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Autore: Kimmy_90    10/06/2005    2 recensioni
Un ragazzo afflitto da un'enorme peso e il tentativo disperato di riportarlo a galla...
3° classificato al 16 concorso (grazie, erikuccia, non ci speravo) mi rendo conto che in effetti ci sono dei punti in cui non fila molto bene, quindi vedrò di migliorarmi ^.^
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FROM SKY TO SEA

Hold me
Whatever lies beyond this morning
Is a little later on
 Regardless of warnings the future doesn't scare me at all
Nothing's like before

[Simple and Clean, Kingom Hearts]



Guardi il sole che brilla, fuoco che è e resterà tale fino alla fine dei tempi, dei nostri tempi, che paiono essere a volte troppo brevi, a volte troppo lunghi. Guardi la pioggia che scorre e crea una fila ordinata e infinita di arcobaleni, pioggia che non estingue, oggi, questo sole.

La serie incontabile di cerchi concentrici, le soffici onde che si allargano, create dall’acqua che cade sull’acqua, a dismisura.

La sabbia umida, malleabile, impregnata di acqua e sale che, forse, un tempo erano stati uniti assieme.

Ma oggi no. Oggi non lo erano, il sale era quaggiù e l’acqua lassù, ognuno per conto suo. Poi qualcosa ha voluto che si ricongiungessero, il sale del mare e l’acqua del cielo, sotto protezione del sole che, questa volta, non si è spento all’arrivo della pioggia.

Piove.

E non t’interessa, no, che tu sia in canotta e calzoncini, ambedue fradici, i piedi scalzi sulla spiaggia imbevuta d’acqua, spugnosa.

Lo sguardo è perso. Nella vuotezza di un passato che ormai è solo il riflesso di una solitudine acquisita.

Di colpo, il nulla. Nell’oggi, nello ieri, e nel domani. L’assenza di qualcuno non ti è stata mai così penetrante come ora.

La canotta sta cambiando colore. Passa rapidamente dal bianco candido al grigio, con pennellate di pioggia sempre più insistenti. Anche i capelli si scuriscono, passano dal biondo più chiaro che sia apparso sul pianeta al castano, si raggruppano in ciocche, quasi non volessero prendere freddo.

Tutto s’incupisce. Ma mai tanto da riuscire a competere col tuo volto, che, apparentemente senza espressione, trasmette tante emozioni da contagiare chi ti osserva. Tristezza. Nostalgia. Disperazione. L’abbandono di ogni speranza ti pervade. Ti lasci andare, come le foglie delle querce circostanti, rosse e gialle, si lasciano trasportare, prima dal vento, poi dal mare.

Chi ti vede ottiene un pugno al cuore, viene assalito dalla depressione come da un’ombra dalla quale si era sempre tenuto ben a distanza. Così succede che accanto a te non ci sia nessuno: sei solo, nella solitudine. Abbandonato. Neanche tu, pare, vuoi restare con te stesso.

Ma lei no.

Lei non vuole abbandonare colui che ha amato, che ama e che amerà. Non sopporta di vederti così vacuo, nel nulla, senza la luce che vedeva brillare dentro te fino a poco tempo fa. Luce che si è spenta d’improvviso, senza alcun avvertimento, assieme ad una vita.

Tu l’allontani, ma lei insiste, con costanza e priva di qualunque incertezza. Tenta di avvicinarti, di ricondurti nel mondo che hai sempre amato, e che di colpo è diventato grigio.

Tu l’allontani. Ma lei c’è sempre.

Non ti sei mai fermato a chiederti se eri l’unico a soffrire. Forse è il momento di farlo. Roy non era solo amico tuo. La sua mancanza non ha segnato solo la tua vita. Anche quella di altre, tante altre persone.

