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Autore: ElderClaud    13/10/2009    3 recensioni
“Dai... Dillo ancora a chi appartieni!”
Fu come un pezzo di ghiaccio Inoue, mentre il suo aguzzino risaliva il profilo del mento e si scontrava con le sue labbra. Labbra trattenute solo all'interno da denti serrati. La preda non voleva dare a vedere in nessun modo il suo disgusto verso quella creatura.
“Alla Quinta Espada, e ai suoi desideri”

Sissignore, la prima NnoiHime del sito ù_u
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inoue Orihime, Nnoitra Jilga
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Allora, questa idea un po' folle doveva essere inserita nella mia long “Enjoy the Silence”, ma poi ho deciso di eliminarla per una serie di motivi.
L'idea di un Nnoitra viscido senza un valido motivo, inizia a starmi un po' stretta, e per la storia ho in mente altri progetti.
Di conseguenza, questa oneshot nosense è da considerarsi una cosa a parte. Un what if di Orihime dopo il suo rapimento e segregazione a Las Noches.
Inoltre, in giro per vari forum ho sentito parecchie lamentele riguardante il fatto che, il fandom di Bleach, è semi abbandonato e ci sono decisamente poche storie originali.
Non ho l'ambizione di dire che sono originale, ma spero di riempire un po' di quel buco che a quanto pare si avverte.
Ps: La canzone usata è dei Linkin Park, ed è Somewhere I Belong
Pps: ringrazio vivamente raxilia_running perchè senza di lei, non riuscirei a scrivere certe cose XD
Buona lettura!


Like a Doll


Sono bloccato, depresso e solo
E la colpa è dentro di me, la colpa è dentro di me”



Non avvertiva nulla.
Sulla sua pelle, un tempo candida, non provava nulla.

Si auto convinceva che non provava nulla.

Il suo cervello era vuoto.
Il suo cervello, una volta pieno di pensieri, era immerso nel nulla.

Doveva credere che fosse vuoto.

Di mente era da tutt'altra parte.
Con la mente, in passato libera, si trovava a mille miglia di distanza.

Ma in realtà non si era mossa da lì.

Era imprigionata in una stretta morsa – sentiva, si sentiva – ed era schiacciata su di una superficie morbida contro la propria volontà.

Ma non faceva nulla per ribellarsi.

Si era già sentita così altre volte in passato. Da bambina, quando le compagne di classe la bloccavano in un angolo dell'aula e la seviziavano.
La picchiarono tante volte, e lei pianse per quello.

Ma pianse più per loro che per se stessa.

Poi finisci le lacrime.
Finisci il disgusto.
Finisce anche il senso di colpa. Incredibile ma vero, finisce pure quello.
Parte in automatico il rammarico di aver fatto quello che si ha fatto. Di non essere stata all'altezza della situazione. Di aver voluto fare la gran donna con la scusa di voler proteggere tutti.
Perchè non poteva fare a meno di pensare di essere lì solo per una scusa.
Odiare il presente e ciò che ti circonda è scontato per una persona comune, ma per lei era riconducibile ad un peccato capitale.

Orihime non è nata per odiare.

Io voglio guarire, voglio provare sensazioni, quello che pensavo non era mai la realtà
voglio lasciare andar via il dolore che ho provato fino adesso
Cancellare proprio tutto il dolore”

