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Autore: Guitarist_Inside    09/10/2009    5 recensioni
Una giovane chitarrista che vive per e grazie alla musica. Un suo concerto e un incontro alquanto particolare. Una proposta ancora più singolare, forse un po’ azzardata. Un grande sogno che si avvera. Ma con questo prendono forma anche confusione, preoccupazioni, timori, titubanze, paura di deludere… Senza tralasciare però grandi e appaganti emozioni, felicità, gioie, soddisfazioni…
Questa è la prima fanfic che posto (a dir la verità mi ha “convinto” una mia amica a postarla…) spero vi piaccia... (non fermatevi solo ai primi capitoli xDD)
PS: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo. Ogni singola parola scritta in questa fic è soltanto opera della mia fantasia e non racconta fatti successi realmente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ecco qui il secondo capitolo. L'ispirazione mi è venuta oggi pomeriggio, suonando appunto la chitarra... Spero vi piaccia =)

Helena89: Grazie del commento... Sarà che i primi (e soprattutto IL primo) assume per me un significato speciale, ma grazie davvero! =) Mi fa piacere che tu abbia deciso di seguire questa mia prima fic, spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento!

Per consigli e opinioni lasciate un commento, mi farebbe piacere una vostra impressione...





CAPITOLO 2 One, two, three, four! Go!



Salii anch’io sul palco. Collegai la chitarra all’amplificatore, regolai la distorsione e controllai velocemente che fosse accordata. Dopodiché salutai e presentai brevemente la prima canzone che avrei suonato, che avevo composto circa un anno prima. Suonai tre delle canzoni che preferivo tra quelle che avevo inventato. Devo dire che vennero bene e il pubblico applaudì più di quanto mi aspettassi: ciò mi diede più sicurezza e mi incoraggiò maggiormente. Dopo le mie tre canzoni, passai alle cover.
– Adesso – dissi – non posso non suonare almeno una canzone di una delle più grandi leggende del blues, del rock e della chitarra… Questo è un tributo al grande Jimi Hendrix, sempre vivo nella sua musica. This song is called Voodoo Child! –
Detto ciò, collegai il Wah-wah alla chitarra e inizia a suonare il famosissimo intro. La grinta della mia chitarra e il mio entusiasmo si mischiarono a quello del pubblico, e il risultato fu ottimo. Non pensavo davvero riuscisse così bene.
– Un altro chitarrista che mi ha avvicinato al rock e a questo meraviglioso strumento, è stato Slash, con il suo modo unico ed emozionante di suonare la chitarra. Le canzoni che suonerò adesso vogliono essere una cover in tributo a lui e ai grandi Guns N’ Roses, prima che si sciogliessero… –
Detto ciò iniziai a suonare Welcome To The Jungle, accompagnata dagli urli entusiasti del pubblico. Quando arrivai al ritornello il pubblico era quasi in delirio, cantando e urlando con me il testo.
– In the jungle!
Welcome to the jungle!
Watch it bring you to your…
sha na na na na na na na! knees, knees!
I gonna watch you bleed!
And when you're high you never
Ever want to come down, so down,
So down, so down, so dooooowwwwwn
YEEEEEEEEEEAAAH! –
A questo punto inizia il solista. Questa canzone mi trasmetteva sempre molta energia ed entusiasmo. Come in molte altre canzoni, ci mettevo l’anima nel suonarlo. E mi faceva piacere vedere l’entusiasmo del pubblico di ritorno. Il solista mi riuscì molto espressivo, e ciò mi fece molto piacere. Poi ripresi, insieme al pubblico che quasi urlava
– You know where you are?
You're in the jungle baby!
You're gonna dieeee! –
Alla fine della canzone, anche questa volta non mancarono gli applausi e le urla di incitamento. Decisi quindi di suonare November Rain, sempre dei Guns N’ Roses, una canzone che mi trasmetteva sempre una certa commozione, che mi ricordava una profonda tristezza e un’altrettanto profonda determinazione. Per la parte col piano, la feci ugualmente con la chitarra per mezzo di un effetto speciale della pedaliera che mi aveva prestato il ragazzo che aveva suonato prima di me. Della canzone, poi, mi piacevano particolarmente i solisti: non erano molto veloci, ma molto espressivi ed emozionanti, e secondo me era quello ciò che contava maggiormente…
– The next song is called Sweet Child O’ Mine!! – annunciai, scegliendo un brano dal ritmo più allegro.
Anche questa volta, arrivò un fragoroso incitamento non appena iniziai a suonare l’introduzione del brano.
