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cup of coffee
(routine
al Daily Planet)
Il
freddo invernale stava intirizzendo tutto quanto, infiltrandosi nelle case
nonostante i riscaldamenti accesi e i maglioni pesanti. Nelle strade di
Metropolis, tra i grattacieli di vetro e le macchine scure, soffiava un vento
gelido che faceva rabbrividire, mescolato a una sottile nebbiolina
grigia.
Fu
in uno di quei giorni invernali che Lois Lane, attiva reporter dallo charme
elegante e dalle minacce convincenti, inveì contro l’inverno, ritrovandosi con
le dita delle mani congelate, la gola arrochita, la testa dolente e il naso
rosso e colante. Quello non poteva accadere a Lois Lane! Il raffreddore era una
malattia da comuni mortali e lei non accettava mai di buon grado
quell’influenza tanto fastidiosa quanto banale.
Nonostante
la leggera febbre portata dal raffreddore, Lois si era recata al Daily Planet
con spirito combattivo: ogni occasione era buona per fare uno scoop e,
conoscendo come girava il mondo, essa sarebbe arrivata proprio quel giorno,
mentre lei tirava avanti con le aspirine nella borsa.
«Buongiorno»,
esclamò Clark con un sorriso, sedendosi nella sua
postazione.
Lois
lo guardò in cagnesco con gli occhi lucidi di malattia ed esordì, sprezzante:
«Smallville! Voglio proprio vedere che bel giorno si prospetta. Fila a
fotocopiare questi fascicoli e pinzali tutti, mi raccomando», gli
disse, passandogli una catasta di fogli.
«Nervosetta
di mattina, eh? Non hai ancora preso il doppio caffè che ti tira fuori dal coma
profondo?», ridacchiò Clark, lanciandole un’occhiatina.
«Allora
sei proprio tonto. Smallville, qua non si scherza. Potresti finire schiacciato
dal peso della tua missione, prendi con più serietà il tuo lavoro di
fotocopiatore e non sprecare tempo nel cercare di essere divertente», borbottò
Lois, tirando su col naso. Quella giornata si prospettava nera, nemmeno una
notizia interessante le avrebbe sollevato il morale.
L’unica
cosa che rimaneva da fare era stuzzicare Clark, anche se non la soddisfaceva più
di tanto, in quella situazione catatonica.
Lois
sbuffò sonoramente, ticchettando con le dita sulla
scrivania.
Apriti
cielo! Manda l’Apocalisse, così che possa scrivere su di essa e pubblicare lo
scoop del secolo.
«Detto
fatto», annunciò Clark alle sue spalle, chinato verso di lei con in mano un
enorme fascio di fogli pinzati.
Lois
sobbalzò e lo guardò di traverso. «Più veloce di un bolide, Smallville»,
sbottò.
Lui
sorrise soddisfatto e le mostrò l’altra mano. Tra le dita da uomo, possenti e
grandi, teneva una tazza di caffè. Il calore che la bevanda emanava raggiunse il
viso di Lois, che sogghignò sentendo l’odore amaro diffuso
nell’aria.
«E
questo è per il tuo stato comatoso avanzato», soggiunse Clark, con un sorrisetto
sul volto.
Lois
afferrò la tazza, prontamente. «Sai una cosa, ragazzo di campagna?», enunciò lei
con solennità, bevendo il primo sorso di caffè «Forse, e dico forse, potresti
passare di livello. Da fotocopiatore a personale segretario della famigerata
Lois Lane».
«Che
onere», rispose lui, sedendosi alla
propria scrivania.
«Hai
detto onore, non è vero?», ribatté Lois, immersa nel calore della
bevanda.
«Umh,
certo, certo», sussurrò lui.
Lois
sorrise apertamente, prima di soffiarsi il naso. Ecco, si sentiva ancora
intontita dalla malattia (stupido raffreddore!), e aveva le dita congelate, il
naso colante e tutto il resto, ma... il suo cuore era al caldo, così riparato da
non poter essere raggiunto dal soffio gelido che percorreva le strade di
Metropolis.
Clark
sapeva come risollevarle il morale, decisamente.
«Ehi!»,
sbottò lui.
«Sì,
Smallville? Cosa c’è, ti è morta la mucca?», rispose lei, pur se con una
dolcezza di fondo nel tono di voce.
«No»,
sorrise lui, con lo sguardo azzurro acceso, caldo «C’è stata una rapina in una
gioielleria, con tanto di sparatoria».
Lois
strabuzzò gli occhi. «Che stiamo aspettando?! Prendi la tua borsa», ordinò
imperiosa, sollevandosi dalla sedia con un’energia encomiabile. Agguantati i
cappotti e le borse, i due uscirono dal Daily Planet con
rapidità.
Sulla
scrivania, abbandonata, era rimasta la tazza di caffè. Lois, ore dopo, l’avrebbe
guardata felicemente, stringendola al petto, osservandosi poi intorno per essere
certa di essere sola, e, sicura della propria solitudine assoluta, l’avrebbe
tenuta un altro po’ in mano, prima di buttarla nel
cestino.
E
avrebbe pensato a lui, al suo sorriso e al suo sguardo dolce, sospirando.
*
Giornata
qualunque ambientata nell’ottava serie.
Ma
quanto è stupida questa? XD Tanto tanto tanto! Però boh, la noia porta a queste
cose leggere, piene di routine, un po’ sciocche, ma molto carine e sincere
<3
Perché
Clois is love
*__*
Ora
fuggo via J
Kò.