Fanfic su artisti musicali > Panik
Segui la storia  |      
Autore: Choco_Romance    20/10/2009    1 recensioni
Elizabeth ha 17 anni, una madre mai vista e vive col padre a Salem da sempre. Un giorno la madre appare e la porta a Berlino. Da quel momento la sua vita cambia radicalmente. Spero vi piaccia, visto che io la amo!! XD
Genere: Malinconico, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
*Casa Strauss, Salem*

 

A Berlino. Cosa diavolo significava che avrebbe dovuto andare un’estate in Germania, a Berlino? Elizabeth incrociò le braccia sul petto, guardando fissa il pavimento, mentre sprofondava nel divano. Sua madre Irina e suo padre Ewan stavano in piedi, di fronte a lei, e si guardavano sorridendo, come non facevano da quando stavano insieme. Sua madre abitava a Berlino da sedici anni, mentre suo padre era rimasto a Salem con la figlia di un anno. Per sedici lunghissimi anni Elizabeth non aveva mai visto la madre, ne a Natale, ne il giorno del suo compleanno, e ora di punto in bianco, le stava dicendo di seguirla in Germania. E suo padre era d’accordo, dopo averla calunniata per tutto il tempo. C’era qualcosa di realmente strano. Elizabeth si morse il labbro inferiore, passando la lingua sul piercing.

Irina: Elizabeth, cara. Lo sai benissimo che ti voglio bene, e per questo vorrei passare del tempo con te. Solo per questa estate. Cosa ne dici?

Elizabeth: Mamma, mi hai abbandonata sedici anni fa, non mi hai mai chiamata, scritto, fatto auguri di nessun genere, non ci sei mai stata per natale, il giorno del mio compleanno, che sicuramente non sai neanche quando è!

Irina: Ehm, ventuno giugno?

Elizabeth: No! Lo vedi?! Sono nata il ventinove febbraio! Ogni quattro anni faccio il compleanno, e tu non ci sei mai stata. Mai! Nemmeno un secondo! Te ne sei andata prima che facessi il mio primo compleanno nel vero giorno in cui sono nata. Non mi hai visto fare neanche quattro anni!

Ewan: Su, Elizabeth. La mamma ha avuto il suo daffare, non poteva venire. E poi...

Elizabeth: Non me ne importa di te che la salvi, ne di lei che mi vuole con sé. Non mi importa nulla di voi due, capito? Potete crepare! Non me ne frega proprio un tubo! è_é

Irina: Elizabeth...

Elizabeth: Ti. Odio.

Elizabeth si alzò e se ne andò, sbattendo la porta della sua stanza. Notò i cassetti aperti, vuoti, e le valigie già fatte. Suo padre la sbatteva fuori di casa. Va bene, Elizabeth aveva diciassette anni. Continuava a rimanere con suo padre e ad esserne dipendente perché era minorenne e George, il suo ragazzo, era morto un anno prima. Già, un incidente d’auto. Stavano tornando da una festa. Lei stava male e si era sdraiata sui sedili posteriori. Parlavano, lei era incinta e lo sapeva, stavano decidendo i nomi per una figlia o per un figlio; forse era troppo presto per rimanere incinta, ma suo padre non aveva obiettato. Poi, un attimo, Elizabeth si era risvegliata in una camera d’ospedale, e aveva appreso che George era morto; l’unica cosa che gli era rimasta di lui, ovvero il figlio che doveva nascere, era scomparso. Niente, aborto naturale causato dall’incidente. Elizabeth non si era più ripresa dallo shock, aveva venduto la casa dove abitavano e si era stabilita dal padre. E ora in che casino si ritrovava; sua madre era tornata, e suo padre lasciava che se la portasse via. Ewan, suo padre, aprì la porta e incrociò le braccia.

Ewan: Allora signorina: vogliamo uscire da questa casa e salire sull’auto di tua madre? (Elizabeth abbracciò il cuscino e affondò la faccia) Immediatamente, Elizabeth Strauss! Non ho intenzione di ripetertelo. Se lo faccio, augurati di avere con cosa parlare per il resto della tua misera vita, perché ti ritroverai chiusa in questa stanza, senza poterne uscire se non per andare in bagno.

Elizabeth si voltò verso il padre. Era davvero lui? Il viso dolce e simpatico aveva lasciato spazio ad una maschera di rabbia. Elizabeth si sedette sul letto, prese le sue valigie e guardò il padre.

