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Autore: PrincesMonica    25/10/2009    4 recensioni
La vita di un uomo. Una canzone. Un deltaplano. FF scritta per il contest "Vinci Kings and Queens" indetto dal forum ufficiale italiano dei 30 Seconds to Mars.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autrice: princes_of_the_univers
Titolo: Le ali della Libertà
Rating: per tutti
Disclaimer: non possiedo i diritti sulla canzone da cui è tratta. Il protagonista della vicenda è di mia invenzione, così come la storia.
La storia non ha nulla a che fare con l’omonimo Film.
 
Ringrazio mia madre per l’idea iniziale.
 
 
 
Un passo dopo l’altro. C’era riuscito.
 
Davanti a lui l’orizzonte infinito. Un dirupo apparentemente senza fine. Un crepaccio di pietra rossa.
 
Ancora un passo e la libertà pura sarebbe stata sua.
 
Un vento fastidioso faceva salire la polvere, che per un attimo gli bruciò gli occhi. Lacrimarono per poco, giusto il tempo di ricordare.
 
Come era arrivato lì? Ma, soprattutto, perché?
 
Perché lo voleva, ovviamente. Voleva sentire il vento su di se mentre si librava in aria, mentre finalmente faceva quello che voleva fare da sempre.
 
“È pericoloso!” urlava sua madre. E così rinunciava.
 
“Non puoi farlo!” faceva la sua ragazza. E così rinunciava.
 
Aveva sempre rinunciato, solo per seguire la voce di chi lo voleva omologato, per seguire la famiglia.
 
“Il posto sicuro è in fabbrica. Volare è una sciocchezza.” Niente accademia per lui, ma bulloni e viti, fino all’arrivo della crisi.
 
E ora non c’era più nulla di sicuro. Solo la sua incredibile voglia di libertà.
 
Sorrise vedendo un’aquila librarsi in volo: c’era una spaccatura nella roccia e li lei aveva fatto il nido per se e per i suoi piccoli. Avrebbe volato con lei.
 
Voleva bene alla sua famiglia. I suoi bambini erano la luce dei suoi occhi e anche se sua moglie si divertiva ad umiliarlo davanti ad altri, in fondo al cuore provava ancora qualcosa per lei.
 
Anche se non capiva cosa.
 
Tornò verso la Jeep presa a nolo: l’attrezzatura doveva essere perfetta, altrimenti si sarebbe fatto molto male.
Aprì le sue ali, incastrò i tubi. La membrana era perfettamente tesa. Le corde che la tenevano suonavano che era una meraviglia. Prese il manubrio di metallo. E lo soppesò. Era il suo primo volo e l’adrenalina stava iniziando a salire. Vide vicino a sé il suo istruttore, già completamente vestito.
 
Si preparò impaziente, anche se sentiva i brividi lungo tutto il corpo. Finalmente il casco: in quel momento fu come se tutte le sue percezioni fossero amplificate. L’odore di deserto sembrava esplodergli nella mente.
Il vento lo schiaffeggiava invece di accarezzarlo dolcemente e il freddo sembrava più pungente.
 
Paradossalmente si sentiva veramente vivo, come se prima avesse solo agonizzato verso quel momento.
 
L’ultima cosa prima di volare: prese il suo fedele I-pod e cercò la canzone che aveva scelto a casa.
 
No, non era vero, non l’aveva scelta lui, piuttosto era vero il contrario.
 
Non aveva mai ascoltato musica rock. I suoi genitori non glielo avevano mai permesso quando era giovane.
Invece sua figlia ci andava matta e soprattutto impazziva per quel gruppo che lei definiva “marziani”. Per lui era sempre stato solo rumore, fastidioso e roboante.
 
Ma quando sentì quella canzone per la prima volta al pc, in diretta su Kroq per la prima volta, si sentì folgorato. Quella canzone parlava di lui. Assolutamente…
 
Into your lives
Hopeless and Taken
We stole our new lives
Through blood and pain
In defense of our dreams
In defense of our dreams

 
Uno solo ne aveva di sogno. Aveva dovuto combattere tutta la sua vita per fare quello che gli altri si aspettavano che lui facesse, ma finalmente il suo sogno stava per diventare realtà.
 
Iniziarono le prime note, anzi partì con il verso del falco che il cantante vedeva la mattina. Gli parve di buon auspicio per il suo primo salto. In fondo lui li aveva l’aquila.
 