La sabbia prende la forma del tuo palmo chiuso, la lanci via, lontano, ed ella vola compatta come la neve di gennaio, candida e fredda. Il tuo sguardo continua a vagare nel passato, che ora non conta più niente, attraversa il tempo, che per te, ora, no è mai stato, osservando la caduta della palla bianca su un faccino rosso e tondo. Avevate appena sei anni, tu e Roy, e lei se ne stava già lì, vicino, seduta, ad osservare. Ritenuta troppo piccola per i vostri giochi. Ma a lei andava bene così.

Noa…”

Blocchi un sussulto all’udire il tuo nome pronunciato da quella voce, che ti riporta alla pioggia ed al sole di oggi. Ti volti, per non vederla in faccia, per paura di contagiare anche lei, che dovrebbe essere più triste di te. Non vuoi vederla soffrire, così non la guardi. Non la guardi più nei suoi occhi verdi e luminosi come facevi sempre, quando le parlavi. Senti le gocce di pioggia che si posano sulla tua barba prominente, sul mento e sopra la bocca, senti il sapore della pioggia fra le labbra perennemente chiuse.

Non mangi da sei giorni. E lei? Lei mangia? Sta bene? La tua preoccupazione va incalzando mentre eviti con tutte le tue forze di voltarti, di fissarla come hai sempre fatto.

Ma lei no.

Lei vuole ancora vedere i tuoi occhi azzurri come il ghiaccio, come la neve con la quale giocavi assieme a suo fratello, da bambino. Pronuncia il tuo nome un’altra volta, la senti più vicina, e tremi al pensiero ch’ella possa sfiorarti.

Ma non lo fa, perché ti rispetta. Vede il freddo che ti avvolge e vuole aiutarti, ma non capisce che stai tentando in tutti i modi di non farla rattristare.

A lei, ora, importi solo tu, che ti sei chiuso a riccio da una settimana a questa parte, nel mutismo e senza più reagire.

Ti prego… … …Parlami…”

La voce è lievemente alterata da un suo nodo in gola, e tu lo sai, lo sai bene che non sono solo gocce di pioggia quelle che solcano il suo viso.

Coglione. Lo pensa tutto il mondo. Coglione. Hai perso un amico e non vuoi più dare niente. Nemmeno alla ragazza che dicevi di amare.

Lei ti si posa accanto, senza far rumore, si siede sulla sabbia bagnata e fissa assieme a te il nulla. Un lembo della sua gonna ti sfiora la mano, tu la ritrai velocemente e guardi dall’altra parte. Guardi la tua mano, con la preoccupazione incisa negli occhi pallidi. Ripercorri le cinque parole che ti ha detto, sai che piange, ma non è questo ciò che ti preoccupa, non è questo che hai sentito dalla sua voce.

Non mangia da sei giorni.

Il macigno ti trascina sempre più a fondo, sei legato a un cappio e sprofondi nella colpa, non senti nemmeno più le tue gambe tanto sei sopraffatto.

La colpa è tua. Egoista. Lo grida tutto il mondo. Egoista.

Sei la fonte di tutti i mali di tutte le persone a cui vuoi bene, e loro ti continuano a ricoprire d’amore.

Continui a sprofondare mentre lei posa gli occhi su di te, e senti lo sguardo triste ma insistente che ti trafigge come una freccia scoccata dal più potente degli archi.

Sta aspettando che tu parli. Che tu dimostri di essere vivo, di essere qui, di sentirla con le orecchie e non solo con il tatto.

Ma non c’è niente da dire. Non c’è parola che sia abbastanza robusta per poter affrontare un argomento come quello. Nemmeno dire ti amo servirebbe a qualcosa, sarebbe un ti amo fasullo, perché tu, ora, non riesci a sentire nessun sentimento positivo dentro di te. La devastazione ti pervade.

E ciò che ti turba più profondamente è sapere che anche lei è in quello stato, e tu non puoi fare niente. C’è come un vetro spessissimo che vi divide, ed è la depressione che ti invade e la paura di far invadere anche lei. Ma così non ottieni proprio un bel niente. Solo la freccia della sua tristezza che ti perfora e lacera ininterrottamente.

