Neanche
la pioggia poteva coprire il disgusto che circondava quelle due
fanciulle.
Un
lampione rovinato, un terreno scivoloso, una scia di sangue, delle
lacrime
facevano da sfondo alla vicenda che stava accomunando quelle ragazze
con una
sola cosa in comune. Anzi, due: il lavoro e la disperazione. Una via di
fuga,
questo balenava nella mente delle due, seppure una non riusciva a
parlare.
La
ragazza che cercava di trovare aiuto, dando sfogo alle proprie corde
vocali,
barcollava sui propri tacchi a spillo di almeno dieci centimetri, senza
più
avvertire il freddo che abbracciava le sue gambe scoperte e la
camicetta
sbottonata ormai diventata tutt’uno col suo petto.
Anche
chiamando l’ambulanza, erano in alto mare. I soccorsi
tardavano ad arrivare e
alla ragazza non restò scelta che caricarsi la compagna
sulle spalle, cercando
di non farle ulteriormente male.
A
metà strada l’ambulanza la raggiunse, arrivarono
in tempo all’ospedale. Ma per
la sua compagna non ci fu niente da fare.
La
pioggia continuava a cadere, accompagnato da qualche lampo, come se
volesse
comunicare la propria tristezza su quell’ospedale.
-Signorina,
deve aiutarci a rintracciare i parenti…-
-Io
non so chi fosse quella donna- rispose senza emozione la ragazza
-E’
un problema. Dovremo chiamare la polizia-
Solo
allora la ragazza si mostrò di nuovo agitata –No,
no, niente polizia! ve ne
prego… Me ne occuperò io. Me lo ha detto lei
stessa, ha lasciato tutto a me…-
Poco
dopo arrivò un’altra ragazza, con un occhio nero e
la voce che si stava
rovinando di urla. Sdraiata su una barella, in un lenzuolo coperto di
sangue.
Nonostante la scena raccapricciante, riuscì a riconoscere la
ragazza sui tacchi
che la guardava impressionata. Pregò di farla entrare in
sala, per assisterla.
-Cosa
ci fai anche tu qui?-
-Aaaaaaaaaaah!
Ugh! A… Aiutami! T-t-ti prego…-
-Cosa
vuoi che faccia?-
-Io…
Io devo tornare… Waaaaaaaaah!-
-No!
Approfittane ora! Appena hai risolto qui, scappa!-
-M…
Mi troverebbero… E allora sì che sarebbe un
guaio… Aaaaah!-
Mentre
un pianto genuino travolse la sala, la ragazza le promise che avrebbe
pensato
lei a tutto. E stavolta c’erano i medici testimoni.
Anche
quel giorno pioveva. Ma l’ambiente esterno non importava, era
un qualcosa da
lasciare lontano, ancora per un po’.
Nessuno,
in quella grande casa, avrebbe pensato a un nuovo iscritto piuttosto
particolare, e piuttosto fuori età.
Davanti
alla porta una ragazza con abiti leggeri e un cesto in mano supplicava
di farla
entrare per affidare ciò che teneva nella culla.
-Signorina,
non possiamo fare entrare chiunque…-
-Ve
ne prego! Non potete lasciarlo su una strada… Mi hanno detto
che questo
istituto avrebbe offerto le migliori qualità per la sua
crescita…-
Il
signore con gli occhiali e attempato sembrava inflessibile
–Non è mia la
responsabilità…-
-Fatemi
parlare col direttore!-
-Io
sono il direttore, ma non è comunque mia la
responsabilità. O almeno, solo per
una parte-
La
ragazza insisteva per parlare con qualcuno. Giurava che avrebbe
sfondato la porta.
-Non
peggiori le cose, signorina. Si cerchi un altro posto…-
Altra
gente assisteva a quel battibecco. Per lo più bambini.
-In
questo momento- continuava il signore –Il proprietario di
questo posto è in
Thailandia. Quindi capisce che è impossibile parlare con lui-
-Ma
vive qui, no? Datemi il suo indirizzo-
-E’
impossibile rintracciarlo. Ora, per favore, andate via…-
No.
Non sarebbe finita così –Prendete almeno lui per
stanotte. Domani tornerò a
prenderlo-
Era
passato un mese da allora.
Ci
troviamo sempre allo stesso istituto, in una giornata di sole.