Elizabeth: Va bene, esco da questa casa, ma non per andare con la mamma. Ne te ne lei avrete mai più mie notizie.

Ewan: E dove credi di andare? (sorrisetto maligno)

Elizabeth: Parlo correntemente inglese, spagnolo, italiano, francese e tedesco; me la cavo con il russo, il cinese, l’indiano e il giapponese. Direi di avere un’ampia scelta, non credi, papà? I miei risparmi ammontano a trecentottantaquattromila dollari, e sicuramente nella valigia ci hai messo tutta la mia gamma di orecchini, bracciali, collane ed anelli: sono tutti d’oro e d’argento, e posso sempre venderli se mi mancassero soldi, così come il cellulare e la macchina fotografica, l’i-pod, il computer. Cosa credi, che io sia scema? Non me ne faccio scrupoli se c’è bisogno. Poi sono brava a suonare il piano, ci capisco molto di informatica ed elettronica, ho lavorato in bar e negozietti vari, ed ho un conto mio, solo mio.

Detto questo uscì sbattendo la porta, e lasciando suo padre con un’espressione sbalordita sul volto. Non se lo aspettava. Sua madre, seduta sul divano, teneva le mani tra capelli mori. Elizabeth si fermò a guardarla. Irina Linke sembrava aver perso l’altezzosità che la caratterizzava così tanto. Sul suo volto di trentacinquenne c’erano i segni di una vita piena di rimpianti, una vita fatta di dolore e abbandono. Il suo aspetto, di solito impeccabile, era tutta apparenza d’improvviso, e a Elizabeth fece tanta pena, che decise di rinunciare ad andare a vivere chissà dove.

Elizabeth: Muoviti mamma, che facciamo tardi! – la donna alzò gli occhi e fissò la figlia, che le tendeva la mano, con il broncio. Sorrise, e si alzò, prendendo la borsa.

Salirono sull’auto, Irina sorridente, Elizabeth un po’ meno, quasi con poca voglia. Poggiò le sue valigie sul sedile posteriore, e si sedette come niente fosse sul sedile del passeggero nella Mercedes nera presa a noleggio. Irina Linke mise in moto, e partì. Il cellulare di sua madre squillò. C’era scritto Christian. Elizabeth mostrò il cellulare alla madre.

Irina: Elizabeth, rispondi tu, per piacere. È tuo cugino.

Elizabeth aprì il cellulare. Una voce maschile piuttosto assonnata, in tedesco, chiese di Irina. Menomale che Elizabeth il tedesco lo parlava benissimo.

Elizabeth: Sono la figlia di Irina, lei sta guidando.

Christian: Ciao, Elizabeth. Volevo solo sapere tra quanto sareste arrivate. Stasera devo essere in studio di registrazione e non so se potrò venire all’aeroporto a prendervi.

Elizabeth: Mi informo, Christian. Aspetta. (Rivolta alla madre). Christian vuole sapere quanto tempo ci metteremo per arrivare.

Irina: Digli circa le sette di questa sera.

Elizabeth: Verso le diciannove...ma te ora sei sveglio? Accipicchia, da voi non sono le sei del mattino? XP

Christian: Sì, sono le sei, ma io non sono mai andato a dormire questa notte. Sai com’è, discoteca, amici, una birra, poi un’altra e chi si ferma più. Franky verso le quattro è riuscito a portarmi a casa...

Elizabeth: chi?!

Christian: Franky... Ma tu sai chi siamo?

Elizabeth: No... XD!

Christian: Capisco... Va bene, ti spiegherò tutto domani mattina. Stasera verrò solo a prendervi, non ci sarò per cena.

Elizabeth: Va bene, Christian. A questa sera.

Elizabeth riagganciò, un po’ più rilassata rispetto a quando era uscita di casa. Era curiosa di sapere chi fossero. Suo cugino era stato piuttosto vago in proposito, e aveva dato per scontato che lei lo sapesse, così come quando aveva detto che andava in studio di registrazione; quindi erano persone famose... Chissà? Sua madre accese la radio e una musica a lei sconosciuta si propagò per l’abitacolo. Era melodiosa, a volte sentiva un pianoforte, alle volte le sembrava che ci fosse un dj a dirigere la musica. Le canzoni erano in tedesco, melodioso o rap, che si intrecciavano creando una musica bella e orecchiabile.