Lei non si muove. Senti il suo respiro stanco attraverso lo scrosciare della pioggia, e lei sente il tuo, camuffato. Vuoi sembrare tranquillo, ma in verità sei più agitato del mare durante un uragano. E lei lo sa. Ma ti rispetta, perché ti ama. Ma ora, a te, questo sembra un sentimento incomprensibile, inesistente, frutto di un’abile montatura della specie umana.

Falso. Lo dice tutto il mondo. Falso. Tu che hai amato come non mai, tu che sentivi il calore più profondo partire dal tuo cuore per dirigersi verso lei, tu, ora sei convinto che l’amore non esista. La verità è che sembravi un forte, la verità è che in verità sei debole come un pulcino che non ha ancora pigolato, un gattino dagli occhi ancora chiusi, la verità è che di verità ce ne sono infinite, impossibili da elencare.

Ora sei perso, nel nulla, e hai rinunciato a cercarti.

Ma lei no.

Lei è accanto a te, che piange e non mangia, come te, triste nel cuore, come te, nella mente, come te, nell’animo, come te. Ma nonostante tutto sta cercando di trascinarsi fuori dal baratro che vi avvolge entrambi, e con se stessa tenta di tirare fuori anche te. Ma tu non puoi, perché sei legato, strozzato, dal macigno del senso di colpa. Perché una delle tante verità è che sei stato tu ad uccidere suo fratello, ad uccidere il tuo migliore amico, sei stato tu. Ma lei non ci bada, insiste nel tirarti verso l’alto, verso la libertà: ma tu non vuoi. Non vuoi che anche lei sia vittima delle tenebre che ti avvolgono, del macigno che ti trascina verso il basso, e fai di tutto per liberarti di lei, per lasciarle la mano, per farla volare con le sue ali verso la luce, verso la libertà.

Ma lei no.

Lei non vuole restare sola, perché ora è più sola di te, e tu sei l’unico in grado di accompagnarla nel mondo, nella vita reale.

Stai fermo, e lei anche. Deboli ambedue, ma solo tu pronto a gettare la spugna.

Potreste restare così per giornate intere, tu ad evitare il suo sguardo e lei a fissarti e a trafiggerti.

Ma lei no.

Lei ti rispetta, ma ti ama. E vuol prendere la tua mano e tirarti vero l’alto, a qualunque costo.

Posa la sua mano sulla tua, quella che avevi ritirato al contatto con la sua gonna, e la stringe con innata delicatezza.

Ti ha confuso. Sei talmente tanto confuso che sei costretto a parlare, ad assaporare la pioggia con la lingua, oltre che con le labbra.

Lasciami”

Continui a guardare dall’altra parte, ma lei non cede. Sei vivo.

Ti prego… lasciami”

Sei confuso anche dal suono della tua voce, rauca e tremante, suono nuovo dopo giorni che non la sentivi. Senti il tuo e il suo tremolio, sfasati, dati dal freddo e dalla paura. La sua mano è gelata, come la tua. Eppure sembrate sentire l’uno il calore dell’altro, sottile come un filo di seta, pervadere i vostri corpi e iniziare a scaldarli, lentamente.

Noa…”

Il tuo nome, pronunciato per la terza volta, risuona nelle tue tempie per tante e tante volte. Non te la senti, davvero, non te la senti di abbandonarla proprio ora che ha bisogno di te. Lasci scivolare la mano, lentamente, e la rigiri, fino ad incontrare suo palmo. Le vostre dita si intrecciano, si scaldano a vicenda, e si calmano. Ma tu continui a non guardarla. Le neghi totalmente il contatto visivo, le neghi i tuoi occhi quasi bianchi nei quali lei trovava sempre rifugio, per paura di deluderla. Per paura ch’essi non possano più ospitarla nei momenti bui.