Al
proprietario del posto venne detto solo che davanti alla porta era
stato
trovato un bambino.
La
voce però era girata in fretta, e siccome molti informatori
erano dei bambini,
le cose venivano ingigantite.
-Dunque,
mi stai dicendo che questo bambino è stato portato da un
alieno che voleva
conquistare l’istituto e, non potendolo fare, ha lasciato
un’arma di
distruzione totale che ha le sembianze di un neonato?-
-Sissignore!
Io l’ho visto. Era alto altissimo e guardava il signor Roer
con occhi di
fuoco!-
-Grazie,
Tim. Sei stato molto in gamba-
Per
il signore era giunto il momento di partire di nuovo.
La
macchina però presentava qualche problema. Non partiva, la
benzina sembrava
andata e la macchina faceva un rumore strano.
Scese
per controllare, ma appena si chinò verso il cofano, si
trovò davanti al collo
un pezzò di legno lavorato in modo da tagliare la gola.
-Se
fate un passo vi sgozzo-
Il
signore, in tutta calma, chiese semplicemente chi fosse
l’attentatore.
-Siete
voi il responsabile di quell’orfanotrofio?-
-Proprio
così. Quillsh Wammy- rispose l’anziano, alzando di
poco il cappello –E voi,
signorina?-
-Mi
chiamo Erin. Ora ascoltatemi attentamente- prese una pausa
–Innanzitutto, come
sta il bambino?-
-Intendete
il nuovo arrivato? Dunque siete stata voi a lasciarlo lì-
La
ragazza rise –Dovevo immaginarlo che vi avrebbero detto
così. Comunque come
sta-
-Sta
bene, anche se piange ogni notte-
Ci
fu un’altra pausa. La ragazza sembrava esitare stavolta
–Ora ho bisogno di
trovare una certa persona, che voi mi dovrete indicare-
-Di
chi si tratta?-
-Oh,
questo me lo dovete dire voi. Lui si fa chiamare… L. E
tenendo sotto controllo
questo posto per un mese, ho scoperto che solo voi potete contattarlo.
Dove si
trova adesso?-
-Immagino
vogliate il suo aiuto per un caso-
-In
un certo senso… E, a tal proposito, guai a voi se chiamate
la polizia o i
servizi segreti-
Il
signore ci pensò su un attimo, e la risposta fu decisamente
inaspettata dalla
ragazza –Credo che L si interesserà molto a
ciò che vorrete dirgli-
Una
telecamera inquadrava distintamente l’anziano Wammy,
accompagnato però da una
sconosciuta ragazza bionda.
-Watari…-
-E’
tutto sotto controllo. Questa ragazza vorrebbe esporti un caso
interessante-
Sapeva
di poter fidarsi di lui.
E
finalmente potè incontrare la persona che si faceva chiamare
L, colui di cui
non si sa nulla, nemmeno il volto, la persona che ha risolto
più casi di quanto
si possa immaginare. A vederlo sembrava avere la sua stessa
età, ma non volle
rischiare. Anche perché, se pure lo avesse chiesto, di certo
non ci sarebbe
stata risposta.
-Mi
chiamo Erin. Piacere di conoscervi, signore- si inchinò
–Vi prego di
ascoltarmi…-
L
non rispose alla presentazione. Si limitava ad osservarla con occhi
circondati
da occhiaie. Tuttavia la fece accomodare su una comoda poltrona.
-Ha
l’aria di chi ha passato diverse notti in bianco-
-Sono
innumerevoli le notti passate in bianco…-
Watari,
senza essere interpellato, portò dei biscotti e una tazza di
tè caldo alla
ragazza. Lei ringraziò e nascose parzialmente il suo viso
con la tazza fumante.
Non potè fare a meno di notare come si sedeva quel ragazzo,
e come guardava le
persone. Inoltre portava spesso le dita alla bocca.
-Dunque?-
chiese L
-Mi
dispiace informarvi che non posso pagare il lavoro che sto per offrire.