Irina: Ti piace, Elizabeth?

Elizabeth: Sì, chi sono?

Irina: Sono un gruppo tedesco. Non si sono formati da molto e non sono famosissimi, ma in Germania sono conosciutissimi. Hanno sfondato da poco anche in Italia. Christian è il bassista del gruppo. Hanno un nome lunghissimo, tutte le volte me lo dimentico... Mi pare che sia Montana qualcos’altro...c’entra qualcosa con uno stato americano...forse... No, no. Stavo scherzando. XD

Elizabeth: ???? ò.O

 

*Dodici ore dopo, aeroporto di Berlino*

 

Il viaggio in aereo era stato estenuante, più di dodici ore a sedere, per poi arrivare in un posto dove sembrava che l’orario fosse solo di un’ora avanti. Le sei e mezzo. Partire alle cinque per arrivare alle sei e mezzo. Avevano attraversato nove fusi orari, e ogni volta che ne cambiavano uno, rifinivano sempre all’ora in cui erano partite. Finalmente sembrava che l’ora cambiasse. Ma ora lei aveva sonno, mal di stomaco e mal di testa. Per fortuna Christian era già lì. Le fece salire su una limousine piuttosto piccola e partì. Elizabeth squadrò bene Christian. Capelli mori, occhi azzurro intenso e cuffie enormi attorno al collo; era completamente vestito di nero. Accanto a lui sedeva un ragazzo vestito come un rapper, che giocherellava con una catenina argentata che aveva al collo. Lui aveva gli occhi scuri, e i capelli castani gli uscivano dal cappellino formando qualche riccio sulla parte alta della fronte. Aveva le spalle massicce, e dalla canottiera si poteva vedere un fisico non indifferente.

Christian: Zia, il viaggio è andato tutto bene? – si informò.

Irina: Sì, Christian. Io e Sissi abbiamo parlato tutto il viaggio. (Elizabeth lancia occhiataccia alla madre. Lei odia essere chiamata Sissi. La madre nota lo sguardo omicida della figlia). Oh, scusa cara, me ne ero dimenticata. XD!!!!

Christian: C’è stato un cambiamento di programma. Questa sera non vado più in sala di registrazione, ma sono a casa per cena. Però prima devo passare a prendere il resto della band. Voi e Timo andrete a casa, e io invece passerò a prendere gli altri. Bessie (Elizabeth sorrise, compiaciuta di quel diminutivo), vuoi saperne di più su di noi, allora? – Elizabeth annuì, curiosa – Bene. Allora, noi siamo una band musicale di sei membri, i Panik, conosciuti anche come Nevada Tan. Io sono il bassista, lui (indica Timo) è il rapper, Timo Sonnenschein. Abbiamo un dj, un pianista/chitarrista/2° vocalist e il frontman Frank, 1° vocalist, e un batterista.

Elizabeth: (Con finto interesse) Wow! Ho un cugino famoso...

Christian: ...

Timo: ...

Irina: ...

Elizabeth: Embé? C’è qualche problema? è.é

Timo: No, no. Forse solo il tuo scarso interesse...

Elizabeth: Qualcosa da ridire? Non era la mia massima aspirazione avere un cugino famoso! ò.ó

Christian: ç___ç Sei insensibile... ç___ç

*Silenzio nell’abitacolo*

*Ancora silenzio nell’abitacolo. Cicale cantano*

*Casa Linke, Berlino. Ancora silenzio nell’abitacolo. Oltre alle cicale in lontananza, passa palla di rovi stile Western*

Christian: Voi scendete qua. Ci vediamo tra una mezz’oretta.

*Tre figure scure rimangono immobili. Si sente coyote ululare, cicale cantare e palla di rovi passare*

Irina: (Prendendo le valigie) Beh, direi di entrare. (Suona campanello. Porta che si apre da sola)

Elizabeth prese le sue cose e seguì la madre e Timo nella casa. Una signora su una sedia a rotelle venne loro incontro.

Alicia: Irina, amica mia! Da quanto tempo! Christian mi ha detto che ti trasferirai qui a Berlino. Hai già venduto la casa di Heidelberg?

Irina: Sì, Alicia. Resterò qua a Berlino, da voi, fino a che non avrò trovato una nuova sistemazione.

