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Autore: Harriet    06/06/2005    5 recensioni
In attesa che la "nuova speranza" germogli, è difficile aspettare nel silenzio...
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Obi-Wan Kenobi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevo sette anni quando mio padre ebbe la bella idea di iniziarmi a Star Wars, e da allora questa meravigliosa saga ha un posto speciale nel mio cuore. La visione dell’ultimo, stupendo, commoventissimo episodio ha fruttato questa piccola oneshot…

Dedicata a tutte le persone che come me hanno costruito sogni interminabili su quel mondo incredibile, situato in una galassia lontana lontana. E dedicata anche a mio padre e a tutte le mie colleghe Jedi che nel lontano (lontano) 1999 combatterono insieme a me la più spettacolare battaglia contro l’Impero che si sia mai vista! Ero una giovane padawan immatura e avventata, allora, ma quel periodo mi fu di grande aiuto. Ora sono cresciuta e cambiata, ma vi giuro che non dimenticherò mai le cose belle.

Per qualsiasi cosa, io sono qui: yumemi@hotmail.it

Buona lettura…

Silent Waiting

Qui i cambiamenti non si vedono molto. Qui resta tutto uguale: sabbia e tempeste di polvere. Distese dorate, rosse quando il sole tramonta. Al tramonto il pianeta rivela la sua bellezza segreta, e sa risvegliare sentimenti antichi, battiti nei cuori che sembrano essere immobili da tempo.

Era l’ora del tramonto anche molti anni fa, quando venni qui, per compiere l’ultimo atto che mi era chiesto, prima di addormentarmi in questo esilio.

Si dice che altrove, invece, i cambiamenti si mostrino con forza. I cambiamenti del mondo che conoscevamo.

Dov’è iniziato tutto? Quando eravamo sicuri che le cose in cui credevamo, i valori che innalzavamo sopra tutto, fossero sicuri per sempre, ecco, allora tutto si è infranto. E’ stato così veloce…Non abbiamo avuto nemmeno il tempo di pensare a come avremmo preservato ogni cosa, se avessimo fallito.

No, noi eravamo certi che, per quanto i nemici potessero sorgere e i traditori emergere dall’ombra, il desiderio di far vivere la pace e la stabilità, e gli ideali che noi tramandavamo da millenni sarebbero rimasti in piedi.

Quando venimmo a sapere del futuro che si prospettava davanti a noi, una lotta che avremmo dovuto affrontare, uno squilibrio, uno scontro con i nostri avversari di sempre…Allora forse immaginammo di dover diventare più forti, più attenti, per proteggere tutto ciò che era importante.

Ma ci rendemmo conto che potevamo anche fallire?

No. Non con la nostra potenza. Non con un prescelto dalla nostra parte.

Non lo so…Forse, nella nostra presunzione, ci credemmo eterni.

La nostra presunzione ha giocato un ruolo importante in tutto quel che è accaduto. Io non riesco a condannarci pienamente, perché, se guardo dentro di me, so che il nostro atteggiamento nasceva da una consapevolezza buona. Noi credevamo in ciò che proteggevamo.

E per questo, per la forza che ci derivava da questo pensiero, noi ci credevamo eterni e stabili per sempre.

Eppure, adesso, capisco che questa sicurezza ci ha portati ad un errore tragico. In apparenza, una cosa banale. Quanti maestri sbagliano a prendere i loro allievi, quanti capi non sanno trattare con i loro sottoposti? Quante persone, pur convinte di fare il bene di quelli che amano, li conducono su strade errate?

Noi lo abbiamo fatto, e da qui è scaturita la distruzione che il nostro mondo sta sperimentando ora.

La nostra regola ci invita alla moderazione, al distacco, all’equilibrio e alla misura. Ma tutto ciò non può soffocare i nostri lati più focosi e ardenti, la nostra natura umana. Credevamo forse che tutti potessero affrontare se stessi, che ognuno di noi fosse maturo abbastanza per vincersi.

Se solo avessimo aperto gli occhi, ci fossimo concessi un istante di quiete in più, se solo avessimo accettato di essere tanto imperfetti, forse non ti avremmo lasciato solo…

Forse avremmo compreso il tuo animo, e gli avremmo dato un’altra strada, lo avremmo condotto per una via più adatta a te.

Forse avremmo visto nell’abisso della tua rabbia e del tuo dolore, cercando di educarli, invece che biasimarli e basta, senza comprenderne la forza e, forse, anche l’importanza che avrebbero potuto avere.

No, noi eravamo sicuri di noi, del nostro ideale. E credevamo di avertelo mostrato con tanta chiarezza, che se tu lo avessi rifiutato, la colpa non sarebbe stata altro che tua.

Ma ora mi chiedo…Ti ho mai fatto veramente amare ciò per cui io vivevo?

Ti ho mai mostrato le cose sotto ogni punto di vista, ti ho mai fatto realizzare la bellezza dietro il comando, il risultato dietro la fatica, la libertà dietro la regola?

Invece, non ti ho forse imposto qualcosa in cui credevo, senza preoccuparmi del fatto che anche tu imparassi il motivo per cui era giusto crederci?

