Life for boxing
2. Discussioni
Uscì
dalla palestra giusto con un
saluto e un sorriso forzato rivolto ai suoi compagni e al signor
Billton, ma a quest'ultimo riservò un grosso abbraccio, uno
di
quelli che si fanno ai genitori quando non ci si vede da mesi, oppure
uno di quelli che simboleggiano una tua partenza, qualcosa che dice
tipo “ci rivedremo, un giorno”.
Fece qualche passo fuori dalla palestra
e si fermò sul marciapiede di mattonelle rosse, aspettando
l'arrivo
della madre.
Più passava il tempo, più si
innervosiva. Se n'era dimenticata di nuovo.
Poggiò il borsone a terra sbuffando
nervosamente, o avrebbe presto preso una scoliosi, tanta la roba
inutile e pesante che ci infilava dentro, tanto per sgranchir le
dita, o solamente per liberarsi della rabbia spremendoli come arance.
Il tempo passava, ma all'orizzonte non
si intravedeva neanche l'ombra della macchina rossa metallizzata di
sua madre sfrecciare fino a davanti a lei.
Stava quasi per favorire l'idea di
tornare a casa a piedi, irritata fino alla punta dei capelli, quando
notò una Mercedes nera tirata a lucido di sua conoscenza
avvicinarsi
a lei sempre di più, finché non le fu
direttamente accostata
accanto. Il finestrino oscurato dello sportello anteriore si
abbassò
lentamente, mostrando a Bra l'interno della macchina e il suo autista
davanti al volante, seduto sul sedile in pelle nera ad ascoltare la
radio che trasmetteva una musica jazz. Era un uomo sui trentacinque
anni, moro, con una cicatrice sul suo occhio sinistro.
«Hey,
ciao, tesoro!»,
la salutò
lui.
«Ciao,
papà»,
ricambiò con
finto entusiasmo.
«Come
stai?».
«Abbastanza
bene».
«Che
ci fai qui a quest'ora? Non sarebbero dovuti finire mezz'ora fa gli
allenamenti?»,
domandò.
Se stesse fingendo anche lui, questo non si capiva, ma se veramente
non era sincero, si poteva dir certi che aveva un gran talento da
attore.
«Infatti
sono finiti mezz'ora fa».
«E
allora? Cosa fai qui?».
Un attimo di silenzio.
«Mamma
si è dimenticata di venire a prendermi, un'altra
volta»,
spiegò, con i nervi a fior di pelle.
«Oddio»,
sospirò, per niente sorpreso, alzando gli occhi al cielo.«Tua
madre è sempre la solita. Dai, salta su, ti accompagno io»,
offrì infine generosamente il genitore.
La ragazza non si fece scrupoli e salì
a bordo di quella bella macchina, chiudendo lo sportello e alzando lo
scuro finestrino, sforzandosi di sorridere allegramente.
Il motore cominciò a lavorare e la
macchina partì, non utilizzando tutta la velocità
con cui poteva
correre.
«Allora,
hai già fatto i bagagli?»,
iniziò lui l'interrogatorio.
«Abbiamo
preparato gli scatoloni, oggi sarebbero dovuti venire a ritirarli».
«E
sono venuti?».
«Non
ne so niente. Sarebbero dovuti venire di pomeriggio, durante gli
allenamenti».
«E
la mamma come sta?».
«È
molto indaffarata, ma sta bene».
Si sentiva un po' a disagio a parlare con suo padre, sapendo che i
suoi genitori avevano divorziato da parecchi anni. Quell'anno
avrebbero compiuto undici anni da che si erano separati, eppure
avevano ancora il coraggio di parlarsi e tenersi in contatto per
compleanni o feste. Erano piuttosto pacifici tra di loro, ma Bra era
sicura che ciascuno nascondeva dentro una profonda e viva voglia di
fare a pugni con l'altro, -proprio come lei quando stendeva i polli-
ma non lo davano a vedere.