– She's got a smile that it seems to me
Reminds me of childhood memories
Where everything
Was as fresh as the bright blue skyyy
Now and then when I see her face
She takes me away to that special place
And if I'd stare too long
I'd probably break down and cryyy
Oh, Oh, Ooh! Sweet child o' mine!
Oh, Oh, Oh, Ooh! Sweet love of mine! –
Poi, venne il momento dei solisti, anch’essi molto incisivi, grazie anche alla tecnica del bending… Mi piacevano molto i due solisti di questa canzone, e li eseguii con molta partecipazione e passione.
Anche al finale, il pubblico continuava a cantare con entusiasmo, insieme a me
– Where do we go?
Where do we go now?
Where do we go?
Sweet chiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiild o' miiiiiiiiine!!! –
– La prossima canzone, è una canzone che mi piace molto e per me molto significativa e veritiera nel testo, soprattutto nel titolo… Questa canzone è stata composta dagli AC/DC e si intitola It’s A Long Way To The Top If You Wanna Rock N’ Roll!! And one, two, one two three four!
Ridin' down the highway
Goin' to a show
Stop in all the by-ways
Playin' rock 'n' roll
Gettin' robbed
Gettin' stoned
Gettin' beat up
Broken boned
Gettin' had
Gettin' took
I tell you folks
It's harder than it looks…
It's a long way to the top
If you wanna rock 'n' roll!
It's a long way to the top
If you wanna rock 'n' roll!
If you think it's easy doin' one night stands
Try playin' in a rock roll band
It's a long way to the top
If you wanna rock 'n' roooll! –
Iniziai quindi il solista, facendone uno simile a quello di Angus Young e aggiungendone uno mio sul genere, improvvisato al momento. Il pubblico continuava a darmi la carica giusta per andare avanti. Mi sentivo ormai abbastanza tranquilla e a mio agio, piena di energia. Quando suonavo, e soprattutto se ero su un palco, mi sentivo sempre come se fossi attraversata da un’indescrivibile forma d’energia, potente, vitale, incalzante, ma a volte anche calma, commovente… Una strana energia che mi dava la forza di andare avanti anche nei momenti più difficili e tristi, e di godermi appieno quelli felici. Un’energia che per qualche tempo riusciva a farmi dimenticare tutto ciò che non fosse strettamente collegato a quello che stessi suonando e, nel caso stessi suonando davanti ad un pubblico, al pubblico. Sentivo l’energia percorrermi tutto il corpo per poi incanalarsi nelle mie mani, nelle mie dita, e infondersi nella mia chitarra, e da qui trasformarsi in musica e diffondersi nell’aria arrivando fino ai ragazzi che cantavano con me, per poi tornarmi indietro come un frisbee, ma amplificata. L’energia che mi si rifletteva dal pubblico era enorme e andava a fondersi con quella che mi dava la musica di per sé, facendomi sentire veramente bene. Era una sensazione stupenda, indescrivibile. Welcome to Paradise. Sì, nel caso davvero esistesse una sorta di Paradiso, doveva essere qualcosa del genere. Anzi no, questo era molto meglio, perché non richiedeva alcun pedaggio, non richiedeva la morte, anzi, era raggiungibile soprattutto da vivi. Avrei potuto continuare a suonare così per ore, pensai. Guardai il pubblico e sentii un gran flusso di energia di ritorno. Finii la strofa e attaccai con il solista: le dita che quasi si muovevano da sole sulla tastiera senza quasi bisogno di sforzo. Era davvero fantastico. Dopo il solista conclusi il brano, tra le grida entusiaste della folla.
Dopodiché, dopo una breve introduzione, iniziai a suonare una canzone divenuta ormai un simbolo e una specie di inno punk rock: Blitzkrieg Bop dei Ramones. Iniziammo a gridare – Hey! Ho! Let’s go! – 3 volte, poi, sul quarto grido, iniziai a suonare. Quattro accordi (suonati in barrè), ma con un ritmo molto grintoso e coinvolgente.
– They're forming in a straight line
They're going through a tight wind
The kids are losing their minds
The Blitzkrieg Bop!
They're piling in the back seat
They're generating steam heat
Pulsating to the back beat
The Blitzkrieg Bop!
Hey ho, let's go
Shoot'em in the back now
What they want, I don't know
They're all revved up and ready to go! –
La canzone finì ancora al grido di – Hey! Ho! Let’s go! – e io feci andare la chitarra in saturazione. L’energia ormai fluiva e ritornava a fiotti. Ormai mi sentivo sicura, carica, come se fossi quasi invincibile, su quel palco, con la mia chitarra.
