Moriamo perché fatti di legno
Immerso
in una polvere di cartapesta, che sprofonda nel c’era
una volta, ecco
che davanti al vostro sguardo avanza un
gatto. Com’è fatto? Oh, beh, è piccolo,
grazioso, nero come il carbone, con uno
sguardo affilato di un verde magnetico. Non potrete resistergli nemmeno
volendo. Ed è così bello e vanitoso che, ogni
volta, fatica a concentrarsi
sugli altri. Come un piccolo Narciso che vive e muore, il nostro felino
si
muove suadente lungo un cornicione, una grazia nei gesti che colpirebbe
anche
le stelle. Peccato. Questa notte in particolare non regala astri, ma
soltanto
nebbia. Nebbia argentata, di quella tessuta nell’aria come
una piccola
malinconica magia di un qualche dio dimenticato. Sì, e
c’è una poesia di
mezzanotte nel vento. Non la sentite anche voi? No? Questo non cambia
le cose,
ma continuate ad osservare quel gatto dalle sembianze da dolce
predatore. Gli
artigli che spuntano un poco alla luce del lampione, il muso morbido e
corvino,
le orecchie dritte verso il cielo. Ed ora… cercate di
ascoltare i suoni di
sottofondo.
Miao,
miao… miao.
Un
lamento straziante raggiunge il vostro udito, e voi non potete
ignorarlo.
Sarebbe crudele, sarebbe da quel gatto. Infatti,
ecco che quest’ultimo
evita il compagno ferito dai sassi di bambini spietati, ed avanza
menefreghista
nel tepore della primavera. Infondo, è lui il re indiscusso,
potrà sempre far
quello che più gli aggrada. La sua bellezza è
segno di potere, il potere è
l’emblema di un assolutismo che è reincarnazione
nella realtà dei giorni
nostri. Superficialità, freddezza, e quel ghigno di chi
è sicuro che nessuno
oserà toccarlo.
Miao,
miao… miao.
Ma anche i potenti
finiscono, tutti noi finiamo. Moriamo perché
fatti di legno, abbiamo una sola possibilità di riscatto, ma
non riusciamo a
coglierla nel momento opportuno. Uno scherzo della vita? Può
darsi, chissà.
-
Aiutami, ti prego! – è la voce del compagno che lo
chiama.
Lui finge
di non sentirlo, facendo un altro passo.
- Sto
morendo, ti prego! -
- Tu
muori per regalarmi un minuto di vita in più, dovresti
sentirtene onorato. –
replicò allora l’altro, scendendo giù
da un lato del muretto e scomparendo nel
buio.
Tic,
tac, tic, tac.
Si
accendono due fari nelle tenebre e un boato sordo riecheggia nel cielo.
Un
gatto è stato investito, una zampa spezzata, lacrime non
piante, sofferenza
urlata.
E nessuno
gli si avvicinerà per aiutarlo.
Oh, sì,
nessuno.
E
chiediamo il perché, e chiediamo il perché, e
chiediamo il perché.