Alicia: Non fraintendermi, ma spero che tu la trovi molto tardi. Sono felice se rimani qui da me per molto. Christian sempre è in studio di registrazione o in tournée. Io resto spesso da sola, e non so come fare, soprattutto dopo che Engel è morto, e io sono paralizzata. Se lui fosse stato ancora vivo, sarebbe stato diverso, ma senza lui...

Irina: Su, su. Ma Alicia, non ti ho ancora presentato mia figlia, Elizabeth. Ricordi Ewan Strauss? Lei è figlia mia e sua.

Alicia: Ah, mi avevi detto che tu avevi una figlia, ma non immaginavo fosse tanto bella. (Prende la mano di Elizabeth). Beh, non assomiglia a te nei colori, mia cara, ma a suo padre. Guarda, gli stessi occhi neri, e i capelli biondo cenere. Ma il viso è tuo; a parte il fatto che lei ha un bel nasino alla francese, ha la tua stessa forma degli occhi, così come la bocca. La sua non è sottile come quella di Ewan. – Elizabeth si avvicinò ad Alicia, che la teneva per mano – Diciassette anni. Sei mia nipote, hai diciassette anni e io in tutti questi anni non ti ho visto neanche una volta. Oddio, quanto mi vergogno di ciò. Ma vieni, cara, ti mostro la tua stanza. Ah, Timo, potresti fare la tavola, mentre faccio vedere la camera a Elizabeth e a Irina?

Timo: Ok, signora Linke.

Alicia girò la carrozzina, e si avviò verso le stanze. Timo fece quanto ordinato, e poco dopo Elizabeth entrò nella sala da pranzo. Timo aveva appena finito di apparecchiare.

Elizabeth: Allora, Timo, giusto? Cosa c’è di interessante qua in Europa, soprattutto a Berlino?

Timo: Non saprei dirti. Io abito qua solo da poco tempo e non ne ho mai per andare a visitare la città. Però da piccolo ho visto l’Elba, il fiume che attraversa Amburgo: è davvero stupendo. Poi c’è il Reichstag, la casa del parlamento tedesco, quello è bello. O la porta di Brandeburgo. Non preoccuparti, tua zia la città la conosce e ti porterà sicuramente a giro.

*Discorso brevemente liquidato, quindi silenzio nella stanza. Pallina di rovi si diverte a passare nuovamente davanti a loro*

Timo: ò.O

Elizabeth: Di cosa sa farla passare anche in casa?

Scrittrice (Giulia): Ma io... (vede faccia del suo personaggio. Elizabeth: ò.O) Ok, scusate... Xb!!!!

Il campanello suonò, e Timo andò ad aprire a Christian. Quattro ragazzi entrarono nella casa. Elizabeth fece un rapido conto, ricordando con la sua memoria da elefante fotografo che suo cugino le aveva detto che erano in sei. Nell’ingresso di casa Linke c’erano solo cinque ragazzi. Elizabeth si affiancò a Timo, non appena i ragazzi furono entrati, e Christian la salutò con un bacio sulla guancia.

Christian: Lei è Elizabeth, mia cugina. È vissuta fino a poche ore fa in America, quindi è un po’ spaesata...

Elizabeth: Mmh, questo non è vero. Cioè, non mi sento per nulla fuori luogo. Mi adatto facilmente ad ogni posto nuovo; piuttosto, non vi manca un componente? è.O

Jan: Già. Christian, non ci hai ancora spiegato dov’è Frank...

Christian: È partito questa mattina per Amburgo. Suo padre è stato male, e la sua compagna era disperata. Mi ha chiamato un ora fa, ha detto che domani è qui. Si accerta che suo padre stia bene, e poi torna. Per l’ora di pranzo è bello che arrivato. Contenti? ò.ó

David: Ok, ma ora andiamo a mangiare e a fare conoscenza con la tua bella cugina. n.n

Panik: David!!!!!! ò.O

David: Ma io scherzavo!!!! (Mica tanto...) XD...

Elizabeth: (si schiocca le dita con fare minaccioso) Sarà meglio per te, cosa dici? è.é

*David ha un brivido di terrore*

Elizabeth: Dai, Chris! Non spaventare gli ospiti e non fare il cugino iperprotettivo che non lo sopporto!

Christian: Ma io... Va bene. A questo punto direi di sederci a tavola.

I sei si sedettero a tavola, e presto arrivarono anche Alicia e Irina che portavano pollo arrosto e patatine fritte. I ragazzi volevano sapere tutto di Elizabeth.