– And now, last but not least, vorrei suonare qualche canzone di un gruppo, un gruppo che è nato anche grazie ai Ramones e alla loro musica, un gruppo a cui devo molto anch’io, perché la loro musica mi ha avvicinato ancor più al rock e in particolare al punk rock, e perché la prima canzone che ho suonato con la chitarra, con cui in un certo senso ho imparato a suonare questo strumento, è stata loro… E perché ha trasformato una sera di settimana scorsa, quella del 10 novembre, che poteva essere uguale a tante altre, nella migliore della mia vita. Questa band sono i Green Day e vorrei concludere suonando alcune loro canzoni. Innanzitutto, comincerei con quella che me li ha fatti conoscere, la prima che ho sentito, e che mi è piaciuta fin da subito: Basket Case! –
Detto ciò, controllai velocemente l’accordatura della mia Gibson “Baby Billie Joe” e iniziai a suonare i primi accordi e a cantare.
– Do you have the time
To listen to me whine
About nothing and everything
All at once?
I am one of those
Melodramatic fools
Neurotic to the bone
No doubt about it.
Sometimes I give myself the creeps
Sometimes my mind plays tricks on me
It all keeps adding up
I think I'm cracking up
Am I just paranoid?
Or I'm just stoned –
Anche questa volta, la maggior parte del pubblico conosceva la canzone e, un po’ per volta, iniziò a cantarla. Alla fine del primo ritornello già tre quarti dei ragazzi e delle ragazze che assistevano la stava cantando…
– La canzone che suonerò adesso, è invece una delle prime canzone che I Green Day hanno composto. Meno conosciuta di altre, ma non per questo meno bella. Il suo titolo è Dry Ice! – E con ciò, iniziai con I primi accordi della canzone.
– Late last night I had a dream
And she was in it agaaain
She and I were in the sky
Flying hand in hand.
I woke up in a cold sweat
Wishing she was by my siiiide
Praying that she'll dry the tears
Left on my face I've cried… –
Questa volta quelli che la cantavano erano molti meno delle volte precedente, ma nonostante tutto il pubblico sembrava gradire la canzone e mi trasmetteva energia.
– Come ease the pain that's in my heart...
Come ease the pain that's in my heaaaaart... –
A questo punto iniziai il solista. Un solista semplice, ma che a me piaceva moltissimo e che mi dava l’impressione, come dire, di un suono in 3 dimensioni… lo so, non è facile comprendere bene cosa intenda, risulta difficile anche per me, ma questa è la prima impressione che ho avuto ascoltandolo.
Finita questa canzone, mi accorsi che mancavano ormai solo 15 minuti scarsi a mezzanotte, quando sarebbe dovuto finire il tempo che il locale ci aveva dato.
– Questa è la penultima canzone che suonerò, perché è quasi finite il tempo che Il locale ci ha gentilmente concesso… È una canzone che amo molto, sia a livello musicale che testuale… This song is called Jesus… Of… Suburbia!! –
Un urlo si levò dal pubblico e iniziai a suonare il pezzo.
– I'm the son of rage and love
The Jesus of Suburbia,
From the bible of "none of the above"
On a steady diet of
soda pop and ritalin
No one ever died for my sins in hell
As far as I can tell
At least the ones I got away with…
But there's nothing wrong with me
This is how I'm supposed to be
In a land of make believe
That don't believe in me! –
Continuai a suonare e a cantare, con sempre più grinta, energia, foga, passione… Verso metà quasi urlavo con il pubblico:
– City of the dead
At the end of another lost highway
Signs misleading to nowhere…
City of the damned
Lost children with dirty faces today
No one really seems to caaaaaaaaaaare…
Hey!
I don't care if you don't
I don't care if you don't
I don't care if you don't caaare
I don't care if you don't
I don't care if you don't
I don't care if you don't caaare
I don't care if you don't
I don't care if you don't
I don't care if you don't caaare
I don't care if you don't
I don't care if you don't
I don't care if you don't caaare
I don't caaaaaaaaaaaaaaaaaaare!! –
L’entusiasmo continuo per tutta la canzone, fino alla fine
– And I… leave behind
This hurricane of fucking lies…
And I… walked this line
A million and one fucking times…
But not this time!!
Here we goooooooooo!! –
A questo punto mi sbizzarrii nel solista, per poi tornare su un ritmo più tranquillo e continuare
– I don't feel any shame,
I won't apologize…
When there ain't nowhere you can go
Running away from pain
When you've been victimized
Tales from another broken...
