi si decise a scaricare la cosa su Giacomo che era
in
servizio. Diamine, lui se l’era fatte le sue belle ferie in
estate! Dopo molti
tentativi riuscì a beccarlo sul cellulare, ma non
c’era molto campo e riuscì
solo ad allarmarlo senza ottenere molto di più.
Era
inutile, gli toccava avvisare
Raimondi, però sapeva che per lui rispondevano le tre
ragazze e non gli andava
di sentire Chiara.
-
“In ogni caso – si disse – la
possibilità è di una su tre e poi, accidenti, non
posso farmi condizionare da
una cosa così stupida, devo avvisarli. Che figura ci faccio
con il capo e con
Giacomo?”
Così
chiamò, ma come aveva paventato,
dall’altro capo del filo gli rispose, secondo i dettami
aziendali, proprio
Chiara.
-
Ciao, sono Massimo.
-
“Massimo” – pensò la ragazza
mentre
il cuore le balzava nel petto, ma si controllò molto bene,
forse addirittura
troppo perché la sua voce risultò solo molto
professionale quando gli disse:
-
Ciao, in cosa posso esserti utile?
Il
giovane ne fu deluso e tagliò corto:
-
Passami il tuo capo, per favore.
-
Resta in linea, prego, credo sia occupato.
Mentre
ascoltava la musichetta, lui
pensò che mentre se ne stava a tormentarsi da giorni come un
coglione, lei,
tutta serafica, aveva ripreso la placida vita di sempre. Si
sentì montare la
collera e quando la udì di nuovo era davvero su tutte le
furie.
-
Non mi risponde – gli disse lei –
proviamo tra qualche momento. Vorresti dire a me nel frattempo?
-
No, ho bisogno di parlare con lui,
non certo con te. E poi cosa abbiamo più da dirci noi due?
Preferisco sorbirmi
un’insulsa musichetta piuttosto che perdere tempo in
chiacchiere inutili. Mettimi
in attesa, grazie.
La
sua bella voce era tagliente come un
filo di rasoio così Chiara non disse più nulla e
gli passò la linea, posando il
telefono proprio mentre rientravano le colleghe che erano andate a
lavarsi le
mani poiché era
quasi ora di uscita.
Era tutta rossa in volto e
nel trovarla
così Rossana le chiese:
-
Ancora quel capogiro? Dovresti farti
vedere, ragazza mia, non è normale.
Ma
Federica aveva intuito qualcosa.
-
Chi era al telefono? – le chiese.
-
Corona – le rispose cercando di
rientrare in sé dopo la cocente delusione subita.
-
E che voleva?
-
Non lo so, voleva parlare con il
capo.
**
Federica
decise di prendere anche lei
la metropolitana per riuscire a sapere dall’amica che cosa
fosse successo. In
un primo momento Chiara si dimostrò molto riluttante a
dirglielo, ma poi
cedette alle sue insistenze e le raccontò della breve
conversazione con
Massimo.
-
Che disgraziato! – fu il suo
commento.
-
No, non è colpa sua. Sono stata io a
dirgli di lasciarmi perdere.
-
E lo difendi pure! – esclamò l’altra.
-
Lo amo. Forse riuscirò a smettere di
farlo, ma oggi devo dire che lo amo da morire, potrebbe farmi qualsiasi
cosa,
non smetterei di amarlo! - confessò a voce bassa la ragazza.
Dal
suo tono traspariva un’enorme
passione che irritò l’altra.
-
Allora potevi pensarci prima di fare
l’eroina e rifiutarlo! - fu l’osservazione acida
dell’amica.
-
Lo so ed è per questo che da oggi in
poi preferisco non toccare più l’argomento. Sono
problemi miei e me li devo
piangere io. Non è giusto stare a scocciare nessuno con i
miei sentimenti ed
i miei sbagli.
Federica
la guardò senza dire niente,
la conosceva e la cosa peggiore che poteva fare adesso era chiudersi in
se
stessa.
-
Dai, scusami. - le disse - Non fare così, con
me puoi parlare quanto
vuoi, lo sai. Ti fa bene sfogarti un po’. Anzi, sai che
facciamo? Stasera te ne
vieni a cena da me, così stiamo un altro po’
insieme.
-
No, ti ringrazio, ho promesso a Cristina
di andare da lei e se non lo faccio si offende. Da te verrò
un’altra volta
anche perché voglio venire a trovare tua madre. Come sta?
Facendo
finta di nulla, Chiara continuò
la conversazione su un tono più generico fino a quando la
collega non scese dal
treno.
Rimasta
sola, si diede subito a trovare
una scusa per non andare neanche dalla sorella. Quella sera non aveva
voglia di
vedere nessuno, tra l’altro neanche si sentiva bene
perché le stavano venendo
le mestruazioni. Decise che questa era la scusa buona: non grave da far
preoccupare ma nemmeno tanto banale. Appena arrivata a casa
telefonò a Cristina
e, come aveva pensato, lei non ebbe nulla da obiettare quando le
raccontò che
desiderava solo sdraiarsi sul letto con una bella borsa
d’acqua calda sulla
pancia. La sorella però le raccomandò di mangiare
qualcosa.
Chiara
non sapeva mancare le promesse e
si sforzò di cucinare, ma riuscì a buttare
giù solo qualche cucchiaio di pasta
perché la frittata che si era preparata per secondo le fece
venire subito
voglia di vomitare.
Trascorse
la serata a vedere in TV un
vecchio film di fantascienza, il suo genere preferito,
per cui riuscì anche a passare qualche ora
senza
pensare alle sue pene. Quando se ne andò a dormire, non
seppe far altro che
augurarsi che l’indomani fosse una giornata tranquilla.