«Capisco»,
qualche secondo di silenzio e l'uomo riprese a porre domande. E
Trunks? Come vanno gli studi?».
«Li
ha passati tutti col massimo dei voti, il signor so-tutto-io».
L'uomo ridacchiò. «Ma
dai, non essere così scettica. È molto
intelligente tuo fratello,
ha preso da tua madre!».
Seguì una lunga pausa di silenzio, in
cui l'adulto stava concentrato sulla strada, mentre la ragazza teneva
lo sguardo fuori dal finestrino, con tutte le figure che le passavano
davanti agli occhi molto rapidamente e lo sfondo celeste del cielo
striato di rosso e viola.
«Ti
mancherà Chicago, eh?»,
lo interruppe a un certo punto il padre.
«Mi
manca già»,
rispose lei
con tono svogliato.
La guardò con cipiglio dispiaciuto.
«Su,
non farne un dramma, vedrai che ti piacerà Los Angeles!»,
cercò di tirarla su di morale con un finto tono di
felicità e un
falso sorriso. Lei, notandolo, non rispose. Era più bravo
nelle
scene per rimorchiare le donne con parole dolci e fare amichevole
disgustosi, poco ma sicuro.
«Oh,
siamo già arrivati!»,
esclamò lui, accostando l'auto vicino al marciapiede.
«Ci
vediamo, papà»,
lo salutò.
«Ciao,
tesoro!».
Non ebbe il
tempo di aprire lo sportello che il padre la bloccò. «Oh,
no! Aspetta un attimo!».
Bra lo fissò perplessa, forse anche annoiata. Era troppo
desiderare
di entrare immediatamente in casa?
«Bra,
vorrei dirti una cosa».
Lei annuì, incitandolo frettolosamente
ad andare avanti.
«Vedi,
piccola, non so se potrò venire a salutarvi all'aeroporto».
«Ah...
be', in questo caso, ti saluto la mamma e Trunks».
Titubò per un attimo, poi, annuì
lentamente. «Vorrei
darti questo, però».
Si
sporse dietro verso i sedili posteriori e afferrò una borsa.
«È
un equipaggiamento per la boxe. Non ne avrai già uno nuovo,
vero?».
Bra
agguantò stupefatta la borsa. «Grazie
mille».
Le
sorrise. «Ciao, piccola».
Bra
levò una mano in segno di saluto e si fece
strada, aprendo il
cancelletto d'ingresso e avvicinandosi alla porta d'entrata con il
borsone degli allenamenti e il regalo di suo padre penzolanti dalla
spalla, mentre salutava il padre scuotendo la mano libera in alto, e
lui ricambiava con un sorriso, guardando fuori dal finestrino, mentre
l'auto partiva.
Quando ormai non si vide più niente di
lui e non si sentì più il rombo del motore e lo
stridio delle ruote
sull'asfalto, si decise a pigiare il campanello e udì il
suono che
giustamente si aspettava. In seguito, si udì una voce
femminile che
dava l'aria di essere un po' scocciata e con una punta di rabbia che
chiedeva l'identità della persona alla porta. Aveva risposto
quasi
subito, probabilmente stava attendendo il suo arrivo apposta
là
davanti la porta; di solito ci vogliono almeno dieci minuti
perché
arrivi di fronte al portone. La ragazza rispose e le fu subito aperta
la porta con energia.
Immediatamente, udì la voce di sua
madre abbaiarle in faccia e il suo sguardo severo addosso, senza
neanche avere il tempo di scovare la sua slanciata figura
incredibilmente somigliante a lei.
«Insomma,
si può sapere perché ci hai messo tanto?!»,
chiese irata.
«Prova
un po' a pensarci»,
rispose tranquillamente la ragazza, attraversando lo stipite della
porta.
La madre, ancora più arrabbiata da
questo suo atteggiamento, sbatté la porta rabbiosa, tanto da
illudere che le pareti tremassero, ma Bra rimase impassibile.
