Una Chilling Missing.
Avrebbe dovuto odiarlo.
Avrebbe dovuto – e voluto –
picchiarlo selvaggiamente, ucciderlo, strappargli quel cuore che lui aveva giurato, fosse dedicato a lei.
A lei che era, alla fine dei
conti, un ammasso di latta. Un androide, finemente costruito, un miracolo della
tecnica, che poteva imitare reazioni e sentimenti umani.
Imitare?
No… Alisa amava davvero. Soffriva realmente.
Soffriva quando lo vedeva
interessato ad una donna fatta di carne e sangue. Quando si mordicchiava il
labbro inferiore mentre osservava l’agonia dell’assassina, quando si rendeva
conto di non essere abbastanza perfetta,
come una donna vera e propria.
“Non fa nulla, piccola mia. Io ti
amo comunque.” Le ripeteva, accarezzandole le mani sottili, portandosele alla bocca,
baciandole le dita agili, sorridendole rasserenante, facendo svanire per un
istante i suoi crucci, la consapevolezza che era pressoché impossibile, per un
umano, fare l’amore con un freddo cyborg, provare qualcosa, sentire calore,
desiderio, passione per un involucro di circuiti e chips.
E lo amava, quando lui la
baciava, la chiamava piccola, le
diceva che era buffa, e che si poteva
fidare solo di lei. Quando giocherellava con i suoi capelli rosa, definendoli unici , quando sembrava apprezzare la sua
innocenza e le regalava con i suoi baci l’imitazione di un brivido.
E come una donna vera, si illudeva, sognava, lo attendeva, si fidava.
Illusa. E stupida.
La perfetta imitazione di
un’umana.
E invece di odiare Lars Alexandersson, odiava sé
stessa.
Quando attaccarono la base,
localizzò Lars. Qualcosa dentro di sé, forse un piccolo
congegno, forse un circuito, si era rotto, quando i suoi chip si erano accorti
che Lars era nella cella di Nina.
Come una donna vera aveva avuto un presentimento.
E quando aveva aperto la porta di
metallo si era sentita andare in tilt.
“LARS!” Non aveva lacrime da
versare. Ma piccole scariche elettriche si liberavano tra i fili rosa dei suoi
capelli. “Come hai potuto!”
E lui, da uomo, si era alzato dalla brandina dove Nina Williams giaceva,
prossima alla morte, il camice slacciato, salvata dall’ultima umiliazione
grazie alla gelosia di un robot.
“Non è come pensi!”
“Mi hai tradito!”
“No, non è vero!”
I rumori della battaglia, le
esplosioni, non esistevano più. C’era solamente qualcosa di sordo e pesante
dentro di sé, qualcosa che se fosse stata umana avrebbe definito dolore.
Si voltò per scappare, ma la
presa dell’uomo la trattenne. “Piccola, ne discutiamo dopo, ora dobbiamo
andarcene.”
“Io non scappo con te!” Gli aveva
risposto, quasi come se fosse il capriccio di una bambina, con la sua voce più
acuta del solito. Lars non aveva lasciato il suo
braccio, iniziando a correre dalla parte opposta a quella da dove provenivano i
rumori degli intrusi.
Arrivarono all’ultima stanza, un laboratorio
da cui si poteva accedere ad un passaggio segreto. Le voci dei nemici erano
sempre più vicini. Lars aprì il varco, cercando di
spingere Alisa verso di esso, senza riuscirci.
“Alisa,
dobbiamo scappare, forza!”
L’androide scosse debolmente la
testa. Aveva basato la sua esistenza sull’amore (si, l’amore, non la sua
imitazione!) che provava per Lars, ed ora, appurato
che la sua fedeltà e la sua fiducia erano stati calpestati, si rendeva conto
davvero di cosa potesse essere per lui.
Un’arma.
Pericolosa, da tenersi buona,
amica. Per sfruttare al momento opportuno.
Che sentimenti possono scuotere
un cyborg?
Se avesse avuto il dono delle
lacrime, avrebbe pianto disperata.
“Alisa!”
la richiamò Lars, una nota d’angoscia nella voce.
Lei lo prese per mano. “Perché?”
domandò.
“Non mi sembra il momento più
opportuno per…”
“Dimmi PERCHE’!”
Lars le accarezzò la guancia. “Piccola,
lei per me non è nulla, era solo… uno sfizio, ecco,
possiamo definirlo tale.”
“Tradire la persona che dici di
amare è uno sfizio?”
“No, no. Alisa,
hai ragione, io ti chiedo scusa…” cercò di convincerla
accarezzandola, ma lei fu irremovibile.
Le voci concitate degli intrusi
erano proprio al di là della porta di metallo. Lars
la fissò allarmato.“Almeno colpisci i nemici, cazzo!”
Un’arma.
Una bambola.
E nulla più.
“Certo” rispose. Si toccò la base
del collo, per poi posare i suoi occhi vitrei in quelli di Alexandersson.
Serrò la morsa attorno al suo polso, per non lasciarlo scappare, mentre lui
assumeva un’espressione attonita, incredula.
Non stava capendo.
Alisa vedeva il mondo rosso. Avrebbe
avuto la sua vendetta sul traditore, come una donna vera.
“Autodistruzione
attivata”
Questo
è un Regalo, una SURPRISE! Dedicata a Angel Texas Ranger, a MissTrent,
Krisalia, Sackboy97 e Nila Gor_kj, fedeli lettori e recensori di Two
Paris of Chilling Eyes.
Ieri
sera mi è balenata in mente questo Missing Moment,
tratto proprio dalla FF sopracitata.
Spero
sia di vs. gradimento!
EC.