Hooooooome!!
You're leaving...
You're leaving...
You're leaving...
Ah you're leaving home! –
Finita la canzone, feci andare la chitarra in saturazione, tra le urla dei ragazzi che mi guardavano. Sì, pensai, anch’io stavo andando in saturazione, come la mia chitarra: in saturazione di tutta quella fantastica energia che scorreva nelle mie vene insieme al sangue, di cui solo la musica, la chitarra e il pubblico potevano permetterne l’esistenza. Ma era una saturazione piacevole, mi sentivo benissimo come poche altre volte. Sentivo di star raggiungendo quasi l’apice: ormai conoscevo bene quella sensazione. L’avevo vissuta anche 8 giorni prima al concerto dei Green Day. La sentivo, magnifica, tutta quella misteriosa energia che stava raggiungendo il suo punto massimo. E io l’aspettavo tra l’impazienza, il desiderio e la voglia di far sempre meglio, di trasmettere un po’ di quell’enorme forza vitale al pubblico.
Con ancora le parole e il ritmo di Jesus Of Suburbia nella testa, mischiati a questi pensieri e a questa energia, guardai l’orologio mentre il pubblico applaudiva e urlava.
– Ok, thank you very much! Il tempo a disposizione è quasi finito… Ma vorrei suonare ancora una canzone, per concludere. Una canzone che invita i ragazzi a non scoraggiarsi. Una canzone che parla di come essere un individuo, come se dovessi setacciare nel buio per trovare te stesso, come vuoi essere, e poi riuscire ad essere così per tutta la vita... Una canzone che è per me un inno e uno stile di vita… E che penso lo sia anche per altri che come me si ritengono la Minoranza, che non vogliono omologarsi ad una fottutissima massa comandata da un fottutissimo sistema! This song is called Minority!! –
Tra gli urli della folla, iniziai a suonare l’introduzione del brano e poi iniziai a cantare a gran voce, sempre assieme alla folla di ragazzi e ragazze.
– I want to be the minority!
I don't need your authority!
Down with the moral majority!
'Cause I want to be the minority!
Stepped out of the line
Like a sheep runs from the herd
Marching out of time
To my own beat now!
The only way I know…
One light, one mind
Flashing in the dark…
Blinded by the silence of a thousand broken hearts…
For crying out loud
She screamed unto me
A free for all
Fuck 'em all
You are your own sight!
'Cause
I want to be the minority!
I don't need your authority!
Down with the moral majority!
'Cause I want to be the minority! –
Eccolo. Avevo raggiunto il vertice. Un entusiasmo e una vitalità smisurati mi invasero piacevolmente corpo e anima.
– Hey!! – gridai verso il pubblico, che in risposta urlò ancor più forte.
A questo punto mi ricordai di alcune frasi dette da Billie Joe nella precedente tournée di American Idiot nel 2005, frasi che mi avevano colpito e mi erano piaciute davvero molto. Quindi iniziai a urlare anch’io la parte finale di quel discorso, se può essere chiamato così.
– Regardless of who the powers that be are. The people that you elect, the people that I elect into office... Remember! YOU have the fuckin power, WE’re the fuckin’ leaders! Don't let these bastards dictate your life by trying to tell you what to do, alright? –
A questo punto si sentì un forte – Yeaaaaaaaaaaaah! – venire dal pubblico, per poi finire di cantare la canzone, con ancora più energia e convinzione di prima
– 'Cause I want to be the minority! –
Questo fu l’urlo finale, dopo il quale finii con gli ultimo accordi arpeggiati e ringraziai ancora una volta tutti. Tra gli applausi e le grida generali, scesi dal palco e andai ad appoggiare la chitarra, che avevo a tracolla, nella sua custodia. Sentivo ancora gran parte di quella strana e magnifica energia, anche se stava pian piano abbandonando il mio corpo. Ero sudata fradicia ma contenta come poche volte. Era stato uno dei migliori, come dire… concerti, ecco… Era stato uno dei migliori “concerti” in cui avessi mai suonato. Almeno, uno dei migliori in cui avessi mai suonato senza band. Mi passai una mano sulla fronte per asciugarmi un po’ e andai velocemente a prendere qualcosa da bere, poiché non avevo praticamente quasi più voce… Presi una bottiglia d’acqua che scolai in pochi secondi, poi tornai velocemente sul palco a prendere il mio amplificatore, il mio cavo jack e ciò che avevo lasciato, portandoli nell’angolo dove avevo appoggiato la custodia con la chitarra.

   
 
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