Stava raggiungendo la figlia per
sgridarla ancora più duramente, quando i muscoli della sua
faccia si
rilassarono improvvisamente quando vide la borsa sulle sue spalle. Si
bloccò sul posto, come se si fosse ricordata di qualcosa.
«Oh,
no... scusami, Bra... sono venuti a prendere gli scatoloni e non sono
potuta venire...»,
domandò scusa sinceramente dispiaciuta, schiaffeggiandosi la
fronte
con una certa vergogna e senso di colpa. Bra si fermò nel
mezzo del
salotto appena la madre le porse le sue scuse.
«Ormai
ci sono abituata»,
rispose, o meglio dire 'accettare le sue scuse', posando sul tappeto
color ruggine entrambi i pieni borsoni che teneva in spalla.
La madre, notando un secondo e
sconosciuto intruso, chiese giuste spiegazioni.
«È
un regalo di papà»,
rispose Bra disinvolta. Fissava ancora il muro di fronte a
sé, dando
le spalle all'adulta. La donna ebbe una breve reazione di stupore
alle parole della figlia, ma si riprese subito e cominciò a
far
domande. Ecco che arrivava un secondo interrogatorio.
«E
dove hai visto papà?»,
disse avvicinandosi e mettendosi di fronte per guardare il suo
sguardo del tutto inespressivo.
Distolse lo sguardo da quello della
madre e si gettò sulla poltrona su cui era solita
accomodarsi,
facendo incurvare il cuscino a mo' di materasso sotto il suo peso.
Prese a guardare un canale a caso della TV
con tranquillità. Poi si decise finalmente a rispondere al
genitore.
«Mi
ha accompagnato lui fino a casa».
Un attimo di silenzio, ma simbolico per
quanto breve. Lo ruppe poco dopo la donna.
«E
come mai Yamcha ti ha fatto un regalo così soddisfacente da
parte
tua?»,
chiese scettica,
sedendosi con classe sul divano accanto alla poltrona, accavallando
le gambe.
La ragazza smise di premere in
continuazione e senza senso i pulsanti colorati sul telecomando e
spense la televisione.
Ancora silenzio.
«Ha
detto che probabilmente non verrà all'aeroporto a salutarci.
Mi ha
fatto un regalo e mi ha detto di salutare te e Trunks»,
rispose, per poi alzarsi con incerta fatica e salire uno ad uno gli
scalini della moderna scaletta a chiocciola che portava al piano
superiore, tenendosi al corrimano.
«E
ora dove vai?».
Alzò un
po' il tono di voce per farsi sentire meglio.
«Devo
ancora finire di preparare la mia borsa».
«Sbrigati,
tra poco è ora di cena».
Si alzò dal divano rosso ciliegia e si diresse nella stanza
accanto
per preparare qualcosa da mangiare.
Prima che potesse anche solo mettere
sul fuoco l'acqua per far bollire la pasta, il classico trillo del
campanello echeggiò per tutta la casa.
Mise velocemente a bollire l'acqua e
corse ad aprire la porta a chi mai potesse essere.
Diede una sbirciata all'occhiolino e
vide una coda di cavallo bionda che svolazzava a ritmo del leggero
vento serale, coperta da un berretto rosa, e due grandi occhioni
celesti un po' giù di morale.
Aprì la porta e la accolse
cortesemente.
«Ciao,
Marron!».
«Ciao,
Bulma».
Si sforzava di
sorridere e Bulma questo lo aveva capito.
«Come
mai qui?». Meglio
tagliare corto.
«Ecco...
volevo salutare un'ultima volta Bra».
«Oh,
certo. Entra pure, fai come a casa tua!».
Marron non si fece scrupoli all'invito dell'adulta ed entrò
in casa.
Si trovò un po' dispersa. Avevano portato via tante cose.
«C18
e Crilin come stanno?».
«Bene.
Avrebbero voluto venire anche loro, ma non hanno potuto».