Juri: Allora, Elizabeth, raccontaci qualcosa di te. (Elizabeth lo guarda, senza sapere cosa dire). Vediamo... Sai suonare strumenti?

Elizabeth: Suono il piano, e me la cavo con il flauto.

David: Davvero suoni il piano? Mi piacerebbe sentirti suonare.

Christian: Di là, in sala, abbiamo un pianoforte verticale; che ne dici di farci sentire qualcosa, più tardi?

Elizabeth: Beh, non saprei...

David: Dai!!! (Fa gli occhi dolci con quei grossi zaffiri al posto delle iridi)

Elizabeth: Uff, va bene.

David: n.n

Jan: Scusa la domanda, ma te quanti anni hai?

*Botta in testa da parte di Juri, seguita da “Non si chiede l’età alle donne”*

Elizabeth: Diciassette. Li ho compiuti alla fine di febbraio. No, non li ho compiuti, perché sono nata il ventinove, ma va bene lo stesso. Voi?

Christian: Io, Timo e Frank abbiamo ventidue anni, mentre...

David: (Interrompe Christian, che lo fulmina con lo sguardo) Io ne ho ventuno, come te.

Jan: Anche io. Lo sai che abbiamo solo un giorno di differenza? Solo che io sono più grande di qualche anno...

Juri:Rimani comunque il nostro piccoletto, Elizabeth è più alta di te!

Jan: Un giorno gli ultimi saranno i primi! è.é

Juri: Beh, quel giorno è ancora lontano, credo. Io comunque ho ventitre anni.

Jan: è.é

Elizabeth: Povero piccolo Jan!!!

Jan: Non ti ci mettere anche te!! ç____ç Insensibili... Vi detesto!

Elizabeth: Dai, Jan, noi scherzavamo!

Jan: Sniff! L’unico che mi tratta bene è Frank!!! ç____ç

La serata passò veloce, tra gli scherzi dei ragazzi e il loro immenso interesse per Elizabeth. Timo fu l’unico a rimanere in silenzio.

Christian: Timo, cosa ti succede?

Timo: Perché? Niente, davvero.

Elizabeth: Sei moooolto silenzioso. Qualcosa non va?

Timo: Nulla, non è nulla. Sul serio, ragazzi.

*Sguardi diffidenti, silenzio assoluto*

Alicia: Irina, vieni. Aiutami a sparecchiare.

Elizabeth: Fermi tutti. Ho perso il segno! Abbiamo già finito di mangiare? Mica mi va bene! Troppo veloci, Giulia!

Giulia: Io ho il potere!! Io decido se voi avete finito o no!!! Se non era per me, tu non esistevi nemmeno!! E neanche sapevi suonare!!! E neppure ti innamoravi di... Oops!

Elizabeth: Mi innamoravo di... ?

Giulia: Non posso! Non lo conosci neanche!! Oddio, ho rovinato tutto!

Nevada Tan: Nah!! Di lui?! Non ci possiamo credere!

Elizabeth: Uff, io non ho capito!! (Giulia: Quando mai!) Uffa! Volete dirlo anche a me?! Daidaidaidaidaidaidaidaidaidai! Uff...

Giulia: Io mi dileguo... Ho già combinato troppi guai!

Elizabeth: (Prende per il collo Giulia, tentando di strozzarla) Adesso tu mi dici chi è!!!

Giulia: Se mi strozzi non posso dirtelo!! Coff! Coff! (Elizabeth lascia il collo di Giulia, che scompare con un Puff d’effetto)

Elizabeth: ò.O. Potreste dirmi di chi mi innamoro?

I Nevada Tan scossero la testa. Elizabeth sprofondò nella sedia, le braccia incrociate sul petto. David la costrinse a suonare un pezzo al pianoforte, e lei scelse “Per Elisa” di Beethoven. George amava quel brano.

 

*Stanza di Elizabeth*

 

Elizabeth era sdraiata nel suo letto, sveglia. Pensava a George, al bambino che non aveva mai avuto, e si chiedeva cosa sarebbe successo se fosse rimasta ancora incinta. Sarebbe stata capace di accettarlo, continuare a vivere senza problemi, dimenticando George? Oppure sarebbe caduta nella depressione da cui poco a poco si era ripresa in quell’anno vissuto col padre? Ma prima ancora di pensare se sarebbe rimasta incinta un giorno, avrebbe ancora avuto il coraggio di amare, di farlo con un ragazzo diverso da George?