Prese il deltaplano: i guanti aderirono perfettamente al tubo di metallo, finì di legare l’imbracatura e guardò il vuoto.
 
Mentalmente sentì le istruzioni del suo coach. Stava bene, non aveva paura, solo l’eccitazione era potente. Il suo cuore batteva all’impazzata e sentiva rimbombare le vene nelle orecchie.
 
Un profondo respiro.
 
La rincorsa senza esitazioni.
 
Il salto sul ciglio.
 
Il vuoto.
 
Per il primo istante si sentì incapace di qualsiasi gesto o anche pensiero. Vedeva solo il fondo del canyon duro e spietato.
 
Poi lo sentì: era un refolo di vento. Anzi no, era qualcosa di più grande e grossa. Era proprio una corrente ascensionale, quella giusta.
 
Riattivò in un attimo il suo cervello e di li il suo corpo. I gesti divennero meccanici, propri delle persone senza molta esperienza. Ricordava le lezioni teoriche sui venti, sulla fisica delle correnti, sulla posizione giusta da tenere in volo, l’allineamento.
 
In preda a tutti questi pensieri, ci mise un po’ a rendersi conto che stava veramente volando. Sapeva che doveva avere freddo, ma non lo sentiva proprio. Il suo corpo era in ebollizione.
 
Stava facendo quello che voleva fare da tutta una vita: aveva combattuto per il suo sogno, aveva lottato con le unghie e con i denti per poter essere li, nonostante tutte le persone che gli stavano intorno, cercassero di fargli cambiare idea.
 
Potente l’adrenalina scorreva in lui, la felicità lo stava sommergendo. Tutti i dubbi e tutte le paure per il lavoro e la famiglia, non c’erano più, sostituiti dalla gioia potente.
 
Virò verso destra, portandosi lontano dalle rocce. Il cielo era sgombro di nuvole, di un azzurro abbagliante da far male. Le note lo accompagnavano.
 
The age of man is over
A darkness comes and all
These lessons that we've learnt here
Have only just begun

 
Eccezionale veramente. Era qualcosa di unico, irresistibile. Era stata quella canzone a farlo finalmente decidere di compiere il grande passo e buttarsi in quella avventura. Avrebbe dovuto dirlo a quel tipo, si… Jared Leto gli pareva si chiamasse.
 
Eccola, finalmente aveva trovato la corrente perfetta: la cavalcò, la seguì, i movimenti sempre più fluidi, cercò il suo istruttore che gli fece il pollice alto. Sorrise. Stava andando tutto bene.
 
Non importava se arrivato a casa avrebbe trovato il mutismo arrabbiato della moglie o il menefreghismo dei figli. Non gli importava di essere disoccupato e con il rischio di perdere la casa.
In quell’attimo l’unica cosa che contava veramente erano le sue ali di plastica che lo facevano volteggiare con sicurezza, in perfetta velocità da crociera, il vento sulla faccia e soprattutto, quella canzone che stava mandando in loop da ormai venti minuti.
 
We were the Kings and Queens of apromise
We were the Phantoms of ourselves
Maybe the Children of a Lesser God
Between Heaven and Hell

 
Lo urlò con tutto il fiato che aveva in gola, incurante delle stilettate gelide che lo colpivano alla gola. Se ne sarebbe pentito poi, ma al momento quelle parole le doveva far sentire fino su marte.
 
We are the Kings
We are the Queens
We are the Kings
We are the Queens


Mise i piedi a terra e si ritrovò a tremare. Abbastanza normale, visto la quantità di adrenalina che scorreva nel suo sangue. Anche la discesa era stata perfetta, nessuno scossone verso il basso, le ali perfettamente allineate, sicurezza nel rallentamento. Un respiro e poi la risata. Cristallina e del tutto liberatoria. Era sopravvissuto al primo volo. E cosa ancora più importante, voleva riprovarne subito l’ebbrezza.
 
“Allora, come ti senti?” gli chiese un soddisfatto istruttore.
 
Si tolse le cuffie, con amore guardò lo schermo dell’I-pod e poi il suo deltaplano. Chiuse gli occhi per riprovare la sensazione di galleggiare nel cielo ed infine sorrise:
 
“I’m a King!”
   
 
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