«Ah,
non importa. Ho già salutato ieri i tuoi genitori. Bra
è in camera
sua, sta facendo le valigie».
Annuì.
Cominciò a salire la scaletta metallica rossa a chiocciola
senza
problemi. Conosceva quella casa come le sue tasche.
Percorse il corridoio che le si
presentava e arrivò davanti la porta della camera
dell'amica. Si
fece coraggio e l'aprì lentamente provocando un leggero
cigolio. Bra
non si accorse della sua presenza. Era troppo presa nell'acchiappare
i vestiti sparsi per tutta la camera. Calzini sotto il letto, maglia
semi fuori dalla finestra, reggiseno appeso al lampadario, pantaloni
sull'armadio e una montagna di vestiti alta due metri che tra poco
prendeva vita in un angolo. Ad ogni abito infilato nel borsone, un
grugnito di fatica.
«Ciao,
Bra».
Bra si voltò sorpresa. «Ciao».
Fece due passi silenziosi verso di lei. «Che
ci fai qui?»,
aggiunse.
«Sono
venuta a salutarti».
Bra distolse lo sguardo e lo pose sul
suo borsone.
«Scusami
per prima»,
disse fievole
Marron.
Bra venne colta di sorpresa. Breve
pausa di silenzio.
«Va
tutto bene, Marron».
Con
un sorriso, accettò le sue scuse, intanto che il consiglio
dell'allenatore di boxing le rimbombava in testa.
Ad un certo punto, Marron scoppiò in
lacrime e si buttò tra le sue braccia, così,
senza un valido
motivo. (Io sono troppo sdolcinata in queste scene, non posso fare a
meno di infilarci un tocco di drammaticità. Lo sapevate
questo, vero
^^'? nda)
«Ricordati
di mandarmi qualche cartolina»,
disse poi, ancora singhiozzante.
Un risolino scappò dalla bocca
dell'azzurra.
«La
tua migliore amica parte per Los Angeles e tu sei capace di chiedermi
solo qualche cartolina?».
La bionda si staccò da lei e asciugò
le lacrime che ancora scorrevano lente sul suo viso, lasciando una
sottile scia lucida dietro di sé.
«Los
Angeles è una bella città, sai».
Risero debolmente.
«Ora
devo andare, sono uscita di casa senza permesso».
Si avvicinò alla porta. «Ci
si vede, Bra».
«Ciao,
Marron».
«Abbi
cura di te»,
la ammonì.
(Okay, perdonatemi, ma queste scene toccanti mi vengono sempre fin
troppo melodrammatiche Nda).
Appena la porta si chiuse, Bra si buttò
sul letto e prese in braccio il gattino della mamma che evidentemente
si era infiltrato in camera sua mentre parlava con Marron.
Cominciò a carezzarlo e a lisciare il
suo morbido pelo nero e liscio.
«Meeko,
lo sai che tu non dovresti essere qui?»,
disse poi al micio tirandolo su.
Per tutta riposta, ricevette un tenero
'Miao' dal gattino.
«Bra!
A tavola!»,
urlò sua
madre.
«Sì,
arrivo!».
Posò il
micetto sul letto e uscì dalla porta, affamata.
Balzò velocemente giù dalle scale e
arrivò alla soglia della porta della cucina. Nell'aria c'era
un buon
odore di sugo al pomodoro. Ecco il pasto più consumato in
quella
casa: spaghetti e salsa al pomodoro. Be', che ci potevano fare? Sua
madre aveva sangue italiano nelle vene. A quel punto Bra si chiese se
non si sentivano degli stupidi illusi che si considerano degli
italiani solo perché mangiavano spaghetti quasi tutte le
sere. Fin
qui sarebbe rimasta solo una mangia-spaghetti, non un'italiana.
Si mise a sedere sul suo solito posto,
mentre Bulma continuava a preparare il cibo. Quando stava per scolare
la pasta, udì la porta d'ingresso del salone aprirsi e il
tintinnio
delle chiavi della porta d'ingresso venire appoggiate sul mobiletto
in legno proprio all'entrata.