 

*Cucina Linke*

 

Christian era seduto al tavolo, bevendo la cioccolata calda che sua madre gli aveva preparato prima di uscire con Irina. Elizabeth arrivò, sbadigliando. Aveva dormito pochissimo, e aveva fatto solo incubi. Christian la guardò, continuando a bere. Sua zia, la sera prima, dopo che Elizabeth era andata a dormire, gli aveva raccontato della situazione critica in cui era incappata la cugina: un aborto e il proprio fidanzato morto. Non doveva sentirsi particolarmente felice, in quel momento. Le allungò una tazza di cioccolata fumante e la ragazza si appoggiò ai ripiani della cucina, sorseggiandola.

Christian: Dormito bene, Bessie?

Elizabeth: (Sconsolata e melanconica) Sì...abbastanza...

Christian: È successo qualcosa? Se hai bisogna di parlare sono qua...

Elizabeth: Non ti preoccupare, Christian. È solo un po’ di...malinconia.

Christian: Sei sicura? Davvero Elizabeth, se hai bisogno di parlare...

Elizabeth: Te lo giuro, Christian, non ne ho bisogno. Non è nulla...

La porta si spalancò e Timo entrò, mangiando un biscotto. Aveva un’espressione tra il vuoto e l’allegro, e canticchiava Revolution tra sé. Salutò con un gesto della mano i due e si passò una mano tra i capelli. Guardò Christian, interrogativo e il ragazzo scrollò le spalle. Un cellulare squillò in quell’istante, e Timo, notando che era il suo, se lo portò ad un orecchio.

Timo: Frank! Finalmente! Stavo chiedendo ora a Christian quando saresti arrivato...

Franky: Timo, mi dispiace davvero tanto, ma non posso tornare prima di lunedì...

Timo: Problemi con tuo padre? Cosa ha avuto?

Franky: Gli hanno diagnosticato un...un tumore di stadio avanzato al fegato. Troppo alcool, dicono i dottori. Su per giù gli rimangono due – tre mesi di vita. Simone si sta disperando, soprattutto perché papà non accetta di essere curato...dice che preferisce morire, ma Simone non è d’accordo. Rimango per cercare un accordo tra loro due...mi dispiace davvero, scusatemi...

Timo: Ma non pensarci nemmeno di scusarti! È lecito che tu rimanga da tuo padre ad Amburgo, cosa credi, di mollarlo là?

Franky: Timo, io...

Timo: Frank, pensa solo a tuo padre. Appena puoi, torna, e non ti preoccupare di nulla. Ok? Ci sentiamo questa sera.

Timo poggiò il telefono sul tavolo di cucina, nel momento in cui Alicia e Irina rientravano in casa. Posarono le buste del mercato sul tavolo, e tutti puntarono gli occhi su Timo, che aveva una faccia piuttosto preoccupata.

Irina: Timo, cosa è successo?

Timo: Al signor Ziegler è stato diagnosticato un tumore al fegato.

Alicia: Oh, santo cielo! Ed è grave? Voglio dire, è molto avanzato?

Timo: Hanno detto che...che gli restano solo tre mesi al massimo. Il signor Ziegler non vuole sottoporsi all’operazione, e Simone è abbattuta.

Il silenzio scese nella casa. Timo rimase per il pranzo e poi disse di dover andare a fare alcune cose.

 

*Pomeriggio*

 

Elizabeth passò le dita leggere sui tasti, facendo scale ed arpeggi. Christian era seduto sul divanetto di fronte, e provava la musica di Vorbei. Alicia e Irina erano uscite, dovevano fare la spesa (non l’avevano già fatta quella mattina?). David, Juri e Jan erano passati a trovarli nel pomeriggio, e lei aveva suonato di nuovo “Per Elisa”. Erano ormai due ore che suonava solo quella melodia, come un disco incantato; del resto era stata la preferita di George.

Ricominciò a suonarla, e Christian le tirò una pallina di carta in testa. Era stufo strastufo di sentirla.

Christian: Insomma Bessie! Trova qualcos’altro da fare! Non la sopporto più!

*Silenzio da parte di Elizabeth. Passa una pallina di...*

Christian/Elizabeth: Giulia!

Giulia: Scusate...XD!!