Ti si allarga la pupilla, tutto si oscura. Il sole si è spento, è buio, la pioggia insiste a cadere sulle vostre pelli. La tua abbronzata, scura, in contrasto con tutto il resto, la sua anche, ma più pallida.

Roy…” la parola ti fa annebbiare i sensi, il buio avvolge il tuo campo visivo, un fischio s’intromette tra lo scroscio dell’acqua e l’ululo del vento. Poi, con calma, tutto torna normale. Il discorso iniziato resta a metà, sospeso, e pretende di essere continuato, perché se no franerebbe, assieme a tutto il vostro mondo.

“…è impossibile negare l’evidenza” Il verbo è strozzato, la tua voce ancora più tremante e insicura di prima. Il tuo sguardo ricade istintivamente sulla cicatrice che riporti al braccio, unico segno dell’incidente.

Ti sei scavato la fossa con le tue mani.

Sei costretto a vedere la sua mano, più pallida del solito, e colto nel cuore dalla preoccupazione più sincera, fai scivolare involontariamente lo sguardo sul suo volto.

Vi guardate negli occhi, come se fosse per la prima volta, e vi studiate, sorpresi e trafitti dall’immagine che avete davanti.

Lei sfila lentamente la mano dal vostro intreccio di dita e la porta al tuo viso, trasandato, passandoti lievemente l’indice sulla barba impregnata di pioggia. Una goccia scivola rapidamente sul suo palmo, sul polso, poi sul braccio, finché il suo cammino non viene interrotto da un’altra sua simile caduta dal cielo.

I suoi occhi sono tagliati dal dolore, e li vedi, profondi più che mai e che implorano aiuto. I capelli corvini ricadono, fradici, sulle spalle nude e pallide, troppo pallide, facendo gocciolare l’acqua pesante sulla maglietta che porta, e lasciando intuire che la sua schiena sia percorsa da un fiume gelato.

Vorresti avere le ali di un’aquila per poterla avvolgere tutta, e proteggerla dalla tempesta che sta per arrivare. Vorresti poterla guardare negli occhi e dirle sinceramente che tu ci sarai sempre.

Ma hai paura di farlo. Hai paura di non poter mantenere la promessa, di deluderla, e quindi non lasci fluire dalle tue labbra nessuna parola rassicurante. Sei sempre più sopraffatto dalla tristezza e dal sentirti inutile, incapace di aiutare la ragazza che dicevi di amare.

Eppure lei ti ha dato tutto. Ti ha aiutato anche ora, ora che lei è quella che necessita di più aiuto di tutti, in assoluto. Perché ti tiri indietro? È vero, hai perso la speranza.

TU hai perso la speranza.

Ma lei no.

E allora fallo per lei. Apri le tue ali e proteggila come tu e solo tu sai fare. Per te non sarà niente, ma per lei è moltissimo, è il posto più sicuro che conosce al mondo. E sono sei giorni che tenta disperatamente di potervi entrare, di essere protetta dal tuo solo sguardo, e di proteggere te con il suo.

Le prendi la mano, con leggerezza, e poni un attimo lo sguardo sulla sabbia, per riprenderti dal flusso costante di emozioni che vi siete passati in quell’istante. La spiaggia è completamente liscia, se non per la palla di sabbia che avevi lanciato poco fa. La superficie è tamburellata dalle gocce di pioggia che, cadendo, creano piccoli e soffici solchi, prima di affondare, attirate dalla spugnosità della sabbia.

Continui a tenerle la mano, gliel’abbassi con cautela, e le avvolgi il braccio attorno alla pancia passandole oltre la testa.

Il tuo cuore è diviso, il tuo animo anche: da una parte temi di farla solo soffrire di più di ciò che sta soffrendo ora, dall’altra vuoi rispondere alla sua invocazione di aiuto che urla, ormai, da tempo.