…forse sbaglio, sono troppo severo con me stesso.

Ciò che è accaduto, però, rivela che un errore c’è stato, e questo ha portato a…

Lo sai, a cos’ha portato, perché in gran parte l’hai provocato tu.

Ricordo le sue ultime parole. Mi diceva di sperare in te, perché lei era certa che in te ci fosse ancora del buono.

Le devo credere?

Ma come posso crederle?

La nostra rigidità ha fatto il primo errore. Il tuo cuore ha fatto il secondo.

Ti sei lasciato vincere dall’attrattiva dell’oscurità, e se penso a ciò che hai compiuto, ciò che hai provocato, come posso anche solo osare di sperare in quello che lei mi disse allora?

Forse c’è stato un periodo in cui ci ho creduto. Subito dopo…Dopo tutto quello che successe, ecco, allora forse ci credevo.

Venni su questo pianeta, portandovi una piccola speranza meravigliosa, e mi ritirai, per addestrarmi ancora ad altri misteri.

In attesa che i tempi fossero maturi. In attesa di fare di nuovo un passo avanti, insieme a quelli che sono rimasti fedeli al passato, per riportare equilibrio e luce.

Sì, ma guarda quanti anni sono passati…

Sono solo da troppo tempo, e penso troppo al passato. E’ un brutto segno. Non ho più voglia di uscire da qui, e la luce del giorno mi sta diventando sgradita. Non ricevo messaggi, e le poche notizie che ho sul mondo esterno mi infastidiscono quasi. Sembra che ci siano dei ribelli. Che stiano costituendo un gruppo per rovesciare l’impero.

Sono felice per loro, perché hanno ancora qualcosa per cui lottare.

Fino a qualche anno fa, ce l’avevo anch’io, qualcosa per cui lottare. Mi addestravo, vegliavo su di lui, risparmiavo le forze, per quanto l’età avanzasse.

Ma ora mi sembra di non avere più niente.

Aspetto…E cosa aspetto, e perché aspetto?

Aspetto perché l’ho promesso, sì, questo lo so. Ma…aspetto veramente qualcosa?

Smette di fissare il cielo, perché ormai il sole è tramontato. Torna nel suo rifugio. Non pensa di mangiare né di fare altro. Tra poco cercherà di dormire. Non ha molto da fare. Dovrebbe trovarsi qualche impegno, pensa.

Siede, silenzioso. Il silenzio gli è tanto familiare, adesso. Non che gli sia mai pesato. Fa parte dell’allenamento, imparare a conoscere solitudine e silenzio.

E avevano davvero sperato di insegnare una cosa del genere a quel ragazzo?

Sorride amaramente, caccia via il pensiero. E’ passato. Non ci sono scusanti ma nemmeno soluzioni, quindi è meglio evitare di pensarci affatto.

Va verso il letto, si prepara per la notte.

Non è vero che sta aspettando, no. Lo sa bene. Non accadrà niente. Forse le cose andranno sempre peggio, forse lui morirà e l’universo continuerà a scivolare verso la dissoluzione completa.

E’ triste, ma è la verità.

Così passa un altro giorno.

Così torna quell’ora speciale e struggente.

Il tramonto, di nuovo.

Indosso il mantello, e viaggio per le vie trafficate dalla gente. I pochi che sanno chi sono, quelli che mi riconoscono nonostante il cappuccio, mi evitano. Va bene. Non so perché sono uscito.

Non so dove sto andando.

So dove sto andando.

Una piccola casa lontana. Non dovrei essere qui.

Tre figure immerse nella luce rossa della sera. Le ho già viste, così. Non dovrei essere qui.

Non dovrei essere qui, mi fa solo assaggiare di nuovo l’amarezza del fallimento, e mi dà la misura della grandezza di questo fallimento.

Lui ha i capelli biondi. Quanti anni ha adesso? Ho perso il conto, credo.

E’ esile e scattante. Dà l’idea di essere intelligente e gioviale. Con una punta di rancore – ma non è rancore, lo so, è quasi affetto – mi viene da dire che ha preso molto più dalla madre, caratterialmente…

Dovrebbe avere quindici anni, ho fatto i miei calcoli. Tanti anni quanti ne è durato il mio esilio.

Quanto durerà ancora?

Verrà un segno, a dirmi che il tempo è arrivato? E se verrà, lo saprò riconoscere?

Mi credevo forte ed equilibrato, e mi scopro così scioccamente sentimentale. Ma non è facile, per nessun uomo, vivere senza avere mai la sicurezza del motivo per cui si è qui. Soprattutto con gli anni che corrono così in fretta ed il mondo che va avanti ancora più in fretta…

Entrano in casa, e vedo per un attimo le loro figure contro il cielo.

Posso mentire a me stesso e precipitarmi nella mia depressione, ma c’è una cosa che so e su cui non posso avere dubbi. Il cuore e l’intuizione profonda che non mi ha mai abbandonato lo sanno.

Io sto ancora aspettando. Nonostante tutto, nel silenzio, io sto ancora aspettando.

FINE

   
 
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