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Autore: Melian    11/10/2009    2 recensioni
"Tra i Maiar, nessuno – a parte Melian – riluceva di grazia come la Maia dalla voce di miele, una delle più splendide Figlie dell’Uno. [...] Da leggiadra e candida creatura, dalla Maia splendente che era stata, Ungoliant mutò e divenne brutta e scura, e prese l’aspetto di un enorme ragno gonfio di veleno mortale."
[Storia su "Il Silmarillion"]
[Prima classificata al contest "Il giorno che ha cambiato la mia vita" indetto da Fabi-Fabi sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ungoliant
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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UNGOLIANT


All’inizio dei tempi, quando Arda non era altro che un seme nelle mante di Ilùvatar assiso nell’infinito, gli Ainur e i Maiar elevavano i loro canti incessantemente e coloravano di mille sfumature l’eterea luce irradiata dall’amore stesso di Eru.
Nessuno – a parte Melian – riluceva di grazia come la Maia dalla voce di miele, una delle più splendide Figlie dell’Uno, il cui nome in seguito fu cancellato e bandito da Aman, mai più pronunciato, tanto che nessuno – Vala, Maia, Eldar o Uomo – ormai, lo ricorda.
Era nata dal più tenero dei pensieri di Ilùvatar, plasmata sull’idea stessa della soffice schiuma del mare, benché il “mare” non fosse ancora un concetto reale e nemmeno una parola significante. Aveva lunghi capelli scuri, ondulati e folti, un viso dai lineamenti delicati, sottili ed era flessuosa alla pari di un giunco. Era leggiadra e amabile, aveva sempre il sorriso sulle labbra e si profondeva in ogni sorta di tenerezza coi propri Fratelli e col Padre e per lui abbellì il mondo, ancor prima che questo venisse in essere, con la magia della sua voce.
Ma fu la malizia di Melkor ad attrarla.
Nella sua ingenuità, infatti, la Maia si fece affascinare dal canto dissonante, eppure potente e seducente, di Melkor, che la irretì con grandiose visioni di dominio e forza. E non seppe resistere alla lusinga e volse mente e cuore, ogni più puro proposito del suo animo, al servizio dell’Ainur corrotto. Divenne arrogante e maliziosa, gelosa della propria abilità canora, vanitosa e superba, avida della luce che il suo stesso padrone tentava di assoggettare ai suoi capricci senza mai riuscirci.
Allorché Morgoth calò nella tenebra, nel fuoco e nell’ira sprofondando nelle viscere della sua fortezza di Utumno, ella lo seguì, oramai consumata dalla brama di potere e dall’odio per i Valar e i Maiar che l’avevano scacciata dopo il suo tradimento.
Da leggiadra e candida creatura, dalla Maia splendente che era stata, mutò e divenne brutta e scura, e prese l’aspetto di un enorme ragno gonfio di veleno mortale. E il suo nome fu Ungoliant, abominio agli occhi di ogni creatura di Ilùvatar.
Era sempre affamata e viveva nascosta nelle profondità delle regioni di Avathar, un luogo che lei rese arido, inospitale e oscuro, colmo di perigli per chiunque avesse avuto la sventura di metterci piede.
Scavò nella nuda roccia e costruì la sua dimora tappezzandola di spesse e viscide ragnatele con cui catturava la luce e la filtrava per mangiarsela, perché lei la bramava eppure la temeva e la disprezzava. Oppure setacciava la roccia per cercare le gemme plasmate da Aulë e nascoste nel profondo grembo della terra: rubini, smeraldi, topazi… li raccoglieva e li divorava, perché in essi erano state infuse le stille di luce di cui era ghiotta.
Ma, più mangiava, più l’appetito di Ungoliant cresceva e lei sovente era costretta ad allontanarsi dalla sua tana per spingersi nei bui territori circostanti l’Avathar e, per poter essere libera di aggirarsi ove desiderasse e farlo a piacimento, lasciò l’ombra di Morgoth e si fece padrona di se stessa.
Osava persino avvicinarsi alle prime pendici del Reame Beato per cercare il cibo di cui in assoluto era più ghiotta e che si poteva trovare solo in quei luoghi benedetti. Così, si levava in sbuffi di putrido fumo e avanzava portando con sé morte e terrore; posava il suo orrido becco sulle sfavillanti lacrime di luce che gli Eldar vollero chiamare cristalli. Li scovava e se li rigirava tra le zampe, ustionandosi per via del fuoco interno che li animava, eppure cacciandoseli in gola senza rimpianti e li sgranocchiava, eclissando la loro bellezza e il loro fulgore nel fondo della sua pancia.
Soffriva però la solitudine, malgrado la sua crudeltà e la sua avidità, e quando le creature di Morgoth andarono a cercarla, lei le catturò e se ne servì per i suoi orrendi amplessi, dando vita a una genia di creature corrotte e dall’aspetto aracnoide – tutte femmine – , per poi uccidere i maschi con cui si era appena accoppiata.
Allora, nessuno osò più cercare Ungoliant e persino lo stesso Morgoth l’ebbe in timore, perché era divenuta ancor più enorme e colma di un male terribile e antico, nutrito da quelle gemme e dai cristalli di squisita fattura che le sue figlie le portavano.
La sua malvagità, tuttavia, continuò comunque a dare lacrimevoli frutti quando ella si affiancò nuovamente al suo vecchio signore Morgoth, accompagnandolo nel cuore pulsante di Aman, essiccando la linfa dei Due Alberi e facendosi complice del furto dei Silmaril.
Ma questa storia, e il dolore che ne derivò tra i Valar e gli Eldar, è narrata altrove, nel Quenta Silmarillion, e qui non trova posto.

 

 

 

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Note dell’autrice

E’ da anni che non osavo più scrivere su “Il Silmarillion”, in realtà. L’occasione mi si è presenta di colpo una notte e non ho potuto fare a meno che seguire l’ispirazione, fino ad approdare a questo breve racconto, la cui creazione è stata abbastanza “travagliata”, perché ho rimaneggiato più e più volte ogni singola frase e, tutt’ora, non sono pienamente soddisfatta del risultato.
Trovo, infatti, molto difficile scrivere su “Il Silmarillion”, sia perché è un’opera che quasi venero e non vorrei “sciuparla”, sia per lo stile e il linguaggio con cui Tolkien l’ha pensata. Ho cercato di rendere il mio stile aderente a quello che tutti i fan apprezzano e conoscono per dare maggiormente l’impressione di un vero e proprio missing-moment da inserirsi nella cornice del “Valaquenta”, ovvero del “Novero dei Valar”.
Ne “Il Silmarillion”, Ungoliat è considerata una creatura antichissima, discesa nel mondo assieme a Morgoth e si è avanzata l’ipotesi che fosse stata una Maia. Anche io la penso proprio così e ho voluto raccontare questo personaggio a modo mio.
Spero, nel mio piccolo, di esserci riuscita e di presentarvi un racconto piacevole e godibile.

La storia è stata pensata per la partecipazione alla Criticombola di Criticoni e si basa sul prompt numero 8: “cristallo”, categoria “oggetti”.

   
 
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