Senti il suo battito, petto contro schiena, che non va né incalzando, né decrescendo. C’è un attimo di tranquillità fra i vostri spiriti, nel quale, finalmente, potete ambedue sentire la presenza dell’altro, vicino a voi, attaccato a voi. E vorreste che il tempo si fermasse lì, senza andare né avanti né indietro, lasciandovi in dono quella pace che da tanto aspettavate, nel profondo del cuore.

Un fulmine squarta il cielo a metà, e, immediato, giunge il rombo del suo tuono. La scintilla di luce è volata fino all’orizzonte, ed ha, di colpo, illuminato tutto a giorno.

È pericoloso starsene qua…”

Senti nella sua voce il nodo che aveva alla gola che va sciogliendosi, e le passi la mano libera sul volto, togliendole dagli zigomi affilati un po’ di pioggia e un po’ di lacrime.

Hai ragione…”

Nemmeno la tua voce ti fa più paura. Ti alzi con lei, e, lasciando a ogni passo due solchi sulla sabbia, vi dirigete sotto il gazebo, immerso nel piccolo boschetto che divide la turbolenta città dalla spiaggia pacifica.

L’aria va diventando leggermente più fredda, e anche quel poco di sole che trapelava dalle morbidi nuvole grigie va scomparendo, lasciando un alone rossastro sul confine tra il mare ed il cielo.

Roy…” Questa volta apri tu il discorso, deciso ad affrontare il problema con lei, assieme a lei, una volta per tutte, anche se cosciente del fatto che la mancanza di quel ragazzo lascerà per sempre un vuoto incolmabile nei vostri cuori.

“… ho passato tutta la mia vita assieme a lui, sai…”

“…sì, lo so…”

Appoggi la testa sopra la sua spalla, da dietro rispetto a lei che ti trovi, e le scosti delicatamente una ciocca di capelli dietro l’orecchia. Che affermazione stupida che hai fatto. Ma questo non è il momento di mettersi a calcolare le parole. Vuoi ch’esse escano sincere dalla tua bocca, che sente sempre più forte il sapore della pioggia, senza incontrare alcuna barriera. E anche se hai paura di ferirla nel più profondo del suo cuore, sai perfettamente che una menzogna avrebbe un effetto peggiore. Ti affidi ciecamente al legame che vi ha tenuti uniti fin’adesso, anche se costantemente stretto dalla paura di farle del male.

“… non volevo.. non ho fatto nulla di male…”

Noa…” ti passa la mano fra i capelli, poi sulla guancia… e incontra una goccia. Una goccia salata, calda, che scivola con lentezza sul tuo volto. Come svegliato da un sonno senza sogni, ti accorgi d’essere riuscito a fare ciò che ti impediva di andare avanti: ti sfoghi. Piangi, lasciando fuoriuscire tutta la rabbia e la disperazione che ti eri compresso dentro da tanto, troppo tempo, in una manciata di lacrime. Lei continua la frase, con dolcezza: “nessuno, mai, nessuno ti ha accusato si essere il responsabile”

Pagherei oro per essere morto al suo posto. Io, che l’incidente l’ho fatto, io, avrei dovuto morirci, in quella fottutissima auto.”

Con quale forza credi che io sarei potuta andare avanti?”

Ci sarebbe stato Roy, accanto a te, com’era sempre stato.”

Io volevo un gran bene a mio fratello, e questo lo sai meglio di me. Ma credi che per questo sarei capace di rinunciare alla persona che amo?”

Era tuo fratello”

Nessuno mi ha chiesto di scegliere. Io non avrei mai voluto scegliere. Sarei morta io al posto tuo, come tu saresti morto al posto suo.”

Luce dei tuoi occhi. Non hai mai pensato, mai, a perdere lei, a perdere anche lei. Sarebbe stato insopportabile. Troppo, decisamente troppo, per il tuo cuore ch’era già insicuro di per sé.