«Sono
a casa!»,
avvertì
l'invasore.
Era Trunks, il suo fastidiosissimo,
crudele, insopportabile e sadico fratello gemello. Appena tornato
dallo “Special College”, come lo chiama lui (il
nome vero era fin
troppo lungo da pronunciare ogni qualvolta). Era andato a salutare i
suoi professori che lo avevano aiutato a migliorare in questi anni.
Che fratello rincitrullito che si ritrovava. E dire che Trunks
d'aspetto non era male; capelli lilla, occhi azzurri, corpo
atletico... se solo avrebbe voluto, avrebbe potuto avere ragazze a
milioni, ma lui faceva sempre il “timidone” e
rispondeva sempre
“mi dispiace, io non ho intenzione di impegnarmi” o
altro alle
ragazze che gli facevano il filo e lo corteggiavano accanitamente,
spezzando loro il cuore e facendole scoppiare a piangere. Be', in
poche parole, suo fratello era uno di quei ragazzi con cervello e
muscoli, ma niente istinto, al contrario di lei, che era molto
impulsiva, fin troppo, forse.
I due, a rapporto dell'argomento
scuola, avevano preso direzioni diverse. Certo, anche Bra era molto
intelligente, ma pareva una matricola a confronto con suo fratello.
Era considerato il migliore studente in tutta Chicago, e tutti i
professori che hanno avuto la fortuna di avere un ragazzo con un modo
di riflettere e studiare così avanzato rispetto ai suoi
coetanei
avevano consigliato alla madre di mandarlo nello Special College di
Chicago, una scuola avanzata per tipi come lui. Lui ormai frequentava
quel college da quando aveva otto anni.
Che stavamo dicendo... ah, sì. Appena
Trunks fece la sua entrata in scena da grande attore in cucina, la
madre andò ad abbracciarlo, e poi lui si sedette sul suo
posto a
tavola. Era proprio di fronte a Bra.
«E
tu non saluti il tuo fratellone?»,
domandò scherzoso lui.
«Non
provocarmi».
«Non chiamarmi con quel diminutivo stupido. Io non sono più piccola di te, siamo gemelli, ricordatelo questo». Cominciava ad innervosirsi. Sempre la solita scena, ogni volta che tornava dal college.
«Non c'è bisogno di scaldarsi tanto. E poi, io sono nato prima, quindi sono il maggiore e ho il diritto di chiamarti in quel modo».
«Dieci minuti, dieci maledettissimi minuti secondo te ti rendono il fratello maggiore?!». Si alzò dalla sedia e sbatté le mani sul tavolo sporgendosi un poco verso di lui, guardandolo dall'alto, dato che lui stava ancora seduto sullo sgabello. Aveva un cipiglio irritato.
«Ehi, voi due! Andiamo, vi siete appena salutati e state già litigando!», li richiamò la madre. E continuò la serata, con le solite e noiose domande della madre, risi provocatori del fratello e i lunghi e spessi vermi di pasta nel suo piatto coperti dalla salsa rossa e un velo di formaggio grattugiato. Spazzolò subito il piatto lucidandolo e risalì in camera sua. Doveva ancora finire di preparare il borsone. Domani sarebbe partita per Los Angeles.
Angolo
autrice:
Salve, cari
lettori. Ecco che vi presento il secondo capitolo. Mah, mi è
parso
un po' smielato questo capitolo XD.
Come presumevo,
ciò che ho scritto a proposito del boxing è tutto
sbagliato XD. Vi
avevo avvertito, non sono informata bene. Ora che conosco qualcosina
in più grazie alla recensione di Xia, modificherò
qualche capitolo
^^'. Chiedo perdono per la mia ignoranza U_U. Perdonatemi, inoltre, se noterete come ha fatto gohanragazzo degli sfuggiti caratteri distinti, ovvero quelle paroline di misura più piccolina rispetto al resto della storia, ma l'HTML non è dei migliori U_U.