Il mio
lavoro non lo permette-
-Tanto
per cominciare, che lavora fa?-
L
ragazza esitò, più che mai. Arrossì, e
con voce debole e impercettibile disse
–La prostituta-
Quel
tale, L, non sembrava minimamente toccato, lasciando che la ragazza
continuasse
–Per questo non posso chiedere aiuto alla polizia…
Mi arresterebbero. E vi
prego di non farne parola con loro…-
L
non esitò minimamente ad acconsentire –Watari, fai
in modo che questa ragazza
non venga trovata dalla polizia- prese una tazza di tè e vi
versò una diversa
quantità di zucchero –Continui, Erin. È
forse scappata? La stanno cercando?-
-Lavoro
per delle persone insospettabili, davanti alla facciata di impresa
edile. Hanno
costruito un paio di appartamenti dove i clienti vengono. Clienti
insospettabili anche loro, non voglio fare nomi. Noi ce ne stiamo
sempre in
quegli appartamenti, i nostri capi ci fanno pubblicità e ci
portano i clienti.
Nell’arco di una giornata abbiamo anche sette o otto
clienti… Abbiamo tregue
solo la mattina presto e cinque minuti tra un cliente e
l’altro…-
-Da
come parla si direbbe che lei è straniera-
-Sono
inglese, ma ho passato gran parte del tempo a studiare in Spagna. Ero
tornata
qui per cercare un lavoro, e sono stata avvicinata per un colloquio
come
assistente di questa “impresa”. Fanno in modo che
sia tutto legale, che siamo
noi a scegliere questa strada-
-E’
forse riuscita a scappare?-
-Innumerevoli
volte ci proviamo. Ma uscire da quegli appartamenti è una
follia. Qualche
ragazza viene picchiata fino alla morte, oppure abbandonate sui
marciapiedi e
fatte arrestare con accuse assurde. Un mese fa un nostro capo si
è infuriato
con me e una ragazza incinta, era al nono mese e stava per partorire.
Loro non
tollerano che teniamo bambini, quindi o ci fanno abortire o ce li
portano via
una volta nati. Questa ragazza non voleva, io mi sono messa in mezzo al
litigio
e siamo fuggite per farla partorire altrove. È stata colpita
diverse volte,
massacrata di botte. È morta in ospedale, e poco dopo anche
il bambino- cercò
di trattenere le lacrime –Nello stesso ospedale
c’era un’altra ragazza che è
scappata e ha partorito, ma è stata riportata lì.
Ha lasciato il bambino a me,
e io non sapevo dove andare… Non sapevo a chi chiedere
aiuto. Poi, ho saputo
dell’orfanotrofio, la Wammy’s House, ma
continuavano a dirmi che non potevano
tenerlo. E, nel giro di pochi giorni, sentivo parlare
dell’investigatore L. E
ho pensato che solo voi potevate aiutare me e tutte quelle
ragazze…- si sporse
di poco, con le mani giunte –Vi prego…
Aiutatemi…-
-Da
quanto tempo lavora per questa gente?-
-Due
anni-
L
restò in silenzio per un po’. Aveva risolto
moltissimi casi, ma non gli era mai
capitata una cosa simile. Inoltre L di solito si muoveva solo per casi
eccezionali. Stando a quanto diceva Erin, sulla polizia non si poteva
contare.
-Di
solito la polizia concede la grazia alle persone come lei. Dopotutto,
lei è una
vittima… Ciò significa che forse anche nella
polizia c’è qualche persona che
collabora con questa gente. Non può fidarsi di nessuno, e
l’esapserazione l’ha
portata qui…-
-Dunque,
mi aiuterete?-
-E
sia. Risolverò io il caso. Lei però, non deve
farne parola con nessuno. Vi
trasferirete in un appartamento che le procurerò io, Si
tingerà i capelli e
vivrà sotto la custodia di Watari. Lo chiami sempre
così, e porti anche il
bambino con lei. Non posso lasciare che sospettino anche di un solo
orfanotrofio-
-E’
tutto sistemato. La ragazza si è trasferita lì-
disse il signor Wammy con un
sorriso, dopo aver risolto le sue faccende.
-Avevi
ragione, Watari. Il caso è piuttosto interessante. Se riesco
a giocarmi bene le
carte, posso arrestare mezzo corpo di polizia in un colpo solo. Intanto
cerca
di trovare degli agganci con questo giro di prostituzione- disse L
accovacciandosi sulla poltrona. Sorrideva, mettendosi un pollice
davanti alla
bocca, e vedeva delinearsi già diverse idee.