Non ci sono parole adatte per esprimerle questo concetto, troppo profondo per essere detto da una frase che sarebbe poi volata via, col vento, assieme a tutte le altre. Così la stringi più forte a te, tentando di scacciare l’immagine della sua assenza dalla tua mente.

Sento una colpa che mi divora. Non mi lascia andare, mi consuma da dentro. Il pensiero che è stata tutta colpa mia mi assale tanto da farmi lui stesso paura.”

La nebbia, la pioggia fitta e sottile, il buio, immagini che si accavallano nella tua testa, immagini del paesaggio di quel giorno dannato. La strada bagnata, stretta, e tu che guidi, già impaurito da quella situazione. ‘C’è qualcosa di stano nell’aria’, avevi pensato, e il soffio gelato di morte era entrato, di soppiatto, tra i finestrini e le porte, e aveva colpito l’amico fedele che si trovava accanto a te. Tutti i tuoi sensi all’erta non erano bastati per evitare quel camion che era sbandato, di colpo, davanti a voi.

Ti prego, Noa, combatti. Non ho resistito alla vista del tuo volto così inespressivo, perso. Ti prego, lascia che ti aiuti.”

Non voglio farti del male…”

Così me ne farai, e tanto.”

Unica strada, quella della battaglia. Ma anche quella potrebbe condurre alla disfatta, al suo dolore, e quindi sei tentato di abbandonare tutto, seduta stante. La via, però, è unica. Se abbandoni, sei certo che soffrirà. Altrimenti, combatti. Per lei, combatti. Abbandona il senso di colpa che ti tira verso il basso e lasciati salvare, salvando così anche lei. È la sua serenità ciò che vuoi, non è vero?

Lo scroscio dell’acqua va diminuendo. Il vento incalza e scaccia le nuvole temporalesche, mandandole via, lontano, altrove.

Lei si alza e ti guarda, occhi negli occhi, ghiaccio contro smeraldo, e ti prende le mani, invitandoti ad alzarti assieme a lei. Il libeccio che imperversa le agita i capelli, assieme alla gonna, spingendoglieli ritmicamente di lato.

Lui ci mancherà per sempre, ma non credo che voglia che smettiamo di vivere, che diventiamo dei vegetali capaci solo di rimpiangere un passato che non ritornerà e che non verrà cambiato dalla nostra autocommiserazione”

Leonore…”

Ti prego… non abbandonarmi proprio ora.. che ho più bisogno di te…”

Anch’io ho bisogno di te…”

.. e allora… combattiamo assieme… ti prego…”

Annuisci, mentre un lievissimo sorriso si fa spazio sul tuo volto che per troppo tempo non ha mutato espressione. Ti avvicini ancora di più a lei, continuando a contemplare i suoi magnifici occhi verdi.

Un tonfo assordante, da dietro di te. Il masso ti ha liberato, non stai più cadendo nel buio, e voli assieme a lei verso la luce che bramavate da tanto.

Le vostre labbra si avvicinano, si sfiorano, e due gocce si uniscono, per poi ricadere assieme nelle vostre bocche. Assaporate il sapore delle vostre lacrime fuse assieme, leggermente salate e tiepide, e fate incontrare le vostre due essenze nel gesto più sacro dell’amore: il bacio.

Venere, primo astro del cielo stellato, si fa spazio tra le nuvole che scompaiono, lentamente, oltre le montagne, a ovest. La luce bianca che risplende dal pianeta è quella del sole riflesso, che scompare all’orizzonte illuminando il cielo, ora limpido, con un ultimo raggio arancione che avvolge tutto lo spazio compreso tra cielo e mare.

Dal cielo al mare scendeva la piogga, insistente, e dal cielo al mare tramonta il sole, da sempre. Ora, dal cielo al mare, nasce la vostra speranza di andare avanti, assieme, insieme, per sempre.





   
 
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