Ringrazio tanto chi l'ha messa tra i preferiti, davvero, siete pazzi o_o. E chi l'ha messa tra le seguti ^^.
E soprattutto chi ha recensito ^^:
Super Sirod:
E io felicissima di leggere la tua recensione *_*. Davvero pensi sia
carina? Io ti adoro (ho un fazzolettino fradicio in mano, sul serio
XD). Grazie mille per i complimenti ^^. Eccoti il seguito ^^. Non ti
preoccupare per lo sfogo, ne troverai parecchie anche nelle mie
recensioni delle tue storie ^^'. Grazie mille per aver lasciato un
commento ^^!
Luna_07:
Ciao, Mary ^^! Dopo tutta l'estate che ti stresso con questa idea,
ecco a te! Grazie mille per i complimenti ^^! Grazie per il
consiglio, ho aggiunto i personaggi; in effetti, non so se a molta
gente sarebbe piaciuta la fic se sapeva che era solo Bra la
protagonista U_U. Un kissone :D! Tadb ^^!
kamy: Ah,
mi fa veramente piacere che ti incuriosisca la storia :D! Davvero ^^!
E, come vedo, ci sei cascata nel trucchetto XD. Come hai notato dalla
descrizione del babbo di Bra, il vero genitore è Yamcha, non
Vegeta
:). Menomale, no XD? Ma la domanda, ora, è: dov'è
Veggy? Bah, chi
lo sa XD. Per Goten e Bra... Bah, non si sa XD. Ciao ciao ^^! Grazie
per il commento ^^!
Xia: Oh,
tu sei la mia salvatrice, lo sai ^^? Sentivo che c'era qualcosa di
strano, in effetti, nel rileggere il primo capitolo XD. Ora che mi
hai informata, sembra davvero stupido anche a me XD. Ma, dopotutto,
quello è sempre un record ;). Ma vedrò di non
esagerare nei
prossimi capitoli :). mi chiarirò le idee su questo sport,
una volta
per tutte *_*. E... senti, ora che ci siamo... vorrei chiederti se
è
possibile avere un allenatore privato, diciamo ^^... Non che c'entri
con la storia... ^^'... Grazie del commento ^^! E per le informazioni
^^'!
Dea Nemesis:
Oh, grazie mille ^^! Sì, intuivo già che ci
sarebbe stato qualcuno
che non amava Bra, perciò, proseguo con l'annunciarti che
non sarà
l'unica protagonista :). Grazie ancora ^^! Ciau!
Gohanragazzo:
Oh, grazie per l'avvertimento! Sì, è stata una
svista per l'HTML.
Non me n'ero accorta, onestamente U_U. Spero tu continui a seguirmi
^^! Grazie per il commento!
Malandrina92:
Per fortuna che hai recensito poco tempo fa, perché stavo
per
aggiornare senza ringraziarti ^^. Insomma... grazie mille per i
complimenti ^^!
Note:
Volevo mettere in gioco qualche indovinello per questa fic ;): come
avete notato, ho dato un nome a questo povero micio. Chi indovina di
chi è o di che cos'è in realtà,
riceverà un regalo... vi do un
indizio: il personaggio di cui sto parlando, a cui ho rubato il nome
non appare in nessun manga o anime ^^. Difficile, lo so, sono
crudele! E va bene, vi aiuto... non è un gatto, ma
è sempre un
animale piuttosto simpatico XD. Be', ora vi lascio spremere le
meningi ^^. Ci vediamo! Baciollini!
Terry
XD
PS: questo indovinello non è valido per Maogirl che, con suo gran vantaggio ha indovinato l'identità del personaggio misterioso in una nostra chiacchierata su msn. Presto arriverà un altro indovinello, apposta per la mia socia qui nominata ;D. Ciao a tutti X3!