Alicia, Irina e una tipa strana coi capelli da leone e l’aria da fumata entrarono nella casa.

Giulia: Rachele! Cosa ci fai qua?

Rachele: Timotimo! Timo... Timotimo meine my mio TIMO!!

Giulia: Ma datti una patta, oh scema! (Rachele si dà una botta in testa) ò.O Torniamo alla nostra abituale occupazione.

Irina: Tesoro, siccome non ti ho mai fatto un regalo, e ci terrei parecchio a festeggiare almeno un tuo compleanno, io e Alicia abbiamo preso una torta e stasera si festeggia.

Elizabeth: Oh, adesso sei tutta presa dalla mia vita. Ma tredici anni fa? Io non contavo nulla?

Irina: Tuo padre non ti ha detto perché me ne sono andata?

Elizabeth: Certo che me lo ha detto! Te ne sei andata perché eri troppo presa dal tuo lavoro di designer! Chi se ne frega di tua figlia! Dico, di tua figlia! Passi del cane, passi del fidanzato! Ma sono tua figlia! Sono nata da te, non dalla prima sconosciuta che capita! Te e mio padre avevate un matrimonio e un rapporto! Te ne sei andata perché eri troppo presa dal tuo lavoro!

Irina: Elizabeth, non è così...

Elizabeth: Ah, no?! E allora com’è? Avevi un altro?

Irina:  Tuo padre aveva un’altra! Me ne sono andata che avevo appena ventuno anni, perché il tuo caro paparino era troppo preso dalle donne!

Elizabeth: E allora perché non mi hai portata con te?!

Irina: La corte non me lo ha permesso! Quando avevo quindici anni mi hanno arrestato per possesso di marijuana, tra l’altro di mio fratello Engel, e Ewan ha fatto in modo che non ti affidassero a me...tu non sai quanto ho pianto. Poi tuo padre mi ha intimato di non avvicinarmi a te, e io non ho potuto far altro che obbedire, se volevo vederti un giorno.

Elizabeth: E adesso perché io sono potuta venire qua?

Irina: Tuo padre non ce la fa a vivere con te. Voleva essere libero di fare come gli pare.

Elizabeth era scoppiata a piangere. Sua madre pretendeva di rincretinirla con quelle cavolate su suo padre, ma lei non avrebbe ceduto. Christian la guardò pochi istanti, poi le si avvicinò, stringendosela al petto. Lei si divincolò, correndo su per le scale. I suoi singhiozzi si sentivano anche al piano di sotto, e Irina cadde a sedere su una sedia. Piangeva pure lei. Cosa aveva sbagliato? Alicia cercò in tutti i modi di consolarla.

In quel momento Timo suonò alla porta. Christian gli spiegò brevemente cosa era accaduto, e Timo corse al piano superiore.

Timo: Elizabeth! Bessie!

Timo aprì la porta della camera, e la trovò là, distesa con il volto premuto sul cuscino. Piangeva ancora, disperatamente. Lo guardò, gli occhi rossi e pieni di lacrime, scossa dai singulti. Timo arrossì, rendendosi conto della reazione che aveva subito avuto.

Elizabeth: Mi chiamavi?

Timo: Ecco, io...no, è che Chris mi ha detto che piangevi, ed ero venuto a vedere come stavi...

Elizabeth: Un po’ meglio, da quando sei entrato.

Timo si irrigidì, totalmente spiazzato dalle parole di Elizabeth. Lei si mise a ridere, vedendo la sua faccia disorientata. Rachele entrò, e si gettò su un Timo già troppo confuso. Giulia fu costretta ad intervenire per scostarla, si scusò per una decina di volte e infine uscì portandosi dietro Rachele, tenendola per un orecchio.

Timo/Elizabeth: ò.O

 

*Camera tutta rosa di Giulia*

 

Giulia: Rachele, devi lasciare stare Timo! Più volte ti ho spiegato che Timo...

Rachele: Giulia, lo so, ma io voglio Timo! Non mi interessa se lui...

Giulia: Ma Timo, come ben sai, deve...

Rachele: Oh, dai Giulia, lui non...

Timo:(Appena sotto la scrivania, invisibile a entrambe, mormorando) Io cosa...?

Giulia: Rachele, Timo...

Rachele: Lo so che Timo...ma io lo voglio! (Sferra involontariamente un calcio a Timo)

Timo: (Mormorando) Ohi! Uff, ma io cosa?