La presa ai polsi si fece sentire maggiormente in quella galera semibuia, e si sentì spingere maggiormente su quel materasso troppo morbido e troppo pregno di profumo.
Non ci bada ancora, deve essere come una bambola insensibile.
Avvertì solo lieve disgusto quando lui le si avvicinò ulteriormente.
Quando avvertì quei lunghi capelli neri andarle a toccare il viso un tempo allegro, intaccandolo come alghe su uno scoglio, per un breve momento si sentì come soffocare.
Nell'ombra colse il suo respiro sulla guancia sinistra. Percepì quell'odore odioso di alcool e di cattiveria.
Di una malizia solo favoleggiata tra i banchi di scuola.
Dai... Dillo ancora a chi appartieni!”
Il suo tono di voce era viscido e al contempo divertito. Rotto solo a tratti da delle lievi risate malvagie e divertite.
Evidentemente doveva amare la situazione “cacciatore e preda”. Dio che pena.
Ma questo non tolse, al di là dei pensieri che non dovevano esserci, di formulare ancora una volta la domanda di rito a quello sporco individuo.
“A sua eccellenza Aizen, e ad ogni suo desiderio”
Lo disse con tono piatto cercando di non guardarlo negli occhi. Agendo come un automa e auto convincendosi che, in quel momento, lei non era Inoue Orihime.
Lei era una cosa. La vera lei era lontana da tutto questo buio ed era al sicuro.
Era con i suoi amici, e non era lì con la scusa di proteggerli.
Quello tuttavia, si mise a sghignazzare più forte in preda a forti sentimenti. Poggiando la propria fronte contro quella di lei, e vibrando per l'eccitazione. Facendo a sua volta sentire quegli scossoni ad una Inoue sempre più disgustata.
La vista del grigio soffitto, le era preclusa da quelle alghe nere e dense. Rovinate da molte battaglie, e da un deserto che distruggeva ogni cosa.
“È una cosa esilarante sentirlo ogni volta! Ma adesso, di chi sei per l'esattezza?”
Era assolutamente divertito da quella situazione. Si sentiva il padrone del mondo in quello che, quasi sicuramente, era solo un espediente per spezzare una noia mortale.
Per lei quasi sicuramente era questo il motivo, e la rabbia che provava le impediva di pronunciare parola.
Ritrovandosi muta e guardando le lenzuola piegate e rese grige dalla penombra. Non concentrandosi su quell'unico occhio che si assottigliava sempre di più, divertito da quell'ostinato silenzio.
Poi si rallegrò ancora lui, posando le labbra sottili su quel collo teso dalla tensione.
Carne gelida che si scontra con carne viva. Calda e spaventata. Furente per quel tocco non desiderato.
Lei può negarlo fin che vuole, può farsi travolgere dall'orgoglio e fare l'eroina ma, la realtà, era che lo stava odiando dal profondo.
Che lo voleva morto ma che ben sapeva che non poteva nulla contro di lui.
Questo era l'effetto dell'Hueco Mundo.
Portava a galla i peggiori sentimenti di un essere vivente, e vedere come la femmina reagiva era una cosa a dir poco appagante.
Nnoitra non amava particolarmente i soggetti deboli, ma se si trattavano di femmine che di forte possedevano un orgoglio nascosto, era una cosa interessante. E lo era di più spezzare la loro volontà.

E non ho niente da dire,
non posso credere di non essere caduto giù proprio di faccia
(ero confuso)
Guardo da ogni parte solo per scoprire
che non è proprio come mi ero immaginato
(ma cosa sono io?)”

Il collo le si irrigidì maggiormente quando i denti di lui, perfidi e prevedibili, le addentarono la carne e la lingua passò in rassegna la morbida superficie vellutata.
Fu come un pezzo di ghiaccio Inoue, mentre il suo aguzzino risaliva il profilo del mento e si scontrava con le sue labbra.
Labbra trattenute solo all'interno da denti serrati. La preda non voleva dare a vedere in nessun modo il suo disgusto verso quella creatura.
Anche perchè, ciò non avrebbe fatto che divertirlo di più.
Non rispondi cocca?”
Lui la incalzò ancora a dargli una risposta concreta.
Una risposta che tardava ad arrivare da quelle labbra arrossate dai troppi morsi, e che in lui suscitava solo ilarità.
Che bello giocare con i giocattoli degli altri. Che bello sapere che a loro non frega nulla dell'uso che ne fai.
Giusto la raccomandazione di non sfasciare tale giocattolo, ma questa regola poteva benissimo seguirla.
Sorrise ancora, e questa volta pretese una risposta concreta.
Strinse maggiormente i fragili polsi della femmina, facendo così tintinnare i propri bracciali d'oro. Creando un suono delicato, in netto contrasto con la scena forte e pericolosa.
E la femmina, percependo questa ventata di aggressività improvvisa, con grande riluttanza dette la sua risposta definitiva.
Deglutendo, ella rispose.

Alla Quinta Espada, e ai suoi desideri”

Egli notò con una certa soddisfazione, come la risposta atona della femmina, fosse in realtà piena di spine.
Colse il sottile riferimento alla sua posizione tra gli Espada, forse fraintendendo che il numero era a volte ingannevole. Sputando sopra al suo rango, e se avesse davvero coraggio anche al nome.
“Brava bambolina che hai capito tutto...”
E deliziato da quella genuina ignoranza, iniettò in quella bocca tormentata la sua lunga lingua maledetta.
Un qualcosa simile ad una serpe che, Orihime, accolse con assoluto disgusto e rabbia.
Cercando debolmente di liberarsene ma ben conscia che ciò sarebbe stato tutto inutile. E allora tanto valeva travolgere che essere travolti.
A malinquore accettò quell'ennesima umilizione che le veniva ogni giorno proposta.

Un tempo avrebbe pianto.
Un tempo avrebbe scalciato e avrebbe chiamato i suoi amici.
Un tempo, sinceramente, non ci avrebbe neppure pensato a queste cose.

E ora non le rimaneva che rimuginare sul danno fatto, e sperare di guarire tutto.


"Io non conoscerò mai me stesso finché non proverò a farlo da solo
Perchè io non proverò mai niente altro, finché le mie ferite non saranno guarite
Io non sarò mai qualcosa fino a che non cambierò questa situazione
Io cambierò, io oggi troverò me stesso"

   
 
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