 

*Casa Linke, una settimana dopo*

 

La casa era praticamente deserta. Elizabeth era seduta sul divano, e pensava. Da poco più di una settimana era a Berlino, il suo rapporto con la madre non migliorava ne peggiorava, i Nevada Tan passavano a trovarla una o due volte il giorno, e Rachele continuava i suoi attacchi a Timo. Le faceva un po’ di rabbia, ma in fondo se Timo la preferiva...

Timo: (Voce fuori-campo) Io non la preferisco a te!

Elizabeth: (Imitando Titti) Mi è semblato di sentile un Timo...

Timo: Tu non hai sentito nulla...

Elizabeth: Devo essermelo immaginato...

Giulia: Sicuramente!

Elizabeth: Ah, allora va bene...

Timo: ò.O...bah!

Alicia entrò nella sala, seguita da Irina. Elizabeth sorrise a entrambe, e ricominciò a pensare. (Una pallina di rovi passa anche nella testa di Elizabeth, che guarda in cagnesco Giulia).

Giulia: XD!!!

Christian entrò, piuttosto giù di morale; come spiegò dopo, il padre di Franky era peggiorato, e tra pochi giorni sarebbe morto. Alicia propose di andarlo a trovare, ma Christian disse che Franky non ne aveva piacere.

 

*Sera nel giardino di Casa Linke, nove giorni dopo*

 

Timo si sedette sulla panchina, accanto ad Elizabeth, e le passò un braccio dietro le spalle. La luna illuminava il giardino di casa Linke, e i Panik giravano per esso, ridendo e scherzando. Solo loro erano immobili, inebriati ognuno dell’altro. Elizabeth si voltò, guardando il rapper. I grandi occhi nocciola di Timo si piantarono in quelli neri, profondissimi della ragazza.

Timo: Te lo hanno mai detto che hai dei begli occhi?

Elizabeth rise sommessamente, annuendo. Glielo dicevano spesso. Timo le baciò la delicata mascella, facendola rabbrividire leggermente, e le passò la mano libera sotto la leggera canotta estiva, sulla pelle color porcellana. Elizabeth rabbrividiva ad ogni tocco leggero di Timo, e lui se ne accorgeva, ma non smetteva, nessuno dei due voleva interrompere quel momento. Elizabeth carezzò delicatamente il collo di Timo, ormai si era seduta cavalcioni sulle gambe del ragazzo, e lasciava che lui esplorasse con le dita la sua schiena, che le baciasse il décolleté.

Elizabeth: Andiamo nella mia stanza?

Timo: Non perdi tempo, eh?

Elizabeth: XD!!!

Timo: Allora andiamo a casa mia...per lo meno ce ne stiamo in santa pace, e possiamo fare come ci pare.

Elizabeth: Quindi andiamo.

Si scambiarono un unico, semplice bacio,  per poi alzarsi e uscire dalla villa. Timo abitava in un piccolo appartamentino, non troppo lontano da casa Linke, e ci misero sì e no poco più di dieci minuti ad arrivare, camminando lentamente, silenziosi come ombre. Timo aprì la porta, trascinandosi dietro Elizabeth per la vita. Arrivarono nella camera da letto continuando a baciarsi. Si fermarono, lei con le spalle al muro, lui piantando le palme delle mani vicino al suo viso. Il silenzio era assoluto, Elizabeth sentiva il suo cuore e quello di Timo battere.

Timo: (Mormorando) Sei troppo bella per essere vera...

Nella camera c’era buio, e l’unico rumore era il respiro affannato di Elizabeth e Timo.

 

Elizabeth poggiò la testa sulle ginocchia di Timo, che stava parlando al telefono con Franky. Erano le quattro del mattino, e ormai suo padre era morto. Il cuore aveva cessato di battere, improvvisamente, e il signor Ziegler era deceduto.

Timo: Non preoccuparti, Frank, non veniamo.

Franky: Grazie, Timo, e di’ ai ragazzi che dopodomani vengo a Berlino.

Timo: Ok, buonanotte.

Elizabeth baciò il corpo di Timo, assonnata. Timo la prese per le spalle e la buttò sul letto, appoggiando il capo sui seni nudi della ragazza. Piangeva, come un bambino, come se il signor Ziegler fosse stato suo padre.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Panik / Vai alla pagina dell'autore: Choco_Romance